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Autore: Easily Forgotten Love    04/09/2008    4 recensioni
Sia chiaro da subito che non sogno di fare il musicista rock. Non mi ha mai interessato davvero seguire le orme di mio padre, anzi. Avevo, credo, quattro anni quando per la prima volta sono entrato nel salotto di casa, dove mia madre stava prendendo il the con un gruppo di amiche, ed ho annunciato a tutti che da grande avrei fatto il medico.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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O ero io che quella sera ero particolarmente di buon umore o era Gab che era particolarmente brillante. Fatto sta che di sicuro era particolarmente bello.
Quando passò sotto casa a prendermi, dicendomi semplicemente che se volevo potevo accompagnarlo nel suo giro di “promozione” della band – “sai, per far sapere ad un po’ di gente del concorso” – io lo fissai, imprimendomi ben in mente ogni singolo particolare della sua figura ritta davanti la porta: partendo dai pantaloni scuri, ovviamente a vita bassissima, ricoperti – letteralmente – di tasche e tasconi, per passare alla maglia a manica lunga, blu elettrico e con disegni di un rosso intenso e brillantissimo, che gli si appiccicava alla pancia ed al petto magri e tonici, indugiando piacevolmente sull’elastico in vista dei boxer firmati, che scivolava lasciando esattamente un dito di pelle scoperta tra loro ed il risvolto della maglia. Capelli lucidi e pettinati ad arte, in modo da assumere quelle piccolissime onde spumose e rosseggianti che erano la loro caratteristica naturale; dita coperte di anelli per richiamare l’attenzione sul loro movimento ipnotico; collo ben in mostra con il solito laccetto di cuoio e tribale che diceva “sono qui solo perché tu abbia una scusa per guardare questo punto esatto”.
Sospirai e pensai chiaramente “c’è una vaga possibilità che io o chiunque altro ti dica di no?”.
Quindi avvisai i miei che uscivo strillandoglielo da sotto le scale, uscii davvero e mi tirai dietro la porta, assicurandomi solo di avere in tasca chiavi, portafoglio e cellulare.
Il resto del viaggio fino al primo dei locali che avevamo in programma lo passammo a ridere.
Avvertivo che la complicità tra noi si era fatta più forte, mi sentivo meno a disagio anche se Gab mi camminava accanto bello da togliere il fiato, riuscivo a concedermi il lusso invidiabile di guardarlo senza dover per forza arrossire imbarazzato e questo riusciva a creare un clima molto più sciolto e disteso tra noi.
Mi fece vedere un paio di posti carini, lì nel quartiere, indicandomeli come altrettanti locali in cui avevano suonato e tornavano ogni tanto. All’interno trovammo vari gruppetti di ragazzi che lui salutò con familiarità, presentandomi poi una tale teoria di facce e nomi che non provai neppure ad immagazzinarli tutti. Il copione era semplice e sempre lo stesso. Ci si fermava a scambiare due chiacchiere, si diceva del concorso, ci si beveva qualcosa di analcolico assieme a loro e si salutava passando oltre.
Poi uscimmo dal quartiere. Gab non perse la propria dimestichezza disinvolta da animale che copre il proprio territorio. Ci infilammo in altri due locali in una zona vicina, un paio in centro, e poi ci spostammo in periferia. Erano le tre di notte, faceva un freddo cane e crollavo di sonno, mentre Gab sembrava fresco come si fosse appena svegliato e sfoggiava un’ironia impeccabile ed una malizia al limite dell’offesa al pudore. Man mano che la “gente” era cambiata con l’ambiente, lui aveva adattato con facilità il proprio comportamento, risultando perfettamente integrato qualunque posto o qualunque compagnia fosse presente. Io invece mi ero progressivamente zittito, ritenendo che il rapido venir meno delle mie facoltà mentali con l’avanzare della notte fosse sufficiente a farmi rischiare gaffe imperdonabili. Alle cinque eravamo in un posto talmente di merda che, guardandomi attorno, mi chiesi se fossimo ancora a Londra.
-…ma dove cazzo stiamo andando?- m’informai terrorizzato quando mi accorsi che dietro un angolo c’era un gruppetto di tizi impegnato in una conversazione alquanto equivoca su della roba che doveva arrivare ed era in ritardo.
Istintivamente mi portai più vicino a Gab, rendendomi poi conto che se facevo affidamento su di lui per uscire vivo da lì, con ogni probabilità sarebbe stata l’ultima cosa che avrei fatto nella mia vita.
-Sai cosa penso?- mi disse lui all’improvviso, continuando a camminare tranquillo nonostante tutto ed ignorando volutamente la mia domanda.- Che tu sbagli approccio con Cody!- asserì.
Sbuffai, spalancando gli occhi e chiedendomi se fosse serio.
-Gab, ti pare il momento?!- lo interrogai aspro.
-Cody è un idiota in certe cose.- mi spiegò lui imperterrito.- Non ha mai avuto una ragazza diversa da Amy, vive in un mondo molto simile all’Iperuranio di Platone e se le cose non gliele ficchi sotto il naso a forza non riesci a fargliele vedere!
-Sì, tipo: quello lì ha una pistola sotto il giubbotto?- ironizzai io, veramente preoccupato, tirando Gab per la manica della maglia nella speranza di distrarlo dal proprio monologo.
Lui gettò effettivamente un’occhiata al tizio che indicavo e borbottò un “probabile” alquanto disinteressato.
-Dovresti baciarlo.- concluse rapidamente subito dopo.
E riuscì effettivamente lui a distrarre me dalle mie preoccupazioni.
-Prego?- ritorsi spaesato.
-Dovresti baciarlo.- ribadì senza problemi Gab.- Metterlo davanti alla cosa per com’è.
-Io non gli interesso!- protestai con veemenza.- Come puoi suggerirmi di baciarlo! Mi tirerebbe un pugno!
-Non puoi sapere se gli interessi se lui continua a non sapere di interessare te.- asserì lui in un giro astruso e palesemente privo di senso.- E comunque ha la mano talmente leggera che non te ne accorgeresti nemmeno.
-Fanculo, Gab!- strepitai. E poi respirai a fondo e cercai di calmarmi per fornire una risposta concreta.- Senti…quella canzone…- borbottai a fatica- quella che state imparando per il concorso…- specificai. E Gab si voltò interessato a guardarmi.- Lui l’ha scritta per Amy.- dissi con sicurezza.- Non solo per Amy, è chiaro, ma è di lei che parla.
-…lo pensi sul serio?- mi domandò Gab con voce fievolissima, scrutandomi con attenzione mentre annuivo.
-Sì.- rimarcai e tornai ad affermare in tono spento- Io non gli interesso. E non ho speranze.- Gab aprì la bocca per ribattere, ma lo interruppi con fermezza, posandogli una mano sul braccio e spiegandogli.- Mi va bene. È innamorato di lei ed io di lui. Forse ad uno dei due passerà. Magari no. Ma non importa.
Gab si fermò. Credetti che fosse perché voleva dirmi qualcosa ancora, ma lui si limitò a guardarmi attentamente per capire se fossi sincero ed io ricambiai il suo sguardo sostenendolo senza problemi. A quel punto lo sentii sospirare forte e, prima che potessi chiedergli cosa non andasse, si voltò ancora e spinse la porta cigolante di un edificio sulla nostra destra. Pensai che ci sarebbe caduta addosso per quanto malamente rimaneva attaccata ai propri cardini.
Ma grazie a Dio resistette e noi entrammo in un antro puzzolente e svoltammo su una rampa di scale malmesse che ci trascinò rapidamente in basso. Dal fondo di un corridoio cortissimo ed angusto ci venne incontro della musica roboante ed assolutamente sconnessa, una roba che ci riempì in fretta orecchie e cervello e che mi indusse a pensare che quasi quasi avrei aspettato Gab fuori, stavolta. Ma quando gettai un’occhiata distratta alle pareti ricoperte di graffiti del corridoio e lessi tra le righe motti ed incitamenti tutt’altro che rassicuranti, pensai che magari avrei dovuto essere io a difendere Gab…per quello che valeva. Per cui mi appiccicai a lui ed insieme entrammo da una specie di arco basso all’interno di un unico stanzone illuminato da luci psichedeliche e stroboscopi. Il rumore raggiunse vette mai ascoltate prima, io socchiusi gli occhi infastidito da tutto quel casino almeno quanto dalla piccola folla di individui tatuati, crestati, ingellati e borchiati che occupava lo spazio tra noi ed il fondo della stanza. Punk.
-Cosa ci facciamo qui?- cercai di dire a Gab, sovrastando la musica e spingendomi verso il suo orecchio perché cogliesse la domanda.
Lui sorrise.
-Cerchiamo una persona.- mi strillò a sua volta, imitando le mie manovre.
-Aaah.- ritorsi io annuendo con vigore e rendendomi conto che la sua non era una vera risposta.
Gab non me ne fornì una seconda, comunque, si buttò dentro la stanza e con scioltezza navigò nel mare umano alla ricerca del suo qualcuno. Io mi affrettai a seguirlo, impensierito dalla possibilità di perderlo in mezzo a quel bordello e di ritrovarmi da solo, l’indomani mattina, con un gruppo di punk imbestialiti addosso. Capii in fretta, in ogni caso, che Gabriel sapeva esattamente dove cercare, perché non perse tempo a girare a caso nel gruppo ma si diresse rapido ad un angolo in fondo alla sala, riparato dietro una specie di paravento, dietro cui trovammo un tavolo, un divano enorme di quelli a semicerchio da night club ed un gruppettino formato da tre ragazze seminude e due ragazzi praticamente identici tra loro.
-CJ e Nicky.- mi presentò Gab con un sorriso largo, additando i due punk maschi.
Le tre ragazze ridacchiarono e sollevarono manine dagli artigli enormi e smaltati di rosso fuoco.
-Ciao, Gab!- cinguettarono.
-Io levo le tende.- annunciò Nicky, tra i due quello più appariscente, con un’alta cresta blu e verde, un giubbino smanicato borchiato nero che indossava direttamente a pelle, un tatuaggio enorme su un braccio ed un paio di pantaloni così aderenti che pensai si fossero fusi con le sue gambe.
Si sollevò e sparì effettivamente, insieme con le tre tizie che si alzarono con lui e lo circondarono amorevoli uscendo.
Gab ne approfittò per lasciarsi cadere accanto al tipo rimasto, che per parte propria non gli aveva staccato gli occhi di dosso e continuava a sorridergli compiaciuto.
Lo osservai, era chiaro che lui e l’altro erano fratelli. Gemelli, presumibilmente. Lui era appena più discreto: capelli biondissimi, corti a spazzola, viso gradevole, con occhi molto espressivi ed intensi, profondi nel viso e scuri, piercing al labbro, al sopracciglio ed alle orecchie, jeans strappati, larghissimi e bassi sui fianchi, maglietta a rete nera sotto cui s’intravedeva una seconda maglia, molto più corta e scollata, catene che pendevano dai pantaloni. Per il resto la stessa identica figura longilinea, lunghissima e vagamente dinoccolata del fratello e stessa faccia dai tratti marcati e maschili. Dovevano essere più grandi di noi, vent’anni e forse qualcosa di più, riflettei.
-Ehi, Gab!- salutò il tizio in tono basso, allungando subito un braccio a catturare la figura snella di Gabriel per tirarselo addosso.
Dal rigonfiamento inequivocabile dei suoi pantaloni intuii che era davvero così felice di vederlo come si mostrava. Arricciai il naso, mentre Gabriel rideva e rintuzzava fiocamente quell’approccio disinvolto.
-Tuo fratello è insaziabile come sempre, eh CJ?!- s’informò distrattamente, fingendo di non accorgersi del modo in cui la mano del tizio si stesse infilando sotto la sua maglia, accarezzandogli la pancia.- Adesso addirittura tre alla volta?
-Sai com’è fatto Nicky.- sminuì CJ affondando il naso nel collo di Gab.- Dio! Sei profumato come sempre.- affermò deliziato.
-Piantala.- si decise a rimbeccarlo Gabriel, mollandogli una sberla sulla mano per costringerlo ad eseguire. CJ la spostò davvero, ma Gab non si scostò da lui ed anzi gli si sistemò meglio addosso, allungando la testa sulla sua spalla e la schiena sul petto.- Allora, ho bisogno di voi.- annunciò.
-Tutto quello che vuoi, dolcezza.- ridacchiò l’altro continuando ad annusargli i capelli e ad affondarci dentro il viso come un cane in calore.
-Uhm…niente di che, in realtà.- spiegò Gab scrollando le mani.- Mike ci ha iscritti ad un concorso musicale e sta mettendo in giro la voce per essere sicuro di avere un gruppetto di fan a sostenerci.
-Quando?- si limitò a chiedere CJ, molto più interessato a riprendere le proprie carezze invadenti che non ad ascoltare quello che Gabriel aveva da dirgli.
Scrutai di sottecchi le dita del tizio risalire nuovamente i fianchi di Gab per tornare ad affondare tranquillamente sotto il bordo della maglia. Stavolta Gab non protestò neppure ed io arrossii arrabbiato e mi voltai infastidito da quella scena, chiedendomi esattamente quale fosse il mio ruolo in quel momento ed in quel posto.
Gab intanto tirò fuori nome del posto dove si sarebbe tenuto il concorso, data ed orario dell’esibizione e CJ annuì, recependo comunque tutte e tre le informazioni e promettendogli che lui ed i “ragazzi” sarebbero stati lì. Preferii evitarmi di chiedergli se per “ragazzi” intendesse “la masnada di animali pidocchiosi che occupava quella topaia”, perché ero quasi certo che lui non avrebbe apprezzato i termini nei quali avrei formulato la domanda.
Gab si sciolse dal suo abbraccio e si tirò dritto e, seppure con una riluttanza evidente, CJ lo lasciò fare, rimanendo quieto al proprio posto a scrutarlo dal basso.
-Dovresti deciderti a venire a trovarmi per restare qualche giorno, Gab, come facevi prima.- sogghignò.
-Prima scopavo stabilmente con te, CJ, ricordi? Ora non più già da un po’.- gli rammentò pacato.
-Magari dovresti ricominciare a fare anche quello.- suggerì lui maliziosamente.
-Tesoro, dovresti essere molto più convincente di così!- rise Gab.
E CJ gli andò dietro nonostante tutto, facendo eco alla sua risata con la propria.
-E quello?- chiese indicandomi con il pollice, semi-sdraiandosi sul divano, braccia stese sullo schienale e posa strafottente.
Io mi resi conto di non essere trasparente come avevo immaginato all’inizio di quella “discussione” allucinante. Gab mi scoccò un’occhiata, nemmeno avesse davvero bisogno di voltarsi e vedermi per capire di chi CJ parlasse, poi però non gli rispose se non in modo vago.
-Un amico.- disse prima di salutare con la mano ed uscire con un “ci si vede” che sapeva davvero di poco.
Buttai uno sguardo ancora a CJ e mi accorsi che, in effetti, il sapore di poco quel saluto glielo aveva lasciato eccome, i suoi occhi erano incollati alla schiena – ed in particolare al fondo schiena! - di Gab in rapido allontanamento ed io mi domandai come accidenti facesse il mio amico a non sentirseli addosso al punto da doversi fermare a grattarseli via dalla pelle.
-Chi cazzo erano quelli?- arringai Gab appena fummo all’aria aperta, con molta più asprezza di quanta me ne sarei concessa in altre occasioni, luoghi ed orari del giorno.
-CJ è il migliore amico di Mike.- mi disse stringatamente lui, rifacendo la strada a ritroso ad un’andatura sveltissima, tanto che faticavo a stare dietro al suo passo a falcate ampie e dritte.- Sono stato con lui per un po’ dopo Erik, ma poi ci siamo lasciati.
-Direi che tu lo hai lasciato, lui riprenderebbe molto volentieri da quel punto!- corressi io indicando dietro di me come se la porta di quel posto fosse ancora lì.
Gab rise, tornando la stessa creatura spensieratamente affascinante di sempre in meno di un momento.
Eppure non riuscivo a togliermi dalla testa le mani di CJ ed il modo in cui risalivano la sua pelle senza che lui facesse nulla per fermarle.
-Non dovresti permettere alla gente di trattarti come fanno.- sussurrai d’istinto, stringendo gli occhi per cacciare via quell’immagine.
Gab mi guardò stupito.
-Io non permetto niente.- mi disse tranquillo.- Se non quello che sta bene a me per primo.- affermò poi con semplicità.
Magari ero io ad avere dei problemi con il sesso, pensai arrossendo. In fondo non è che la mia esperienza sull’argomento fosse ampia.
Anzi, era proprio scarsa.
Sospirai, riprendendo ad osservare in silenzio Gab ed il suo profilo bellissimo: la verità era che i tipi come CJ io li invidiavo ferocemente.
***
La prima volta che suonammo la canzone che avevo scritto per il concorso, Mike mi chiese come s’intitolasse. Io scoprii di non averle affatto dato un nome e rimasi a bocca aperta a fissarlo, più o meno con l’espressione che, penso, avrei usato se mi avesse chiesto di uscire con lui. Mike sbuffò, spazientito, mi disse che ero un coglione e poi si voltò verso la mia ragazza e la additò.
-La canzone di chiama “Amy”.- sentenziò seccamente.
Arrossii e ricambiai l’occhiata interrogativa di Amy senza risponderle. Mi stupì non poco rendermi conto che i miei amici, alla fine, mi conoscevano perfino meglio di quanto non facessi io stesso.
Luke ed Amy sedettero nel solito angolo, e noi ci disponemmo agli strumenti con la solita gestualità rituale. Nel farlo provai un brivido, come se avessi paura che qualcosa sarebbe andato storto, che niente potesse essere più come prima dopo che ero uscito da lì dicendo che non avrei fatto ritorno. Ma invece fu tutto esattamente come sempre, la voce di Gab ed il suo modularsi con esattezza attraverso una scala di toni che strappava i brividi a chi ascoltava, il suono del basso di Mike che faceva da base potente e solida alla musica, la batteria di Fran con il pestare ritmico talmente perfetto da far presumere una semplicità di riproduzione che non apparteneva affatto alle sue linee di batteria, il violino di Vale che alzava toni stridenti accompagnando la voce di Gab ed interloquendo con essa in un controcanto ossessivo. Chiusi gli occhi e mi concentrai sulla percezione esatta delle corde sotto le dita, erano rassicuranti…proprio come i tasti del mio piano.
-Non è andata male!- esclamai entusiasta quando riponemmo gli strumenti un paio di ore più tardi.
Mike grugnì il proprio dissenso, ma lui non era mai contento delle nostre performance e quindi nessuno di noi gli dava più corda quando dissentiva. Gab annuì vivacemente, sorridendo soddisfatto e felice e scolandosi da solo una bottiglia di acqua, a cui si attaccò fluidamente appena si fu riappropriato della propria borsa. Fran infilò la testa nello zaino che si era portato dietro e ne riemerse con una merendina oscenamente grassa ed insalubre che attaccò con voracità, ridacchiando come un bimbo.
-Cielo, Fran, ti coprirai di brufoli senza pietà!- affermò Vale osservandolo ed inarcando un sopracciglio con aria disgustata.
-Ho fame.- ribatté lui scrutandola con gli occhi sgranati. E riprese a mangiucchiare contento da dove si era interrotto.
Mi sedetti accanto ad Amy, mentre Gab si lasciava crollare al fianco di Luke e posava le spalle contro il muro alle proprie spalle sospirando ed incrociando le mani sulla pancia perennemente scoperta.
-Oh!- commentò strizzando gli occhi.- Se non vinciamo con questa, non vinceremo mai!- asserì.- E’ una canzone stupenda!
Mike gli scoccò uno sguardo di fuoco, battendo un piede a terra stizzito ed allontanandosi con la scusa di rimettere a posto il proprio basso pur di non dover concordare con il fratello. Lui sghignazzò osservando quelle manovre e mi ricambiò un’occhiata complice da sopra le ginocchia di Luke, che girò lo sguardo dall’uno all’altro senza capire.
-E’ davvero molto bella.- convenne Vale quietamente, sedendo davanti a noi su una vecchia sedia imbottita ed accavallando le gambe per potervi posare su il gomito ed appoggiare il mento al pugno chiuso. Il busto sottile si sporse in avanti, dando alla compagnia per intero una visione precisissima del suo seno piccolo all’interno della scollatura generosa del vestito nero e rosso.
Distolsi meccanicamente lo sguardo, fissandolo su Amy che mi si accoccolò contro sorridendomi, Luke arrossì e sollevò la testa di scatto, Fran s’infilò di nuovo nello zaino per emergere con una barretta di cioccolato e cereali e Gab fissò impudente la scollatura per poi alzare gli occhi sulla ragazza ed indicarle con precisione le tette.
-Copriti.- le disse piatto.
Vale si raddrizzò di scatto, imbarazzata, e tirò su bruscamente il risvolto dell’abito.
-Maniaci!- sibilò stizzita.
Gab ridacchiò a nome di tutti.
-Che si fa?- s’informò Mike tornando a pascolare vicino a noi, mani nelle tasche ed aria scazzata.
-Andiamo a mangiare qualcosa?- piagnucolò Fran, sollevandogli addosso uno sguardo tenero da pulcino bagnato.- Ho una fame che non ci vedo!
-Questo si era intuito, pidocchio.- ritorse Mike impietoso.- Sei sporco di cioccolato come un moccioso e continui comunque ad ingozzarti come un tacchino a Natale. Diventerai una specie di botolo rotolante e schifoso e finalmente potrò buttarti fuori dalla band.
-Fran è il miglior batterista che questo schifo di gruppo ha mai avuto.- ribattei in difesa del ragazzino, che peraltro aveva ignorato del tutto il commento di Mike, impegnato a scavare nello zaino alla ricerca di altre cibarie.- E noi non siamo una boy-band.- osservai cattivo.
-No, ma l’immagine conta.- ritorse Mike sorridendo velenosamente.- Pensa al gruppo di tuo padre.
-Fanculo, Mike!- sbottai arricciando il naso e chiudendo la questione.
-Sei talmente stronzo che alle volte mi chiedo come facciamo ad essere fratelli.- convenne Gab annuendo.
-Tu sei stato adottato.- affermò lapidario Mike, ignorando volutamente il fatto che la somiglianza fosse tale e tanta da rendere impossibile quell’ipotesi.- Io volevo un cane, in ogni caso.- aggiunse giusto per essere gratuitamente cattivo una volta di più.
-Allora?- domandai per sviare il discorso- Andiamo a mangiare qualcosa? Ho fame anche io.- affermai seccamente e, fissando Mike, chiesi.- O pensi che diventeremo tutti botoli schifosi e dovrai trovarti un’altra band o, in alternativa, darti al metal?
-Figurati!- sbuffò lui sorridendo malignamente.- Sei tu quello che se ne va in giro con camicie di flanella a quadrucci!- osservò.
-Ti ho già mandato “a fanculo” dall’inizio di questa discussione, Mike?- domandai dolcemente.
-Cazzo, che memoria di merda, Cody!- sbottò lui.- Meno di tre secondi fa. Dovresti fare qualcosa, le tue facoltà intellettive si stanno deteriorando molto più velocemente di prima.- asserì.
-Le tue non sono mai esistite.- ritorsi annoiato.
-Fottiti, coglione.- mi sorrise lui.
-Fanculo, stronzo.- rimarcai ricambiando il sorriso.
-Ma quanto sei testa di cazzo?
-Quanto cazzo mi pare.
-Ma perché i maschi di oggigiorno sono sempre pronti a riempirsi la bocca di “cazzo” e nonostante questo sono tutti omofobi?- s’interrogò Gab a voce alta, interrompendo così l’interessante dialogo che si stava svolgendo tra me e suo fratello.
Ci voltammo a guardarlo, sconvolti, e lui, che non aveva mosso un muscolo dalla posizione semisdraiata che aveva assunto quando si era lasciato cadere a terra, si limitò a voltarsi quietamente verso di noi e ricambiarci lo sguardo senza mutare espressione.
-Dio, Gab!- sbottò Mike, infastidito.- Ma com’è che sei così volgare?!- notò.
-Senti da che pulpito!- commentai io schifato.
-Scuola tua, fratellone.- ammise Gab. Si tirò in piedi stancamente, tirando su i pantaloni per evitare di restare completamene nudo, e proseguì apatico.- Muoviamo il culo, che mi sto rompendo ed ho fame anche io.
-Amo quando fa così!- affermò Vale, concedendosi per una volta tanto una sana risatina ironica, mentre Gab usciva per primo e noi lo seguivamo più lentamente, Mike in testa che gli gridava contro inorridito di “pulirsi la bocca, o gliel’avrebbe pulita lui a suon di ceffoni!”.
Mentre raggiungevamo uno dei pub che frequentavamo in genere, mi affiancai ad Amy, tirandomela vicino e passandole un braccio attorno alle spalle. Lei sorrise, lasciando che il gruppo ci sfilasse davanti: Mike che continuava a rimbeccare tutto e tutti, concedendo insulti a destra e manca; Fran che pregustava felice la cena, annunciando che avrebbe divorato un hamburger di proporzioni immani; Vale che camminava ticchettando su tacchi vertiginosi con la grazia elegante di una pantera; Luke e Gab, affiancati anche loro, che parlottavano a voce bassa ridendo di tanto in tanto per qualcosa da cui il resto della combriccola era escluso. Rimanemmo in coda a tutti ed Amy si sporse a baciarmi, posandomi una mano piccolissima sul petto e la testa ricciuta sulla spalla.
-E’ davvero per me?- domandò in un sussurro sottile.
Annuii istintivamente.
Era per lei. Era per mia madre. Era per tutto il gruppo.
Non sapevo nemmeno io quante cose ci avevo infilato a forza in quella canzone, ma era stato quasi impossibile tenerle tutte insieme dentro di me e liberarsene così era stato incredibilmente soddisfacente. Suonarla con gli altri, poi, mi aveva dato la sensazione di poter gridare a tutti quello che provavo senza che dovessi necessariamente giustificarmi, parola per parola.
Amy continuò a sorridere, riflettendo in silenzio, ed alla fine scosse la testa.
-No.- disse quieta sistemandosi nel mio abbraccio.- Ci sono anch’io, è vero.- ammise.- Ma c’è anche altro.- capì.
La amavo anche per quello, per il suo comprendermi rapida come un soffio di vento ed altrettanto leggera. La strinsi un po’ di più, affondando il viso tra i suoi ricci e chiudendo gli occhi al profumo dello shampoo.
-Ci hai messo dentro anche tuo padre.- buttò lì dopo un momento.
Sollevai la testa di scatto. Spalancando gli occhi e fissandola senza capire. Ripensai alla canzone, al momento in cui l’avevo scritta ed a quello che avevo pensato.
E capii che era vero.
Gab strillò qualcosa in tono euforico. Non sentii cosa fosse, ma mi indusse lo stesso a voltarmi di scatto per cercare di afferrarne il senso, così che lo vidi buttare le braccia al collo di Luke, che rideva, ed appenderglisi addosso in un modo inequivocabilmente provocatorio.
-…gli piace proprio tanto.- commentai borbottando.
Amy non rispose nulla, ma li guardò anche lei ed io notai la vena di perplessità nei suoi occhi, mentre Luke si congelava imbarazzato tra le braccia di Gab, tanto che lui lo lasciò andare, probabilmente rendendosi conto di aver esagerato. Mike sbuffò, fissandoli contrariato ma rimanendo insolitamente zitto, e la porta del pub ci bloccò all’ingresso, con Fran che faceva eco allo strillo felice di Gab e si precipitava dentro ruzzolando come al solito. Vale fu la prima a seguirlo, a passo studiatamente lento, posò una mano sul braccio di Mike e questo bastò a tirarselo dietro, nonostante il ragazzo si tormentasse da solo con occhiate rapide e feroci al fratello e Luke che li seguivano appaiati.
Presi Amy per mano e scesi con lei nel locale.
-Credo che sia molto bello quello che gli hai detto.- mi disse lei mentre io rifiutavo il suo sguardo, puntando l’attenzione con ostinazione sulla strada brevissima che compimmo per raggiungere il saloncino interno- Dovresti trovare il coraggio di ripeterglielo di persona.
 
  
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