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Autore: YOUSHOULDLETMEBE    22/07/2014    3 recensioni
Le cinque protagoniste di Pretty little liars diventano le cinque protagoniste di Divergent.
***
Dal testo: «Io e te saremo sempre un porto sicuro in cui approdare, per quanto agitato possa essere il mare.»
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanna Marin
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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POV HANNA

 
Caccia alla bandiera.
Caleb me ne aveva parlato e non vedevo l’ora che arrivasse questo giorno, almeno potrò stare con lui.
O batterlo.
Quando si fa buio tutti gli iniziati si radunano sul treno, su cui, ormai, non ho più paura di salire.
Salto sul primo vagone e aspetto che gli altri si radunino intorno ad Ezra e Garrett.
Caleb arriva poco dopo di me con Alison al seguito e mi stringe la mano, mentre il treno lascia la tana degli intrepidi.
«Ci divideremo in due squadre. Una guidata da me, una da Garrett.»
L’istruttore dei trasfazione fa un cenno verso quello degli iniziati interni, poi continua.
«Ogni squadra avrà una bandiera, che dovrà proteggere come fosse un figlio. La bandiera va protetta, ma non nascosta troppo. Deve essere visibile.
Il vostro obiettivo sarà quello di rubare la bandiera dell’altra squadra.
Ci vuole tattica. Ci vuole gioco di squadra. Talento.
Vincete, e salirete di qualche postazione nella classifica.»
Fa un passo indietro e Garrett cammina verso il centro del semicerchio di iniziati che gli si è formato attorno.
«Oh, scelgo per primo? Che onore!»
Sogghigna chiamando un iniziato interno.
«Aria»
Fa Ezra sorridendo alla mia amica, che ricambia, sincera.
C’è qualcosa che non quadra, mi dico, stanno nascondendo qualcosa.
Ma sono troppo emozionata per concentrarmi.
Garrett ha appena chiamato il mio nome.
Mi faccio spazio dalla sua parte mentre Ezra chiama Paige.
«Di Laurentis»
Garrett fa un cenno verso Ali, che con un balzo mi è già accanto e mi batte il cinque.
Ezra fa un ghigno.
«Mona»
Sospiro. Non sarò nella sua squadra, mi darà del filo da torcere.
Poco importa. Vincerò lo stesso.
I nomi continuano ad essere sorteggiati, e alla fine veniamo tutti smistati tra le varie squadre.
Caleb e Spencer sono nella mia.
Quando Garrett pronuncia con orgoglio “Rivers”, il ragazzo non lo degna nemmeno di uno sguardo, viene accanto a me e mi stampa un piccolo bacio sulle labbra, ma ormai non mi imbarazzo più.
«Le armi scelte quest’anno non sono troppo… convenzionali» Garrett sorride scambiando un’occhiata con Ezra, che sposta al centro del vagone due grosse scatole chiuse.
«Arco e frecce.»
 Prosegue l’altro istruttore.
«Le punte sono di plastica, al contatto si rompono lasciando uscire gas puzzolenti» Garrett pronuncia quelle parole orgoglioso, come se l’idea fosse sua.
«Fingete che sia una battaglia con le pistole laser. Chi viene toccato in petto, o in testa o in qualsiasi altro punto in cui un normale colpo sarebbe mortale, perde. Non imbrogliate, se sarete colpiti ce ne accorgeremo dalla puzza»
Sorride e, mentre lo sportello si apre, salta fuori, seguito da tutti gli altri intrepidi.
Arriviamo alla palude, ossia la parte abbandonata della città. Con palazzi che cadono a pezzi, sculture arrugginite, e un fiume prosciugato.
Mentre la mia squadra si avventura nel lato est, mi guardo intorno alla ricerca di un nascondiglio ingegnoso.
E poi lo vedo.
Il vecchio parco pieno di sculture arrugginite in cui Caleb mi ha portato la prima sera.
Sorrido automaticamente alla vista dell’alto cubo che scalammo insieme quella calda sera, più di due settimane fa.
E in un secondo ho già deciso, voglio che la nostra bandiera stia lì.
«Hey Garrett» faccio all’istruttore. Quando lui si gira io gli indico il grande cubo.
«Se la mettessimo lì? Per terra, alle spalle del cubo»
Lui sorride, e noto gli occhi degli altri membri della mia squadra puntati su di me.
«Che ne pensate?» chiede lui agli altri membri della squadra.
Consenso generale, e qualcuno sta già correndo a posare la bandiera.
Spencer prende la parola al centro del nuovo cerchio.
«Dovremmo dividerci. Qualcuno resta di guardia alla bandiera, i tiratori più esperti, mentre gli altri cercano quella dell’altra squadra.»
Un interno continua al posto suo.
«Mandiamo un gruppo ridotto a cercare la bandiera in campo nemico. Se sono pochi si noteranno di meno. Poi ritornano e andiamo insieme a prenderla, tutti.»
«Sarebbe un’immensa perdita di tempo» sbotta Caleb.
«Andiamo tutti lì. Li prendiamo di sorpresa, e mentre combattiamo all’ultima freccia puzzolente, qualcuno corre a cercare e a prendere la bandiera.» suggerisce qualcuno.
«Mandiamo un kamikaze» propongo attirando su di me l’attenzione. «Partiamo tutti, meno le due sentinelle, e cerchiamo gli altri. Quando li troviamo ci dividiamo. Otto combattono attirando tutta l’attenzione. Due vanno a prendere la bandiera»
Il silenzio è l’unico suono che si sente per qualche attimo, e poi gli altri iniziano ad esultare.
Il mio piano è stato approvato.
«Mi sa che adesso ci sei tu al comando» mi sussurra Caleb prima di baciarmi.
«Non abbiamo tempo per questo Rivers. Quando vinceremo festeggeremo come vuoi tu, ma adesso dobbiamo vincere.»
«Per prima cosa scegliamo le sentinelle. Ce ne servono due o tre. I tiratori migliori. Si nasconderanno dietro al cubo e spareranno a chiunque non sia della nostra squadra. Chi sono i tiratori migliori, Garrett?»
Mi auto nomino capo senza neanche accorgermene, ma a quanto pare agli altri sta bene.
«Isabelle e Alec» risponde lui prontamente, senza esitare un solo istante.
Mi volto verso i due ragazzi che ora sono al centro degli sguardi di tutti i miei compagni di squadra.
«Siete voi?» gli chiedo.
I due annuiscono.
«Bene. Siete appena stati promossi a sentinelle.»
«Nessuno toccherà quella bandiera» afferma Isabelle, sorridente.
«Puoi giurarci» afferma Alec.
«Sarà meglio per voi» continua un intrepido nel gruppo, mentre gli altri sguardi tornano a posarsi su di me.
«Okay. Chi andrà a recuperare la bandiera?» Chiedo al gruppo.
C’è un po’ di caos generale, e poi una voce si fa più alta tra le altre.
«Non è ovvio? Tu.»
La mia squadra esulta in segno di approvazione, ed io non posso far altro che sorridere.
«Va bene, va bene. Chi viene con me?»
Il caos ritorna, più forte di prima.
«Che suggerisci Garrett?»
L’istruttore sorride e poi fa un cenno alla mia destra.
Tutti ci voltiamo posando gli occhi su Caleb.
«Per me va bene» accetta lui «Quando partiamo?»
Gli sorrido, grata del fatto che lui sarà il mio compagno.
«Dobbiamo decidere dove controllare. Se decidessimo di esaminare tutta l’area ovest finiremmo domattina. Ci serve una mappa, una lista dei posti più probabili.»
Tutti gli sguardi si posano su Garrett.
«Gli alberi.» Inizia lui «La fabbrica. Il vecchio treno. La ruota panoramica….»
Un ragazzo tra la massa lo interrompe.
«Non la metteranno mai dove è stata già messa qualche altro anno. Secondo me è tra gli alberi, nel boschetto sul fiume. È piccolo e potrebbero tenerlo sotto controllo facilmente, ma è piuttosto fitto, la bandiera lì sarebbe nascosta bene, con i tiratori sugli alberi.»
Silenzio generale.
«Eri un erudito vero?» chiede Garrett poi. Il ragazzo annuisce.
«I miei preferiti» ghigna l’istruttore.
«Okay, allora si fa come dice…» mi si forma un groppo in gola, questo ragazzo vive con me da settimane e  non so come si chiama? «Tom» continua lui.
«Bene. Andiamo al boschetto. Facciamo il più piano possibile» mi volto verso Caleb «Io e te mettiamoci al centro del gruppo, dove è più difficile essere colpiti.» concentro di nuovo lo sguardo sul gruppo «Cerchiamo il loro accampamento, e quando lo troviamo, ci separiamo. Voi camminate verso il centro del gruppo cercando di non farvi vedere fino a quando non siete arrivati. Cercate di durare, io e Caleb dobbiamo trovare una bandiera» Grida esultanti generali, e siamo già in cammino verso il boschetto.
Camminiamo acquattati per un quarto d’ora, e poi abbiamo tutti la conferma che Tom aveva ragione; appostata tra i cespugli, metà dell’altra squadra ha la guardia alzata. L’altra metà starà cercando la nostra bandiera, e noi siamo di più.
Riusciamo a camminare senza farci notare fino al confine del bosco, con il letto del fiume vuoto sulla nostra sinistra.
E poi gli altri iniziano a colpire.
La puzza si diffonde nell’aria velocissima, e mentre mi allontano con Caleb, con gli occhi chemi luccicano, so già che i soldati stanno cadendo uno ad uno. Sia i nostri che i loro.
Ci nascondiamo dietro un enorme masso e ci guardiamo intorno.
Non ci sono sentinelle appostate sugli alberi, vantaggio per noi.
Non ci sono sentinelle sul nostro lato del boschetto, niente bandiera.
Non ce ne sono nella parte centrale, niente bandiera.
Tutti i soldati stanno combattendo con i nostri, a colpi di frecce puzzolenti.
«Deve essere per forza lì, sugli alberi, non per terra» guardo Cleb indicandogli gli alberi sopra il combattimento, ma lui non segue il mio indice, e fissa il suo sguardo nel fiume, che da qui vediamo perfettamente.
«Quelle bandiere sono fluorescenti, la vedremmo anche da qui se fosse sugli alberi. Io dico che l’hanno nascosta nel fiume» dice lui, convinto delle sue parole.
«Nel fiume?» chiedo io, sconcertata.
Caleb annuisce.
«Ci sono delle erbacce folte, come cespugli. Scommetto che è lì, dove nessuno controllerebbe mai, e siccome non si può nascondere ci basterà dare un’occhiata»
Annuisco quando inizio a comprendere il suo piano.
«Ha senso, ora dobbiamo solo arrivare fin lì» la distanza da colmare non è niente di ché, se non fosse che quella distanza è teatro di guerra.
«Faremo il giro lungo. Aggiriamo il boschetto. Dieci minuti al massimo, e siamo alle loro spalle»
Annuisco.
«Sei un perfetto stratega» gli sussurro mentre mi alzo da terra. Le calde mani di Caleb si stringono attorno al mio polso prima che possa fare un solo passo, mi giro verso di lui, preparandomi a vederlo colpito da una freccia puzzolente, e invece incontro solo il suo sguardo seducente.
«E tu sei il capo squadra migliore che la caccia alla bandiera abbia mai visto» posa le sue labbra sulle mie ma io mi allontano prima di rendere il bacio più profondo.
«Abbiamo una bandiera da rubare»
Affermo avviandomi verso l’altro lato del bosco.
Corriamo per il perimetro del bosco consapevoli della mancaza di tempo senza fermarci un solo istante.
Quando ormai il fiume è a pochi passi da noi, iniziamo a perlustrarlo con lo sguardo, senza però trovare niente.
«Maledizione! Dov’è se non è qui?! Non abbiamo più tempo!»
Smetto di concentrarmi sulle erbacce e guardo il letto del fiume nel complesso: rifiuti di tutti i tipi; piccoli animali morti; lische di quelli che un tempo erano pesci; c’è persino un’automobile.
E poi la vedo.
Tra le due ruote sinistre del veicolo che forse prima era stato rosso, tre centimetri di un tubicino metallico. Tre centimetri dell’asta di una bandiera. Di quella bandiera.
«Caleb! Guarda lì!» indico al ragazzo il pezzo di metallo, e in un istante il suo viso si illumina.
«Ti guardo le spalle» gli dico, felice «Vai!» prendo una freccia dalla faretra che mi hanno consegnato, ma prima che possa posizionarla, Caleb me la toglie di mano.
Nella sorpresa della situazione, il mio sguardo risulta arrabbiato.
«Ci hai guidati tu. Il merito è tutto tuo. Vai. Ti guardo le spalle» provo a discutere la sua decisione, ma lui è irremovibile, e alla fine mi costringo a cedere.
Mi siedo sul bordo del fiume regalando un ultimo sguardo alla battaglia, a un centinaio di metri da me: chiunque potrebbe vedermi, se si concentrasse, ma a quanto pare l’altra squadra è così sicura del proprio nascondiglio che non teme nemmeno di poter fallire.
È questo il loro punto debole, la sicurezza.
Torno a guardare il letto del fiume, circa due metri più giù.
Faccio un respiro profondo. Non è alto. Sono due metri. Se cado faccio danni solo perché faccio rumore.
Faccio un altro respiro profondo, e poi inizio la mia discesa.
Scivolo verso il fondo con immensa facilità, e raggiungo subito l’auto.
L’asta della bandiera è a tre passi da me. Mi inginocchio e la afferro, stringendo il metallo freddo tra le dita calde.
La sensazione che sento è qualcosa di fantastico; mi sento fiera, felice. Ce l’ho fatta.
Mi arrampico sul tetto dell’auto e inizio a gridare, euforica, con la bandiera in mano, mentre la battaglia si ferma e la mia squadra esulta, emozionata quanto me.
Mi volto verso la sponda del fiume da cui sono scesa, ma dove mi aspetto di trovare Caleb vedo solo terreno paludoso.
Sto per iniziare a preoccuparmi quando due mani dalla stretta familiare mi afferrano i fianchi facendomi voltare.
Il viso di Caleb è a pochi centimetri dal mio, e forse è l’eccitazione della vittoria, ma mi sembra ancora più bello.
«Adesso che abbiamo vinto, festeggiamo come piace a me» mi sussurra prima di attirarmi a sé per baciarmi.
I nostri corpi si incastrano alla perfezione, ma anche quando lui mi sposta le dita sulla schiena facendomi venire i brividi, io non lascio cadere la bandiera.
   
 
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