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Autore: kiara_star    23/07/2014    2 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap34
L' ultima lacrima



XXXIV.





Bruce attraversò il corridoio rileggendo la cartella medica che aveva fra le mani e quasi finì con il travolgere un agente.
«Oh, mi scusi,» si scusò sistemandosi gli occhiali che avevano rischiato di cadere. Il giovane in divisa non gli mostrò poi tanta attenzione. Scostò lo sguardo e lo superò.
«Bruce?» Era stato Clint a chiamarlo. Al collo una fasciatura e un paio di punti sul sopracciglio. «Il direttore ti cercava.»
Bruce sospirò chiudendo la cartella.
«Magari più tardi» mormorò e Clint sorrise assestandogli una pacca sulla spalla.
«Come ti pare. Dirò che non ti ho visto.»
Ricambiò quel sorriso. «Grazie.»
«Ora scappo. Vado a prendere in giro Nat perché non potrà più indossare un bikini!» ridacchiò il compagno strizzandogli un occhio e Bruce lo guardò allontanarsi e scosse il capo. Clint non sarebbe mai cambiato.
Natasha era stata fortunata, aveva ricevuto in tempo tutte le cure e la sua ferita non le aveva provocato seri danni a parte, come diceva Clint, quello di evitare di andare in giro con l'addome scoperto, anche se una cicatrice su una bella donna come Natasha sarebbe stata solo affascinante.
Decise di lasciar da parte certi pensieri mentre si avvicinava alla stanza 32, in cui sapeva lo avrebbe trovato.
Aprì la porta e Tony era lì, con la faccia spalmata contro quel vetro, come faceva ormai da giorni.
«Come va il braccio?» gli chiese e Tony gli mostrò silente il braccio ingessato oltre il gomito.
«Come dieci minuti fa, Bruce, ma grazie per avermelo chiesto.»
«L'acidità non ti dona, Tony. Sappilo» bisbigliò Bruce affiancandolo e guardando verso la medesima direzione.
Thor era ancora incosciente, e dormiva apparentemente tranquillo in quel letto. Erano stati effettuati tutti gli esami necessari e tutti avevano dimostrato che il suo organismo era tornato quello di prima, quello straordinario capace di sollevare montagne e cicatrizzare ferite con incredibile velocità. Il suo viso e il suo corpo di fatti non mostravano più i segni della battaglia, mentre loro ne avevano ancora l'esperienza riflessa sulla faccia.
A lui alla fine era andata meglio, l'altro si era anche beccato una spada avvelenata nell'intestino, ma al suo risveglio Bruce aveva solo trovato una lieve ferita che aveva necessitato di pochi punti.
Mi hai salvato la vita... di nuovo.
«Ho un incubo,» confessò poi Tony. «Si sveglia e ci chiede di ridargli le tette.» La sua espressione seria lo fece sorridere. «Sono serio, Bruce. Quest'esperienza potrebbe aver leso la sua coscienza sessuale. Potrebbe diventare un travestiThor! Non ci hai pensato? Già indossa mantelli osceni e si fa le treccine, per non parlare delle mèches... Dai, non ci credo che sia il suo colore naturale... e poi questa mania di giocare con i martelli? Chiaro oggetto di forma fallica, sottolinea un desiderio inconscio ben preciso, e non menziono neanche la faccenda Loki...»
Tony continuò a brontolare di cose senza senso e Bruce gli concesse il suo sfogo, il suo bisogno di normalità.
«Diventeremo una squadra più ridicola dei Fantastici Quattro, e loro indossano tutine attillate, più attillate di quelle di Cap, il che è tutto dire!»
«Ascoltami, Thor si sveglierà e sarà quello di prima. Hai sentito Steve, no? Da Asgard hanno pensato a ogni cosa. Noi dobbiamo solo essere fiduciosi e restare tranquilli, e soprattutto non fare incubi.»
Tony sbuffò formando una patina di condensa sul vetro.
«Non voglio indossare tutine attillate, Bruce» brontolò con fare infantile.
«Nessuno indosserà tutine attillate, tranquillo.»
«Perché io non la indosso» ribadì ancora Tony e Bruce tacque, ascoltando il silenzio della stanza e quello che proveniva dall'altra parte del lastra. «Magari potrei accettare qualche mèches» aggiunse ancora l'amico. «Ma poi sembrerei Strange[1]
Bruce sorrise guardando il suo profilo.
«Si sveglierà presto» affermò poi, perché in fondo Tony lo conosceva fin troppo bene.



*



Loki guardò il soffitto bianco. Le lenzuola bianche, le pareti del medesimo colore. Ma stavolta c'era una finestra che dava su New York, su Central Park. Si vedevano alberi verdi, si poteva udire il cinguettio degli uccelli nel frastuono delle auto.
Voltò la testa verso la porta quando la vide aprirsi. Era nuovamente Rogers.
Sospirò annoiato e tornò a guardare la finestra.
«I medici dicono che ti stai rimettendo più velocemente del previsto.»
«Che bella notizia...» mormorò senza entusiasmo.
Guardò ancora Rogers che era fermo ai piedi del letto con la sua odiosa espressione comprensiva.
«Quando mi riporterai ad Asgard?» chiese lapidario e il soldato restò in silenzio.
«Le tue condizioni non sono-»
«Risparmiami la pantomima del “è per il tuo bene” perché, se mi permetti, non sei credibile.» Lo interruppe sul nascere, e la sua gola che sussultò fu un chiaro segnale che ci aveva preso in pieno. Sapeva bene qual era la vera ragione per cui continuavano a tenerlo lì, ammanettato a quel letto, nonostante potesse camminare tranquillamente sulle sue gambe.
«Si sveglierà e sarà quello di prima. Nessuno vi ha tirato alcun tiro» affermò. «Ora riportami ad Asgard.»
«Vorrà parlarti... non credi?»
Sorrise.
«Ma io non ho voglia di parlare con lui, perciò sii il bravo ragazzo di sempre, e riporta questo pericoloso criminale in una prigione dove potrà scontare la sua pena.»
Rogers tacque respirando a fondo.
«Stammi a sentire: io non voglio parlargli né vederlo, chiaro? È così difficile da capire per quel tuo piccolo cervello?» sbraitò nervosamente Loki sentendosi soffocare da quelle catene di metallo che lo obbligavano a letto. «Voglio soltanto lasciare questo dannato pianeta e i suoi dannati abitanti!»
«Non posso rischiare. Se qualcosa è andato storto avremo bisogno di te per sistemare le cose.»
Sospirò stancamente sentendo la gola stringersi mente mandava giù la saliva.
Non sopportava più quel posto, né alcuno di loro, non sopportava più nessun viso che si affacciava ad ogni ora e momento da quella porta.
«Riunire le tre essenze è stato più complicato che separarle,» spiegò con distacco. «Il trauma che ha subito sta obbligando il suo organismo a riadattarsi. È solo questione di tempo ma si sveglierà e tornerà ad essere il Dio del Tuono e il tuo caro compagno di guerra. Se Odino avesse avuto un solo dubbio sulla riuscita del piano sarebbe già qui, fidati. Lo conosco bene quel vecchio. Perciò, Rogers, evitami altri momenti di sterile conversazione come questi e portami ad Asgard. Te lo sto soltanto chiedendo.»
Steve lo guardava ancora senza dire nulla, seppure un'ombra combattuta sfiorava i suoi occhi. Alla fine cedette.
«Parlerò con Fury.»
Gli diede poi le spalle e raggiunse la porta.
«Grazie.»
Non avrebbe voluto dirlo eppure lo disse.
Steve si voltò a guardarlo e poi andò via.
Nella solitudine della sua stanza, neanche più il verde degli alberi dava colore.



*



Mentre si incamminava verso l'ufficio di Fury, Steve si chiedeva se fosse la cosa giusta da fare. Una parte dentro di lui gli diceva che non poteva fidarsi delle parole di Loki, un'altra diceva di fidarsi dei suoi silenzi.
Steve aveva passato molto tempo nella sua stanza da quando lo avevano ricoverato. Non sapeva neanche il motivo, forse perché sapeva che nessuno se ne sarebbe preso davvero cura, forse per compassione, forse per ciò che aveva capito su Asgard.
Pensava a Linn in ogni momento, pensava a come stesse, a cosa stesse facendo, a ciò che stava accadendo lì. Quando era riuscito a porre Mjolnir nelle mani di Thor e l'aveva visto accasciarsi svenuto al suolo, aveva compreso che era riuscito nel suo intento, ma si era chiesto se la guerra ancora imperversasse in quel di Asgard.
Aveva espresso il desiderio di ritornare immediatamente, di chiamare Heimdall e farsi aprire la via, ma poi i suoi compagni avevano avuto bisogno di lui. Erano feriti, il mondo stesso era stato ferito da ciò che era accaduto. Thor era adesso visto come una minaccia e sarebbe stato difficile far cambiare l'opinione della Terra.
Nick aveva deciso di tenerlo sotto sorveglianza, ma Thor ancora non si era svegliato. Dormiva, quasi serenamente, mentre il mondo era cambiato e la sua Asgard era cambiata.
Mjolnir riposava al suo fianco, sebbene Nick fosse contrario, ma Steve aveva sentito ancora quel sibilo quando si era avvicinato al corpo svenuto di Thor. Quando aveva provato a prenderla, Mjolnir sembrava piangere, come non volesse più essere tenuta lontana dal suo unico padrone.
Era stato un pensiero folle, ma alla fine era riuscito a convincere Nick e lo S.H.I.E.L.D. che non sarebbe stato un pericolo.
Stava per svoltare verso l'ufficio del direttore quando guardò nella direzione opposta.
La imboccò senza rifletterci troppo e aprì la terza porta bianca.
Bruce e Tony erano lì.
«Niente di nuovo?» chiese avvicinandosi al vetro che li separava dalla vera stanza di Thor.
«No,» rispose Bruce. «Ma non deve essere una cattiva notizia.»
Bruce cercava sempre di essere ottimista ed era una qualità che Steve apprezzava molto.
«Loki ha chiesto di essere portato ad Asgard» confidò guardando il volto assopito del suo compagno. «E io non so che fare.»
«Non vuole essere presente quando Thor si sveglierà e vorrà fargli il culo a strisce» affermò Stark. «Comprensibile.»
Ma Steve non condivideva la sua teoria e sapeva bene che neanche Tony ci credeva sul serio.
Loki non voleva essere presente quando Thor si fosse svegliato, perché avrebbe dovuto accettare che lei non c'era più, che Sigyn era andata via per sempre.
«Fury che ne pensa?» chiese Bruce.
«Sto andando a parlargli,» rispose. «Ma non credo che accetterà.»
Bruce annuì e restò in silenzio. Assurdamente anche Tony non disse più nulla.



*



Il sole era caldo, era dolce sulla pelle.
Thor si stese sull'erba con le braccia piegate dietro la testa, ad ascoltare il canto di una capinera.
«Voglio prenderla!» Quella voce lo fece sorridere, sollevò il capo per guardare il bambino che cercava di arrampicarsi sull'albero.
«Non ci riuscirai mai,» rispose la bambina al suo fianco, scuotendo rassegnata la piccola testa bruna.
«Leyld, lascia stare quella capinera.»
Si voltò e si mise a sedere quando lei li raggiunse.
«Ma madre, voglio prenderla...» gemette in disaccordo il bambino. «Voglio tenerla per me, in una gabbia» spiegò ancora mentre la donna si avvicinava a lui. Gli si inginocchiò accanto e gli accarezzò il viso tondo.
«Perché vuoi chiuderla in gabbia?» gli chiese.
«Perché così canterebbe solo per me» le rispose.
«E non pensi che sia triste? Tutto il bosco deve poter godere del suo canto, non credi? Se vuoi ascoltarla, non chiuderla in una gabbia, perché non canterebbe più. Vieni qui e siediti ai piedi del suo albero, e lei canterà volentieri per te.»
Il bambino ascoltò le sue parole e sorrise comprendendone il significato.
«Va bene, madre» disse e si sedette a gambe incrociate sull'erba con il naso all'insù.
La bambina gli saltò sulle spalle sorridendo e lui la fece sedere accanto prendendole la pallida mano.
La donna si alzò e si voltò a guardarlo.
«Sono belli, vero?» gli chiese e Thor annuì.
«Somigliano a lui» disse e fu lei ad annuire.
Poi camminò lentamente verso di lui, con i lunghi capelli biondi che le incorniciavano il viso e Thor la invitò a sedersi al suo fianco.
Il sole le baciava il viso e si rifletteva nei suoi occhi azzurri.
«Dovresti andare,» gli disse e Thor sospirò. «Non puoi restare ancora qui, lo sai.»
«Lo so,» confessò. «Ma è l'unica cosa che vorrei: restare qui e vederli crescere come due fratelli, senza rancori né incomprensioni... senza alcuno sbaglio.»
I due bambini ascoltavano ancora il canto del piccolo uccello, tanto dolce quanto triste.
«Sbaglio?» gli chiese lei e Thor vide i suoi occhi divenire tristi. «Pensi ancora che sia stato uno sbaglio?»
«Perdonami,» si scusò scostando lontano lo sguardo. «Per me è difficile. Lo è sempre stato.»
«Non deve esserlo più, adesso.» gli disse poggiando la mano sulla sua e Thor tornò a guardare quel viso che tanto somigliava al suo eppure che era così diverso. «Ricordi ciò che ti ho detto?»
Thor annuì e lei sorrise.
«Allora va', torna da lei e amala come merita. Senza rimpianti né colpe. Non devi più sentirne il peso sulle spalle. Non sono più tue.»
La guardò e sorrise a sua volta.
«Grazie, Sigyn.»
E poi la vide allontanarsi verso quei due meravigliosi bambini che le corsero in contro.
Thor ascoltò un'ultima volta le loro risate, amò i loro sorrisi e sapeva gli sarebbero mancati come l'aria nei polmoni. Lui gli sarebbe mancato.
Ma doveva andare.
Senza più rimpianti né colpe.
Il sole bruciò ancora, poi divenne più freddo mentre chiudeva gli occhi.
Quando li riaprì, si chiese se fosse stato davvero un sogno.



*



«Si sta svegliando» sospirò Bruce quasi non ne fosse del tutto convinto. Poggiò la mano contro il vetro mentre percepiva anche i suoi compagni avvertire lo stesso sentimento di agitazione.
Poi gli occhi di Thor si aprirono. Sbatté le palpebre un paio di volte come per orientarsi e poi sollevò il capo tirandosi a sedere.
Osservò le sue mani, le strinse e le ruotò.
«Se prova ad attaccarci...» mormorò Tony con un fiato.
«Non lo farà» rispose Steve seppure con un vago sentore di dubbio.
Bruce tacque osservando come Thor studiava silente la stanza e il suo stesso corpo. Poi sollevò lo sguardo verso il vetro, verso di loro.
Li guardò a lungo senza apparentemente voler fare nulla poi, lentamente, alzò una mano e la scosse.
Un sorriso si disegnò sulle sue labbra.
Bruce sospirò e ricambiò quel sorriso.
Avvertì alle sue spalle Steve sospirare con sollievo.
«È tornato» affermò il capitano sollevato.
«Bene,» disse a quel punto Tony scostandosi dal vetro. «Adesso posso spaccargli finalmente la faccia.»
Nonostante il braccio malandato, fu necessaria tutta la forza di Captain America per impedirgli di entrare.



*



Il primo a varcare la soglia fu Bruce, e Thor non ne fu sorpreso.
«Ehi!» Lo salutò amichevolmente mentre si chiudeva la porta alle spalle. Stark e Steve erano rimasti dietro il vetro.
«Bruce... è bello rivederti,» disse sincero e lo vide aprirsi in un sorriso.
«Vorrei controllare come stai. Posso?» gli chiese e Thor acconsentì lasciando che Bruce facesse tutti i controlli che erano necessari. Sentiva le sue mani tastare gentili il suo polso, sfiorare la sua pelle che sembrava scaldarsi sotto il suo tocco amico, quasi fosse stata immersa nel ghiaccio fino a quel momento.
«Hai dei giramenti? Nausea? Dolori di qualche genere?» gli chiese ancora e lui scosse il capo.
«No.»
«Sarebbe naturale comunque, sei stato in una specie di coma quindi le tue funzioni vitali hanno bisogno di tempo per riorganizzarsi, ammesso che su di te possa essere usata la medicina convenzionale.» Bruce sorrise mentre illuminava i suoi occhi con una piccola luce.
Thor non aveva dolori o fastidi eppure...
«Bruce, cosa mi è successo?» domandò e il sorriso di Bruce si spense lentamente.
«Cosa intendi dire?»
«I miei ricordi sono confusi» confessò. «È come se ci fosse un vuoto nella mia testa.»
Bruce si voltò verso il vetro, verso i suoi compagni e poi tornò con lo sguardo su di lui.
«Qual è il tuo ultimo ricordo?» gli chiese.
Thor cercò di concentrarsi, di riportare la mente a uno stato di tranquillità per poter vedere più chiaramente cosa giaceva sul fondo.
«Central Park,» disse. Vedeva gli alberi, il sole, la lotta, la polvere e... «Loki.»
Bruce tacque e lui non capì.
«Stavamo lottando e poi tutto è diventato confuso e... Non riesco a ricordare. Ricordo Asgard, la Torre di Tony, ma sono solo frammenti.» Si portò una mano alla testa scuotendola. «So che ho fatto qualcosa di sbagliato, però. Ma non riesco a ricordare cosa fosse.»
Era troppo buio nei suoi ricordi, c'era troppo caos, troppe emozioni.
Una densa nebbia abbracciava la sua memoria.
Vedeva il volto di una donna, però, di una donna che conosceva, che aveva conosciuto un tempo che pareva lontano, che aveva amato.
Sapeva il suo nome ma non ebbe il coraggio di pronunciarlo.
Amora.



*



Tony sospirò accarezzandosi la fronte con le dita.
«Ci mancava solo l'amnesia» mormorò.
Era incredibile. Adesso che finalmente potevano chiarire tutto, che potevano soprattutto farla pagare a quel biondone da strapazzo, ci si metteva di mezzo la memoria bucata.
«E se stesse mentendo?» ipotizzò voltandosi verso Steve. «Pensaci: sono saltati fuori i segreti più scabrosi del suo passato e per di più ha tentato di fare fuori i suoi amici e la sua donna. Fare lo smemorato sarebbe una soluzione intelligente.» Steve non lo degnò di una risposta e lo ignorò platealmente. «Ma Thor non è il massimo dell'intelligenza. Afferrato.» Si corresse tornando a guardare il vetro.
Bruce stava continuando il suo controllo e gli stava porgendo altre domande. Thor rispondeva con qualche incertezza ma era chiaramente frutto della confusione e non di una recita.
«Devo dirgli quello che è successo» affermò poi Steve tenendo le braccia incrociate sul petto. «Deve sapere ciò che è accaduto qui e su Asgard.»
«Aspetta, Rogers, non puoi andare lì e dirgli: “Ehi, lo sai che abbiamo scoperto che ti scopavi tuo fratello? A proposito, l'hai fatto evadere e a causa tua ha fatto scoppiare una guerra sia qui che nel tuo mondo perché si è messo in combutta con quella sventola squilibrata della tua ex e un pelato con vecchi rancori. Comunque la tua versione femminile ha delle belle tette, lo sai? Qui se la sarebbero fatta un po' tutti ma Loki ha voluto l'esclusiva. E io mi sono anche fidanzato con la tua bella ancella e ho sollevato il tuo martello! Che figata, non trovi? Ah, e prima che mi dimentichi, tuo padre sa tutto e ti odia.”»
Steve gli concesse solo uno sguardo severo.
«Hai finito con le tue stupidate?» gli chiese poi retorico e Tony avrebbe voluto alzare entrambe le braccia per l'esasperazione ma non poteva perché quell'idiota di Thor gliene aveva spezzato uno!
«Rendevo solo l'idea,» si giustificò. «Sarà una doccia fredda e, anche se ho ancora voglia di raparlo a zero mentre dorme, non credo che sia il giusto modo di agire.»
«E cosa proponi? Tenerlo allo scuro di tutto e lontano dal mondo e dalla sua stessa casa?»
Tony sospirò.
«Da quando sei tornato da Asgard sei diventato più ottuso, Rogers, deve essere l'aria. Quello che voglio dire è che non puoi sganciare un simile siluro su uno come Thor. Crollerebbe e andrebbe in depressione per il senso di colpa. Li conosco i tipi come lui, sono grandi e grossi ma hanno il cuore come un budino perciò, se proprio qualcuno glielo deve dire allora dovrà essere la persona giusta.»
Steve lo ascoltò soppesando ogni parola, e probabilmente bypassando la faccenda dell'ottuso.
«Nat...» suggerì ovviamente il capitano e Tony assentì.
«E chi altri? Bruce ci andrebbe troppo tenero, io sarei troppo diretto, tu ci impiegheresti giorni solo per parlare della faccenda dell'incesto e Clint farebbe delle domande idiote come “ti sei mai toccato quando eri una donna?”» analizzò ad alta voce. «Se abbiamo una Romanoff in squadra non è solo per il suo sexy accento russo.»



*



«Si è svegliato.»
Alle parole di Bruce, Jane sentì un sussulto nel petto.
«Come sta?» chiese tenendo saldamente il cellulare.
«Bene, fisicamente sta bene, solo che...» Bruce prese una pausa e poi continuò: «Non ricorda nulla di quello che è accaduto
«Nulla...?» chiese debolmente e Bruce le confermò ciò che aveva appena detto.
«Non sappiamo se la memoria tornerà con il tempo o meno, ma abbiamo ritenuto giusto che sapesse. Natasha è con lui adesso. Sarà lei ad informarlo di ogni cosa.»
Jane fu costretta a sedersi sul divano.
«Bruce...» sospirò senza aggiungere altro.
«Lo so che sarà difficile per lui, ma era l'unica cosa da fare.»
Jane capiva, comprendeva la loro prospettiva, ma ciò che stavano per fare sarebbe stato devastante. Metterlo a conoscenza di quello che era accaduto, di ciò che era venuto alla luce, di come aveva attentato alla vita di gente innocente e dei suoi stessi compagni, di come aveva attentato alla sua...
Thor non ne sarebbe mai uscito illeso.
La verità faceva male, la verità tagliava come un coltello e lasciava ferite così profonde che mai si sarebbero realmente rimarginate. Jane adesso lo sapeva bene.
«Dovrai stargli vicino, Jane, anche se non sarà facile
Quella responsabilità la schiacciava come un macigno. Jane non sapeva se era in grado di farlo, se poteva ancora guardare i suoi occhi e non vedere quelli dell'uomo che stava per ucciderla, non vedere quelli di Sigyn e fingere che non fosse mai davvero esistita.
Scostò il cellulare dalle labbra per impedire a Bruce di sentire il suo sospiro.
«Vorrà stare solo, immagino» disse poi.
«Probabile. Ma quando sarà pronto, la prima persona che vorrà incontrare sarai tu.»
Sorrise tristemente alle parole di Bruce.
No, non sarebbe stata lei.
«Chiamami quando sarà il momento,» gli chiese e Bruce le assicurò che l'avrebbe fatto.
Mise fine alla telefonata e lasciò cadere il cellulare sul piccolo divano.
Sarebbe andato da lui, avrebbe voluto vedere lui e nessun altro.



*



«Ho finalmente il permesso di abbandonare la nave, Colonnello?» Loki ghignò verso Fury, che lo guardava silente dalla porta.
Rogers doveva aver fatto ciò che gli aveva chiesto e presto avrebbe potuto dire addio per sempre a quel piccolo sudicio mondo.
«Thor si è svegliato» disse invece il direttore dello S.H.I.E.L.D. e Loki sentì morire ogni sorriso.
«Buon per lui» rispose con apparente indifferenza. «Immagino che questo renda la mia richiesta di trasferimento impossibile da rifiutare, direttore» osservò risoluto e Fury sollevò un angolo delle labbra. Si avvicinò a una sedia poggiata contro la parete e l'afferrò fino a trascinarne rumorosamente i piedi metallici sul pavimento.
La sistemò ai piedi del letto e si sedette poggiando poi gli avambracci sullo schienale.
«Mi hai creato parecchi problemi, Loki,» iniziò. «Di tutti i bastardi criminali con cui ho avuto a che fare, e ne sono stati parecchi, tu sei quello che mi ha creato più problemi.»
«Me lo dicono spesso» ribatté fiero. «Non mi chiamano Dio del Caos per vezzo.»
«E non potresti avere nome più appropriato, te lo concedo.» Poi Fury sospirò, e fu silenzio prima che si rimettesse in piedi e lo guardasse serio.
«Ti verranno a prendere fra poche ore. Avrai i tuoi vestiti, e Rogers ti condurrà ad Asgard.» Detto questo si avvicinò alla branda e si chinò finché non fu vicino al suo viso. «Non voglio rivederti mai più da queste parti, chiaro? La prossima volta che la tua faccia compare su uno dei miei schermi, giuro che ti ammazzo con le mie stesse mani e poi andrò fino ad Asgard a prendere a calci nel culo Odino e la sua banda che non hanno saputo tenerti al giusto posto.»
Loki sorrise mentre il direttore raggiungeva la porta.
«Anche per me è stato un piacere, Nick,» affermò ghignante e il direttore gli sorrise di riflesso, senza vera simpatia.
«Non mettermi alla prova» disse e uscì.
Loki restò di nuovo solo con quelle quattro parole nella testa: Thor si è svegliato.
Chiuse gli occhi sentendo il cuore far male.



*



Non voleva crederci, non poteva essere vero. Stavano mentendo, Natasha mentiva.
Quando provò a sfiorargli la mano con la sua, Thor la tirò via quasi scottasse.
L'aria stringeva nella sua gola, non riusciva a respirare.
Non era accaduto davvero.
Sollevò lo sguardo sul volto di Natasha e sentì le guance bruciare per la vergogna e la colpa.
«Vi ho ferito» sospirò con affanno. «Ho fatto del male a degli innocenti, io...»
«Non eri in te, Thor. Nessuno ti accusa.»
Scosse il capo furente.
«Non basta, non è una ragione per giustificare ciò che ho fatto.» Lo sguardo gli cadde sulla fasciatura che le stringeva il busto e che le avvolgeva perfino la spalla. «Sono stato io a farti questo» affermò incapace di guardare i suoi occhi. Natasha gli poggiò una mano sul braccio e cercò di calmarlo.
«Stiamo bene, Thor. Stiamo tutti bene, tutti gli agenti stanno bene, ok?»
«No, io vi ho attaccato, sono stato così debole da farmi usare da lei e adesso...» Quando lo sguardo incrociò quello di Steve dall'altra parte del vetro Thor provò ancora più vergogna.
Al suo fianco Tony mostrava un'espressione seria che stonava così tanto con il suo animo. Il suo braccio rotto tenuto fermo da pesanti bende bianche, il suo viso ferito... E aveva ferito anche Clint, anche Bruce. Anche persone innocenti e tutto perché...
Loki!
Cosa hai fatto? Perché L'hai fatto?
Il viso arse e lo nascose dando le spalle ai suoi compagni.
Nessuno avrebbe mai dovuto sapere, quella storia era stata dimenticata e sepolta, Sigyn era stata sepolta in un punto così profondo del suo cuore che non ne avvertiva neanche più l'eco.
E Loki aveva riportato tutto in superficie, tutto il dolore e la vergogna che Thor aveva deciso di affogare nella sua memoria.
E Jane? E sua madre, suo padre? Adesso anche loro sapevano e, per le Norne, che destino gli sarebbe mai stato riservato adesso?
Con quale onore avrebbe continuato a vivere?
«Vorrei un po' di solitudine» chiese sempre celando il viso. «Per favore.»
Sentì Natasha sollevarsi dalla sedia.
«Certo. Se hai bisogno di qualcosa siamo qui. Siamo tutti qui.»
Thor serrò le palpebre per ricacciare indietro le lacrime e quando sentì Natasha uscire dalla porta attese interi minuti prima di voltarsi. Quando lo fece non c'era più nessuno al di là di quel vetro.



*



Steve aveva ricevuto il comando non appena era uscito dalla camera.
Fury aveva deciso di riconsegnare Loki alla giustizia asgardiana e lui lo avrebbe accompagnato fin lì, e avrebbe anche rivisto Linn, così da poterle dire addio.
Era un pensiero che aveva deciso di non sfiorare, perché era un pensiero terribile, un pensiero che gli faceva mozzare il respiro.
Loki era già vestito nei suoi soliti abiti quando Steve entrò nella stanza. Due agenti di guardia gli stavano sistemando le manette.
«Andiamo.»
Comandò senza perder tempo.
Loki non voleva parlare con Thor e Thor non era certo nella condizione di parlare con lui.
Forse era meglio così, era meglio che Loki sparisse dalla sua vista e dalla sua vita. Forse solo così Thor avrebbe potuto risollevarsi. Non lo informò della sua momentanea amnesia, non riteneva avesse potuto giovare a qualcuno.
«Mi sembri alquanto ansioso di tornare nel bel mondo dorato» sibilò Loki al suo fianco mentre lo conduceva nell'ascensore. Le due guardie attesero fuori. Steve sapeva di poter gestire da solo la situazione.
Non era sicuro che Heimdall avesse potuto aprire un varco anche su quell'edificio, in caso contrario sarebbero stati obbligati a raggiungere la Tower che al momento era sotto ristrutturazione e supervisionata dello S.H.I.E.L.D., dato che era pericolante.
«Mi chiedo se sia per un profondo senso di giustizia che ti spinge a mettermi in una bella cella magica o perché potrai rivedere la nostra dolce Linn.»
Steve lo fulminò con lo sguardo.
«Pensavo fossi tu quello che non vede l'ora di godere dei comfort dei carceri asgardiani» ribatté e Loki sorrise mentre i piani scendevano sotto i loro piedi.
«Io voglio solo abbandonare questo mondo e il suo fetore.»
«Beh, sappi che questo mondo e il suo fetore te ne sono grati,» mormorò quando giunsero finalmente all'ultimo piano.
La porta di acciaio si aprì e Steve diede le ultime indicazioni agli agenti posti a difesa che si organizzarono in un perfetto cerchio attorno a lui e a Loki.
«Confessa, ti è piaciuto tenere in mano quel martello, vero? Sentirne la forza, la potenza, sentirlo cantare...»
Steve cercò di ignorarlo. Se l'ultima azione di Loki sulla Terra sarebbe stata quella di fargli perdere le staffe, allora lo avrebbe consegnato a Odino con un bel naso rotto.
«Potresti averlo, potresti prenderlo. Non penso che Thor si senta ancora così degno come i vecchi tempi.»
«Ok, adesso stai zitto, chiaro? Altrimenti ti faccio imbavagliare.» Lo minacciò. «Come i vecchi tempi.»
Loki non disse più nulla ma continuò a sorridere.
Steve si voltò verso il cielo e chiamò il nome di Heimdall. Bastò farlo una volta soltanto che il cielo si oscurò con intensità.
«Oh, sei diventato un cittadino onorario, Rogers» ghignò ancora Loki con le braccia strette nelle manette. Steve ne afferrò le estremità con forza per assicurarsi che non facesse alcun colpo di testa eppure era sicuro che non avrebbe tentato alcuna fuga. «C'è una cosa che mi è sempre piaciuta di Midgard...» Non aveva più alcun sorriso di scherno adesso. Guardava il cielo con occhi tristi, Loki, mentre il collegamento per Asgard si apriva davanti a loro.
«E cos'era?» chiese Steve fra il frastuono e la luce.
Loki si voltò a guardarlo e sorrise. «Il clima.»
Steve stranamente ricambiò quel sorriso.











Il Bifrost si era aperto. Frigga attendeva accanto a Odino nella Sala del Trono, attendeva il ritorno del terrestre e di Loki, il ritorno di suo figlio.
«Freyja,» disse poi Odino mentre erano soli nella loro attesa. «Non avrebbe dovuto.»
Frigga non rispose, sapendo bene cosa bruciasse nel cuore del suo sposo e anche cosa bruciava nel suo, in parte poteva condividere quel dissenso.
«È stata una sua scelta,» affermò soltanto. «Dobbiamo rispettarla.»
«È stato un atto di disobbedienza, Frigga. Un atto che andrebbe punito e...»
Frigga si avvicinò al trono e poggiò la mano su quella di Odino.
Lo guardò silente senza accuse o richiami, senza più voglia o tempo di combattere con la sua testardaggine.
Basta guerre...
Odino comprese e forse condivise perché non disse più nulla.
L'attesa fu breve e presto la porta si aprì mostrando la figura del capitano Steve, al cui fianco camminava Loki in catene, e Frigga era così stanca di assistere per l'ennesima volta a quella scena, il suo cuore di madre lo era.
«Com'era negli accordi» disse il terrestre senza perdersi in troppi convenevoli. Odino parve apprezzarlo.
Assentì e chiamò le guardie affinché prendessero in custodia loro figlio.
Frigga lo guardò scorgendo la solita maschera, quasi più bella del solito, come se l'avesse costruita con attenzione e maniacale cura.
Perché il dolore da celare, stavolta, era troppo grande.
«È bello essere a casa, padre» asserì con sfida Loki ma Odino non raccolse.
«Conducetelo nella camera della guarigione,» comandò il re, e Loki sembrò sorpreso di quell'ordine ma seguì silente le guardie.
«A mai più rivederci, Rogers!» urlò ancora dal fondo della sala, mentre varcava la soglia con un sorriso che le faceva male.



*



Era stato felice di vedere che Asgard aveva ritrovato la pace. Steve aveva osservato la piana su cui aveva lottato ed era rimasto sorpreso dal non scorgere alcun segno di quella lotta. Gli alberi che aveva visto bruciare erano ora verdi e forti, così l'erba bagnata dalla rugiada e gli infiniti fiori che popolavano le colline.
Sembrava che la guerra non fosse mai avvenuta, eppure sapeva che non era così.
Ricordava i volti dei soldati caduti, ricordava le loro urla, il sangue, l'odore della carne bruciata.
Dimenticare sarebbe stato impossibile.
Hanno avuto gli onori che meritavano e ora siedono con gloria nelle stanze del Valhalla,” rispose Frigga quando Steve chiese di loro, di quei soldati che avevano dato la vita per il loro regno.
Perché sebbene la magia di Asgard potesse riportare alla vita una vallata violata dalle fiamme, non poteva riportare alla vita quegli uomini.
Odino lo informò anche della dipartita definitiva di Styrkárr e della fuga di Amora.
Non tornerà,” affermò il Padre degli Dèi eppure Steve non sapeva se poteva credere a quell'eventualità. Per quel poco che aveva avuto modo di vedere, la follia di Amora era grande e ciò l'avrebbe spinta a fare altre azioni terribili.
Sperava che Odino avesse ragione, sperava che non ci sarebbe stato più il bisogno di sacrificare alcuna vita.
«Asgard ti ringrazia per il tuo contributo» disse poi il re dal suo seggio.
«Ho fatto solo il mio dovere» rispose Steve senza troppo interesse a udire altre adulazioni. «Se posso, prima di tornare sulla Terra vorrei poter salutare una persona» chiese indirettamente sentendo che era questa l'unica domanda che aveva da fare.
Odino non mostrò di aver compreso ma Frigga sorrise.
«Ti accompagnerò da lei.»
Steve fu grato della sua gentilezza e le fece un cenno del capo per ringraziarla.
La regina scese le scale che dividevano la sala dal reale trono di Odino e lo affiancò.
Steve si voltò nuovamente a guardare il re per congedarsi ma aveva ancora qualcosa da dire prima di andare.
«Thor si è svegliato ma non ricorda nulla di quanto successo.» Alle sue parole né Odino né Frigga mostrarono sorpresa, di certo Heimdall aveva veduto e informato i due sovrani. «Lo abbiamo comunque messo a conoscenza degli eventi. Era la cosa giusta da fare.» Si sentì in dovere di giustificare il loro agire.
Frigga gli poggiò gentilmente una mano sul braccio.
«Grazie per tutto, Steve Rogers.»
Non ebbe il tempo di risponderle nulla che fu Odino a parlare.
«Capitano Rogers,» lo chiamò con voce decisa. «Riferisci pure a Thor che al momento Asgard non necessita della sua presenza.» Non serviva leggere fra le righe, quel “non lo voglio qui” era assordante.
Steve avrebbe voluto ribattere ma in fondo non aveva diritto di giudicare i sentimenti di un padre ferito.
«Va bene» disse pronto ad abbandonare la sala.
Ma Odino continuò: «E digli anche che, quando sarà venuto il giusto tempo, la soglia della sua casa sarà aperta.»
Gli occhi di Frigga si inumidirono sotto le sue parole e Steve avrebbe giurato che anche quello di Odino avesse fatto lo stesso nel pronunciarle.
«Va bene» rispose ancora, stavolta con un sorriso grato.



*



Le curatrici si erano prese cura delle sue ferite, sebbene ci fu poco su cui lavorare. I terrestri avevano fatto un buon lavoro e Loki dovette ammetterlo almeno a se stesso. Quando erano andate via, quando perfino Eir aveva lasciato la camera della guarigione, era rimasto solo.
Non aveva più catene ai polsi né guardie alla sua custodia eppure sarebbe rimasto per sempre un prigioniero.
Poi la porta si aprì ancora e Loki pensò fosse sua madre. Voleva fosse lei, voleva sentire le sue braccia attorno al corpo, la sua presenza scaldarlo, la sua voce rassicurarlo, anche se poi non gli sarebbe stato concesso credere a nessuna delle sue parole. Aveva bisogno anche di menzogne, Loki, in quel momento più che mai.
Ma non fu Frigga a varcare la soglia, fu l'ultima persona che pensava di vedere davanti a lui.
«Il terrestre mi ha detto ciò che hai fatto su Midgard.» Odino lo guardò con la solita severità.
Loki alzò le spalle con diffidenza.
«Non so di cosa parli,» rispose e il Grande Padre decise di non andare più in là di quella bugia.
Si avvicinò ancora e Loki temette davvero che avesse deciso di ucciderlo lì, con le sue mani. Sarebbe stata una fine davvero stupida.
Ma Odino allungò solo una mano verso il suo petto, senza sfiorarlo, senza smettere di guardarlo negli occhi e in quel momento Loki sentì il respiro incrinarsi e qualcosa di caldo scorrere nelle sue vene. Era il suo seiðr, la sua anima che Amora aveva sigillato.
Si sentì vivo, finalmente vivo, e quando Odino allontanò il palmo, Loki sapeva che non solo il suo seiðr era tornato. Si guardò una mano sapendo che avrebbe potuto far nuovamente nascere una lama di ghiaccio dal nulla.
Poteva farlo, e poteva affondarla nel suo collo. Quel pensiero gli provocò un brivido sotto la sua pelle.
«Perché?» chiese soltanto ma Odino non rispose a quella domanda.
«L'esilio. È questa la tua condanna» affermò. «Non potrai mettere più piede sul suolo di Asgard né su Midgard, fino al termine dei tuoi giorni... o per mia sola volontà.»
Sorrise di quella sentenza.
«Credi sia saggio, Padre degli Dèi, lasciarmi libero di vagare per i Regni? Non temi che la mia follia possa portarmi ad attaccare qualche altro sventurato pianeta? Alfheim, o Vanaheim magari...» chiese con beffa ma Odino gli donò un sorriso stanco, un sorriso di padre.
«Non lo farai.»
«Come puoi esserne convinto?» chiese infastidito dalla sua sicurezza, ma Odino si avvicinò alla porta senza degnarlo neanche stavolta di una risposta.
«Saluta tua madre prima di sparire.» Lo invitò poi uscendo.



*



Linn passeggiava in silenzio, senza reale coraggio di dirgli nulla. Accanto, Steve teneva lo sguardo verso il sentiero.
Erano quieti i giardini, era quieta Asgard.
Quando l'aveva visto giungere al fianco della regina Frigga quasi aveva fatto fatica a trattenere le lacrime per la gioia e il sollievo.
L'aveva abbracciato e baciato, gli aveva sospirato quanto fosse felice di vederlo, quanto avesse temuto per la sua vita.
Steve le aveva risposto che stava bene, che era lì perché aveva riportato il principe Loki, e per vedere lei.
Per dirmi addio, pensò.
Era stato un sogno, un sogno meraviglioso ma che non avrebbe mai potuto essere realtà. Linn aveva vissuto giorni intensi su Midgard, fra le sue braccia, giorni che non avrebbe mai dimenticato e che sarebbero stati la sua compagnia per tutta la vita. Perché non sarebbe mai esistito un altro uomo come Steve, nessuno l'avrebbe mai amata né stretta come lui. Linn non voleva che nessun altro lo facesse.
«Non ricorda.» Steve infranse il suo silenzio e arrestò il passo quando giunsero dinanzi alla fontana. «È stato terribile dovergli dire ciò che era successo.»
Linn sospirò e gli sfiorò il braccio.
«Il principe è forte e supererà anche questa difficoltà,» disse. «E ha voi al suo fianco. Non è solo ad affrontarla.»
Steve annuì cercando forse di convincersi delle sue parole.
Poi la guardò e sorrise accarezzandole il viso.
«Potrei tornare» sospirò e fu una ferita che tagliò il suo cuore. «Qualche volta.»
Linn si costrinse a sorridere eppure quanto male faceva.
«Certo, Steve» rispose con un nodo alla gola che seppe celare. «Qualche volta.»



*



Alla fine sua madre giunse. Varcò la soglia con un sorriso e lo abbracciò senza dire nulla.
Loki respirò a fondo e fece suo quel profumo, quel calore, quell'amore.
«Troverò il modo di rivederti» gli promise Frigga con un sospiro contro il suo orecchio. «Te lo prometto, bambino mio.»
Loki sorrise e si lasciò abbracciare ancora.
Grazie per avermi amato nonostante la mia follia, la mia debolezza, la mia solitudine.
Frigga lo ascoltò nel suo silenzio.



*



Steve raggiunse il ponte. Non prese un cavallo, voleva attraversarlo passo dopo passo, e imprimersi nella mente la più piccola luce che lo avvolgeva, voleva che in ognuna di esse ci fosse un po' di lei, un po' dei suoi occhi, della sua dolcezza, del suo amore.
Non aveva saputo dirlo, non era stato capace di dirglielo.
Aveva avuto paura, il grande Captain America aveva paura, perché se avesse detto quelle due parole non sarebbe più riuscito ad andare via, non sarebbe più riuscito a dirle addio e Linn non aveva bisogno di questo. Doveva vivere la sua vita, perché Asgard era la sua casa e Frigga la sua famiglia. Era una donna gentile, Frigga, e l'avrebbe trattata come meritava, e avrebbe incontrato qualcuno che l'amasse e potesse esserle accanto sempre.
Rallentò i passi mentre la cupola dorata si avvicinava, mentre sentiva il viso bagnato. Si passò la mano su una guancia guardando incredulo le dita umide.
Lacrime.
Stava piangendo e neanche se ne era reso conto.



*



«Freyja ha lasciato da poco Asgard.» Lo informò sua madre mentre gli accarezzava i capelli. «E ha portato con sé la Sálþjófr
Se ne stavano seduti su quel letto bianco, come in un tempo lontano, quando Frigga lo vegliava nella sua febbre raccontandogli storie di cavalieri e principi, e poi storie di maghi talmente abili da far impallidire quei principi. E Loki ascoltava ogni parola come fosse una magnifica melodia, la rubava, la conservava nel suo cuore come il più prezioso dei tesori.
Le parole, la sua arma più letale.
E adesso a cosa servivano?
«Avrei voluto essere presente quando ha cavato dal petto il suo cuore» sorrise malignamente e Frigga lo rimproverò con uno sguardo.
Poi ogni rimprovero si spense e tornò il suo dolce sorriso.
«La pace, Loki, può esistere solo qui» affermò poggiandogli una mano sul petto. «Non aver timore di cercarla, e non temere di trovarla.»
«Madre...»
Frigga si alzò dal letto e gli baciò ancora la fronte, teneramente.
«Anche le tenebre più fitte possono essere squarciate da un semplice raggio. Ricordalo[2]
E poi andò via, nascondendogli le lacrime, mentre Loki sentiva la voglia di chiamarla arrestarsi in gola, insieme a un groppo che fu doloroso mandare giù.
Osservò le sue mani quando sua madre lo lasciò solo.
Sarebbero sempre state sporche di sangue quelle mani, qualsiasi cosa avesse fatto, niente avrebbe potuto cambiare la sua natura. Era il suo destino: distruzione e caos. Non lo aveva scelto e solo adesso comprendeva che allo stesso non poteva cambiarlo.
Strinse i pugni mettendosi in piedi.
Distruzione e caos. Nessuna pace. Mai.
Che bruciasse in Hel, Odino e il suo esilio. Non avrebbe chinato il capo, non adesso che non aveva più nulla da perdere o proteggere.
Avrebbe portato morte e disperazione e ne avrebbe gioito. Odino avrebbe rimpianto di avergli ridato i suoi poteri, avrebbe rimpianto di non averlo ucciso su quell'altare, quella fredda notte.
Lo rimpiangerai, padre. Rimpiangerai la tua debolezza.
«Loki?»
Poi udì quella voce e il cuore si fermò.
«No...» sospirò quasi spaventato mentre si voltava alle sue spalle. «Non tu...»
Ma lei era lì e lo guardava.
«Non sei reale,» sentenziò scuotendo il capo mentre la vedeva avvicinarsi.
Stava impazzendo, stavolta la sua follia era vera e tangibile, non solo una maschera dietro cui nascondere le sue insicurezze e le sue paure. «Non sei reale.» Rise drammaticamente.
Qualcuno gli stava giocando quello sporco tiro. Odino, era Odino di certo!
Amora! Sì, quella sporca cagna che ancora viveva.
Lei si faceva più vicina e i suoi occhi lo guardavano ed erano come li ricordava, le sue labbra lo erano, i suoi capelli, le sue mani che gli stavano sfiorando il viso.
Loki non si accorse neanche di star tremando sotto il suo tocco.
«Sono io, Loki,» disse lei con un sorriso. «Sono io... Sono Sigyn.»



*



Non era sicura di poter anche solo pronunziare una parola, ma poi lo aveva visto, aveva ascoltato la sua voce e scorto il suo sorriso mentre sua madre lo teneva stretto come fosse ancora un bambino e Sigyn aveva capito che ne era valsa la pena.
Si era avvicinata leggendo la sua paura, la sua incertezza, le sue domande.
E aveva risposto a quelle domande prima che le venissero poste.
Gli aveva raccontato di Freyja, della richiesta che le aveva fatto, quella richiesta assurda che però la regina Vanr aveva accettato di soddisfare.
Una sola anima, un solo corpo, ma due cuori. E da quel secondo cuore, ferito e spaventato, Freyja aveva dato vita forse alla follia più grande che fosse mai esistita nei Nove Regni, ma che era divenuta reale.
Gli mostrò la collana che Freyja le aveva donato e che aveva detto di tenera al collo senza temere, di come aveva tagliato il palmo della sua mano e raccolto le sue gocce di sangue, di come le aveva detto che non c'era sicurezza che potesse riuscirci davvero, che Thor avrebbe potuto perire sotto quell'incantesimo, ma che era bastata una sola probabilità per rischiare la sua stessa vita.
«Lo so, sembra una pazzia, ma è così!» affermò con un sorriso quasi imbarazzato, senza neanche accorgersi dell'ombra che copriva gli occhi di Loki. «In pratica è un corpo Vanr, ma non è importante. Ciò che conta è che-»
Ogni parola si perse nel momento in cui Loki la schiaffeggiò con forza, senza dire nulla, guardandola un'ultima volta prima di darle le spalle e andare via.
«Loki?» sospirò premendo le dita su quella guancia accaldata.
No.



*



Stupido, stupido, stupido!
Stupido Thor!
Come poteva aver pensato una cosa simile? Come poteva aver creduto davvero che lui ne sarebbe stato felice?
Loki attraversò quei corridoi con foga, volendo mettere quanta più distanza possibile fra di loro.
Lo odiava. La odiava. Li odiava entrambi!
«Fermati!» Ma lei lo raggiunse, correndo veloce come un vento, fino a fermare la sua corsa. «Che diavolo ti prende adesso?» gli chiese furiosamente afferrando le sue braccia. «Non hai sentito cosa ti ho detto?»
«Lasciami andare» comandò Loki liberandosi dalla sua presa e riprendendo il passo.
Sigyn gli bloccò nuovamente la corsa.
«No che non ti lascio andare! Non dopo che ho sacrificato tutto per te!»
Fu a quel punto lui ad afferrarle il braccio e scuoterla.
«Sacrificato tutto?» ringhiò con rabbia. «Tu non hai sacrificato un bel niente!» La allontanò poi con violenza e provò ad andare via ancora. Stavolta si ritrovò a sbattere con il viso a terra quando lei gli saltò letteralmente addosso. Un mano ad afferrare i suoi capelli e tenerlo con la guancia contro il pavimento.
«Osi dirmi una cosa simile?! Come puoi farlo?» chiese lei duramente.
La sua forza era quella di un tempo, era la stessa di Thor, e Loki dovette utilizzare la sua ritrovata magia per liberarsi di lei. Una catena di seiðr le si avvolse attorno alla caviglia mentre la lanciava di peso contro la parete.
Cadde a terra con un gemito di rabbia più che di dolore e si rimise presto in piedi mentre Loki faceva lo stesso.
«Non voglio lottare con te» affermò lei guardandolo severamente.
Loki ricambiò quello sguardo.
«Neanche io, e sai una cosa? Non voglio nulla da te. Nulla!» ribadì. «Mi hai sentito? Riesci a fartelo entrare nella testa? Non mi interessa di quale stupido incantesimo Freyja ti abbia fatto partecipe. Non mi interessa quello che hai da dire, non mi interessa niente di te. Non voglio più averti davanti agli occhi, non voglio più averti nella mia vita. Chiaro? Sei morta nel momento in cui, davanti a quella cella, mi hai chiesto di ucciderti.» Le parole caddero come pioggia acida e fecero male mentre le pronunciava, e vedeva quello stesso dolore riflesso negli occhi di Sigyn. «Sei morta per me.»
«Non puoi farlo davvero...» disse lei scuotendo il capo. «Non puoi gettare via tutto per orgoglio.»
«Non mi hai sentito, allora» ringhiò stanco. «Sei stato tu a chiedermi di gettare via tutto e io l'ho fatto. Io mantengo la mia parola, Thor.»
I suoi occhi divennero una tormenta e il suo viso si indurì.
«Io non sono Thor! Non sono più Thor. Ho rinunciato a quel nome, a quell'identità, a quella stessa vita. Ho rinunciato alla mia casa, ai miei amici, alla mia famiglia! Tu non hai la minima idea a quanto ancora ho rinunciato per te, e adesso mi vuoi dire che è stato tutto inutile?»
Mandò giù quel sentimento che abbracciava il suo cuore mentre la guardava cadere, pezzo dopo pezzo, fragile come forse non era mai stata neanche in quel corpo umano.
«Sì, è quello che sto dicendo.»
«No, non puoi dire sul serio. Smettila di mentirmi, Loki!» urlò lei fronteggiandolo, afferrando la sua casacca e sbattendolo contro il muro. «Non puoi farmi questo...» La rabbia divenne supplica, la tormenta divenne pioggia, debole e fredda. «Non farlo.»
Loki non si lasciò bagnare da alcuna goccia.
Scostò le sue mani e la guardò con distacco.
Poi andò via.











***






Note:
[1] Tony si riferisce a Stephen Strange, alias Doctor Strange, altro meraviglioso personaggio dell'universo Marvel. [Wikipedia]
[2] Frigga dice a Loki le medesime parole che scrisse nella lettera che fu recapitata a Thor da Linn. [v. cap 8]









NdA.
Eccoci ormai alla fine. Sembra che tutto sia perduto oppure no, ma per la conclusione o pseudo tale vi tocca aspettare ancora un po' ^^
La faccenda Thor/Sigyn è ancora un po' confusa (anche se io qualche indizietto lo avevo lasciato ;P) e vi saranno ulteriori spiegazioni nell'ultimo capitolo.
Non vi rubo troppo tempo stavolta, perché sarò “costretta” a farlo nel prossimo, con i miei chilometrici saluti finali.
Un abbraccio <3
Kiss kiss Chiara

  
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