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Autore: Damson    05/09/2008    3 recensioni
Una piccola satira sui luoghi comuni dei romanzi dell'800.
Genere: Comico, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kagura, Kohaku, Rin, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Nota dell’autrice

rieccomi di nuovo tra voi e siccome è passato un bel po’ di tempo (praticamente tutta l’estate) vi intratterrò per poco, lasciandovi subito alla lettura.
Ho postato i capitoli 2, 3 e 4 tutti in una volta poiché non hanno subito alcun genere di modifica: quindi ve li metto qua, tutti per voi, per chi vuole leggerli, ri-leggerli o non leggerli, con la promessa che a brevissimo pubblicherò il quinto capitolo, inedito, e la storia andrà avanti.

Un grazie di cuore a chi recensisce, a chi legge e a chi ha messo questa storia tra i preferiti

Capitolo 2

Eros è dispettoso fino alla perfidia ed adora divertirsi con le sue povere vittime: in questo frangente, bersaglio delle sue frecce fu la piccola Rin. Se proprio vogliamo essere pignoli dobbiamo puntualizzare che il figlio di Venere aveva due tipi diversi di frecce quindi, di conseguenza, due tipi di potere: poteva far provare l’amore più profondo così come la più orrenda repulsione. Infatti Rin trovò a covare nel suo cuore questi due sentimenti decisamente contrastanti.
Primo a nascere fu la repulsione: James, infatti, prodigandosi in attenzioni non richieste ed in complimenti eccessivi aveva ottenuto il risultato contrario a quello cui invece aspirava con un tale comportamento.
Di contro Rin non riusciva a dimenticare gli occhi gioiosi che aveva Kohaku quando era entrata nella stanza e desiderava inconsciamente vederli di nuovo.
Desiderio che venne esaudito durante la cena poiché, come ha fatto notare un antico poeta* molto tempo fa, il vino può far nascere spontaneo il riso, possedendo il particolare dono di far sparire pene ed affanni, e può rendere audace anche il più timido degli uomini e, soprattutto, è in grado di far spuntare la sincerità.
Fu quindi questa alleanza fortunata tra Bacco ed Amore ad innescare la scintilla nel cuore di Rin, facendolo avvampare, ed a rendere l’animo del giovane vulnerabile all’attacco delle frecce di Eros. Esattamente una di quelle cose che Sesshomaru non si era mai sognato neppure nei suoi peggiori incubi.

***

Il sole stava per calare quando Sesshomaru, diretto con Bonnie alla ricerca di Rin, incrociò nel suo girovagare un uomo che lo fermò con fare ossequioso.
Questo tale era un domestico dello squire che si stava giusto dirigendo verso la residenza di Lord Tallant per informarlo che la sua protetta sarebbe rimasta ospite per la cena su invito del signorino Forester e che sarebbe stata riaccompagnata a casa con i dovuti riguardi poiché ella era rimasta priva del mezzo.
Sesshomaru, congedato il domestico, stava per tornare sui suoi passi quando gli sovvenne alla mente un’informazione che, ai tempi in cui l’aveva avuta, l’aveva accantonata come totalmente irrilevante: il figlio dello squire era un ragazzetto di poco più grande di Rin e con un piccolo sforzo in più, riuscì pure a ricordarsi il suo volto.
Bonnie, vedendo il padrone immobile, perso in chissà quali pensieri, attirò la sua attenzione abbaiando.
“Non pensavo fossi interessato alla cosa, Bonnie. Hai per caso una tua opinione da darmi?”
Poiché era stato di nuovo considerato Bonnie scodinzolò felice.
“vorresti vedere che faccia ha, è così? Ebbene, te lo sconsiglio: è soltanto un ragazzetto lugubre, non fa una bella impressione a vedersi, un po’ come te”
Bonnie uggiolò.
“Si, posso capire che tua sia preoccupato per Rin, anche se, effettivamente, non l’ hai mai vista. Ogni uomo con un minimo di giudizio si accorgerebbe che quella che viene fatta passare come una semplice cortesia disinteressata, fatta per giunta da un amico di famiglia quale lo squire , acquista nuova luce se il mandante è un ragazzetto nel pieno dell’adolescenza e, per giunta, privo di attrattive”
Bonnie afferrò Sesshomaru per una manica e lo tirò verso di se.
“E sia, andiamo a controllare, visto che insisti tanto. Ma bada bene” aggiunse “in futuro evita di rovinarmi le giacche, altrimenti, qualsiasi cosa ne dica mia moglie, non avrò remore a farti sparire”
Per tutta risposta a quella che era stata una palese minaccia Bonnie scodinzolò riconoscente.
Giunsero quindi poco dopo a destinazione e Sesshomaru, lasciato il calesse incustodito, scese, seguito dalla sua canina ombra, e bussò alla porta.
Un elegante maggiordomo gli dette educatamente il benvenuto e lo invitò ad entrare nell’atrio. L’uomo era da molti anni al servizio della famiglia ed aveva riconosciuto subito in Sesshomaru il signor Tallant.
“Si accomodi pure, io vado subito ad annunciarla” disse, ed era tutto sorridente finché non gli cadde lo sguardo su Bonnie che in quel momento stava annusando con fare da intenditore il tappetino della porta “Santo Cielo: a quanto pare è entrata una brutta bestiaccia nell’atrio, me ne scuso infinitamente. Provvederò subito a cacciarla fuori” aggiunse afferrando la scopa.
“No, lo lasci stare” disse infine Sesshomaru, non senza aver sostenuto una dura lotta con se stesso: l’idea di non avere sotto gli occhi quella cosa antiestetica per qualche minuto era molto allettante.
“è vostro, signore….quel…ehm…cane?”
“è di mia moglie. Non si stupisca troppo, dovrebbe saperlo che le donne si inteneriscono per le cose più assurde”
Infatti, a conferma delle parole di Sesshomaru, pochi minuti dopo, quando Rin e i suoi ospiti lo raggiunsero nell’atrio, la ragazza emise un urletto deliziato alla vista di Bonnie.
“Guardate che carino!” esclamò “è vostro?” chiese volgendo il viso verso Kohaku, che invece stava osservando l’animale con espressione incerta.
“Mi piacerebbe molto se potesse risponderti di si” disse Sesshomaru.
“Significa che è con voi?” chiese allora Rin tutta felice, pur avendo già intuito la risposta.
Sesshomaru si limitò ad annuire con malcelata sufficienza, mentre la sua figlioccia si inginocchiava chiamando a se la bestiola, in quel momento intenta ad annusare gli stivali di James.
Bonnie si avvicinò e si lasciò accarezzare, ma sbadigliò.
“Bonnie! Studiati di imparare le buone maniere!” lo rimbeccò Sesshomaru, facendo ridere Rin. Anche gli altri avrebbero voluto ridere, ma non osarono farlo.
“Non riderei al posto tuo” continuò Sesshomaru “adesso andiamo a casa: preparati a sorbirti una bella ramanzina, signorinella”
“Ma, signore, non è giusto; io…”
Sesshomaru la interruppe alzando la mano “Basta così, a me non interessa. Qualsiasi cosa tu abbia da dire dovrai dirla a mia moglie”
“Sir, se posso permettermi…” intervenne Kohaku.
“Con chi ho il piacere di parlare?” chiese Lord Tallant, malgrado lo sapesse benissimo. Ma, visto che si era presentata l’occasione di mettere il ragazzo in imbarazzo, pensò che era giusto non lasciarsela sfuggire.
“Sono Kohaku” rispose lui arrossendo “Sono il figlio di John Forester”
“Signor Kohaku, non vi do il permesso di permettervi di dire alcunché. E tu” disse rivolto a Rin “smetti di accarezzare quell’affare e comincia ad uscire”
Kohaku provò un moto di risentimento verso Sesshomaru nel vedersi trattare in quel modo in casa sua. I suoi occhi incontrarono quelli di James e notò che l’amico se la rideva sotto i baffi, divertendosi un mondo “appena siamo soli t’ammazzo” gli sibilò dietro con un tono collerico che poco gli si addiceva. Siccome sia Sesshomaru che Rin stavano uscendo e quindi gli davano le spalle, James si permise di dare una pacca sulla schiena al suo ospite dandogli prova di non credere a mezza minaccia che uscisse dalla sua bocca.
Kohaku lo ignorò e si affrettò ad uscire, rischiando di inciampare in Bonnie che si era attardato ad annusare un portaombrelli.
Sesshomaru era già salito sul calesse ed aspettava che Rin facesse altrettanto, ma la ragazza era troppo intenta ad inondarlo con un fiume di parole che lui non aveva nessuna voglia di ascoltare. “Adesso basta, Rin: sei uscita senza permesso, hai rotto un calesse e sei rimasta fuori fino a tardi senza farci avere tue notizie. Come vedi le imputazioni a tuo carico sono già abbastanza gravi e non vedo che vantaggio ne trarresti nell’irritarmi con inutili lamentele. Taci e sali”
Rin, che conosceva fin troppo bene Sesshomaru, si rese conto che stava per arrabbiarsi sul serio: cosa che era preferibile evitare e decise che, per il momento, era il caso di mettere da parte la sua apologia. Kohaku prese Bonnie per la collottola e lo sistemò sul calesse, ai piedi di Sesshomaru. Rin gli sorrise “Volete accettare le mie infinite scuse per il disturbo che vi ho arrecato?”
“Non avete bisogno di scusarvi: sono immensamente felice di esservi stato utile” sentì un brivido freddo che gli attraversava la schiena mentre si rendeva conto che Sesshomaru lo osservava: era il caso di pesare attentamente le parole prima di pronunciarle. Avrebbe voluto dirle che era felicissimo di averla conosciuta e che la trovava simpatica e solare. Avrebbe voluto chiederle il permesso di passare a farle visita il giorno seguente. Avrebbe voluto che lei gli porgesse la mano, perché lui la potesse baciare.
Tutte cose che non era il caso di dire o fare con Sesshomaru a meno di un metro di distanza. Si accontentò quindi di porgerle la sua mano per aiutarla a salire sul calesse. Rin la accettò con un sorriso e, prima di lasciarla, la strinse.
Sesshomaru aveva osservato la scena, squadrando i due con aria omicida e Bonnie, sentendo l’irritazione del padrone, pensò di fargli cosa gradita ringhiando contro Kohaku.
Il ragazzo, poiché non si aspettava che il cane gli si rivoltasse contro, balzò spaventato indietro, rendendosi ridicolo con somma gioia di Sesshomaru.
Una volta che il calesse si fu allontanato, Sesshomaru grattò la testa a Bonnie con aria soddisfatta “Sai che sto iniziando a rivalutarti?” gli disse, e per Bonnie quello fu il momento più bello della giornata.

***

Rin dovette quindi ringraziare Bonnie se, una volta giunti a casa, la rabbia latente di Sesshomaru non si era manifestata e si limitò ad armarsi psicologicamente per far fronte alla sola Kagura.
Lady Tallant infatti, passato un primo momento di sollievo in cui l’aveva abbracciata, esprimendole tutta la sua gioia nel vederla sana e salva si ricordò di quanto aveva penato, preoccupata per la sua sorte ed iniziò a farle una ramanzina coi fiocchi. Rin dal canto suo si limitava ad annuire ogni tanto, senza ascoltare, poiché il suo cervello stazionava in un mondo immaginario in cui Kohaku le sorrideva e le porgeva la mano per aiutarla a salire in carrozza.
Quando però Kagura ebbe finito il suo monologo Rin dovette ricollegare il cervello con la realtà e soprattutto dovette spiegare alla matrigna cosa le era precisamente capitato.
“Il calesse si è rotto” spiegò “vicino alla tenuta da caccia dello squire”
“Per fortuna” commentò Kagura “Quindi dentro c’era qualcuno, devo dedurne?”
“Si, il figlio dello squire, Kohaku. Sapete chi è vero? Il fratello della vostra amica Sango” rispose Rin, con occhi scintillanti.
“Sul serio?! Allora è tornato da Oxford!” esclamò Kagura, in un mutamento d’umore così repentino che Sesshomaru si voltò a guardarla come se fosse psicopatica.
“Ha portato un amico per la stagione della caccia”
“Che bellezza. È tantissimo tempo che non lo vedo, chissà come è cresciuto”
Rin avrebbe avuto una bella risposta da darle, ma non le sembrò il caso, con Sesshomaru presente, e si limitò ad un più diplomatico “è molto gentile e ben educato”
“Certo, lo è sempre stato, è nella sua indole” disse Kagura con approvazione.
Sesshomaru, che fino a quel momento aveva a mala pena captato qualche parola, prestò attento orecchio alla conversazione poiché aveva preso una piega che non gli piaceva per niente.
Non ci mise molto a pentirsene poiché dovette sorbirsi uno sproloquio interminabile in cui Kagura tesseva le lodi di Kohaku con tanta maestria e convinzione da farlo apparire agli occhi già innamorati di Rin come il dio Amore in persona ed agli occhi già disgustati di Sesshomaru come l’essere più intollerabile mai prodotto dalla stirpe umana.

*Ovidio = et Venus in vinis, ignis in igne fuit -> mettere insieme Venere e vino è come aggiungere fuoco al fuoco

Capitolo 3

Il mattino seguente Sesshomaru uscì di buon ora e Bonnie, non potendosi lasciare sfuggire l’occasione di passare un po’ di tempo insieme al suo adorato padrone, quando lo vide scendere le scale gli corse incontro facendo un gran fracasso.
“Ti sembra il modo di darmi il buon giorno?” lo ammonì Sesshomaru inutilmente, poiché Bonnie era troppo felice di poterlo vedere per poter prestare il minimo orecchio alle lamentele del padrone. “Io adesso esco a cavallo. Lo sai cos’è un cavallo, Bonnie?”
Bonnie tentò di arrampicarsi sulle sue gambe, impresa destinata a fallire malamente poiché, pur alzandosi in tutta la sua altezza, non riusciva neanche a raggiungere le ginocchia di Sesshomaru. “Il cavallo è quell’animale dall’aspetto nobile e fiero, che tu non avrai mai, e che con una zoccolata potrebbe spaccarti la testa, tanto è più grosso di te. Capisci dove è il problema Bonnie?”
Bonnie si limitò a guardarlo con aria ammirata, la lingua penzoloni, scodinzolando.
“No, certo che non lo capisci” Sesshomaru scosse la testa “vedi, Bonnie, devi sapere che il mio cavallo è di razza: è un bellissimo animale che ho pagato fior fior di quattrini e, se lo lancio al galoppo, va più veloce del vento. Tu invece” continuò con espressione disgustata “con quelle tue ridicole gambette tozze, dove pensi di poter arrivare? Non ho intenzione di farmi al passo la mia più che meritata cavalcata mattutina perché ci sei tu”
Detto questo aprì la porta ed uscì, fingendo di ignorare ogni possibile risposta di Bonnie che, dal canto suo, era corso fuori abbaiando a tutto ciò che gli capitava a tiro: un paio di spauriti pettirossi, lo stalliere ed il famoso cavallo di Sesshomaru.
“Ammira, Bonnie” disse prendendo le redini dalle mani dello stalliere, un ragazzetto di nome Tim, ed accarezzando con aria compiaciuta il grande sauro nero “questo è un signor animale. Non tu”
Bonnie però era troppo impegnato ad annusare lo stalliere per poter prestare attenzione a qualsiasi critica e non si accorse che il suo padrone si era issato in sella ed era partito lasciandolo lì da solo.
Sesshomaru non aveva fatto in tempo a percorrere neanche venti metri che si sentì raggiungere da un abbaiare disperato. Irritato decise di far finta di nulla, di certo non avrebbe potuto raggiungere il cavallo ed a furia di abbaiare si sarebbe stancato. Eppure il povero Bonnie continuò a correre a perdifiato sulla sua scia, mettendo in quell’impresa tutte le energie che aveva in corpo, come se ne andasse della sua vita. Sesshomaru, con una inconsueta imprecazione, fermò il cavallo ed attese.
Bonnie, con la lingua più penzoloni del solito, lo raggiunse e si appiattì sul selciato.
Sesshomaru stette per qualche momento a guardarlo con aria truce, poi scese da cavallo e disse “Dovrò sorbirmi queste scene ogni volta che esco di casa?”
Bonnie rimase immobile a terra, ma iniziò a scodinzolare.
“Sei un perfido ricattatore… ed io che pensavo che la bruttezza fosse il tuo difetto peggiore. Adesso ascoltami bene” il tono di Sesshomaru si fece minaccioso “è già la secondo volta che ti comporti in questo modo, ti avviso: non ce ne sarà una terza. Siamo intesi?” non fece in tempo a terminare che Bonnie malgrado fosse senza fiato, si alzò subito in piedi.
Fu così che Sesshomaru si fece la sua passeggiata mattutina camminando accanto al suo cavallo ed inciampando ogni tanto in un cane che non la voleva smettere di stargli in mezzo ai piedi.

***

Quando rientrò trovò Kagura nell’atrio, pronta per uscire.
“Dove andate?” si informò dopo che la moglie ebbe dato il buongiorno a Bonnie in una profusione di vezzeggiativi.
“Dai Forester, mi è arrivato un biglietto di Sango poco dopo che siete uscito”
“Volete che vi accompagni?”
“Non è lontano, non importa che vi scomodiate”
“Anche Bonnie lo desidera”
Siccome in quel momento Bonnie si stava grattando con totale indifferenza, Kagura rise.
“Visto che Bonnie lo desidera tanto…”
“E si limiterà a desiderarlo, poiché ci attenderà a casa”
Sesshomaru aveva sempre ritenuto il giudizio di sua moglie valido e razionale e non si sarebbe mai aspettato che lei potesse prolungarsi in una tale serie di complimenti per il primo ragazzetto funereo che le capitava a tiro. Era quindi più che certo che Kagura vedesse Kohaku in così buona luce perché lo ricordava da bambino e non lo aveva più visto per parecchi anni.
Ma nel rivederlo avrebbe certamente mutato la sua opinione, di questo Sesshomaru era certo. Poiché ai suoi occhi di intenditore non esisteva essere di cui la vista lo irritasse maggiormente: Bonnie al confronto era un Bronzo di Riace.
E lui non si sarebbe perso quella scena per nulla al mondo, doveva scegliere solo qual’era il momento più adatto per dire alla moglie “Visto? Che vi dicevo?”.
Quando il marito le porse la mano per aiutarla a scendere dal calesse Kagura non poté fare a meno di notare il sorrisetto che Sesshomaru tentava a stento di nascondere ed a quel punto dovette dubitare che il piacere che le aveva fatto il marito accompagnandola fosse completamente disinteressato.
Quando i coniugi Tallant giunsero dai Forester, James e Kohaku erano appena tornati dalla caccia e così, tutti e quattro, si fermarono a parlare nell’atrio.
Kagura fu molto felice di rivedere il suo piccolo amico che, con sommo dispiacere per Sesshomaru, si comportò in maniera impeccabile.
Attirata dalle voci fece la sua comparsa Sango e Sesshomaru dovette sorbirsi per la seconda volta in meno di ventiquattro ore il cicaleccio di due voci femminili che elargivano lodi come se fossero pane. Ovviamente, come il lettore avrà già capito, il problema non era tanto cosa le due donne stessero dicendo, quanto a chi lo stessero dicendo.
Colto, studioso, modesto, elegante, simpatico, maturo e molti altri aggettivi, vennero abbinati al nome di Kohaku, ma nessuno di questi trovò l’approvazione di Sesshomaru che tendeva piuttosto per: insignificante e fosco. Erano solo due parole, ma rendevano bene l’idea.
Intanto il povero Kohaku stava pensando che in vita sua fino a quel momento si era trovato in ben poche situazioni peggiori di quella: due donne lo lodavano come se fosse un bambino, poiché ai loro occhi lui era proprio questo, mentre il suo amico James tratteneva a stento le risate e lo guardava come per dire: ti prenderò in giro finché campi; ed infine Sesshomaru lo trafiggeva con uno sguardo che avrebbe congelato persino un pinguino.
“Vorreste unirvi a noi per pranzo?” chiese Sango a Kagura, distogliendo per un attimo l’attenzione da Kohaku.
Lei si voltò verso Sesshomaru “A voi sta bene?” chiese. Lui si limitò ad alzare le spalle e Kagura capì che aveva omesso di dire “se proprio ci tenete” soltanto perché non erano soli.
“Allora accettiamo con gioia”
“L’invito è esteso anche a Rin” propose Sango in buona fede, senza sapere di non star facendo nulla di gradito a Sesshomaru. “penso che le farebbe piacere fare la conoscenza dei nostri due giovanotti”
“Oh, ma la conosciamo già” si intromise James, cosa di cui Kohaku poté solo ringraziarlo, poiché lo sguardo raggelante del signor Tallant si spostò su di un’altra vittima. James però parve del tutto immune e continuò tranquillamente a raccontare a Sango gli avvenimenti della sera precedente.
Il comportamento di Sesshomaru, che per qualsiasi estraneo poteva apparire del tutto nei suoi canoni, aveva invece insospettito Kagura: un’idea non del tutto impropria aveva iniziato a formarsi nella sua testa ed aspettava soltanto di avere qualche altro indizio per valorizzarsi.
“Non siete felice che Rin abbia dei compagni della sua età?” chiese Sango.
Kagura sentì Sesshomaru che bofonchiava “Non desideravo altro” con un tono fin troppo marcatamente sarcastico e si affrettò a sovrastare la voce del marito, in modo che nessun altro lo sentisse.
“Certamente, Dio solo sa quanto mi sarei annoiata io se avessi dovuto passare la mia adolescenza con gli adulti”
“Volete che mandi la mia carrozza a prenderla?”
“Se può farvi piacere mi assumo personalmente l’incarico” disse James.
“No, non mi fa piacere” Sesshomaru si era finalmente deciso ad intervenire nella conversazione, fornendo inconsapevolmente a Kagura l’indizio che tanto attendeva.
“Volete andare voi?” gli chiese sua moglie.
Sesshomaru fulminò Kagura con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque sul colpo, ottenendo il risultato inverso: gli occhi della moglie si illuminarono e dalla sua espressione capì che se fossero stati soli, lei non si sarebbe peritata a ridere.
“Lo farò con piacere” rispose lui rimettendosi il cappello.
“Vuol dire che verrò a farvi compagnia” rispose lei.

***

Nella strada del ritorno le parti si erano invertite: mentre all’andata era Sesshomaru a ridersela sotto i baffi, adesso era Kagura a trovare la situazione molto divertente.
“Volete farmi il piacere di smetterla?”
Sua moglie esibì la sua migliore espressione di falsa innocenza “Di far cosa?”
“Di ridacchiare di me”
“Ma io non stavo certo ridacchiando di voi” rispose Kagura, mentre tuttavia continuava a ridacchiare “non vi trovo affatto ridicolo, anzi: penso che siate molto tenero”
Sesshomaru tirò le redini dei cavalli, facendo fermare di colpo il calesse. Poi si voltò verso la moglie “Prego?”
“Siete geloso di Rin”
Colpito.
“Dovete accettare i fatti: i bambini crescono, Rin non avrà per sempre undici anni e voi non potete rinchiuderla non appena un ragazzo le si avvicina”
Affondato.
Sesshomaru mantenne lo sguardo su sua moglie per qualche altro momento, poi riprese le redini e fece ripartire il calesse.
“Non dite nulla?”
“Quel ragazzetto non mi piace”
“Questo lo avevo capito. Quello che non capisco è il motivo”
Sesshomaru alzò le spalle “Non deve esserci per forza un motivo”
“Si, invece”
Sesshomaru si sforzò di pensarci per qualche attimo e dovette ammettere, almeno con se stesso, che effettivamente non c’era nessun motivo logico per cui non gli piacesse: era un ragazzo serio, che si impegnava per formarsi un futuro e non perdeva tempo in tutte quelle frivolezze da cui si lasciavano contagiare tutti i ragazzi della sua età che avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia ricca.
Tutte cose che invece sembravano essere il pane quotidiano del suo amico James.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, non poté fare a meno di pensare.
“Se fosse stato veramente il gentiluomo che sostenete, ieri sera avrebbe subito riportato Rin a casa, non l’avrebbe trattenuta per la cena”
Difatti era stata un’idea di James, ma questo Kagura non poteva saperlo.
“Convengo che non sia un comportamento completamente in linea con l’etichetta, ma neppure potete sostenere che si tratti di un oltraggio”
Sesshomaru rimase zitto e Kagura sospirò “Permettetemi una domanda: se fate tutte queste storie soltanto perché Rin è stata un paio d’ore ospite di un ragazzo, cosa avete intenzione di fare quando inizieranno a corteggiarla? Vi ricordo che tra poco andremo a Londra e Rin debutterà in società: a quel punto, anche grazie alla dote alquanto allettante, non riuscirete neanche a contare il numero dei pretendenti”
Questo purtroppo Sesshomaru lo sapeva benissimo “Pensavo di chiuderla in cima ad una torre e di mettere un drago a farle la guardia”
Kagura finse interesse per quella proposta “Potremmo far costruire la torre direttamente intorno a lei, senza le porte”
“Visto che siete d’accordo, domani chiamerò l’architetto ed inizieremo i lavori”
“Seriamente, Sesshomaru. Personalmente sarei felice se, tra tutti coloro che la corteggeranno, ci fosse Kohaku”
“Siete ingiusta”
“Perché?”
“Perché dicendo così mi costringete a scegliere tra la vostra felicità e la mia”

Capitolo 4

Il sole era sorto da pochi minuti ma Sesshomaru era già sveglio ed elegantemente vestito. Se ne stava in piedi di fronte ad un grande specchio nel disperato tentativo di legarsi la cravatta: tale operazione gli veniva sempre così automatica, ed il risultato finale era sempre così perfetto, che in quel momento stentava a credere ai suoi stessi occhi.
Ogni nodo che faceva, e ne aveva fatti parecchi, era un’ oscenità.
Quando si era ritirato per dormire era solamente irritabile, si era svegliato nervoso ed adesso quella dannata cravatta lo stava facendo montare su tutte le furie.
La sera prima era successo ciò che non avrebbe mai ritenuto possibile: avrebbe preferito essere con Bonnie. ”Il che” pensò facendo una smorfia allo specchio mentre scioglieva il nodo della cravatta “fa ben capire la gravità della situazione”. Ricominciò a fare l’ennesimo nodo.
Quella che si preannunciava come una serata divertente si era dimostrata tutt’altro.
Era iniziata bene perché Kohaku, sotto lo sguardo inquisitore di Sesshomaru, non si sentiva molto a suo agio. Era ben coscio di non avere libertà completa nella scelta degli argomenti di cui parlare con Rin, ma non sapeva se gli fossero concesse anche le cose più banali come mangiare, bere o, semplicemente muoversi. Andò a finire che il povero ragazzo era in una tale situazione di soggezione che rischiò per tre volte di rovesciarsi addosso il vino, fece un vero e proprio attentato alla salute del cameriere ( infatti poco ci mancò che non gli rovinasse addosso con la sedia) ed infine rischiò di strozzarsi con il cibo poiché un’occhiata di Sesshomaru particolarmente bieca gli fece momentaneamente dimenticare come si faceva a deglutire.
Tutto ciò non lo aiutò a far accrescere la stima che Lord Tallant aveva nei suoi confronti.
Il lettore si starà domandando come mai, visto che in quel momento erano i fatti a dar ragione a Sesshomaru, egli non si sentisse appagato della figuretta meschina che il povero ragazzo stava facendo: il problema era che, ogni volta che Kohaku si esibiva, Sesshomaru si voltava con aria trionfale verso Kagura, solo per scoprire che lei, dato che non stava guardando Kohaku, non si era accorta di nulla.
Kagura, dal canto suo, cercava di tenere tutta la sua attenzione concentrata su Sango. Era infatti ben conscia di ciò che stava capitando al resto dei commensali: Sesshomaru guardava Kohaku come avrebbe guardato gli escrementi di qualche volatile trovati a sorpresa sul sedile del calesse; Kohaku tentava senza successo di far finta di nulla riuscendo solo a peggiorare la sua situazione; Rin, tanto impegnata ad ammirare Kohaku da non accorgersi che il poveretto non stava facendo una gran bella figura, rispondeva alle chiacchiere di James a monosillabi, lasciando molto maleducatamente che il ragazzo tenesse un monologo (cosa di cui, tra l’altro, sembrava non essersi accorto).
C’era materiale per ridere dei mesi.

***

Kagura entrò nella stanza, fermandosi sulla porta.
Si prese qualche momento per osservarlo, chi scrive non gliene fa certo una colpa, e notò i movimenti nervosi con cui il marito cercava di farsi il nodo. Quando finì il risultato era perfetto, eppure lui se lo sciolse con un gesto rabbioso ed iniziò tutto da capo. Il rituale si ripeté per altre tre volte prima che Sesshomaru distogliesse l’attenzione da se stesso e notasse il riflesso della moglie nello specchio.
“Perché ve ne state lì alle mie spalle senza farvi notare?” le chiese mentre ritornava a guardare la cravatta “Oltre a non essere un comportamento educato non è neanche una cosa rassicurante”
Lei sorrise e gli si avvicinò “Non è stata tanto la maleducazione a spingermi quanto la curiosità”
Lui sollevò un sopracciglio “Curiosità?”
“Volevo vedere quanto tempo sarebbe passato prima che perdeste completamente la pazienza”
“L’ ho persa”
Lui si voltò verso Kagura, sciolse di nuovo il nodo e le consegnò i due capi della cravatta.
“Perché siete già in piedi? E’ molto presto” chiese mentre lei si cimentava nell’impresa.
“Perché volevo ammirarvi in tutto il vostro splendore prima che partiste”
“Cosa che mi lascia alquanto diffidente”
“Non mi credete?”
“Ripartiamo” lui si guardò intorno per poi soffermare lo sguardo sulla moglie “oh, cara” esclamò come se lei fosse appena entrata nella stanza “Qual buon vento vi porta qui di primo mattino?”
“Ci tenevo tanto a farvi il nodo della cravatta: cosa preferite? Un classico? Un Gran?… oppure un Napoleone?”*
“Non oserete farmi un Napoleone, spero!”
“Perché? Si abbinerebbe molto bene al taglio di questa giacca”
“Non posso andare in giro con un Napoleone al collo!”
“Pronto” disse lei soddisfatta.
Sesshomaru si voltò per specchiarsi: la sua cravatta sfoggiava un bellissimo Napoleone e, con sommo disgusto di colui che lo aveva al collo, si abbinava in maniera perfetta con il taglio della giacca.
“Lo sapete dove sto andando, vero?” chiese lui, senza smettere di squadrare la cravatta con aria truce.
“Certo”
“Non pensate che sia sconveniente?”
“Penso piuttosto che sia divertente” rispose lei, sorridendo al marito attraverso lo specchio “mi rammarico di non poter venire”
Lui fece finta di soppesare le ultime parole della moglie con la massima serietà “Potreste venire comunque. Pensate la faccia che faranno quei vecchi pancioni quando vedranno entrare Lord Tallant in compagnia di una donna e con un Napoleone al collo”
“La mia era soltanto una battuta”
Lui continuò a guardare il nodo, poi alzò le spalle: se si abbinava con la giacca che importanza poteva avere il suo nome? “Aggiudicato”
Salutò la moglie e si mise il cappello, ma quando stava per uscire si voltò di nuovo verso Kagura “Un’ultima cosa” disse con un tono marcatamente serio “Se durante la mia assenza si fa vivo il pupo Forester, spero per voi che abbiate il buon gusto di cacciarlo. Potrei non rispondere della mia reazione, altrimenti”
Lei lo guardò con un’espressione di pura incredulità sul viso.
“Che faccia fate mai? La mia era soltanto una battuta”

***

In fondo alle scale trovò ad attenderlo la sua seconda moglie: Bonnie lo accolse con il fracasso che gli era abituale.
“Questa la trovo una cacofonia di dubbio gusto, ma d’altra parte, cosa in te non lo è?”
Tirò dritto, intenzionato a far finta di nulla, sfoderando la sua migliore espressione impenetrabile, come se il cane potesse accorgersi del mutamento del suo viso: non solo dovete tener conto che per Bonnie era veramente un problema vedere più in su del ginocchio di Sesshomaru ma soprattutto che neanche essere umano avrebbe mai notato una tale differenza.
Non gli riuscì molto bene perché Bonnie gli camminava in mezzo ai piedi.
“Sono veramente costernato” disse con un tono di voce che lasciava intendere l’esatto opposto “ma stamani non puoi proprio venire”
Bonnie interpretò la sosta e le parole del padrone come un segno positivo: abbaiò felice ed iniziò a saltellare.
“Suppongo tu non abbia capito”
Sesshomaru si guardò intorno, finché i suoi occhi si fermarono su di un pannello di legno su cui erano state diligentemente smistate le chiavi delle varie stanze della casa.
Si avvicinò e ne scelse una, per poi dirigersi in fondo al corridoio dove si trovava una porta a vetri che immetteva in un piccolo sgabuzzino.
“Bonnie, qua!” chiamò Sesshomaru, battendosi la mano sulla coscia.
La gioia che provò Bonnie in quel momento è di difficile descrizione, ma una cosa è certa, fu tanto grande da offuscare tutti i suoi intuiti canini e gli impedì di fiutare il pericolo.
Partì a corsa verso il padrone, scivolando sulle piastrelle lucide del corridoio.
Sesshomaru non fece una piega: quando il cane fu accanto a lui, lo spinse con il piede dentro lo sgabuzzino e chiuse la porta con doppia mandata.
Bonnie ci mise qualche secondo a rendersi conto della situazione, fece un paio di giri su se stesso e poi vide l’immagine di Sesshomaru al di là del vetro, leggermente deformata.
Posò le zampine posteriori sulla porta e guardò il padrone scodinzolando.
“Giù le zampe dal vetro!”
Fu come dirlo alla porta.
Sesshomaru si chinò sulle ginocchia e ripeté l’ordine “Giù ho detto!”
Bonnie posò le zampe a terra.
“Sai, forse, e sottolineo forse, Kagura ha ragione: forse sei intelligente”
A stupire Sesshomaru non era tanto il fatto il fatto che Bonnie avesse obbedito all’ordine (Sesshomaru infatti trovava del tutto naturale che non solo i cani, ma anche le persone, obbedissero ai suoi ordini) ma che la bestiola, o meglio, la bestiaccia, avesse accettato stoicamente la sua prigionia, senza lamentele di sorta.
Si alzò e si avviò lungo il corridoio.
Detto fatto: Bonnie, non appena il padrone sparì dal suo campo visivo, cominciò a chiamarlo a gran voce. Abbaiava tanto forte che avrebbero potuto sentirlo fino in Scozia, con l’ovvio intento di attirare l’attenzione di Sesshomaru, che invece, infastidito dal frastuono, accellerò il passo verso l’uscita. Si trovava nell’atrio quando Bonnie smise di abbaiare ed iniziò a piagnucolare. Il maggiordomo accorse preoccupato, pensando che qualcuno stesse facendo del male al cane.
“E’ soltanto un ricattatore” disse Sesshomaru chiudendo la questione.
“Prendi la chiave e mi raccomando: fallo uscire soltanto quando sarò troppo lontano perché possa seguirmi”
Intanto Bonnie continuava a piangere disperato, raschiando la porta dello sgabuzzino che, contro tutte le aspettative di Sesshomaru, non attutiva i suoni, ma sembrava amplificarli.
Il suo abbaiare era tanto disperato che sia Kagura che Rin accorsero, precipitandosi giù per le scale.
“Santo Cielo! Che succede a Bonnie?” esclamò Rin guardandosi intorno in cerca della fonte di tutta quella tristezza senza trovarla.
Kagura invece, non appena aveva visto che in fondo alle scale c’era Sesshomaru, capì, se non proprio tutto, abbastanza e gli andò di fronte con fare minaccioso.
“Che avete fatto a Bonnie?” più che una domanda sembrava un’accusa.
Tutta la reazione di Sesshomaru consisté nel sollevare un sopraciglio.
Kagura lo guardò esasperata, il pianto di quella povera bestiola le faceva male al cuore. A quel punto cominciò una lunga serie di lamentazioni spezzate: Kagura non poteva credere che quel pianto non facesse nessun effetto a suo marito: a lei faceva una pena incredibile.
“Vi prego, fatelo smettere!” disse Rin, e per poco non pianse anche lei.
Sesshomaru alzò gli occhi al cielo “Nessuno gli sta facendo niente di male, è soltanto chiuso nello sgabuzzino e ci starà finché io non sarà abbastanza lontano” spiegò come se parlasse a delle bambine piccole “Non soffre veramente, fa solo finta. Non vedete che cerca di far leva sul vostro cuore eccessivamente sensibile per ottenere ciò che vuole?”
Sia Kagura che Rin lo guardarono allibite, come se lo vedessero per la prima volta.
Poi Kagura si arrabbiò.
“Mi rifiuto di ascoltare ancora quella povera bestiolina che piange per voi! Esigo che apriate quella porta!”
Rin non poteva certo urlare contro il suo patrigno, ma fece comunque capire qual’era il suo punto di vista annuendo, con occhi lucidi di lacrime, alle parole di Kagura.
Sesshomaru quindi si trovò con le spalle al muro: da una parte c’erano Rin e Kagura che lo guardavano come se fosse un vile pendaglio da forca, dall’altra c’era Bonnie che piangeva come se qualcuno lo stesse bastonando. Ed il maggiordomo non trovava niente di meglio da fare che guardarsi le punte delle scarpe.
Alzò gli occhi al cielo e maledisse l’intera stirpe femminile, poi però fece esattamente ciò che Kagura gli aveva detto di fare.

  
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