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Autore: Black Phoenix    07/09/2008    2 recensioni
Questa non è una storia comune.
Questa è la mia confessione.
Quindi se siete qui per sparare sentenze, allora potete tapparvi le orecchie e non ascoltare.
NB: fanfic scritta insieme ad __Aiko__. Il nuovo personaggio (e alcune idee) appartengono a lei. ^^
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello, Near
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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cpt2 Un altro dei particolari che ho bisogno di raccontare è quello della fotografia.
Yuichi, raggiunta l'età di dieci anni, fotografava tutto. Tutto.
La cosa ci infastidiva non poco, a dire il vero, soprattutto perchè quando non trovava niente di particolarmente interessante, fotografava noi.
Aveva un vecchio modello, una polaroid nera, con un flash terribilmente abbagliante, di quelli che per qualche istante ti fanno vedere il mondo a puntini neri e gialli.
Così avevamo deciso che era ora di piantarla.
-Dov'è la mia macchina fotografica?-
Nessuno rispose. Matt giocava con il suo game boy e Near ascoltava "Hey Jude" (la sua preferita) con un giradischi vecchiotto che era appartenuto a suo padre. Io guardavo il cielo e scribacchiavo rime su un foglio a righe, cercando di mettere in piedi una canzone, mentre già mi immaginavo sul palco con una chitarra in mano.
-Che palle.- Disse, prendendo un pacchetto di sigarette e tirandone fuori una.
-Yui, che marca sono?- chiese Matt, senza staccare gli occhi dallo schermo.
-Lucky Strike. Le ho prese light per i tuoi polmoni da mammoletta.-
Matt spense il game boy e sorrise. Bei tempi, quelli in cui a Matt non era concesso di fumare molto, per i suoi "polmoni da mammoletta".
Near, nel frattempo, rimetteva da capo "Hey Jude".
-Grazie.- e prese al volo il pacchetto che Yuichi gli aveva lanciato.
Matt si accese la sigaretta e appoggiò il pacchetto sul comodino. Near smise di canticchiare e lo prese.
-Che cazzo fai?- Chiese gentilmente Yuichi.
-Ne voglio una.-
-Allora sei scemo per davvero!-
-Perchè? Voi fumate! E tu sei anche asmatico, cazzo! Sei tu che non dovresti farlo!- Yuichi sorrise.
-Ma io ho già iniziato, no? Tu puoi ancora lasciare perdere.-
-Che palle, però! Io sono libero e indipendente e faccio quello che cavolo mi pare!-
Yuichi sbuffò.
-Già. Sei libero. Non posso certo impedirti di rovinarti la vita.- prese un libro e si sedette per terra, ai piedi del letto, con la sigaretta in bocca.
Per qualche secondo Near guardò le sigarette, un po' spiazzato. Poi gli tirò il pacchetto che, dopo averlo colpito in testa, finì per terra, con grande soddisfazione di Yui, che rise piano.
-Sei proprio un gran bastardo, lo sai?-
Yuichi lo ignorò, e iniziò a cantare insieme a Paul McCartney la canzone di Jude, che ancora una volta ricominciava dall'inizio.
-Ehi!- Yuichi si alzò di scatto correndo verso l'armadio, mezzo aperto. -Siete proprio dei grandi froci, lo sapete?- disse, alzando la sua macchina fotografica.
Io mi alzai, sentendomi stranamente minacciato, e mi avvicinai a Matt.
-Ora dovete farvi perdonare...-
-No, Yui, era solo uno scherzo!-
-Avvicinatevi e sorridete. Tutti e tre!-
Near non sembrava dell'umore adatto, così mi avvicinai io, tirando Matt per la maglia.
Io e il rosso cercammo di fare qualcosa che sembrasse un sorriso, ma Near se ne rimaneva a braccia conserte, imbronciato.
Yuichi mi si avvicinò e mi tirò un po' verso di lui, in modo che gli altri non sentissero.
-Solletico.- bisbigliò.
Sorrisi. Il solletico era la tortura che solo noi tre potevamo riservare a Near, per questo ero sempre molto felice di farlo.
-Naaateee...- dissi, con una vocina mielosa.
-Che vuoi?-
-Sai che ora è?-
-Le... cinque e tre quarti.-
-No. È l'ora del solletico!-
-NO!-
Io e Matt ci fiondammo sul ragazzino.
FLASH!


Near mi tirò un pugno sul naso e scappò dalla standa urlando.
Matt corse verso Yuichi, che sventolava la foto per farla asciugare.
-Com'è venuta?-
-Male.- rispose lui, alzandola in aria in modo che Matt non potesse vederla -Dovrò buttarla via.-
Eppure, mentre Matt sbuffava e veniva verso di me, dicendomi di non urlare, mi parve di vederlo sorridere, mentre infilava la fotografia nella tasca dei suoi vecchi jeans.





  
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