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Autore: Tomi Dark angel    29/07/2014    4 recensioni
Mi chiamo John Watson e vivo a Londra. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di piogge torrenziali. Si trova esattamente sul meridiano della miseria. La mia città, in una parola è… solida. (...) L’unico problema sono le infestazioni: in alcuni posti hanno topi o zanzare. Noi invece abbiamo… i draghi.
Johnlock
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I sogni sono elementi fragili, volubili come vita d’effimera farfalla. Li si raccoglie con mani tremanti, li si protegge, si lotta per essi. Poi, d’improvviso, quelle stesse speranze potrebbero andare in pezzi lì, tra le dita del loro stesso creatore.
È stato così per secoli, ed è così adesso, mentre davanti agli occhi sbarrati dei presenti, l’ultima speranza della resistenza affonda nel sangue e nella miseria di un trono spezzato.
L’ultimo re, l’ultima Furia Buia. Morto lì, tra dolore d’impotenza e ossa spezzate, davanti agli occhi dell’unico uomo che l’abbia mai amato.
Sentire il cuore che va in pezzi, è terribile. John avverte il momento esatto in cui qualcosa nel suo petto si frantuma, disperdendosi impotente dinanzi all’ultima volta che i suoi occhi hanno incontrato quella figura longilinea, nuda, elegante come drappeggio di sogno. Sherlock è la sua metà, parte integrante della sua anima. John ha creduto di poter vincere, di poter guarire il mondo per renderlo vivibile, per stabilirvisi insieme a Sherlock, insieme alla sua reale famiglia. Ha osservato una vita nuova, pulita, dove l’inferno non esiste. Adesso però, il suo stesso, fragile paradiso si ribalta, chiudendogli in faccia ogni via d’accesso, ogni speranza di felicità. Insieme a Sherlock, sparisce infine l’unico sogno che John abbia mai avuto.
“Segui il tuo istinto”.
Perdita, decadimento. Il mondo si contrae sofferente dinanzi alla sua ultima e più importante perdita. La battaglia si ribalta, gli alleati dell’unica speranza decaduta s’indeboliscono.
Un drago artiglia Irene al collo e la schianta con forza contro il monte devastato; un altro atterra tra gli umani e cala il cranio gigantesco, facendo schioccare le mandibole poderose su corpi urlanti, impotenti, che deboli si lasciano sbriciolare come farfalle tra le fauci del più possente dei leoni. Mycroft viene attaccato da tre draghi. Essi lo artigliano alle ali e al collo, lacerandogli le membrane e incidendo con forza ogni scaglia, ogni punta acuminata. Dopo la sua caduta rovinosa, che schiaccia violenta altri innocenti sopravvissuti, seguono Edarion e Anthea, che tuttavia si lascia cadere su Mycroft per proteggerlo, per difendere il suo padrone fino all’ultimo. Gli ricopre le scaglie di sangue, appoggia delicata il capo sul suo, ma non si lamenta più, nemmeno quando alcuni lacerano impietosi ogni brandello di carne, ogni arto, spezzandole ossa e punte acuminate. Anthea tace e si lascia martoriare, immobile come agnello innocente.
Un inferno di fuoco si abbatte sui draghi nemici, disperdendoli momentaneamente. Noah cala dall’alto, atterrando gentile accanto ad Anthea. Debole istante di distrazione, fragile candidezza di bambino.
Moriarty lo artiglia sulla schiena, sollevandolo in aria come un’aquila reale s’impadronirebbe di un topo. Noah grida, scalcia, reagisce ai richiami disperati di John che vede martoriare colui che ha considerato un amico, un alleato… un figlio.
Noah lo sa, lo sente. Ascolta il grido di John, abbracciandosi dell’unica serenità che gli rimane: ha una famiglia anche lui, dopotutto. Lo pensa con fermezza, se ne convince anche quando Moriarty lo lascia andare, scagliandolo con violenza contro una distesa di alberi e uomini ridotti a vittime innocenti. Le ennesime.
Noah rotola nella terra e nel sangue, debole come fragile foglia, vittima del suo stesso coraggio. Abbandona il capo al suolo, sputa un grumo argentato e disperato tenta di rialzarsi. Non ci riesce, non ne ha la forza. Delude così le aspettative della sua famiglia, il suo futuro, tutto ciò in cui ha sempre creduto. È debole, non riuscirà a rialzarsi. Probabilmente, quelli sono i suoi ultimi respiri.
-NOAH!!!-
John grida, si ribella. Greg lo trattiene mentre John si dimena, tendendo le mani verso suo figlio, verso un’altra parte massacrata della sua anima. Sbatte le palpebre e solo allora cominciano ad affiorare lacrime cristalline, che poco a poco si sporcano di sangue e sudore, terra e disperazione. Nessuno sconto, nessuna possibilità d’appello. Il mondo è condannato, non può rialzarsi. Sono davvero così deboli, gli esseri umani? È davvero scomparsa, la speranza reale, viva, palpabile?
“Segui il tuo istinto”.
John trasale, improvvisamente s’immobilizza. Stringe forte i pugni, chiude gli occhi e lentamente, s’abbraccia dell’ultima occhiata che Sherlock ha saputo rivolgergli, della sua voce, del suo tocco sulla pelle.
Si è fidato di lui, si è abbandonato alle sue mani così grezze, così poco delicate. John è soltanto un umano. Nessun mortale potrebbe riplasmare la storia fino a quel punto, non… non da solo.
“Segui il tuo istinto”.
Sherlock già sapeva. Conosceva l’esito della battaglia, considerava ampiamente la sua stessa sconfitta. Eppure, le sue ultime parole non hanno accennato a nessun addio. Solo una raccomandazione, solo quattro semplici parole. Sherlock si è fidato di lui più di quanto John abbia immaginato.
Stupido imbecille…
John stringe i pugni, digrigna i denti con rabbia crescente. Se avesse Sherlock davanti, probabilmente gli darebbe un pugno sul naso. Doveva dirglielo, dovevano combattere insieme… dovevano… vivere insieme. Però, Sherlock si è lasciato alle spalle un’ultima eredità, un’ultima speranza. John. È John il suo lascito.
-No.-
Greg s’immobilizza e lo fissa come se fosse impazzito. –John?- chiama debolmente mentre l’amico solleva lo sguardo sui draghi che ancora martoriano i suoi amici, i suoi alleati, la sua famiglia.
Non è giusto. Non può finire così.
Velocemente, come cobra che attacca, John punta la pistola al cielo e spara.
Paradossalmente, il rumore del colpo appare più violento dei ruggiti dei draghi, delle grida degli uomini e del ribollire agitato del mare, scosso da sangue e corpi che affondano. Tutti ammutoliscono, tutti si fermano e lo guardano. Chi fugge, smette di correre e chi vola, si blocca a mezz’aria.
-Questo mondo non vi appartiene.- ringhia John, levando lo sguardo. Fissa i draghi che lo sovrastano, li sfida con gli occhi, lascia che tutta la sua rabbia emerga da lui come invisibile aura di potere. –Le nostre vite, il nostro futuro. Niente di tutto questo è vostro. Avete abbracciato una guerra che per voi non ha più volto. Perché combattete? Per paura, per rabbia? Spezzate vite ogni giorno senza conoscerne il motivo! Eppure, voi avete una coscienza, vi avvalete di un onore che erroneamente pensate ancora in piedi ma che in realtà voi stessi avete ammazzato insieme al primo omicidio immotivato che avete mosso sul prossimo. Ma vi guardate? Siete nient’altro che patetiche ombre, imitazioni beffarde dei grandi del passato! Lottavate al fianco degli Holmes, li proteggevate, credevate nella loro stessa giustizia. Cosa vi spinge adesso ad attaccarli? Dove sono le vostre coscienze?-
Lentamente, John si volta e guarda i suoi simili feriti, in prossimità di fuggire, esausti. Incrocia i loro occhi, poi posa lo sguardo sui draghi suoi alleati.
-Se molliamo adesso, il mondo è perduto. Londra cadrà. Cadranno i cieli, la terra marcirà, gli animali moriranno. Vi soddisfa questa prospettiva? Abbiate il coraggio di rimediare ai vostri errori! L’uomo ha contribuito a questa guerra, l’uomo ha ritratto la mano quando una zampa amica si è tesa per stringere alleanza! Noi non siamo i nostri avi, noi non ripetiamo i loro errori! Sherlock ha perso la madre a causa nostra, eppure ci ha difeso! Si è innalzato per proteggerci, e l’ha fatto fino alla fine! Seguiamolo, seguiamo i suoi ideali! C’è del buono in questo mondo, ve lo ricordate? Se non potete lottare per voi stessi, fatelo per questo! Ve la ricordate, la luce? Il sole esiste ancora, anche quando le nuvole lo coprono. Io l’ho scoperto, l’ho capito… sono stato felice.-
John abbassa lo sguardo e lentamente, altre lacrime affiorano sul suo viso, incontrando il debole sorriso che sboccia misericordioso sulle labbra sottili, vive di ricordi.
-Ma adesso forse, non potrò esserlo di nuovo. Non senza Sherlock. Eppure, non cambierei niente di ciò che ho fatto, niente di ciò che ho vissuto. La mia storia dovrà essere così, e sono fiero di questo, perché adesso, potrò narrare ad altri che il bene esiste davvero. Per questo, adesso vi chiedo: possiamo aiutarlo, quel sole nascosto? Possiamo dissipare le nubi e spingerlo a riemergere, a riportare la luce laddove la gente ne ha dimenticato il calore? Combattiamo per il nuovo giorno, combattiamo per il futuro di chi dopo di noi potrà nascere e crescere nella pace di una vita serena, viva. Combattiamo perché il futuro sopravviva e rinasca dagli albori di una nuova era!!!-
John solleva la pistola, gridando con quanto fiato ha in gola. Crede in ciò che dice, crede in ciò che fa. Per Sherlock, per il mondo. Se la guerra sarà persa, lui morirà insieme alla stessa speranza che lo tiene in vita.
Un altro grido, un'altra  voce che speranzosa s’innalza al cielo insieme alla sua. Gregory Lestrade urla, sorride, sconfigge le sue stesse debolezze per seguire i suoi ideali, per ricordarsi che la pace esiste davvero. Alle loro voci, si aggiungono Molly e Mike, sporchi di sangue, esausti, ma pronti a lottare per la vita.
Poco a poco, la terra pare animarsi, l’aria si satura di grida di battaglia. Gli umani tornano sui loro passi, si raccolgono al cospetto dell’unico comandante che possa guidarli. Gridano, scagliando i pugni insanguinati al cielo, scegliendo quella vita che si sono sempre visti negare. L’umanità si è finalmente risvegliata.
-CREDETE IN SHERLOCK HOLMES!!!-
Un rombo come di tuono fa tremare la terra, scuote dal profondo le membra dei presenti, facendoli barcollare e ammutolire nuovamente.
John non può credere ai suoi occhi: le foreste si muovono!
Gli alberi fremono, agitano le fronde, poi lentamente cominciano a… spostarsi. È come guardare un processo di crescita accelerato: i tronchi si scrollano, alcune foglie cadono, mentre altre si amalgamano a corpi sottili come ruscelli, con zampe corte e muscolose. I rami si contorcono, raccogliendosi in colli lunghi, sui quali il legno si sostituisce alle squame. Le punte acuminate sbocciano lungo le spine dorsali, mentre sui dorsi dei colli sottili di serpente s’inerpicano invece criniere verde smeraldo, che selvagge accarezzano il legno sottostante, morendo sulle sommità dei capi triangolati, dai musi affusolati. Le corna sono corte e numerose, tanto da ricoprire le sommità dei crani come aghi di porcospino. Gli occhi sono verde smeraldo, le zanne bianche come marmo.
“Alcuni draghi scelsero di perdere le ali e di abitare la terra…”
Dalle pietre sbocciano arti possenti, gonfi e muscolosi come quelli dei culturisti. John vede gli artigli d’acciaio piantarsi nel terreno per fare perno ed estrarre il resto dei corpi enormi, tanto muscolosi da impartire soggezione a chiunque li guardi. Questi draghi sono composti di roccia, hanno colli corti e teste massicce, ingombranti, con musi schiacciati e narici dilatate. I loro occhi non possiedono pupilla e, se le cornee non brillassero di un inquietante verde accecante, John penserebbe che siano statue.
Le montagne in lontananza fremono, si risvegliano, sbocciano dal terreno. John le vede muoversi, rinnovare la geografia del mondo intero, e freme di terrore al pensiero di aver camminato mille e mille volte sulle carni di draghi vivi e vegeti, ma ancora addormentati.
Quei giganti sono altissimi, massicci come rinoceronti, ma identici ai loro parenti rocciosi. L’unica differenza, è che la loro carne di pietra si ricopre ancora d’alberi ed erba.
-No, è impossibile…- mormora John, indietreggiando.
Le montagne avanzano verso di loro, sfondando imponenti le cappe di nubi sulle loro teste. Una, due, tre, dieci bestie. John li riconosce tutti, quei monti.
-John… se loro sono nemici…- balbetta Greg, ormai a un passo da un attacco isterico. John non sa rispondergli, non sa decifrare l’esito di quella situazione. Si sente così piccolo, così misero. Certo, Sherlock e Moriarty sono grandi il doppio di quei mastodonti, ma trovarsi tra simili giganti è destabilizzante, assurdo, come una favola narrata nella maniera sbagliata.
Lentamente, i draghi avanzano ancora. Tra le loro zampe, corrono velocissimi i draghi dei boschi. Sono così svelti che a John basta un battito di palpebre per vederli scomparire. Grandi come cavalli e agili come ghepardi, essi balzano per affondare nella terra, che si apre e chiude al loro passaggio, per poi risputarli fuori metri e metri più avanti.
I draghi montagna sono più lenti, ma decisamente più grossi. La terra si raccoglie intorno alle loro zampe massicce, che ad ogni passo si lasciano avvolgere da tralicci di vimini e rampicanti fugaci. È un esercito, una vera e propria distesa sconfinata di almeno ventimila draghi alberi e dieci bestie montagna. Il pavimento trema, l’erba sboccia laddove sangue e fuoco hanno annerito il terreno.
Il mondo si sta svegliando, e finalmente si ribella.
“Altri scelsero di abitare l’acqua…”
Un altro fremito, un’altra scossa violenta che scuote il nucleo terrestre, diramandosi ai quattro angoli del pianeta. Le acque si agitano, riversandosi in onde violente sulle coste del mondo intero.
Un ruggito unanime emerge dalle profondità marine mentre qualcosa di gigantesco si agita sotto i loro piedi, oltre le cascate, nei ruscelli e nei laghi più profondi.
“Con la morte di Nevora, ci fu l’ultima, grande scissione”.
Un rombo cupo, tonante. Poi, improvvisamente, dei profondi crepacci spaccano le profondità marine di tutto il mondo. Branchi di bestie ultraterrene fuoriescono dai nascondigli, si arrampicano feroci lungo i fondali rocciosi, frastagliati. Lunghe code frustano l’acqua, zampe palmate e munite d’artigli ricurvi arpionano alghe e pietra per risalire, per rivedere quel sole che secoli addietro hanno scelto di abbandonare.
“Tuttavia, qualcuno che può riunirli esiste ancora. Essi risponderanno a un’unica chiamata”.
Il mare esplode, riversando sui presenti secchiate d’acqua violenta, gelata, rinvigorente. È acqua pulita, cristallina, non più sporca di sangue e detriti.
Una testa grande quanto un palazzo emerge dalla superficie, innalzandosi al cielo grazie al collo lungo ricoperto di pelle iridescente, squamata di riflessi come membrana di un pesce. Le zampe palmate, gigantesche e munite di artigli si arpionano al suolo, issando sulla terra un corpo enorme, longilineo, brillante di pelle azzurrina, ma attraversata da riflessi di un giallo acceso. Lungo il dorso della schiena e del collo corre una membrana argentata massiccia, longilinea, intervallata da punte acuminate.
La coda è lunga tre volte il corpo, e alla sua fine sfoggia una gigantesca pinna morbida, argentata e quasi invisibile, come di pesce scorpione*.
Il drago abbassa appena il capo, esponendo un muso sottile, con due membrane ai lati della testa e corna piccole e appuntite sulla sommità del cranio. Ha occhi di un azzurro slavato, dalla pupilla verticale. Tuttavia, espongono uno sguardo gentile, caritatevole, quasi umano.
John aguzza la vista quando scorge qualcosa di lucente fermo lì, sulla sommità del muso massiccio.
“Così come una Furia Buia seppe dividere il suo popolo… così una Furia Buia saprà richiamarlo al suo cospetto”.
-Non è possibile…-
John sbarra gli occhi, stringe forte i pugni. Non vuole crederci, non può essere possibile.
-Ma che bastardo!- sorride Greg quando anche lui riconosce la figura in piedi sul muso del drago acquatico.
Brillante di umide squame oscure, coi capelli grondanti d’acqua appiccicati alla fronte e al volto pallido di luce lunare, Sherlock Holmes si erige dinanzi alle creature finalmente raccolte al suo cospetto. Lascia che altri draghi acquatici emergano alle sue spalle, lascia che i draghi di terra scaglino al cielo i loro versi profondi o striduli mentre i nemici cominciano a retrocedere preoccupati.
Moriarty fissa il suo nemico, lo scruta con assoluta assenza di emozioni. Lo sta giudicando, giudica la ferita ancora sanguinante che gli devasta la gola esposta.
Il drago marino abbassa il capo, lasciando che Sherlock tocchi terra con maestosità regale, accentuata dal fisico scolpito e ben esposto agli occhi di chiunque guardi. John vorrebbe coprirlo, vorrebbe che gli altri non lo vedessero nudo così come l’ha visto lui. Però, adesso non conta. Non conta più niente.
-John.-
Sherlock li raggiunge lentamente, ancora fradicio e sporco di sangue. Nonostante le ferite però, i suoi occhi brillano di luce viva, pulita, screziata di colori rinati ma che l’uomo ancora non conosce. Quelli sono gli occhi che John ha imparato ad amare, quelli sono gli occhi che hanno saputo giudicare il mondo e perdonarlo per ogni suo peccato.
Nella sua disumanità, Sherlock si è dimostrato più umano di chiunque altro.
-Hai creduto in me, John. Hai chiesto un miracolo a te stesso e al futuro. Hai pregato che io smettessi di essere morto.- Sherlock gli accarezza il viso, incrocia i suoi occhi lucidi di lacrime copiose, pulite, cristalline. Poi, sorprendentemente, il drago sorride. –Ti ho sentito.-
E allora John gli getta le braccia al collo, affonda il viso nei suoi capelli fradici ma ancora profumati di spezie. Inspira quell’odore familiare, splendido, che sa di casa. Sherlock lo stringe a sua volta, cingendogli la vita con le braccia squamate e ripiegando le ali verso di lui per abbracciarlo nel loro piccolo mondo stellato. È un istante, pochi secondi di rinata speranza. Poi, i due si dividono.
-Non combattere da solo, Sherlock… non andare dove non posso seguirti.- mormora John, appoggiando la fronte alla sua. Inspira i suoi ansiti bollenti, lascia che morbido fumo argentato sgorghi in piccole volute dalle labbra di Sherlock.
È tutto così familiare, così sereno.
-No.- sussurra Sherlock sulle sue labbra. –Non sarò solo, non di nuovo. Ho bisogno del mio blogger.-
E John allora scoppia a ridere, alternando risa e lacrime, felicità e paura. Saranno insieme, forse per l’ultima volta. Ma Sherlock non lo abbandonerà di nuovo.
-Vai, John.- dice Greg, fissandoli entrambi. –Noi ce la caveremo.-
Molly sorride, annuendo vigorosa. –Volate alto, e vinciamo questa guerra.-
John fissa Sherlock, giudicando i suoi occhi, il suo viso, i suoi capelli morbidi d’acqua gocciolante.
-Possiamo farlo?-
Per tutta risposta, Sherlock se lo carica in spalla con un unico gesto fluido, inaspettato, possente. Balza senza sforzo, sbatte forte le ali e d’improvviso, entrambi s’innalzano verso il cielo, più veloci della luce, più coordinati di un’unica coppia di arti.
John si aggrappa forte, serra i denti mentre il suo stomaco si rovescia, per poi scendere giù, forse all’altezza del bacino. Non è una bella sensazione, ma il soldato sa bene cosa aspettarsi. Si sono allenati, dopotutto.
Sherlock s’innalza, sale sempre più in alto, verso il cielo, verso Moriarty. Le ali catturano il vento con un rombo possente, violento, che cattura l’aria e la taglia più e più volte.
Moriarty tende i muscoli, digrigna i denti in uno sforzo che preavvisa un nuovo epico scontro, un impatto al quale John potrebbe non sopravvivere. Si sente così piccolo, così insignificante. È grande quanto il dente più piccolo del mastodonte che ha dinanzi, quindi cosa può fare contro di lui? A Moriarty basta un gesto per spazzarlo via.
“Non sei solo”.
D’improvviso, il corpo di Sherlock comincia a mutare sotto le sue dita. S’ingrandisce, si modella, rinasce in forma di gigante imparziale, bello come alba e tramonto, anziano quanto e più del pianeta stesso. Le sue zampe sono montagne, le sue ali ampie come un’infinita quantità di metropoli.
John si aggrappa forte alle squame, digrigna i denti per non cadere mentre il corpo di Sherlock cambia velocemente. Improvvisamente, l’umano scivola in alto, trascinato dalla minuscola porzione di pelle al quale è attaccato. La terra si allontana, le squame si spostano in alto e in un istante, John si trova aggrappato alla base del corno di Sherlock, adesso imponente e appuntito come la peggiore delle armi.
Sherlock sale ancora, mentre John scruta allucinato la distesa infinita di scaglie che si stende dinanzi ai suoi occhi. Taglienti, gigantesche come immensi piedistalli sagomati, percorse da riflessi iridescenti che richiamano un unico, infinito spettro di colori. È come poggiare i piedi su una liscia distesa di aurora boreale. Strano, terrificante, ma bellissimo.
Le ali sbattono, causando una moltitudine di uragani, ma non sono quelli a preoccupare John. Un fremito di avvertimento percorre il collo di Sherlock, distendendosi alla testa. Il drago inspira bruscamente nello stesso istante in cui John si tappa le orecchie con entrambe le mani, rischiando di perdere l’equilibrio.
Il ruggito è possente, tanto furioso da scuotere di terrore il mondo intero. Dall’altra parte dell’emisfero globale, gli animali si rifugiano, le creature marine si inabissano, le piante piegano gli arbusti.
È allora che la battaglia, quella vera, ha inizio.
I draghi rispondono al ruggito, impennandosi e distendendo i lunghi colli al cielo. Le bestie di pietra scalpitano, facendo tremare la terra mentre gli umani, incoraggiati dalla vicinanza dei ben più piccoli draghi albero, si arrampicano lungo i fianchi di corteccia per salire in groppa alle magnifiche bestie.
Greg si aggrappa alla criniera smeraldina della sua cavalcatura, imitato da Molly e Mike.
Poco distante, Irene scuote la grossa testa insanguinata e velocemente si rialza, gonfiando i muscoli per lo sforzo supremo. Anthea reagisce sputando, insieme a Mycroft, un micidiale inferno di fuoco che incenerisce i draghi nelle vicinanze.
Noah sbarra gli occhi, solleva entrambe le teste. Conficca gli artigli possenti nella roccia sottostante, issando l’immensa mole di squame e muscoli d’acciaio. Spalanca le ali con uno schiocco e un ventaglio di sangue argentato, s’innalza verso il cielo con un ruggito sfinito ma vivo.
“PER SHERLOCK!!!”
L’esercito di draghi d’acqua si immerge, sparendo alla vista. La terra trema, i detriti delle navi vibrano pericolosamente mentre il mare si ritira.
Le bestie di terra avanzano ancora, poi velocemente cominciano a balzare. I draghi albero spiccano salti altissimi, che li innalza verso il cielo, a metri e metri d’altezza. Velocissimi, si muovono in branco, coordinati come muscoli armonizzati di un unico corpo. Concentrano le forze su un unico possente drago e gli arpionano le ali coi piccoli ma micidiali artigli d’acciaio. Dilaniano, mentre i loro cavalieri sparano proiettili veloci, mirati agli occhi del nemico.
Alcuni draghi strillano, altri si scrollano di dosso i draghi albero. Sbandano ferocemente, sbattendo le ali disperati, ma è in quel momento che i draghi montagna li azzannano, trascinandoli giù con un unico, possente movimento delle teste mastodontiche. I draghi nemici cadono in acqua, spariscono tra mulinelli violenti e piccoli tsunami che li abbracciano, trascinandoli in basso, lontani da qualsiasi sguardo. Non riemergeranno mai più.
-Sherlock!- grida John, quando il suo drago e Moriarty sono a un passo dall’impatto. Lo vede sbattere le ali, tendere i muscoli, ma qualcosa non va. Sherlock è insicuro, John lo capisce.
Non possono affrontare Moriarty in uno scontro frontale, non in quelle condizioni. Sherlock è ferito, debole, esausto. Non vincerà quella battaglia. Però…
-Ok Sherlock, puoi sentirmi?-
Sherlock rallenta e Moriarty stringe gli occhi, studiandolo incuriosito. Sicuro di sé. Troppo.
John ripensa ai momenti trascorsi con Sherlock: lo rivede mentre spicca il volo, spalancando le ali immense, lo ricorda mentre combatte la prima volta contro Irene. In quel momento, John si era preoccupato anche troppo. L’aveva dato per morto, immaginando che la dragonessa chiudesse le fauci sul piccolo corpo della Furia Buia, ponendo un freno alla sua esistenza, alla sua vita più che preziosa.
Non andò così.
-Ci sono.- mormora infine, e allora un sorriso affiora sul suo volto. Si accovaccia, stringendo forte la pistola, digrignando i denti in un ultimo sforzo titanico. –Ok Sherlock: è ora di sparire.-
John non sa come faccia Sherlock a capirlo, a dedurre velocemente qualsiasi sottointeso di ogni sua frase. È una cosa sorprendente, strabiliante. Eppure, adesso John confida nella sua intelligenza, nei ricordi della Furia Buia, nel suo Mind Palace.
Anche stavolta, Sherlock non lo delude.
Spalanca le fauci poderose, inspirando aria così bruscamente che l’intera gola vibra di potenza. Poi, una sfera oscura grande quanto un piccolo sole si forma tra i vortici infernali della sua bocca, scatenando un uragano lungo i denti, sulla lingua, giù fino alla gola. Guizzi di oscurità accarezzano ogni anfratto di quella bocca gigantesca, fuoriuscendo poi in volute morbide, pericolose, intrise di veleno.
È un istante, come respiro prima del balzo.
Moriarty spalanca le fauci per rispondere al fuoco, ma John sorride ed, estratto dalla tasca un ormai ben noto orologio a cipolla, che già una volta incantò Irene, lo fa oscillare davanti al viso una, due, tre volte.
È un movimento calmo, regolare, che faticosamente combatte la spinta del vento. Ma come sempre, risulta infallibile.
Istinto.
Moriarty spalanca gli occhi e fissa ipnotizzato quell’oscillazione, quel morbido ondulare d’orologio maledetto, scintillante, traditore.
Sherlock lo sorpassa, veloce come una freccia. Gli urta il muso con un colpo di coda talmente forte da stridere contro le squame di Moriarty, strappandogliene alcune. Lo risveglia così, facendolo ruggire di dolore mentre un oceano di sangue argentato lo acceca, riversandosi negli occhi, nelle narici, lungo le zanne snudate di rabbia.
Moriarty si volta a mezz’aria e si scaglia all’inseguimento su, sempre più in alto, oltre la pedana di diamante. Fende l’aria con le ali gigantesche, innalzando l’immensa mole verso un cielo vicinissimo. Ruggisce di rabbia, fa schioccare le fauci col fragore di un uragano. Ogni zanna e grande quanto un albero, ogni artiglio luccica minaccioso, pronto a ghermire, fare a pezzi, vendicare…
Ma all’improvviso, Sherlock ruota su se stesso, tende ogni muscolo del corpo e lo guarda negli occhi.
“Questo è per mia madre. Questo è per il mondo. Questo è per John”.
I suoi occhi si assottigliano, il suo sguardo parla. Moriarty vi legge rancore, potenza, giudizio. Alle sue spalle, ancorato al suo corno, c’è un minuscolo umano fragile, insignificante, debole. Infine, quel gigantesco dio del cielo così possente, così terribile, risponde all’unica presenza di quella creaturina volta a plasmarlo, a redimerlo, a ripulirlo di ogni egoismo, di ogni colpa. Sherlock rinasce come dio giudizioso, giusto, che adesso trova in quel piccolo umano la forza per combattere.
Moriarty ha fatto male i calcoli.
Moriarty ha sbagliato.
Ma Moriarty non sbaglia mai. È impossibile, è innaturale… non ha senso.
Eppure, nella sua infinita arroganza, ha saputo prestare attenzione alla creatura più grande, più minacciosa, tralasciando il piccolo essere umano che tuttavia, ha ristabilito in Sherlock una pace duratura, serena, che l’ha spinto a sfidare la guerra stessa.
Sbagliato.
Errore.
Moriarty tende le ali, spalanca la bocca in un’ultima difesa disperata per eruttare l’ennesima vampata di inferno. Incenerirà quell’esserino che ha osato sfidarlo, schianterà Sherlock al suolo e si rotolerà nel suo sangue. L’avrà vinta ancora una volta, così come deve essere.
Non sempre le favole si avverano, nella realtà. A volte, a vincere sono i cattivi. Spazzano via gli eroi, li massacrano, vanno avanti al posto dei giusti. Tuttavia, l’ombra può essere sconfitta. Alla fine, la notte è solo una cosa passeggera: anche l’oscurità deve passare. E così come il sole nasce ogni giorno, vedendo morire la luna, così infine il giorno sboccia tra le ali della creatura più giusta, più umana, che il mondo abbia mai visto.
Il buio può essere battuto, e adesso, grazie a John, Sherlock lo sa.
Dalle sue fauci esplode la sfera oscura, immensa, distruttiva, che veloce sfreccia come saetta quasi invisibile nella bocca spalancata di Moriarty.
Un istante di quiete, l’attimo del respiro finale che vede il nemico con occhi spalancati, consapevoli, intrisi di terrore. L’attimo in cui Sherlock scuote violentemente il capo, facendo cadere John per afferrarlo tra gli artigli anteriori di una zampa. L’attimo ultimo, in cui Sherlock si volta e sale sempre più su, disperato, velocissimo ma troppo stanco per accelerare ancora mentre il corpo di Moriarty esplode in un oceano di fuoco infernale che inghiotte l’ultimo re dei draghi e il suo fidato, inseparabile compagno.
 
Angolo dell’autrice:
*Pesce scorpione
http://www.4together.it/wp-content/uploads/2013/07/Pesce-scorpione.jpg
Ok, qui ho sudato sette camicie per scrivere. Però ce l’ho fatta! Sì, il prossimo sarà l’ultimo capitolo, e questa è la mia risposta definitiva. Così finirà la nostra avventura! Ma, come direbbe Gandalf: “Non vi dirò non piangete, perché non tutte le lacrime sono un male”. Non ha tutti i torti, no? Tornerò prestissimo, e per settembre avrò un’altra storia pronta. In realtà, ho già in mente due one-shot che vedono un Bilbo Baggins e uno Sherlock!Elfo e un’altra in cui Sherlock è un gargoyle. Poi, per quanto riguarda la long… ricordate gli déi egizi? Be’…
Ora, tornando a noi: dedico questo capitolo alle due persone che hanno recensito pazientemente la storia, trasmettendomi un sorriso e tanta voglia di scrivere ancora: Sonia_0911 e Wibbly Wobbly Timey Wimey. A voi dedico i miei sforzi! Grazie dal profondo dell’anima! E a presto!

Tomi Dark Angel
 
 
  
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