Uno come tanti
Guardava
annoiato il soffitto sopra di lui, coricato nel letto, intrappolato dalle
lenzuola che strisciavano incurante per terra, le braccia erano incrociate
dietro il capo per sostenerlo, le gambe erano accavallate, il silenzio regnava nella
stanza e mille pensieri ronzavano nella sua testa.
Spostò
lentamente lo sguardo verso l’orologio, che ticchettava incessantemente; se
qualcuno avesse avuto mal di testa o non sopportasse quel continuo ticchettare,
l’avrebbe già scaraventato dalla finestra, fregandosene altamente di trovarsi
in un hotel. Alla fine avrebbe dovuto solo pagarlo, non sarebbe stato un
dramma. E allora perché non lo prendeva e lo gettava da qualche parte?
D’altronde lui, in quel momento aveva un enorme mal di testa. Ma ormai le forze
lo avevano completamente abbandonato ed era stanco di ogni cosa, pure di
prendere un semplice orologio. Fissò con il cuore in gola le lancette.
Mancavano solo cinque minuti. Cinque minuti e un nuovo, comune giorno sarebbe
arrivato. Si, perché alla fine era un semplicissimo, comunissimo giorno. Cosa
cambia da un giorno all’altro? Se cinque minuti prima eri in uno stato, dopo
altri cinque cosa cambiava? Assolutamente niente, solo la posizione delle
lancette e la data in un calendario.
Sospirò
amareggiato. Forse si faceva troppi problemi, forse doveva prendere la vita con
un po’ più di filosofia. Sorridere felice per quel nuovo giorno. D’altronde era
il suo giorno. Sarebbe diventato più
grande di un anno. Anche se alla fine sarebbero stati sempre quei cinque
minuti. Cosa cambiava? Solo un documento scritto, un nuovo numero da dover
pronunciare e da dover scrivere.
Senza
pensare che quella giornata sarebbe stata davvero dura. Sia in positivo che in
negativo. Il suo giorno sarebbe
passato inosservato. Tutti sarebbero stati concentrati solo per una cosa,
dimenticandosi di lui. Infondo chi era? Un ragazzo che tra meno di quattro
minuti avrebbe fatto vent’anni, che suona la batteria con tanto amore ed
energia, che fa parte di una band, ormai mondiale. Pensandoci bene, lui non era
nessuno. Se quello era il suo giorno
e veniva messo da parte, pazienza. Non era un dramma, non sarebbe morto nessuno…tranne il suo cuore. Infondo non si era mai preoccupato di queste
cose, non gli era mai importato veramente, non gli interessava festeggiare,
fare baldoria o chissà che, era un giorno come un altro, uno qualsiasi o
semplicemente aveva sempre mentito.
Scosse la
testa. Chiuse gli occhi. Troppi pensieri e lui doveva dormire, l’indomani
sarebbe stata dura e se non dormiva almeno un po’, lo sarebbe stata di più.
Perché farsi tanti problemi? Alla fine doveva mostrarsi forte e interessato
come sempre, lasciando un po’ di indifferenza. La ricetta perfetta per stare
tranquillo e per nascondere le sue frustrazioni.
Aprì gli
occhi, sbuffando sonoramente. Posò nuovamente i suo sguardo sull’orologio.
Ancora tre minuti. Il tempo sembrava non voler passare mai. Eppure voleva
semplicemente farsi gli auguri da solo e lasciarsi trasportare tra le braccia
di Morfeo, non chiedeva molto. No, decisamente.
Due
minuti.
Svogliatamente
si girò verso la sua destra e il suo sguardo fu catturato da una foto. Sbatté
più volte gli occhi, non ricordava di averla messa nel comodino, né di averla
uscita dalla valigia. La scrutò attentamente. In quell’immagine c’erano loro
quattro, solo loro. Soli e sorridenti. Quando tutti e quattro contavano
qualcosa ed non esisteva alcuna preferenza o forse era sempre stata
un’illusione. Infondo loro erano davvero amici? Si sentiva così emarginato e
fuori posto quando stava in loro compagnia. Erano così entusiasti, felici,
sorridenti, pieni di energie, solari, scherzosi e divertenti. Lui era quasi
l’opposto.
Prese la
foto in mano per scrutarla meglio e per
sentirla più vicina. Non c’era che dire, erano venuti proprio bene. Ma era
passato così tanto tempo d’allora? I gemelli avevano solo sedici anni e adesso
ne avevano diciannove. Caspita! Il tempo era volato e loro erano cresciuti
così, senza rendersene conto. Però forse la loro amicizia era cambiata
completamente, forse non l’ho erano mai stati, forse era una sua impressione.
Ok, doveva smettere di pensare, di farsi quei rompicapi, doveva semplicemente
calmarsi ed aspettare. Ma aspettare cosa? In un minuto cosa ti può cambiare? Nulla.
Tornò
alla posizione iniziale, abbandonando la foto nel comodino. Sospirò amaramente.
Solo un minuto e sarebbe andato a dormire e quella giornata sarebbe trascorsa
come tante. Un giorno è sempre un giorno, sono tutti uguali.
La
lancetta dei secondi avanzava sempre più e quella dei minuti come quella delle
ore, la seguivano lentamente, molto lentamente e il ticchettio sembrava quasi
sparito. Il momento di addormentarsi stava arrivando.
Chiuse
istintivamente gli occhi, mentre una figura si buttata a gran velocità sul
letto, provocando piccoli sbalzi. Li aprì velocemente, ritrovandosi quella
figura misteriosa dinnanzi, che sorrideva a trentadue denti. Alzò la schiena,
ritrovandosi seduto sul materasso. Che cosa ci faceva la?
Tre
secondi.
Le
lancette avanzavano incuranti.
Due
secondi.
La figura
misteriosa si sistemava accuratamente sul letto.
Un
secondo.
Il
silenzio regnava nella stanza.
Mezzanotte.
-Auguri Gusty!- Pronunciò teneramente, accucciato nel materasso
sostenendosi con le mani, guardandolo con occhi da cucciolo, che luccicavano,
mentre gli regalava il sorriso più bello che avesse mai visto. O almeno in quel
momento gli sembrava così, d’altronde solo lui sapeva dare quei sorrisi.
Sgranò
gli occhi quasi incredulo. Era venuto nel cuore della notte solo per questo? Il
cucciolo della band si era intrufolato nella sua stanza solo per fargli gli
auguri appena sarebbe scattata la mezzanotte? Perse un battito. Possibile mai
che fosse davvero così? Poteva essere un miraggio o un desiderio?
Il moro
portò le braccia intorno al suo collo, stringendolo forte al suo esile petto. –Felici vent’anni.- Sussurrò
dolcemente al suo orecchio, sorridendo divertito, stringendolo sempre più.
Improvvisamente
sentì mancare l’aria. Forse era perché il cantante lo stava stritolando senza
pietà, forse perché non si aspettava una cosa del genere, anche se poteva
sembrare un piccolo, innocuo gesto, forse perché aveva perso ogni speranza e
gli veniva buttata così la risposta alla sua domanda, forse semplicemente
perché aveva sbagliato tutto.
Istintivamente
rispose al suo abbraccio quasi goffamente, investito dal suo calore, dalla sua
dolcezza e dalla sua allegria.
-Dai
Bill, lascialo andare. Lo stai stritolando.- Disse in tono da finto rimprovero,
una figura appoggiato allo stipite della porta, dai lunghi capelli rasta,
mentre sorrideva divertito.
Girò la testa verso il fratello, lanciandogli
uno sguardo da finto offeso. –Io non lo sto
stritolando.- Disse accigliato con tono da bambino piccolo, intensificando la
stretta, facendo la linguaccia al gemello.
Sorrise
divertito, entrando a passo felino nella stanza. –Fai
pure. Però se rimaniamo senza batterista è colpa tua, sappilo.- Disse in tono
beffardo, portando le braccia in posizione conserta, osservando il cantante con
un ghigno, mentre il moro gli lanciava occhiate di fuoco.
-Tom, lascialo in pace.-
Pronunciò con tono da finto autoritario il basista, appoggiato allo stipite
della porta, dove un attimo prima c’era il chitarrista, sorridendo beffardo,
mente il cantante mollò la presa, contento di essere difeso da qualcuno,
sorridendo dolcemente al suo salvatore.
Per un
secondo si sentì smarrito. Niente più braccia avvinghiate al suo collo, niente
calore, niente di niente, si sentiva quasi nudo, come accade ogni volta che un
abbraccio finisce, però almeno poteva respirare tranquillamente. –Ma cosa ci fate qua?- Chiese curioso, tormentato da quella
strana situazione, guardando attentamente ogni membro della band.
-Ah!
Bill, voleva farti gli auguri di buon compleanno appena sarebbe scattata la
mezzanotte, quindi ci ha costretto a venire tutti qua.- Disse tranquillamente
il castano, entrando lentamente nella stanza, dirigendosi verso il letto per
potersi sedere.
-Ma si.
Tanto non avevamo niente da fare.- Pronunciò ironico il chitarrista,
dirigendosi anch’esso verso il materasso, cercando un angolo dove potersi
sedere.
Il
batterista si girò velocemente verso il front-man. –Bill?- Chiese stupito a bassa voce, lanciandogli
un’occhiata scioccata.
Abbassò
la testa imbarazzato. -Ehm…volevo farti una
sorpresa.- Pronunciò esitante ed imbarazzato, giocando nervosamente con le
mani, senza mai distogliere gli occhi dalla sue dita.
Sgranò
nuovamente gli occhi, portando una mano in un pugno, stringendolo. Era stato uno
stupido, come poteva dubitare di loro? Come aveva minimamente pensato una cosa
del genere? Loro quattro erano una cosa sola. Un’unica cosa. E tutto veniva
racchiuso in un nome, in due parole, in dieci lettere: Tokio Hotel.
Con
scatto felino saltò sopra il moro, abbracciandolo forte, forte a se. –Ragazzi siete fantastici!- Esclamò euforico,
intensificando la stretta, sorridente, mentre i restanti membri della band si
precipitavano ad abbracciarli e la camera si riempiva di continue risate.
Forse
l’unica vittima sarebbe stato il cantante, stritolato possessivamente dal
batterista e magari un giorno avrebbe scoperto come erano riusciti ad
intrufolarsi nella camera.
Sorrise
divertito. Cos’era cambiato in un minuto?
Tutto.
Oplà! C’è l’ho fatta!
La fan fiction per il compleanno di
Gustav è pronta *__*! Come potevo non dedicargliene una? E’ pur sempre il mio
mito e adesso ha vent’anni ç_ç, com’è cresciuto
velocemente, anzi come sono cresciuti tutti velocemente, io ancora non riesco a
crederci. Sono diventati degli uomini a tutti gli effetti *_*. Sono proprio
orgogliosa di loro. Si, si u.u! E agli VMA sono stati
davvero grandi *__*
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e le povere
anime che con un gesto di generosità (o carità, chissà, o semplicemente per
fare un tributo al nostro Gusty!) commenteranno.
Bacioni Ryan92!
Alles Gute zum
Geburstag Gustav!