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Autore: Tom Kaulitz    30/07/2014    3 recensioni
La prima volta che lo vide era a dicembre, a Magdeburgo pioveva. Tom stava passeggiando infreddolito abbracciandosi per cercare di bagnarsi meno possibile.
Un'ombra. Un ragazzo dai lunghi capelli neri. Anzi, a pensarci bene era tutto nero, niente escluso: i vestiti, le scarpe, i bracciali e le collane che portava. Aveva la pelle bianchissima, e, quando Tom guardò meglio, aveva alcune meches bianche. Era un ragazzo dai lineamenti abbastanza femminili, gli occhi truccati. Lo guardava, da dietro un albero distante almeno cento metri da lui. Quando l'ombra notò che il rasta lo aveva visto, esibì un sorriso, ma un ghigno malefico, raccapricciante. Poi si dissolse, insieme a tutta la figura, in una polvere nera.
***
Tom rigirò quei fogli nelle mani. Li aveva tutti collezionati nel giro di alcune settimane, trovandoli sulla scrivania la sera, dopo la scuola. Un pennarello nero, tramite la stessa scrittura, aveva scritto alcune frasi inquietanti.
"Non scappare"; "Ho bisogno che tu sia solo"; "Ci riuscirò"; e "Sei molto bello" erano i più interessanti. Nessuna firma, nient'altro, a parte una piccola ciocca di capelli neri e bianchi, ogni volta.
***
Sorrise. «Proprio come lo Yin e lo Yang...»
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
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2.

 


Tom chiuse la porta dietro di sè. Sbuffò, stanco, e fece cadere il suo zaino sul letto per poi sedersi sulla sedia a rotelle e guardare fuori dalla grande finestra. Era una giornata soleggiata, ormai era quasi primavera. Chinò il capo e accarezzò con lo sguardo il tempera matite che aveva davanti a sè. Spostò gli occhi sul coltellino svizzero che era riposto nel cassetto aperto, e si soffermò sul piccolo cacciavite di cui era munito. Svelto, li prese entrambi e iniziò quasi istericamente a svitare una delle due lame dell'appuntalapis (quella adatta per le matite grandi, che tanto non usava mai per appuntare) e la prese.

Se la portò davanti agli occhi, osservandola per pochi secondi prima di appoggiarla sulla sua pelle lentamente e gustando ogni secondo di quell'esperienza che ormai ripeteva da anni, nascondendo tutto a Gordon.
Poggiò la lama sull'avambraccio ormai segnato e tirò. Una, due, tre volte.
Tanto un taglio in più non cambiava niente. Un taglio in più era soltanto una goccia in più all'oceano. Tom a volte si ripeteva nella testa una frase che aveva letto da qualche parte:

I like to draw with silver, it comes out red. Magic?

E sorrideva ridacchiando. Era una cosa che lo rendeva unico, che gli faceva scaricare tutto lo stress, amava vedere il sangue che usciva, amava vedere il fazzoletto che si macchiava di porpora, amava sentire il dolore che gli procurava il disinfettante. Amava tutto ciò.
Reclinò la testa all'indietro, sorridendo debolmente, gli occhi chiusi, il respiro calmo, assaporando il bruciore sulla pelle. Aprì gli occhi e posò distrattamente lo sguardo sui ciottoli del vialetto di casa sua.
Quasi cadde dalla sedia. C'era lui.
Lui, che guardava nella sua direzione, da chissà quanto era lì a fissarlo.
Aveva uno sguardo diverso dalle altre volte però. Era attento, impassibile, sembrava esaminare ogni movimento del rasta, anche se da lontano. Poi, sgamato da Tom, chinò lo sguardo pensieroso e stupito da ciò che aveva visto e scomparve.
Tom alzò un sopracciglio. E ora? Cosa voleva dire? Sperava con tutto il cuore che non si fosse fatto muovere dalla compassione (se gli spiriti e simili la possono provare) e diventasse "gentile" soltanto per...
Ma cosa stava dicendo? Non voleva in nessun modo entrare in contatto con lui evidentemente, al diavolo i suoi pensieri allora, poteva tenerseli.
Si alzò e andò in bagno a gettare via il fazzoletto sporco di sangue.
Tirò lo sciacquone. Sospirò: un'altro pomeriggio macchiato di sangue. Cosa avrebbe detto Andreas?

*

«Eh Bien, alors. Hem hem.. Que ce-que tu as fait hier?»
La prof aveva iniziato ad interrogare. Tom roteò gli occhi. Andreas fece lo stesso. Si scambiarono un sorrisetto.
Improvvisamente il ritornello di Code of Honor dei Deadlock irruppe nella stanza, ma fortunatamente la professoressa non era in vena di scassare gli attributi perciò lasciò fare e guardò con maggior insistenza l'interrogato.
Alcuni ridacchiarono quando Tom prese frettoloso il cellulare dalla tasca e toglieva il volume.
Poi vide chi era che lo chiamava e perse un battito.
"Lise"... non doveva essere a scuola anche lei?
Chiese di poter andare in bagno e, uscendo dalla classe, salutò con un cenno Andreas, che capì e sorrise. Tom non voleva tornare e il biondo immaginava volesse restare fuori per telefonare in pace.
Infatti, appena Tom fu in un punto dove nessuno poteva origliare, premette il tasto verde e si mise la cornetta all'orecchio.
«Lise?»
La voce di Lise non tardò a far scoppiare il cuore del rasta.
«Ciao Tom, ti ho disturbato? Sei a scuola? Scusa tanto, mi spiace, ma..»
«Nono non ti preoccupare io... cioè forse... ma se sei te..» si trovò a farfugliare Tom.
Lei ridacchiò. «Senti mi chiedevo se ti andava di passare da me, non sono venuta a scuola per una visita medica ma adesso non torno per tre ore sole, e allora... non so... ti va?»
Tom annuì e poi si ricordò che lei non lo poteva vedere e disse con decisione, sorridendo:
«Si, volentieri! Dove sei?»
«Sono all'inizio della Sternstrasse, davanti alla libreria, hai presente?»
«Certo, bene, tra pochi minuti sono da te»
«Grazie Tom..» la sentì sussurrare e arrossì.
«Oh, volentieri Lise» Sorrise e levò il cellulare dall'orecchio.
«TOM! Aspetta! Ricorda che c'è..» Lise sentì il bip bip di fine chiamata. Sospirò e guardò lo schermo scuotendo la testa.
«...un cambiamento degli orari del tram.»

*

Tom arrivò appena in tempo per constatare che il tram era già partito, senza di lui. Imprecò e decise di fare quel tragitto a corsa, finchè avesse avuto fiato. Allora iniziò a correre, e fece appena duecento metri quando sopraggiunse un mal di testa atroce che lo fece cadere. Tutto intorno a lui si fece buio, un vortice di fumo nero lo alzò in aria e poco dopo i suoi piedi ritoccarono violentemente il suolo facendolo gemere di dolore. Si guardò intorno e strizzò varie volte gli occhi: sembrava un paradiso al contrario, ma non l'inferno. C'erano nuvole nere che formavano il suolo e formavano anche la natura: alberi cotonati, erba dai filamenti eterei venivano mossi da un leggero vento che sembrava il soffio di un animale. Un animale enorme. E così era.
A meno di trecento metri c'era un drago immenso, che sembrava essersi addormentato. Era il suo respiro, infatti, che scompigliò i dread al rasta.
Tom, con la formula om ben fissa in testa, si incamminò verso una casa dai mattoni neri, anche se, a pensarci bene, erano tutte nere, nessuna esclusa.
Si avvicinò al vialetto che portava all'entrata e ridacchiò. Chi ci viveva doveva essere parecchio pignolo: neanche quando c'era vento la lunghezza dei fili d'erba era disomogenea. Alla porta era attaccato un grazioso quadrato fatto di canapa intrecciata che recava l'altrettanto graziosa frase "Home Dark Home" con una scrittura sghemba e piena di svolazzi. Tom alzò un sopracciglio e si decise, dopo aver appoggiato l'orecchio al legno senza sentire alcun rumore, a bussare alla porta. Attese e si toccò la fronte. Improvvisamente gli era tornato quel fottuto mal di testa che lo aveva portato in quel luogo sinistro. Si massaggiò le tempie mentre sentì dei passi che scendevano le scale provenire dall'interno. Non sapeva se esultare o meno, ma si decise ad alzare lo sguardo per poi trovarsi degli occhi neri dalle venature viola fissarlo spaventati e sgomenti. Appartenevano a...

«Bill! Chi è?» una voce di donna li fece sobbalzare entrambi. «Nessuno, nonna, nessuno!» esclamò il ragazzo pallido che Tom già conosceva.
Tom, un pochino offeso per essere stato chiamato "nessuno" davanti ai suoi occhi, rimase immobile a guardare la figura che sembrava fare lo stesso. Nessuno dei due aveva il coraggio di dire qualcosa.

 

Bill's POV

Quanto tempo fa l'ho visto per l'ultima volta? Un mese fa? Sembrava stare bene, non pensavo si potesse uccidere così in fretta. Se no non sarebbe qui..
Però non ricordavo che i suoi occhi avessero quella sfumatura nocciola... Me li ricordavo più... scuri... Chissà se si è di nuovo tagliato...
Mi chiedo sul serio per quale ragione sia qui... Non sembra morto.
«Sei morto?» uscì dalla mia bocca quasi immediatamente. Mi sentii un cretino. Ma lo sono sempre stato.

Tom non poteva credere alle sue orecchie. Certo che non era morto! Se no come faceva a muoversi, a pensare e cose del genere! Ma improvvisamente i suoi tre neuroni decisero di smettere per tre secondi di guardare il vuoto e elaborarono una teoria... interessante.
Se questo... Bill.. gli aveva chiesto se era morto, allora vuol dire che per essere lì, in condizioni normali, dovrebbe essere morto. Perciò Bill era... morto.
«No!» disse con voce indignata e leggermente più alta del dovuto. Bill parve sbiancare diventando più pallido di quanto non fosse di già. Prima che potesse riaprire bocca per fare domande però il moro lo afferrò per un braccio e lo portò non proprio educatamente dietro l'angolo, al sicuro dagli occhi e dalle orecchie di sua nonna. Lanciò alcune occhiate dietro l'angolo e poi si girò verso il rasta scandendo bene le parole.

«Come non sei morto?? TU NON DOVRESTI ESSERE QUI!!» Bill si nascose la faccia tra le mani e scosse la testa disperato. Tom assunse un'espressione infastidita e replicò. «Come sarebbe a dire NON DEVO? Non lo voglio neanche! Mi sono trovato qui dopo una fitta di mal di testa! Volevo andare dalla mia... ragazza... e invece..» Bill alzò gli occhi al cielo e continuò, apparentemente ignorando le parole che l'altro aveva farfugliato.
«Senti, lo so che non è il migliore dei modi per presentarsi, ma se tu non sei morto e sei qui, se il destino ti ha portato da me vuol dire che...»
Non riuscì a finire la frase e la lasciò a metà girandosi e cercando di calmarsi, occhi chiusi e fronte aggrottata.
«SAI COSA VUOL DIRE?» praticamente gli urlò in faccia questa domanda che era più retorica che altro, perchè Tom aveva una faccia a metà fra lo
spaventato e l'interrogato a sorpresa.
«Sono il tuo demone custode. Ed evidentemente sono il prescelto.» disse poi il moro con voce lugubre, ad occhi chiusi, parlando più a sè stesso che a Tom.
E lui che pensava di potersi divertire come al solito a terrorizzare gli umani viventi come il rasta...

 

*

Il prescelto,
metà dell'umano dalla vita divelto.
Uniti da un legame forte,
che a rafforzare sarà solo la morte.


*

Salve a tutti♥
Ecco finalmente il capitolo 2 u.u
Scusate il mio continuo procrastinare, ma tante complicazioni tutte insieme.. xc
Comunque, spero che la storia vi continui a piacere (grazie a tutte le recensioni del capitolo uno *-* :D ♥)
E scusate ancora il ritardo.
Per farmi perdonare, domani pubblicherò un altro capitolo sia di questa ff sia dell'altra u.u

Fatemi sapere cosa vi aspettavate e cosa non, insomma cosa vi ha sorpreso di più. Qualcun ha qualche ipotesi su ciò che potrebbe succedere? :)) Vabbuo, ditemi tutto ciò che vi passa per la testa.

Ps: il contenuti forti e tematiche delicate della scena iniziale c'erano negli avvertimenti!♥ Ma comunque niente paura, non succede spesso u.u Anzi...


 

  
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