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Autore: Silvie_Marie    31/07/2014    1 recensioni
Un gruppo di sopravvissuti di un'invasione aliena deve, con le sue forze, sconfiggere il nemico.
Tra questi si cela un segreto.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 “Mr SIMMONS”. E’ così che mi chiamano questi esseri che mi hanno costretto a creare una falsa identità per poter continuare a vivere. Sono una minaccia per loro. Lo capii solo quando alcuni uomini armati con la divisa bianca vennero a casa. A casa della mia famiglia. La famiglia che non ho più.
Quel giorno mia madre, dopo aver sentito i rumori che producevano le scarpe di quegli uomini a contatto con la ghiaia del giardino, mi guardò con i suoi occhi verdi.
Non i soliti che scintillavano accompagnati da un bel sorriso, ma occhi tristi. Quasi come se sapesse quello che sarebbe accaduto.
Mi si avvicinò sussurrando : «Proteggi tua sorella. Loro non devono prenderla. E' importante.»
La guardai accigliato. «Mamma ma che diavolo sta succedendo?»
Lei guardò la porta molto preoccupata mentre i passi continuavano a farsi più vicini.
«Non importa, Sebastian. Devi proteggere tua sorella, il resto lo capirai con il tempo… Ora porta tua sorella in soffitta e chiudetevi dentro, lì forse non vi troveranno.»
«Ma chi non ci deve trovare? E chi diavolo sono questi uomini?»
Lei non parlò, si limitò ad accarezzarmi il viso con la mano, poi mi abbracciò e mi sussurrò un "ti voglio bene" pieno di tristezza e lacrime.  Presi per mano mia sorella, che era seduta sul divano della sala a fare i compiti e la portai di corsa in soffitta, chiusi la porta e aspettammo.
Lei mi guardò confusa prima di sbottare. «Sebastian, ti sembra questo il modo? Perché siamo rinchiusi in soffitta? Ma soprattutto perché non c’è mamma?»
Restai in silenzio. Non sapevo che dire, ero più confuso e preoccupato di lei.
Lei sbuffò e cercò di farmi spostare dalla porta. «Scordati che apra la porta, Sorellina!»
Lei si fermò di scatto e mi guardò accigliata, poi sospirò sorpresa. «Mi stai prendendo in giro, Sebastian?!» fece una pausa, guardandosi attorno. «Come puoi startene qui, in questo posto, senza pensare alla mamma? Io non la lascio lì, da sola, la uccideranno.»
Restai sorpreso dalla frase che aveva appena detto: “La uccideranno”. Come faceva a saperlo?
«Come la uccideranno? Tu sai chi sono gli uomini che stanno venendo?»
«Sì, perché tu non sai chi sono? Comunque sono già in casa, se ti interessa saperlo.»
Restai sbigottito una seconda volta. Pensai subito alla frase che mamma mi aveva detto pochi minuti fa. Aveva ragione. Solo che il problema era: come potevamo  scappare e salvare la mamma?
L’unica possibilità era quella di abbandonare la mamma al suo destino, ma  logicamente era impossibile che la lasciassi morire.
Ebbi un’idea. Presi mia sorella per il polso, mentre cercava di avvicinarsi al lucernario, un posto non tanto sicuro, e le sussurrai il piano.
«Sei IMPAZZITO?» mi chiese.
Esitai. «Senti, è l’unica opzione che abbiamo. Dobbiamo solo attirare gli uomini qui,  stenderli e dirigerci in sala, stendere ancora un po’ di uomini e scappare.»
Alzò le sopracciglia. «Stai scherzando? Loro sono più forti e poi, anche se riuscissimo in questa impresa suicida, cosa molto irrealizzabile, dove ci nasconderemo? Non c’è un posto sicuro. Ricordatelo.»
Sbuffai. «Okay, hai ragione, ma non possiamo mica aspettare che la morte, per mano di quei tizi, giunga fino a qui.»
Lei si guardò intorno, quando il suo sguardo puntò  un attrezzo per aprire le finestre.  Io Capì immediatamente cosa voleva fare
Dovevamo scappare dal lucernario.
Mi avvicinai e afferrai l’attrezzo mentre lei spostava tutti gli oggetti da una sedia, per poi prenderla, salirci e cercare di aprire la finestra ormai chiusa da anni.
 Fu un tentativo inutile, non si aprì.
Lei sospirò snervata. «Ebbene, qualche altra idea?»
Scossi la testa. Capii all'istante che non si apriva perché il ferretto che l’avrebbe dovuta aprire era bloccato dall'esterno, quindi l’unica cosa da fare era usare i miei poteri, sperando che mia sorella non si spaventasse.
La spinsi indietro mentre lei si lamentava. Unii le mani in un cerchio nell'aria e improvvisamente il ferretto scattò. Ero abbastanza soddisfatto, finché non mi ritrovai la faccia confusa e preoccupata di mia sorella.
«C-come hai fatto? Sei s-stato tu?» balbettava a bassa voce.
Annuì lentamente. Sbuffò e cambiò subito espressione: da spaventata a furia.
«Genio!» mi dette un pugno sulla spalla molto delicatamente. «Beh, non potevi pensarci prima?! Ben fatto, comunque.» mi disse con un sorriso accennato.
Lei fu la prima ad uscire,la spinsi molto lentamente. Doveva fare in fretta, ma senza dare nell'occhio.
Mi guardai indietro e sentii dei passi. Mi preoccupai. La spinsi ancora un po’  e sentii un botto. Era caduta.
Mi sporsi preoccupato e vidi il suo viso arrabbiato, mentre si spolverava i vestiti vicino al cassonetto che doveva aver attutito la caduta.
«Complimenti, Genio! Grazie davvero.» si lamentava lei mentre cercavo di uscire sul tetto, ma qualcuno fece irruzione nella stanza. Mi prese la caviglia e mi sollevò a testa in giù. Mia sorella urlava chiedendo aiuto, ma così avrebbe attirato solo l'attenzione dei soldati.
Dopo essersi guardata intorno,scappò. Non era al sicuro, dovevo raggiungerla. O forse era la mossa più astuta.
L’uomo mi guardò con ripugnanza prima di estrarre un aggeggio e puntarmelo sul petto.
«Dov'è la tua cara sorellina? Tranquillo vogliamo solo lei.» disse con una leggera risata l’uomo moro che mi teneva.
Non risposi, mi limitai ad alzare il busto e sputargli sulla faccia contratta in una smorfia. La sua espressione cambiò radicalmente trasformandosi in un’accesa rabbia.
Che avevo fatto?!!!!
La collera dell’uomo si riversò su mia madre che vidi sulla soglia della porta con le lacrime agli occhi, trattenuta da due uomini tozzi con espressioni accigliate.
Sospirai arreso e preoccupato.
L’uomo moro mi fece una smorfia e disse ai due uomini di portare mamma davanti a me. Io ero stanco di stare in quella posizione e sentivo che presto sarei svenuto. Per fortuna  mi lasciò per una preda più deliziosa: mia madre. Lo pregai di non farle del male, mentre lei stringeva gli occhi pieni di lacrime che rigavano con solchi pesanti di mascara, le guance.
L’uomo non mi diede retta e puntò il coltello contro la sua gola.
«Te lo chiedo per l’ultima volta! Dov’è la ragazza?
«Perché la state cercando?»
L’uomo emise un sospiro scocciato e impugnò meglio la lama. Lo stavo irritando. Brutta mossa.
«Senti, ragazzino. Almeno che non ci batti in un nano secondo tutti quanti – cosa che trovo  impossibile – ti conviene dire la posizione della ragazza o uccideremo tua madre e poi toccherà a te.»
Si sentì un urlo echeggiare nel nostro quartiere. Riconobbi quel suono. Era mia sorella. Aveva bisogno di me.
L’uomo moro fece un sogghigno di soddisfazione.
«Ebbene a quanto pare non ci servi più, mammina.» disse infilando la lama pesante nel collo di mamma. Quando la lama penetrò, del sangue sgorgò su tutto il vestito color panna. La lasciò cadere e si allontanò con una risata di soddisfazione.
Mi avvicinai a lei che se ne stava lì, sdraiata sul pavimento che molto in fretta si stava riempendo di sangue. Il suo.
Stava piangendo. Io stavo piangendo.  Le presi la testa tra le mani e le baciai la fronte prima che chiudesse gli occhi e il corpo si abbandonasse.
Mi sentì distrutto. Come se un carro armato mi fosse passato sopra lasciando solo un povero corpo, cibo prelibato per i corvi.
In quel momento realizzai la strategia da usare contro di loro. Perché dovevano morire. Dovevo vendicare la perdita di mamma e tenere al sicuro mia sorella.
Purtroppo la seconda cosa non mi fu così facile perché dopo quel giorno non ebbi più notizie di lei. La cercai in tutti i posti, ma non c'era traccia di lei.
Mi allontanai dalla casa, facendo rifornimento di armi, archi e frecce, pistole e robe varie per poter uccidere quegli esseri e rubare loro la divisa  e documenti.
Così riuscì a crearmi un’altra identità all’interno della loro base.
Il Quartiere Generale.
 «Mr. Simmons, ho il rapporto che mi avete insistentemente chiesto ieri.»
Una ragazza alta, dai capelli biondo platino, occhi marroni e vispi, con un sorriso che si fa strada per tutto il viso, si fa largo tra la massa di gente che passa per i corridoi, prima di avvistarmi e fermarmi.
Il mio viso, prima serio, lascia spazio a un sorriso, afferro la busta bianca nella mano della donna e rapidamente mi incammino verso il mio ufficio.
Sì, ho anche un ufficio e riscuoto  molto successo, o almeno lo fa Kyle. La mia nuova identità.
Seguo la massa di gente che popola il corridoio, quando una mano appoggiata sulla  spalla mi fa sussultare.
Mi giro e vedo la donna con un sorriso.Guardo per terra, quando la donna, mi alza il viso con le sue dita.
«Cosa vuole farci con quel rapporto? Esaminarlo? Perché Le interessa tanto il caso dei Fuggitivi? Mi sta nascondendo qualcosa, Mr. Simmons? Se fosse così sarei  molto delusa...» dice accigliata e sospettosa.
Deglutisco a vuoto. Sono agitato. Forse ha capito tutto il mio piano. É così evidente?, mi chiedo.
Rimango immobile come un sasso.
"Bella trovata, così non avrà alcun dubbio", penso mentre la donna sbuffa annoiata.
«Sentite, Mr. Simmons, il rapporto è stato ritirato nell'archivio del Consiglio Ibridano, sapete quanti accessi ho dovuto procurarmi? E poi avete promesso una ricompensa! Che tipo di ricompensa?» mormora.
«In oro. La pagherò in oro, ma a tempo debito.»
La donna sbuffa e fa dei passi indietro.
«Quando? Quando? Mr. Simmons, lo sa che non posso più aspettare!» sbotta. «La mia famiglia ha bisogno, e lei se ne approfitta facendomi false promesse... Lo sa cos'è lei? Un mostro. Se lo lasci dire una volta tanto, Simmons.»
Mi allontano prima  che l’eco delle parole della donna si spenga ma mi ritrovo la faccia corrucciata del Capo del Consiglio Ibridano, una figurata molto nobile e regale qui al Quartiere Generale.
Lo saluto come fanno tutti: un cenno del capo e un profondo inchino.
Lui di solito ricambia il saluto, ma non questa volta. Sembra arrabbiato o preoccupato per qualcosa. Questa non è assolutamente una buona notizia.
La voce mi esce come un sussurro, così impercettibile che il Capo, mi dice di alzare la voce e prima che me ne accorga, tiro fuori una voce potente.
«Cosa è successo Signore?»
Lui esita prima di sospirare perdendo l'espressione corrucciata e inquietante di prima. Questo è abbastanza rassicurante. Un altro minuto con i suoi occhi pieni di rabbia puntati su di me mi avrebbe steso.
«Mi segua nel mio ufficio, Mr. Simmons.» replica lui. Lo seguo aspettandomi il peggio.
   
 
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