Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: la luna nera    01/08/2014    4 recensioni
In una notte umida del 1866 un giovane appartenete all'aristocrazia inglese scompare nel nulla senza lasciare alcuna traccia. La leggenda nata intorno alla sua persona passa attraverso gli anni e giunge fino ai giorni nostri per finire in un libro sugli scaffali di Aesothèria, uno dei negozi più esoterici di Londra gestito da Garrett con la sua ragazza Daisy. Qualcuno però si intrometterà nella loro vita creando non poca confusione. E questo qualcuno viene da lontano, molto lontano. Nel tempo.
L'amore riuscirà ad andare oltre le barriere del tempo?
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tre mesi erano trascorsi da quei giorni in cui passato e presente si erano presi per mano in una danza fuori dal tempo. La verde primavera aveva lasciato il posto alla gialla estate, con le schiere di turisti provenienti da tutto il mondo ad affollare Londra. Sembrava che la vita avesse pian piano ripreso a scorrere normalmente, con i suoi ritmi, i suoi alti e bassi, i suoi sogni e desideri per il futuro. Qualcosa però nell’aria era destinato a cambiare: Mel da alcune notti percepiva segnali importanti che le disturbavano il sonno. E Daisy? Era rimasta con i cocci del suo cuore su quel letto, aveva raccontato tutto all’amica la quale non aveva potuto far altro che abbracciarla per tentare di consolarla.
Da quella notte infatti di Edward nessuno aveva più avuto notizie, nessun contatto, nessun segnale dall’al di là.
Garrett era stato condannato a trent’anni di galera e messo in isolamento per evitargli il linciaggio da parte degli altri carcerati. Almeno una notizia positiva!
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 

 

 
Mel & Soren
Oltre lo spazio
 

Mel dormiva beata fra i cuscini dal color della notte, con un braccio penzoloni che sfiorava il pavimento e i capelli arruffati.
Tic-tac, tic-tac,tic-tac…. Driiiiin!!
“Ahwm…. Si ora mi alzo, solo cinque minuti…” Spense la sveglia e si girò dall’altra parte.
Dopo altro tempo imprecisato un nuovo rumore le disturbò il sonno: questa volta non era la sveglia, ma il cellulare. Allungò la mano per afferrarlo, aprì un occhio sbadigliando e maledicendo chiunque le avesse rotto le scatole con quel messaggio. La sua bocca si piegò in un sorriso quando lesse il nome del mittente: Soren. Aprì il messaggio: Amore mio, il momento che tanto aspettavamo è arrivato: sto per imbarcarmi sul volo per Londra. Fra un paio di ore sarò da te.
Mel balzò sul letto come una molla cacciando un urlo: ecco perché aveva puntato la sveglia a quell’ora! Soren si sarebbe trasferito definitivamente a Londra e sarebbe dovuta andare a prenderlo all’aeroporto! E si era riaddormentata come una poppante!
Panico.
Aveva la casa praticamente sottosopra per la serata che aveva organizzato con Daisy e un paio di amiche, doveva assolutamente rendersi presentabile e soprattutto doveva arrivare in aeroporto entro un paio di ore affrontando il traffico cittadino.
Scese dal letto, non prima di esser finita con il viso sul pavimento a causa del piede che le era rimasto incastrato fra le lenzuola, si precipitò in bagno infilando sotto la doccia fredda per aiutarsi ad abbandonare il regno di Morfeo più velocemente possibile, si affacciò in cucina con lo spazzolino da denti ancora in bocca e si maledisse: sul tavolo ancora c’erano piatti, bicchieri, tovaglioli, bottiglie di birra vuote, un paio di cartoni da pizza con qualche crosta mangiucchiata…. Prese uno di quei sacchi da immondizia enormi e ficcò tutto quanto dentro. Spalancò le finestre per far uscire l’aria pesante che stazionava nell’appartamento, si armò di scopa e spazzolone tentando di rimediare al disordine più rapidamente possibile.
La lancetta dell’orologio si muoveva troppo velocemente per i suoi gusti…
Si precipitò di nuovo in camera da letto: tolse le lenzuola riducendole ad un fagotto che di lì a poco sarebbe finito dritto dritto in lavatrice, ne mise di pulite e diede un’altra veloce occhiata all’orologio.
“Cavolo cavolo cavolo, è tardissimooo!”
Aprì l’armadio, mise la prima cosa che le capitò sotto mano, afferrò chiavi di casa e dell’auto e volò in strada.
Normalmente impiegava quasi un’ora per raggiungere l’aeroporto, forse sarebbe riuscita ad arrivare in tempo! Dribblando con l’auto come un centravanti, uscì dal traffico cittadino con la consapevolezza che se una pattuglia l’avesse fermata poteva dire addio alla patente per il resto dei suoi giorni. Giunse fuori dal centro abitato e prese la superstrada che l’avrebbe condotta allo scalo internazionale.
Dopo alcune curve si trovò imbottigliata in un ingorgo apparentemente senza via di fuga.
“E ora che diavolo c’è?!” Scese dall’auto con i nervi a fior di pelle.
“Tranquilla bella signorina.” Un signore di mezza età le venne incontro.  “Si è solo ribaltato un camion che trasporta oche. Nel giro di un’ora dovremmo ripartire.”
“Cosa?! Un’ora?!” Si mise le mani fra i capelli. “Ma io non posso attendere un’ora! Dovrei già essere in aeroporto!” Alzò gli occhi e vide sfrecciare un aereo che si stava preparando ad atterrare. Controllò l’orologio:  aveva la quasi totale certezza che Soren si trovasse a bordo di quel bestione, mentre lei era lì a poca distanza intrappolata da un branco di maledetti pennuti starnazzanti caduti chissà perché sulla strada proprio quel giorno.
“Via, via, via maledetti pennuti! Toglietevi di mezzo!” Tentava di spingere le oche fuori dalla carreggiata per poter ripartire prima possibile. Come lei altre persone si adoperavano per liberare la via improvvisandosi “guardiani di oche”. Qualcuna di loro non gradiva e si lanciava all’attacco con le ali ed il becco spalancati emettendo quel caratteristico soffio. Nel frattempo era sopraggiunto anche un carro attrezzi per recuperare il camion ribaltato, mentre un nuovo mezzo era atteso per trasportare gli animali all’allevamento verso cui erano diretti.
Acciuffare tutte le oche non fu impresa da poco, ce n’erano alcune spaventate a morte che pur di non farsi acciuffare si erano dileguate con il rischio di finire sotto le ruote delle altre auto, altre forse stordite che si fecero rinchiudere nelle gabbie alla svelta…. Insomma, quella sembrava più un’aia rurale piena di pennuti e contadini che una superstrada con uomini d’affari e automobilisti inferociti per l’imprevisto.
Gli sforzi collettivi furono premiati e nel giro di un’ora poco più, Mel poté rimettersi al volante e raggiungere l’aeroporto.
Consultò il tabellone degli arrivi. “Landed…. Lo sapevo… Non voglio più vedere un’oca in tutta la mia vita!” Si diresse correndo verso il terminal dal quale erano sbarcati i passeggeri provenienti da Copenaghen, dribblando di nuovo come un centravanti tutte le persone che affollavano lo scalo londinese. Il suo stomaco iniziava a brontolare, non aveva mangiato niente per tentare di recuperare tempo e tutto si era rivelato inutile. “Terminal 5, finalmente!” Ancora pochi passi e i suoi occhi si riempirono di stelle: Soren era seduto su una poltroncina con accanto la sua mega valigia mentre sfogliava una rivista, bello come il sole. Col fiato corto fece gli ultimi passi verso di lui, stava per chiamarlo, quando inciampò nei lacci delle scarpe e cadde a terra.  Rialzò la faccia e si ritrovò quel luminoso sorriso danese a dieci centimetri da lei.
“Ben…. Ben arrivato….”
Soren si mise a ridere e l’aiutò ad alzarsi. “Credevo mi avessi abbandonato.”
“Cosa?! Non pensarlo nemmeno per scherzo!”
“Ti ho avvisata quando sono partito. Hai ricevuto il mio messaggio?”
“Certo, è solo che per strada sono rimasta bloccata per un’ora a causa di un camion ribaltato e….” Osservò la sua faccia. “Non mi credi vero?”
“Si-si, ti credo…” Stava per scoppiare di nuovo a ridere.
“E allora perché hai quell’espressione?”
“Scommetto che non ti sei svegliata.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Le tue scarpe ad esempio.”
“Perché?” Mel guardò i suoi piedi: indossava una converse nera ed una rossa. “Ah….”
“Stai lanciando una nuova moda?” Le accarezzò i capelli, quei capelli ricci fra i quali moriva dalla voglia di annegare.
“….scusa… ieri sera abbiamo fatto tardi, ho trovato davvero traffico per strada e poi lo sai che mi piace dormire…”
“Certo che lo so, sei la mia meravigliosa bella addormentata.
“E tu il mio principe azzurro che mi sveglia con un bacio?”
Non chiedeva altro, la baciò come desiderava da troppo tempo. La lontananza che avevano sofferto era finalmente solo un ricordo.
“Non mi sembra vero che sei qui.” Mel lo baciò di nuovo con gli occhi lucidi.
“Te l’avevo promesso. Anche se non ho ottenuto il lavoro, sarei venuto qui ugualmente. Troverò qualcos’altro da fare, Londra è una città piena di occasioni” le accarezzò il volto “e poi morivo dalla voglia di vedere il tramonto con te lungo il Tamigi.”
“Beh, allora andiamo. Vorrai mica arrivare in ritardo?”
“Non è ancora presto?” Osservò l’orologio.
“Si, ma non vuoi passare da casa prima? Che so, vuoi fare una doccia?”
Soren piegò le labbra nel sorriso tipico di chi ha capito il messaggio nascosto.
La strinse forte a sé, poi recuperarono i bagagli e si  avviarono abbracciati verso la loro nuova vita insieme. 
 


 
   
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Daisy & Edward
Oltre il tempo
 
 
Daisy si rigirava nel letto, era da quasi una settimana che non riposava bene a causa di strani sogni che la agitavano. Forse era tutto per i sensi di colpa che la tormentavano da quando aveva provato ad uscire con alcuni ragazzi nella speranza di dimenticare Edward… Possibilità alquanto remota e fin ora senza esito.
Eppure quei sogni erano strani, anche Mel glielo aveva confermato: c’era qualcuno che tentava di contattarla dall’al di là per comunicarle qualcosa.
Che fosse lui ormai deceduto e in procinto di tornare da lei? In fondo era ciò che le aveva promesso: non appena diventato uno spirito, sarebbe venuto a scompigliarle i capelli sotto forma di alito di vento.
Ma qualcosa non quadrava: la voce non era di Edward, c’erano alcune parole, parti di frasi e discorsi che non erano compatibili con questa ipotesi. E anche quella notte nella sua mente echeggiavano le stesse parole..
 
Lui c’è.
 
Tornato…. Sempre…
 
Da te…. Da te…
 
Lui è qui.
 
…Palace…
 
Lui è qui!
 
Chi era quel “lui”? Chi era tornato?
Si era svegliata di soprassalto, l’ultima frase era stata scandita con voce forte e imperiosa. Si mise una mano sul cuore, le batteva forte. Aveva l’impressione che quella voce appartenesse al nonno di Edward e che volesse spingerla a tornare a Swanlake Palace per un qualche motivo a lei ancora sconosciuto.
 
Si alzò da letto e come ogni mattina, diede il buongiorno all’immagine di Edward che aveva sul comodino.
Lui è qui le diceva….
Che Edward fosse davvero tornato?
Quella notte si era scatenato un violentissimo temporale, con fulmini che avevano reso satura di elettricità l’aria di Londra e dintorni. Anche il notiziario del mattino ne stava parlando: il fenomeno era insolito, gli scienziati stavano formulando le ipotesi più assurde e catastrofiche per dare una spiegazione, non per ultima l’imminente fine del mondo. La cosa che invece fece aumentare notevolmente i battiti cardiaci alla ragazza fu l’apprendere che la maggior parte dei fulmini si era concentrata nella zona attorno a Swanlake Palace.
Ancora quel luogo… Che fosse tutto collegato?
 
Con mille dubbi nella testa e miliardi di paure, due giorni dopo si fece coraggio e tornò là, dove aveva lasciato il suo cuore, dove nell’arco di poche ore le erano successe tante di quelle cose da poterle bastare per il resto dei suoi giorni.
Il maestoso cancello era lì ad attenderla, imponente ed elegante, lo spinse ed entrò nel parco della villa: l’erba era verde e l’aria tranquilla. Salì le scale esterne con il cuore in gola, quanto poteva essere doloroso tornare lì sapendo che lui non c’era! Con la mente tornò a quell’assolato pomeriggio in cui scoprì il ritratto, la chiave del mistero orbitante attorno alla scomparsa del giovane rampollo di casa Harrighton, che di lì a poco le avrebbe rubato anima e cuore.
Sentiva qualcosa di insolito nell’aria, qualcosa che prima, quando Edward c’era sempre, mancava. Le pareva di percepire qualche strana presenza, eppure la villa sembrava deserta, gli unici rumori erano il canto degli uccelli nel boschetto circostante. Sempre stando sul “chi va là” salì la scalinata in marmo anch’essa intrisa di ricordi. Man mano che avanzava le stranezze aumentavano, l’aria sapeva di fresco, vi percepiva una fragranza delicata che conosceva bene: era il profumo di Edward, lo avrebbe riconosciuto fra miliardi. Che davvero fosse tornato?
Si affacciò titubante nel salone del caminetto e anche lì tutto era sottosopra. Il ritratto era appeso al muro, bellissimo, e quella visione le fece scorrere una piccola lacrima sul viso. Davanti al camino stavano due poltrone semi mangiucchiate dai topi e i resti di un tavolino rotto, le grandi finestre erano socchiuse e lasciavano entrare la delicata brezza estiva che faceva ondeggiare brandelli di tende.
Chiuse la porta e proseguì la sua ricerca. Verificò anche in altre stanze fino a che giunse nella camera che fu di Edward. Lì si erano amati quella notte, su quel materasso si erano giurati amore eterno, lì al suo risveglio si era ritrovata sola. L’aria era intrisa del suo profumo, come se lui fosse presente, come se non se fosse mai andato!
Il letto era fatto, c’era uno scendiletto con delle scarpe accanto, degli abiti ammucchiati sulla sedia, abiti contemporanei maschili non certo quelli in uso nell’800. Qualcuno si era stabilito lì, ma in quel momento non c’era anima viva.
Si sedette e si raccolse come un gomitolo, poggiò la testa sulle ginocchia e scaricò tutta la tensione accumulata nel rivedere quei luoghi con un pianto di malinconica nostalgia. Che idiota nel pensare che potesse essere tornato in carne e ossa! Doveva cercarlo fra gli spiriti, non fra i vivi! Quei sogni erano sicuramente frutto della sua immaginazione che non voleva arrendersi all’evidenza: lui non c’era più e non sarebbe mai più tornato nella forma che conosceva.
Restare ancora lì le avrebbe fatto solo male, si asciugò le lacrime, uscì mestamente dalla stanza e si avviò verso l’uscita. Chiuse il portone d’ingresso, accarezzando la maniglia con un Addio per sempre amore mio che faticava ancora ad accettare.
Come fu in fondo alle scale, scorse la sagoma di una persona avanzare verso di lei. Pensò subito che si trattasse di colui che si era stabilito lì e si preparò a scusarsi per essersi intrufolata di nascosto. Man mano che i due si avvicinavano i battiti del cuore della ragazza si facevano sempre più deboli: quel tizio era uguale ad Edward! Stesso viso, stessi occhi, capelli più corti ma dello stesso colore, stessa corporatura…. Non indossava abiti ottocenteschi ma un paio di bermuda in jeans e una T-shirt bianca.
Stava per svenire…
Edward era tornato nel suo tempo, non poteva, non era, insomma…
Non poteva essere in carne ed ossa davanti a lei con un sorriso affogato nelle lacrime! E il sole era ancora alto nel cielo! Si sentì mancare e prima che potesse cadere al suolo, due braccia forti la strinsero. L’aria che respirava era traboccante del suo profumo…
“Amore mio…”
Qualcuno le baciò i capelli.
“Non è possibile…” Un filo di voce uscì dalle sue labbra. “Per un attimo ho creduto che fosse qui…”
“Daisy, sono qui. Sono io!”
“Chi sei tu?” Alzò lo sguardo ancora annebbiato e inchiodò gli occhi in quelli del ragazzo.
“Sono Edward…. Il tuo Edward.”
“Non è possibile…”
“Sono tornato, amore mio. E questa volta per sempre.”
“Non ci credo…. Ora apro gli occhi e tutto scompare…”
“Non stai sognando, sono tornato.”
Si alzò sempre con le gambe tremanti e lo osservò, inchiodò gli occhi in quelle iridi profonde. Poi gli prese le mani, giocherellò con le sue dita, si spostò sui polsi e percorse le braccia del ragazzo fino a posare le mani sulle spalle, esattamente come aveva fatto nel loro primo vero incontro. “Dimmi che non sto sognando.”
Edward la strinse forte a sé, massaggiandole la schiena prima e i capelli poi, le prese infine il viso fra le mani asciugandole le lacrime ed eliminò quell’insopportabile distanza fra le loro labbra.
Dio solo sa la sofferenza provata da quei due giovani nel dover stare separati da una barriera insormontabile. E Dio solo sa quanta felicità adesso stava nei loro cuori.
Finirono ben presto sull’erba del prato in preda ad un’incontrollabile felicità, rotolandosi come due ragazzini che si sono appena scoperti innamorati, divorandosi di baci sotto i raggi del sole che stava calando sulla campagna inglese, cullati dalla brezza della sera e dal canto degli uccelli. Dopo interminabili minuti in cui erano solo prede di un’incontrollabile euforia, si fermarono perdendosi l’uno negli occhi dell’altra, con dei sorrisi stampati in faccia che avevano spazzato via in un istante tutte le paure e la tristezza dei giorni passati.
“Quando sei tornato?”
“Un paio di giorni fa. Ricordi quel temporale pieno di lampi e fulmini? Ho fatto un bel casino per tornare da te, non trovi?”
Rise entusiasta. “E perché non sei venuto a cercarmi?”
“Ogni cosa doveva essere fatta al suo tempo, non potevo sgarrare di un secondo, pena il ritorno nel passato, e nonostante non desiderassi altro, ho dovuto attendere. Mio nonno mi ha confidato che ti avrebbe avvisata del mio ritorno in sogno e che avrei dovuto attenderti qui.”
“Adesso capisco tutto…” Lo baciò di nuovo. “E io che credevo di essermi inventata ogni cosa.”
“Ti avevo promesso che sarei tornato e io mantengo sempre la mia parola, specie se data alla mia ragione di vita.” La intrappolò fra le braccia. “Millstone stava per farmi a pezzi, ma quando si è reso conto che uccidendomi mi avrebbe fatto felice si è fermato.”
“Cosa?”
“Voleva punirmi a tutti i costi e quando ha capito che quello che desideravo era la morte, ha desistito. Più che lo imploravo di uccidermi, più lui esitava. Mi ha soltanto ferito e così iniziavo a veder svanire l’unica possibilità di tornare da te. Non potevo suicidarmi perché un tale gesto avrebbe compromesso la mia anima per l’eternità.”
“E quindi come hai fatto a tornare qui e per giunta non sotto forma spiritica?”
“Il tempo ha avuto pietà.” Baciò le sue mani. “Lo spirito che detiene le chiavi del tempo si è commosso davanti al nostro amore e alla nostra disperazione di dover vivere separati per l’eternità concedendomi di attraversare per l’ultima volta lo stargate senza alcuna possibilità di poter tornare indietro. Ora sono una persona normale al cento per cento, la mia parte soprannaturale è svanita per sempre e non potrò più portarti a spasso sopra i tetti di Londra.”
“Sai quanto me ne importa!” Lo strinse ancora di più a sé. “Quindi resterai per sempre qui con me?”
“Si. Il mio biglietto era di sola andata.” Iniziò a vedere le lacrime negli occhi della ragazza, lacrime di gioia e di incredulità.
“Sai, mi piacerebbe riportare Swanlake Palace al suo antico splendore e stabilirmi qui, in fondo è casa mia. E naturalmente anche tua.”
Gli saltò addosso finendolo di baci e carezze. Ora si sentivano felici, dopo mesi di paure e tristezza finalmente c’era spazio solo per sorridere al futuro.
Il loro amore era andato oltre ogni cosa, persino oltre le barriere del tempo che scorre inesorabile senza lasciare scampo. Il futuro era pieno di luce per loro, un futuro che si era intrecciato col passato riversandosi nel presente.
 
Si chiude qui la storia di Edward, piombato ai nostri giorni sotto forma di fantasma a metà, quella di Daisy che ha trovato l’anima gemella andando a ritroso nel tempo, di Mel e delle sue sedute spiritiche con Soren spesso costretto a svegliarla al mattino a suon di baci.
C’è un altro libro che attende di essere concluso: ricordate Il mistero del giovane Harringhton di cui parlavamo all’inizio? Nessuno seppe più nulla di lui dopo la sua scomparsa, non è stato trovato alcun cadavere e non esiste la sua tomba. I suoi contemporanei e i cultori del mistero non sanno quello che gli è accaduto e continuano ad indagare formulando le ipotesi più improbabili.
Lo cercano fra gli spiriti dei defunti e fra le scartoffie degli archivi, non si sognerebbero mai di cercarlo per le vie di Londra in giro con la sua ragazza!
 
E state pur certi che a volte non tutto il male vien per nuocere.
Parola di Edward Harringhton!

 
 
 

 
AVVISO IMPORTANTE
 
Ciao belli! ; )
Siamo arrivati alla conclusione della storia che spero non vi abbia fatto sbadigliare più di tanto. Vorrei ringraziare ognuno di voi perché senza il vostro appoggio non sarei mai giunta al finale. Magari non è troppo esaltante, ma non me la sono sentita di tenerli separati per sempre.
Vorrei chiedervi un ultimo piccolo favore: avrei in mente un seguito e se la cosa vi incuriosisce, ditemelo, vi prego! A settembre potremmo trovarci di nuovo insieme per altre vicende più o meno surreali e scambiare due chiacchiere fra i colori dell’autunno.
Sarei veramente felice di ricevere un vostro parere sulla storia. Vi aspetto!
Intanto mi prendo una piccola pausa di relax e vado un paio di settimane al mare… A presto!
Grazie di nuovo a tutti
Un abbraccio
La Luna Nera
; *


 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: la luna nera