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Autore: silviaspanda    02/08/2014    2 recensioni
Ci fu una pausa di silenzio,la quale,non risultava imbarazzante,neanche vuota,solo piena di cose mai dette.
'Ti sei mai sentito fuori posto ovunque andassi?Come se il mondo potesse andare avanti benissimo senza la tua presenza?' Domandò all'improvviso la ragazza,volgendo il suo sguardo non più alle auto ma agli occhi acquamarina del ragazzo.
Michael non fu sorpreso di quella domanda,anzi.
'Mi sento fuori posto ovunque,in realtà.Anche a quelle mega-feste di cui parlo.-Disse lentamente,gettando la sigaretta ormai arrivata al filtro giù dal tetto,sull'erba.-Mi sento sempre così solo,anche in mezzo a tanta gente.' Proseguì notando la sigaretta spegnersi a poco a poco definitivamente.
La ragazza non disse alcuna parola,prese Michael per mano e gli sorrise.
E quello bastò a colmare la solitudine dentro di lui.
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Weightless.
''Manage me I'm a mess , turn a page, I'm a book half unread. I wanna be laughed at  laughed with, just because I wanna feel weightless."

 
Michael.

Un'aria di noia e di disattenzione invadeva la classe di Michael, il quale non stava facendo altro che sbadigliare e sbuffare da quando le lezioni erano cominciate.
Era la seconda ora scolastica di un giovedì particolarmente monotono, che l'ex biondo-''ex''  perché alla fine se li era tinti davvero di nero e verde i capelli.-avrebbe passato volentieri nel suo letto, accompagnato da qualche bella canzone dei Metallica, ad oziare nel modo più totale.
La professoressa di Economia scriveva sulla lavagna nera, probabilmente pensando che qualcuno la stesse ascoltando seriamente.
Michael non riusciva a smettere di pensare a cosa stesse facendo April.
''Chissà se magari anche lei sta pensando a me...'' si domandava, mordicchiando il tappo della penna, fissando in modo vuoto la lavagna.
''Mich,stai diventanto un tale smidollato sentimentale, cosa ti interessa di cosa sta pensando quella rossa? E' solo la tua compagna di sedute, nulla di più.'' pensò subito dopo, sentendosi uno stupido.
Alla fine la sua coscienza aveva ragione,che gli importava di una ragazzina con i capelli rossi e lo sguardo spento?
Assolutamente nulla.
Eppure quella ragazza aveva uno strano potere su di lui.
Da qualche giorno era spesso al centro dei suoi pensieri, confusionari, poco chiari, e questa cosa non andava bene, per niente; non era mica lui quello che pensava alle ragazze, erano le ragazze che pensavano a lui.
Non gli piaceva dipendere dalle persone, lui era uno che delle dipendenze non sapeva neanche la strada di casa, eccetto quella per la nicotina, ovviamente.
''Le Marlboro Light'' sussurrò, pensando alla marca di sigarette che fumava la rossa.
A lui le Marlboro manco piacevano, che fossero Light o Rosse, gli facevan proprio cagare,  lui era uno da Lucky Strike, dal gusto tosto e piuttosto amaro, che amava sentirsi sulle labbra rosee, quasi sempre screpolate, dove passava spesso la lingua, un po' perché era fissato sul pensiero che lo rendesse più figo agli occhi delle ragazze, e un po' perché non gli piaceva sentirsele così secche.
Sperava che nessuno lo avesse sentito, si sentiva così coglione.
Cercò di concentrarsi, ma non ce la faceva proprio, April era lì ad invadere i suoi pensieri.
Non credeva neppure che ad April balenasse in testa l'idea di dire a tutti che lui si sottoponeva a sedute da uno psicologo, era così sola, isolata nel suo mondo, troppo assolta nei suoi pensieri per dire anche solo una parola.
Era totalmente contrario al fatto che si sapesse in giro che si faceva aiutare da uno strizzacervelli.
Lui era il sommo Michael Clifford, quello delle feste con i controcoglioni e le ragazze a tre alla volta nel letto, non era certo quello da crisi da solitudine e stronzate simili.
Benvoluto da tutti ma malvoluto da se stesso, ecco com'era.
''Clifford, vedo che gli interessa molto la mia lezione, saprebbe dirmi di cosa sto parlando?'' Lo assolse dai suoi pensieri la professoressa, con sguardo severo e le mani sporche di gesso.
Michael si guardò in giro e osservò la lavagna, per poi sbuffare sonoramente, visibilmente in difficoltà.
Neanche a farlo apposta, la bidella bussò alla porta.
''Un certo...Clifford, mi sembra, è atteso fuori. Se ho sbagliato classe passate parola, non c'ho voglia di camminare fino ad un'altra classe.'' Disse la bidella torturandosi il calcagno, scoperto dalle ciabatte ortopediche che portava ai piedi.
La bidella si chiamava Martha, era una donna piuttosto anziana e scorbutica, ma abbastanza benvoluta da tutti.
Durante i momenti di silenzio la si poteva sentir dannare per via delle ciabatte o delle scarpe sempre troppo strette.
Non azzeccava mai i cognomi di nessuno, perciò Michael non si sorprese quando recitò con titubanza il suo cognome.
Tutti si girarono verso il ragazzo, incuriositi, mentre lui si alzava e ghignava contro la professoressa, la quale gli comunicò che l'avrebbe interrogato in ogni caso durante la prossima lezione.
Aprì la porta e la bidella lo invitò a seguirla.
Mentre osservava i capelli grigi della bidella, che una volta dovevano avere un colore simile al rosso rame, si ricordò che Marie, la psicologa, aveva spostato la seduta alla metà della seconda ora scolastica, e non alla terza, per via di un impegno.
Cazzo, come aveva fatto a dimenticarsene? Era in ritardo di quasi venti minuti, e già si immaginava April battere il piede freneticamente sul pavimento, mentre si arrotolava una ciocca di capelli attorno al dito, come la prima volta che l'aveva conosciuta.

April.

April osservò l'orologio posto sul muro davanti a lei, ticchettava incessantemente senza fermarsi, e lei lo seguiva, picchiettando con le dita sulla sedia blu fuori dalla saletta della psicologa.
Stava aspettando Michael da una vita, aveva voglia di prenderlo a sberle, sul serio.
''Quanto cazzo ci vuole?'' Si domandò la rossa.
''Chissà se ha davvero fatto la tinta'' pensò, sentendosi stupida dopo appena qualche secondo.
Ma che le importava di Michael ed i suoi stupidi capelli? O meglio, che le importava di Michael in generale? 
Conoscere e ancor peggio fare amicizia con Clifford non avrebbe portato a nulla di buono,  April lo sapeva bene. 
Eppure com'è che stare con lui la faceva sentire così...bene?
Odiava dirlo, ma in effetti Michael la faceva sentire come se fosse normale.
Normale.
Quella parola faceva uno strano effetto ad April. Perché lei non era propriamente quella che si definisce un'adolescente normale; adolescenza, nel 98% dei casi, voleva dire ubriacarsi talmente tanto il sabato sera che la domenica mattina non ti ricordi neppure come ti chiami, avere un ragazzo, una compagnia di amiche di cui ti puoi fidare, adolescenza sono le prime esperienze.
E lei se lo chiedeva spesso quando avrebbe fatto le sue prime esperienze.
Cioè, aveva diciassette anni, il suo momento sarebbe dovuto arrivare tra poco, se non prima.
Eppure sembrava lontano anni luce. Nonno Alec le diceva sempre che tra tutti, lei era il fiore più bello, che non aspettava altro che fiorire per far invidia a tutti gli altri fiori, ma April non ci credeva tanto.
Paragonarla ad un fiore sembrava così inappropriato a suo avviso: era così cupa, dai colori spenti, sempre sola, isolata dal mondo esterno, cosa la accomunava ad un fiore? Proprio niente.
''Hei rossa, siamo in super ritardo, alzati da quella sedia schifosa ed entra!'' Sbraitò Michael prendendo April per un polso, stando attento a non farle del male, ed entrando nella stanza della psicologa.
Marie era lì appoggiata allo schienale della sedia, rivolta verso le persiane perennemente abbassate, che davano alla stanza un'aria buia.
''Finalmente! Dove eravate finiti? Siete in ritardo di trentacinque -si osservò l'orologio, da brava pignola.- anzi,trentasette minuti!'' Disse la donna, con un tono che aveva qualcosa di vagamente spazientito.
''Scusa Marie, è colpa mia, la Turner mi teneva occupato con l'Economia.'' Sussurrò Michael sfoggiando un sorriso dei suoi, mettendo la bocca storta.
April pensava che quello fosse uno dei suoi ''metodi infallibili'' da usare con le ragazze. In effetti, quelle labbra carnose e rosee, se addizionate a un sorriso del genere, erano davvero irresistibili.
''Non importa.- sospirò Marie, anch'essa rassegnata dal fatto che quel sorriso fosse davvero qualcosa a cui non puoi resistere.- Sedetevi, ragazzi, abbiamo poco tempo.''
I due si sedettero sulle sedie color porpora, April decisamente più posata  di Michael, che preferiva stravaccarsi sulla poltroncina.
''Allora, non vi siete ancora spiegati l'un l'altro perché siete qui.'' Incalzò fiaccamente la psicologa, picchiettando la penna su un raccoglitore stracolmo di fogli.
''Dovremmo?'' Domandò Michael, sbiancando leggermente.
April si domandò perché Michael si vergognasse così tanto di dire che frequentava delle sedute dallo psicologo.
Alla fine non era un disonore, certo, non era la cosa più bella da dire, ma c'era di peggio.
''La prima cosa che dovete fare è fidarvi tra di voi.Se fra voi non c'è fiducia, la terapia di coppia non funziona.'' Spiegò la donna, un po' più pimpante questa volta.
Michael fece segno ad April di cominciare per prima, seguito da un flebile ''prima le donne''.
''Dunque uhm...Sono qui perché ho bisogno di un aiuto nella socializzazione. O così dice nonno. Cioè, non mi sembra di aver particolare bisogno di uno psicologo, alla fine sto bene con me stessa.Più o meno. Non sono brava a parlare o semplicemente avere approcci con la gente.Ho bisogno di trovare me stessa, e se trovo me stessa, posso trovare anche degli amici.'' Disse April torturandosi le mani.
April volse uno sguardo a Michael, che nel frattempo, si era seduto composto, la schiena dritta e lo sguardo quasi interessato. Quasi, perché gli occhi di Michael non facevano trasparire molto.
Vuoti e piatti, quasi privi di emozioni.
Michael si schiarì la voce, e si guardò la punta delle scarpe. Era la prima volta in cui April riuscì a vedere il lato di Michael Clifford più insicuro. Sinceramente non credeva neppure che ne esistesse uno in quel ragazzo. Sembrava vivere una vita perfetta, quella che ogni adolescente vorrebbe, ma a quanto pare, non era così.
''Io sono qui perché...beh...sono solo. Cioè ho degli amici, certo, sono abbastanza conosciuto qui a scuola, ho una vita decisamente dinamica, ma...dentro, io lo sento fino alle ossa che sono solo.Tutti mi dicono che sto ancora soffrendo per questa sorta di ''abbandono'' da parte dei miei, ma io so che non c'entra solo quello. Il mio problema sono io.''
April si sporse leggermente verso Michael, che distava appena poco da lei, e gli prese la mano. Fu una cosa istintiva, fatta senza pensarci più di tanto, come se alla fine, fosse quasi dispiaciuta per Michael.
Il ragazzo le sorrise, questa volta non nel tentativo di ammaliarla, semplicemente per ringraziarla, nel miglior modo che ci può essere.
''Bene ragazzi...E' proprio ora che vada, adesso. Sono felice di quello che si sta creando tra di voi.'' Sorrise Marie, alzandosi dalla sedia e sistemandosi la camicia bianca, forse un po' piccola per il suo corpo longilineo.
April e Michael fecero lo stesso, e, quasi come se fosse un dispiacere, si lasciarono le mani.
''Quindi...alla prossima, ragazzi!'' Disse la donna, invitandoli ad uscire dalla stanza.
Appena fuori, Michael chiuse la porta dietro di se, stando attento a non farla sbattere.
''Grazie.'' Sussurrò all'orecchio di April, facendole correre un brivido dietro la schiena, per poi rivolgerle un sorriso.
Osservò ancora un po' quella piccola ragazza dai capelli rossi, per poi spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
April se lo sentiva, stava arrossendo come non mai. Non era possibile, non le era mai successo che qualcuno le facesse quell'effetto.
Ma soprattutto, fra tutti, perché proprio Michael?

 

ANGOLO AUTRICE
Ok, probabilmente mi starete odiando. Ma davvero davvero tanto. E' dal 17 maggio che state aspettando questo capitolo, mi dispiace tanto.
Lo ammetto, ho pensato di eliminare questa storia, motivi principali la mancanza di tempo, di voglia, di ispirazione.
Ho avuto tanti, troppi impegni, tra cui la scuola, viaggi improvvisi e altre cose che sicuramente non vi interessano. Ma poi ho pensato che non fosse giusto lasciare la storia così, appena all'inizio, senza dargli poi una forma, un finale.
Mi dispiace, davvero. Prometto che d'ora in poi aggiornerò con costanza, promesso davvero.
Passiamo al capitolo, sarà meglio, prima che scrivo un testamento di scuse.
La canzone che da il titolo al capitolo è Weightless degli
 All Time Low, band che personalmente amo da impazzire, una delle mie preferite, perciò, come al solito, vi consiglio l'ascolto durante la lettura del capitolo.
Nel capitolo possiamo vedere che April e Michael cominciano a chiedersi l'effetto che l'uno ha sull'altro, prendendola in modi diversi; Michael nega il fatto che possa anche solo sfiorarlo l'idea di provare qualcosa per April, mentre appunto April, si chiede perché proprio Michael dovrebbe aiutarla a fare le sue ''prime esperienze''.
Il prossimo capitolo vedrò di caricarlo tra poco, mercoledì o giovedì, promesso!
Sarà uno dei capitoli più belli a mio avviso.
Non vi trattengo di più, mi scuso di nuovo!
Al prossimo capitolo!
Silvia.

 
  
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