III. Bullseye
E' quasi divertente come il suo viso sia contorto in massima concentrazione. Occhi stretti, la lingua tra i denti, le dita salde mentre testano la freccetta avanti e indietro. Lui la tira, e lei giura di sentire un fruscio mentre essa vola nell'aria. E invece no. Ci vuole solo una frazione di secondo, dopo tutto, solo metà di un battito – prima che ci sia un rumore sordo e lui stia urlando e le stia mettendo un braccio attorno alle spalle. Lui sorride. Gli occhi di lei ritornano alla freccetta, al luminoso casino rosa attorno ad essa, piatto e floscio nel mezzo di palloncini colorati.
“Come fai a farlo?”
“Ho una buona mira,” le risponde, facendole l'occhiolino. L'uomo dietro al bancone porge loro, a denti stretti, un peluche, ed entrambi scoppiano a ridere quando notano le corna. “To', guarda lì.”
Più tardi, le si avvicina e le prende il viso tra le mani, e lei giura di sentire dei violini suonare. Ci vuole solo una frazione di secondo, metà di un battito con il nome di lui che vacilla sulla punta della sua lingua – prima che ci sia un rantolo e labbra di lui siano sulle sue e (accidenti) lei sia innamorata.
To', guarda lì. Questo ragazzo ha sicuramente una buona mira.