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Autore: Mrs Carstairs    02/08/2014    1 recensioni
“ehi. Non sto ridendo di te. Non rido della tua paura, capito? Rido… di tenerezza. È che, vedi, tu rischi di cadere da un edificio di 20 metri tutti i giorni, correndo sui tetti con me, e lì la paura di morire dovrebbe essere viva dentro di te. Una paura tremenda di sbagliare un solo salto e… invece la cosa buffa è che tu… su un tetto, tu non hai paura di niente. Non c’è distanza che tu tema di saltare, non un comignolo che ti veda soltanto camminare sul bordo di un parapetto. Tu corri, non pensi, salti.”
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jonathan era steso sul suo letto e guardava il soffitto. Non riusciva a pensare di chiudere gli occhi e addormentarsi. Se le palpebre gli oscuravano la vista, si ritrovava ad osservare gli occhi fulvi di Persie, le sue gambe sottili, ma un po’ troppo muscolose per una ragazza, a risentire il suo profumo, come sul tetto, quando le si era avvicinata con una spallata. Era una cosa strana, pensò, sapeva del vento dell’estate, caldo, dolce e carico. Era come se il saltare sui tetti l’avesse impregnata dell’odore dell’aria che le scompigliava i capelli… mentre ritornava con la mente e con i sensi al pomeriggio appena trascorso, sentì un fruscio provenire dalla finestra. Scattò in piedi, andando ad affacciarsi al terrazzo di camera sua. All’inizio non vide nessuno, ma quando fece per voltarsi, un tonfo sordo lo sorprese alle spalle. Persie era appena atterrata sul suo terrazzo. Gli spartiti che uscivano dalla tasca posteriore dei pantaloni, i capelli arruffati e una delle sue felpe gigantesche addosso. Il volto, chiaro alla luce della luna, rivelava delle linee d’argento correrle lungo gli zigomi e le guance. Aveva pianto, gli occhi lucidi tradivano l’espressione calma che gli rivolse. Il vento della corsa e dei salti doveva aver asciugato le lacrime, cristallizzandone il sale sulla sua pelle liscia, rosea per l’aria fredda della sera. “ehi..” accennò Persephone con un sorriso sghembo. Jonathan aveva continuato a guardarla, incapace di distogliere lo sguarda da quegli occhi. Si fissava nelle iridi screziate d’oro e d’ambra e poi nelle pupille, strette quasi come quelle dei gatti per la poca luce. Erano occhi pieni delle cose del mondo, pieni di lei, dei suoi ricordi, riflettenti come specchi il suo viso. Uno sguardo intenso, che si fece curioso quando strinse gli occhi, riducendoli ad una fessura indagatrice. “ciao..” il ragazzo parve più impacciato di quel che si sentiva, con la bocca mezzo aperta e gli occhi spalancati davanti a lei. “accidenti… credevo che non parlassi più…” disse indicando con un dito a mezz’aria l’interno della stanza. Jonathan si scostò, recependo il messaggio e lasciò che gli stivali di Persie scricchiolassero sulle assi del parquet di camera sua. Dopo due passi di quel rumore sfrigolante, la ragazza s’immobilizzò, abbassandosi per slacciare le fibbie degli anfibi e levarli. Poi si voltò verso Jonathan, ancora in piedi sulla soglia della porta finestra. “facevano un gran fracasso… temevo di svegliare qualcuno.. scusa l’informalità del gesto..” disse ammiccando. “oh… no… non preoccuparti…” percependo una certa insicurezza nella voce del ragazzo e notando lo stupore che ancora aleggiava nei suoi occhi, Persie parlò: “stupito di vedermi? Sai, non è stato difficile trovarti… se non ci fossero tutte quelle nuove stradine a dividere le nostre case, con un salto sarei da te…” mentre parlava, aveva tirato fuori il bigliettino ripiegato un migliaio di volte, sventolandolo tra due dita. “e così hai trovato gli spartiti… tua nonna mi aveva assicurato che sarebbero stati in camera tua e che te ne saresti accorta prima o poi…” Jonathan parlava con un sorriso soddisfatto, ricordando la stretta delle esili mani di Helen sulle sue. “bene, hai conosciuto nonna… ora dovrò darti fiducia per forza. Se ha avuto addirittura voglia di presentarsi, il suo giudizio su di te deve essere positivo… e io- lo sguardo scherzoso di chi aveva vagato per un po’ nella notte giocando con le stelle e parlando alla luna, si tramutò in uno sguardo fermo e deciso- mi fido molto del giudizio di mia nonna. Riesce a capire sempre tutto in anticipo…” Jonathan rimase interdetto. Nonostante tutto quello che era successo il pomeriggio, ora voleva fidarsi di lui? Era tutta una cosa un po’ confusa. “si ma.. io vorrei che ti fidassi di me per TUO giudizio –per quanto può valere quello di tua nonna- a me interessa cosa pensi tu, Persie…” “ehi, che confidenza! Solo da un giorno ti conosco…-i suoi occhi si fermarono sulle spalle del ragazzo, per poi ritornare ai suoi occhi, limpidi di verde smeraldo- ma una cosa la so. Sei in gamba. Intendiamoci, scendere da quel tetto senza spaccarsi l’osso del collo è dura… specialmente per un principiante… ma tu… -scosse la testa leggermente- sei stato coraggioso.” “beh… non potevo certo rimanere lassù a vita…” “e poi mi hai seguito oggi. A dirti la verità non mi aspettavo che lo facessi… pensavo che non ti sarebbe importato nulla…” “perché non avrebbe dovuto? Andiamo…Dopo tutto sei un soggetto interessante…” “già… comunque… sono solo venuta per darti questi..” mentre parlava, Persie estrasse due quadratini colorati dal borsello legato alla cintura e li porse a Jonathan tendendo un braccio. “che cosa sono?” chiese prendendone uno dalle mani di Persie. “pass…” “pass?” Jonathan sembrava non capire ancora. “si, pass… ah dai, non fare domande, capirai appena me ne sarò andata, ne sono certa. Se ti fidi, fatti trovare all’indirizzo che ho riportato…” e così dicendo, la ragazza si era infilata di nuovo le scarpe, sgattaiolando fuori dalla finestra. “ah! E, per la cronaca… mi fido di te”
   
 
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