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Autore: girl_in_the_sun    02/08/2014    4 recensioni
[Raccolta di Slice-of-Life e Missing Moments ZoSan - New World Arc]
#4.Sanji conosceva bene il momento in cui era meglio non spronarlo oltre, Zoro era fatto così, lui lo sapeva; gli dispiaceva solo che il verde non si aprisse un po' di più con lui: se avesse continuato a tenersi dentro tutto in quel modo sarebbe scoppiato, prima o poi.
Che gli altri lo credessero oppure no, nemmeno i demoni erano invincibili.
#5.«Non è colpa mia se di notte sogno di picchiarti a sangue, testa di muschio» gli aveva detto una mattina che Zoro si era svegliato con i lividi sulle gambe.
«Tsk, come se io ci credessi. Lo so cosa sogni di me...» aveva risposto maliziosamente lo spadaccino, gettandogli un'occhiata significativa e Sanji si era alzato dal letto, scocciato e brontolante, solo per poi essere preso per i fianchi e ricadere sopra al corpo dell'altro, incatenato in un abbraccio prepotente, come quelle labbra che si posavano sempre sulle sue.

[{5} Terza classificata al contest "Ci rivedremo a Filippi" di Chloe R Pendragon e vincitrice del premio Batticuore per la miglior vendetta d'amore ]
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Questa one-shot partecipa al contest "Ci rivedremo a Filippi" di Chloe R Pendragon, che ringrazio molto per la sua comprensione.
Capitolo dedicato a _Rouge (ma anche a tutte le belle zosaniste di fb e non 
❤ voi sapete a chi mi riferisco), perchè le ho rotto troppo le scatole facendo aspettare così tanto per il capitolo.

 

Nome autore sul forum: Girl_in_the_sun;
Nome autore su EFP: girl_in_the_sun;
Titolo: "Don't fuck with Sanji Blackleg";
Fandom: One Piece;
Genere: Slice of Life, Fluff, Comico;
Personaggi: Sanji Blackleg, Roronoa Zoro, Mugiwara;
Coppia (se presente): Zoro x Sanji [ZoSan]
Pacchetto utilizzato: Alcol > "Una piccola vendetta è più umana di nessuna vendetta", Friedrich Nietzsche, "Così parlo Zarathustra", 1833/1885.
Trama:
"La prima cosa che balenò in mente a Roronoa quando un piede si schiantò sulla sua testa quasi ammazzandolo fu di fingersi morto per davvero, così non avrebbe dovuto avere a che fare con un cuoco in astinenza, furioso e che si era evidentemente alzato con la luna storta.
«Brutto bastardo! Alza quel culo dal MIO letto, se non vuoi che ti spedisca all'inferno a calci!!!» sbraitò il biondo, fuori di sé.
Zoro si lasciò quasi scappare un sospiro, quando – lentamente – si stiracchiò e si mise a sedere, ancora assonnato: sapeva che qualora avesse finalmente messo in atto il suo piano all'inizio sarebbe stata dura. Molto dura.
Lo constatò ancora quando aprì gli occhi e si ritrovò il viso imbestialito di Sanji a due centimetri dal naso; mancava solo il fumo che usciva da naso e orecchie e poi sarebbe stato perfetto come toro imbizzarrito.
«Dove sono?» sibilò Kuroashi, quasi ringhiando.
Lo spadaccino sbatté le palpebre e fece finta di nulla: «Non capisco a cosa ti riferisci».
«Non fare lo gnorri,stronzo. So benissimo che sei stato tu!».
L'uomo dai capelli verdi stette zitto un secondo, poi scrollò le spalle e fece per alzarsi, finendo – sfortunatamente – bloccato sul pavimento dallo stesso piede che cercava di ucciderlo per la seconda volta.
«DOVE CREDI DI ANDARE?! TU NON TI MUOVI DA QUI FINCHÉ NON MI DICI DOVE DIAVOLE HAI NASCOSTO LE MIE DANNATE SIGARETTE, HAI CAPITO?!?!» gridò il cuoco, ormai passato decisamente alle maniere forti."


~ Don't fuck with Sanji Blackleg ~
 

 

Nelle profondità marine i suoni erano distorti: i rumori risultavano più secchi ed erano accompagnati da echi, mentre le voci diventavano chiuse, leggermente nasali, il tutto dovuto alla pressione, che a volte tappava le orecchie, nonostante il rivestimento.
Malgrado tutto, il russare profondo e rumoroso dello spadaccino che dormiva sul ponte arrivava alle orecchie di tutti in modo netto e distinto.
Gli altri erano ormai abituati a quel sottofondo e non ci badavano più di tanto, presi com'erano dalle loro attività preferite: chi leggeva, chi giocava, chi cantava e suonava... Non ci si annoiava mai sulla Thousand Sunny.
Nell'aria la trepidazione generale era palpabile: tutti non vedevano l'ora di arrivare all'Isola degli Uomini Pesce.
«Nami-swaaan~❤, Robin-chwaaan~❤, mie adorate! Vi ho preparato un aperitivo finché aspettate la cena!» esclamò il cuoco di bordo, piroettando con gli occhi a forma di cuore verso le sue due compagne.
Zoro, appoggiato con la schiena all'albero maestro, sbadigliò annoiato alla scena che gli si presentava di fronte agli occhi: all'idiozia del biondo non si sarebbe mai abituato.
Le due ringraziarono il ragazzo, facendogli emettere altre frasi adulanti che allo spadaccino davano il voltastomaco; era un bene per lui che lo facesse solo con le donne.
Sentì i passi leggeri di Sanji passargli accanto e subito aprì l'occhio buono, voltando leggermente la testa per vederlo in viso.
«Hey».
L'altro si fermò per squadrarlo, togliendosi per un attimo la sigaretta dalla bocca e facendo uscire dalla bocca dei ghirigori di fumo grigiastro.
«Che c'è, marimo?».
«Ho fame» rispose soltanto lui.
Sanji si rimise la stecca in bocca, ribattendo leggermente stizzito dal tono del compagno: «Beh, dovrai aspettare ancora un po'».
«Buono a nulla. Se fossi un bravo cuoco, la cena sarebbe già pronta» mormorò chiudendo l'occhio, cercando di appisolarsi ancora.
«Che cosa ne vuoi sapere tu, idiota?! Qui sei l'unico che non fa mai niente!». Detto questo, girò i tacchi e si rifugiò nel suo regno culinario, inviperito.
Zoro sospirò, scuotendo piano la testa; era inutile cercare di chiedere qualcosa a quel testardo, lo sapeva.

 

«Svegliati idiota».
Lo spadaccino sentì un piede andare a conficcarsi nel suo stinco per un paio di volte, prima di aprire finalmente l'occhio, grugnendo infastidito.
«Prendi».
Sanji era davanti a lui e gli stava porgendo malamente un piccolo piatto, su cui erano bellamente disposti tre onigiri di riso, i suoi preferiti.
A quella vista, lo stomaco di Zoro emise un verso impaziente, voleva essere riempito subito con quelle leccornie. Il verde afferrò il piattino poi tornò a guardare il biondo - che non aveva mai smesso di guardarlo - e gli afferrò la cravatta, tirandolo a sé in un attimo. Poggiò le sue labbra su quelle del cuoco, mordicchiandogli piano il labbro inferiore, come ringraziamento, mentre l'altro si scostava imbarazzato, non volendo che le ragazze lo vedessero.
«Cretino» sentenziò con le guance in fiamme, finche l'altro si ghignava contento.
Lo piantò lì a mangiare, perché ne aveva abbastanza di vedere quel ghigno trionfante sulle sue labbra. Si accese un'altra sigaretta ed aspirò il fumo liberatorio che gli riempì i polmoni: nulla riusciva a calmarlo come le sigarette. Semplicemente ne aveva bisogno, il suo sangue richiedeva nicotina.
Era l'unica cosa che riusciva a calmare il battito furioso del suo cuore impazzito davanti a Zoro.

 

Finito di lavare i piatti e di sistemare la cucina, Sanji si diresse verso la propria cabina, finendo tra le labbra l'ultima sigaretta della giornata.
Entrò a passi leggeri, mentre il suono di Zoro che dormiva nel suo letto gli arrivava all'orecchio; sorrise, slacciandosi la cravatta e appoggiandola su di una sedia, togliendosi poi anche le scarpe e avvicinandosi al letto. Lo spadaccino gli dava la schiena, russando tranquillamente.
Il biondo si avvicinò a lui, abbassandosi per cingergli dolcemente il fianco con il braccio e dandogli un leggero bacio sulla guancia. Zoro mugugnò qualcosa di incomprensibile e si scostò leggermente, in modo da riuscire a stringere la mano al compagno.
Sanji schiacciò il mozzicone della sigaretta nel posacenere sopra al comodino e poi si sdraiò di fianco all'altro, aggrappato alla sua schiena possente come un piccolo koala con la madre.
«Buonanotte» mormorò piano, strofinando il naso contro il collo caldo del verde, che rispose con un piccolo grugnito soddisfatto. E con il tiepido profumo della pelle dello spadaccino nelle narici, le loro mani strette, Sanji si addormentò.

 

Era notte fonda quando Zoro aprì gli occhi nel buio; per prima cosa si assicurò che il compagno dormisse profondamente, stanco dal fatto che avesse pulito la cucina e lavato piatti e stoviglie fino a tarda sera.
Accanto a lui, Sanji era un ammasso di coperte aggrovigliate e respiri rilassati, il viso sprofondato nel cuscino e le gambe intrecciate alle sue.
Lo spadaccino lasciò che il suo sguardo vagasse su quella figura nell'oscurità della stanza; la sua mano andò ad accarezzargli la schiena, risalendola fino a tuffarsi nelle ciocche bionde del compagno, ricavando un sospiro soddisfatto, non dissimile alle fusa di un gatto addormentato.
Quasi si sentiva in colpa per quello che stava per fare... ma dopotutto, pensò, lo stava facendo per il bene di entrambi.
Un calcio gli arrivò dritto sulla coscia e lui si morse un labbro ferocemente per non lasciarsi scappare un gemito; Sanji aveva questo problema mentre dormiva, mollava calci alle coperte, peccato che il verde si trovasse sempre in mezzo e se li beccasse tutti.

«Non è colpa mia se di notte sogno di picchiarti a sangue, testa di muschio» gli aveva detto una mattina che Zoro si era svegliato con i lividi sulle gambe.
«Tsk, come se io ci credessi. Lo so cosa sogni di me...» aveva risposto maliziosamente lo spadaccino, gettandogli un'occhiata significativa e Sanji si era alzato dal letto, scocciato e brontolante, solo per poi essere preso per i fianchi e ricadere sopra al corpo dell'altro, incatenato in un abbraccio prepotente, come quelle labbra che si posavano sempre sulle sue.

Il verde si alzò con uno sbadiglio, infilandosi pantaloni e haramaki, cercando di non svegliare il biondo. Accese una lampada ad olio e si mise all'opera: frugò nelle tasche della giacca del biondo, tirandone fuori un accendino ed un paio di foto di Nami e Robin macchiate di sangue, opera della riabilitazione di Chopper. Sbuffò e cercò ancora, trovando finalmente ciò che cercava nella tasca interna: un pacchetto di sigarette.
Sogghingò e mise da perte l'indumento, cercando poi altrove, nell'armadio, dove trovò una decina di pacchetti uguali al primo.
Sempre più contento, li raggruppò tutti e usò la fascia verde per farci un fagotto e dirigersi silenziosamente in cucina.
Nei giorni precedenti, infatti, aveva studiato le mosse del cuoco ed aveva scoperto i posti segreti dove era solito riporre i suoi preziosi pacchetti cancerogeni.

Sul ponte si gelava e Zoro si ritrovò a battere i denti e a stringersi di più dentro lo yukata.
Appoggiato all'albero maestro vide Usopp, infagottato come un eschimese, intento a cercare di stare sveglio durante il suo turno di guardia – o meglio – ripetersi che lui era un valoroso guerriero del mare e non aveva di certo paura a stare sul ponte da solo.

«AAAHHH! Oh, Zoro... sei solo tu» sospirò il cecchino, dopo aver fatto un urletto spaventato; per fortuna che non aveva paura di niente.
Il nasone notò l'haramaki verde e gonfio del suo contenuto rubato e gli si avvicinò con fare sospetto.
«Che cosa nascondi lì, Zoro? ....IHHH!» Usopp sbarrò gli occhi e fece qualche passo indietro, non credendo ai propri occhi.
«Ma che fai?! Sanji ti ucciderà!!!» squittì, tremando al solo pensiero.
Lo spadaccino sbuffò, proseguendo il suo cammino verso il luogo sacro al biondo, la cucina.
«È per il suo bene» mormorò prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando tornare il cecchino alla sua ronda notturna, nella cui cercava un modo per impedire a pensieri apocalittici – prossimi ad avverarsi – di un Sanji assetato di vendetta di entrare nella sua mente.

Nella penombra, la stanza incuteva un certo timore: gli utensili giacevano immacolati nei propri ripiani, pronti all'uso, le stoviglie erano tutte al loro posto e ogni cosa riluceva al tenue bagliore della lampada. Accidenti se il biondo si era dato da fare!
Zoro avanzò con i sensi all'erta, quasi avesse paura che la teiera posata sul piano cottura potesse spifferare al cuoco che lui era stato lì di nascosto; o peggio, gli avesse detto ciò che stava per fare.
Oh, se solo avesse saputo che le manacce dello spadaccino ora stavano rovistando tra gli oggetti lindi e ordinati...
Il verde deglutì la saliva che gli si era accumulata in bocca; no, non era spaventato all'idea, solo che... ah, lasciamo perdere. Non era certo quello il momento per farsi prendere dai sensi di colpa.
Andò a colpo sicuro, aprendo i cassetti giusti e recuperando ogni singola sigaretta nascosta; il fagotto, intanto, si stava facendo sempre più grande e gonfio.
Nella dispensa, lo spadaccino trovò un vero e proprio tesoro: file di pacchetti ordinati erano disposti tra la farina e lo zucchero, celati dietro ai sacchi di patate.

L'uomo scosse la testa con un sopracciglio alzato davanti alla scorta di sigarette che quell'idiota teneva in cucina: ci voleva qualcuno che mettesse fine a quel vizio insopportabile e Zoro era lì per quello. Ora si sentiva anche orgoglioso per quello che stava facendo.
Recuperò la refurtiva e si diresse al magazzino, silenzioso come un'ombra – e spaventando Usopp per la seconda volta.
Richiuse la porta dietro di sè e sgattaiolò tra gli scaffali, attento a non imciampare in qualche attrezzo di Franky dimenticato sul pavimento. Raggiunse a tentoni l'angolo estremo della stanza e si piegò a terra, appoggiando il fagotto a terra. Le sue mani cercarono lo spigolo familiare delle assi di legno che sporgevano: si trattava di un anfratto nascosto che Zoro aveva scoperto per sbaglio un giorno che si era perso e ci era ruzzolato sopra.
Con una mossa repentina, sollevò l'estremità dell'asse, rivelando al di sotto un buco abbastanza grande per nasconderci il suo bottino. Lo spadaccino allungò una mano verso il basso, tirando fuori una vecchia bottiglia di sakè mezza vuota, sgraffignata chissà quando dalla dispensa e poi dimenticata lì. In un sorso, la finì e poi la gettò via, riempiendo nuovamente il nascondigli con la refurtiva.
Completato il lavoro, i assicurò di aver rimesso tutto a posto e – soddisfatto – tornò a letto, non prima di aver fatto una chiaccherata con Usopp, che gli aveva giurato che avrebbe tenuto la bocca chiusa.

 

Quel mattino, Sanji si svegliò alla solita ora per preparare la colazione. Prima di alzarsi dal letto, però, si godette gli ultimi momenti di calma e serenità, disteso di fianco a Zoro, che emanava un piacevole tepore; il cuoco sbadigliò e si sgranchì gli arti addormentati, mentre aspettava che gli ultimi residui del sonno della notte lo abbandonassero. Con un immane sforzo di volontà si tirò a sedere, senza preoccuparsi di disturbare il verde, tanto non lo avrebbero svegliato nemmeno le cannonate della nave.
Si vestì, sbadigliando di tanto in tanto mentre si abbottonava la camicia e si sistemava la cravatta, poi afferrò la giacca, affondando la mano nella tasca per prendersi una sigaretta mattutina.
Vuoto.
All'inzio, pensò che probabilmente aveva lasciato il pacchetto in cucina la sera prima, dato che era molto stanco, ma quando rovistò nell'armadio per prenderne un altro – e si accorse che non c'era nulla – la disperazione lo assalì.
Sgranò gli occhi e cadde in ginocchio, le mani tra i capelli e la mandibola serrata.
Doveva essere un incubo, non c'era altra spiegazione!
Tutta quell'agitazione l'aveva messo in astinenza più dl dovuto e ora avrebbe ucciso per una dannata sigaretta. Cercò di calmarsi e di ragionare in modo lucido: di certo lui non aveva toccato i pacchetti nascosti nell'armadio; chi poteva avergli fatto quello scherzo di cattivo gusto?
Le sue amate muse erano fuori discussione, non si sarebbero mai abbassate a tanto.
Chopper e Rufy erano troppo ingenui per poter anche solo pensare a qualcosa di così malvagio - sì, perchè lui ne soffriva molto.

Franky e Brook non avrebbero avuto nessun motivo per andare a rovistare tra le sue cose, tanto meno cercare di rubargli le sigarette.
Questo lasciavafuori solo due persone: Usopp e Zoro. E a quel punto – considerando che il cecchino avrebbe avuto troppa paura delle conseguenze per osare mettere in atto una cosa simile - Sanji seppe con sicurezza con chi avrebbe dovuto fare i conti a breve.
Oh, il marimo non aveva la minima idea di cosa lo avrebbe aspettato al suo risveglio.
Si sarebbe sicuramente messo a sghignazzare maleficamente, se solo la sua bocca non avesse invocato nicotina così pesantemente.
Una piccola vendetta è più umana di nessuna vendetta*, pensò perfido.
Quello sarebbe servito da lezione al compagno per insegnarli che con Sanji Gambanera non si scherza affatto.

 

La prima cosa che balenò in mente a Roronoa quando un piede si schiantò sulla sua testa quasi ammazzandolo fu di fingersi morto per davvero, così non avrebbe dovuto avere a che fare con un cuoco in astinenza, furioso e che si era evidentemente alzato con la luna storta.
«Brutto bastardo! Alza quel culo dal MIO letto, se non vuoi che ti spedisca all'inferno a calci!!!» sbraitò il biondo, fuori di sé.
Zoro si lasciò quasi scappare un sospiro, quando – lentamente – si stiracchiò e si mise a sedere, ancora assonnato: sapeva che qualora avesse finalmente messo in atto il suo piano all'inizio sarebbe stata dura. Molto dura.
Lo constatò ancora quando aprì gli occhi e si ritrovò il viso imbestialito di Sanji a due centimetri dal naso; mancava solo il fumo che usciva da naso e orecchie e poi sarebbe stato perfetto come toro imbizzarrito.
«Dove sono?» sibilò Kuroashi, quasi ringhiando.
Lo spadaccino sbatté le palpebre e fece finta di nulla: «Non capisco a cosa ti riferisci».
«Non fare lo gnorri,stronzo. So benissimo che sei stato tu!».
L'uomo dai capelli verdi stette zitto un secondo, poi scrollò le spalle e fece per alzarsi, finendo – sfortunatamente – bloccato sul pavimento dallo stesso piede che cercava di ucciderlo per la seconda volta.
«DOVE CREDI DI ANDARE?! TU NON TI MUOVI DA QUI FINCHÉ NON MI DICI DOVE DIAVOLE HAI NASCOSTO LE MIE DANNATE SIGARETTE, HAI CAPITO?!?!» gridò il cuoco, ormai passato decisamente alle maniere forti.
E pensare che ieri sera era così calmo e affettuoso, pensò Roronoa, per niente spaventato dalla situazione.
«Sanji-kun! Si può sapere cosa avete tanto da strepitare già di prima mattina?» arrivò la voce della navigatrice dal corridoio; si era molto probabilmente svegliata da tutta quella cagnara che stavano mettendo in scena i due idioti.
«Nami-swaaan, il marimo mi ha nascosto le sigarette e non me le vuole ridare! Dammi il permesso di ucciderlo, ti prego!» il biondo si gettò ai piedi della rossa con aria disperata e venerante.
La donna spostò lo sguardo da lui al compagno e poi incrociò le braccia al petto prosperoso: «Siete uomini adulti, risolvete la questione da soli» proferì, andandosene e rimuginando sulla loro infantilità.
A quel punto, Kuroashi si voltò, lanciando un ultimo sguardo omicida al nakama, intimando: «Non credere che sia finita qui, bastardo!» poi se ne andò a preparare la colazione, che era già in ritardo rispetto alla sua tabella di marcia; tutta colpa di un marimo idiota a cui venivano strane idee sadiche.
Zoro resto immobilò finché Sanji non sparì dalla sua vista, dopodiché lasciò che un sorisetto malefico gli si dipingesse sulle labbra: alla fine, non era andata poi così male. Avrebbe dovuto resistere ancora un po' e poi era fatta.
L'avrebbe presa come l'ennesima sfida: oh, a Roronoa Zoro le sfide piacevano assai.

 

«Che cosa significa che non posso entrare in cucina?!» sbottò lo spadaccino, leggermente irritato; che cosa era saltato in mente al cuocastro, tutto d'un tratto?
Chopper abbassò le orecchie, dispiaciuto e lo fissò con i suoi occhioni da cucciolo: «Forse sarebbe meglio che tu stessi lontano da Sanji per un po', Zoro» propose.
Roronoa guardò torvo la renna per un attimo, poi sbuffò: e così la voce si era sparsa, eh? Sicuramente l'idiota era andato a lamentarsi con le ragazze, tsk. Stupido cuoco.
«Bah, vorrà dire che andrò direttamente ad allenarmi» borbottò, senza nemmeno ringraziare il dottore per averlo salvato da morte certa – che si sarebbe compiuta se solo avesse osato entrare nel territorio proibito – e dirigendosi in palestra.

«Penso che tu stia esagerando, Sanji-san... insomma, Zoro voleva solo–».
«Non osare nominare quel bastardo qui dentro» tagliò corto il biondo, sbattendo un po' troppo violentemente il piatto davanti al povero Brook, che ammutolì di colpo.
La faccia dell'interessato era la palese rappresentazione di furia e astinenza: i suoi occhi – un tempo azzurri e limpidi – ardevano di una rabbia cieca e senza pietà, la fronte era solcata da ta tante linee grinzose, i denti serrati intorno ad uno stuzzicadenti – che poco riusciva a rimpiazzare l'amata paglia – il tutto contornato da due occhiaie scure sotto gli occhi; faceva davvero paura.
«Neh, Sanji-kun, cerca di calmarti. Prova a metterti nei suoi panni: lui ti vuole bene e cerca solo di aiutarti a smettere di fumare...» provò a farlo ragionare la rossa.
Kuroashi cercò di fare come gli era stato detto, sedendosi al tavolo e sospirando; ma accidenti, nessuno aveva chiesto all'idiota di fare la crocerossina!
«Forse hai ragione, Nami-swan, ma io voglio comunque le mie sigarette indietro. E prima le avrò, meglio sarà per quel maledetto marimo» borbottò, stringendo così forte il bordo del tavolo, che le nocche della sua mano si sbiancarono. Non era da lui rispondere così frettolosamente ad una donna, ma si sà, l'astinenza gioca brutti scherzi.
«Glielo faremo sapere» gli assicurò la navigatrice, alzandosi e dirigendosi verso la porta, per andare a svolgere le proprie mansioni.
«E la prossima volta cerca di non essere così duro con lui: non è stato molto carino da parte tua fargli saltare la colazione così, di punto in bianco» continuò Nami, poi si chiuse la porta alle spalle, senza aspettare la risposta del nakama.
Lui aspettò che anche gli altri finissero la colazione, prima di sparecchiare e lavare le stoviglie, facendo mente locale su cosa sarebbe stato meglio preparare per pranzo; stava appunto aprendo il frigo per controllare cosa fosse rimasto intatto dal pasaggio di Rufy, quando la porta della cucina si aprì nuovamente.
Passi pesanti, strascicati, il suono di stivali di cuoio sul pavimento che il cuoco avrebbe riconosciuto anche bendato: cosa diavolo voleva ora?!
«A meno che tu non sia qui per ridarmi le sigarette o almeno dirmi dove sono, ti consiglio di sparire dalla mia vista» gracchiò, la gola secca e dolorante per aver dovuto mandare giù tutti gli insulti che avrebbe voluto lanciargli.
Roronoa lo fissò, impassibile: in realtà, lui era lì solo per prendersi una bottiglia di sakè, visto che il damerino non si era degnato di preparargli la colazione.
Non appena il biondo capì le sue intenzioni, cominciò a riempirlo di calci potenti, urlando come un osesso: «MA COME OSI?!».
Non solo aveva messo le sue luride mani da scimmione sulle sue sigarette, ora pretendeva anche di prendersi il sakè in tutta tranquillità!
Era troppo, decisamente troppo.
Il boato che seguì fece sobbalzare ogni singolo membro della ciurma, che si voltò in direzione della cambusa, intravedendo solamente sprazzi di spade e gambe e poi nubi di polvere e utensili che volavano per aria.
Con un sospiro addolorato, ognugno tornò alle proprie faccende, sperando in cuor loro che la questione si sarebbe risolta al più presto.

 

Esausto, Sanji si accasciò sulla sedia più vicina, dopo essere riuscito a scacciare il marimo dalla cucina: seriamente, quell'idiota raggiungeva livelli di stupidità a lui ignoti.
In quel momento, quasi dal nulla, gli tornarono in mente le parole della navigatrice.
«Prova a metterti nei suoi panni: lui ti vuole bene e cerca solo di aiutarti...».
Il biondo emise un gemito afflitto: mai in vita sua era finito in una situazione del genere.
Per prima cosa si sentiva solo, ormai la sigaretta che pendeva dalle sue labbra era diventata una compagna d'avventure e avergliela strappata di netto non era stato un bel gesto da parte del compagno.
Secondo, l'astinenza che provava si rifletteva sui suoi rapporti con gli altri – non riusciva più nemmeno a sorridere pienamente alla bellezza di Nami-swan e Robin-chwan! – ed in ogni azione che compiva.
Terzo, non riusciva a reprimere il desiderio di vendetta che gli pulsava nelle vene; doveva trovare qualcosa, qualsiasi cosa per farla pagare alla testa d'alga. Non poteva semplicemente limitarsi a riempirlo di botte: no, ci voleva qualcosa di più crudele, qualcosa che gli permettesse di sperimentare tutta la disperazione che lui stesso stava provando.
E guardando intensamente la parete di fronte a lui – e immaginandosi grigi ghirigori di fumo che salivano verso l'alto – l'idea venne.
Kuroashi non potè far altro che sorridere malignamente e sfregarsi le mani, trovando finalmente una piccola soddisfazione in quella giornata storta.

 

A pranzo, il cuoco era sembrato stranamente rilassato e Zoro non riusciva a capire se fosse una cosa buona oppure no; gli altri non ci avevano fatto molto caso, magari pensando che piano piano si stesse abituando a non dipendere più dal fumo. Ma lo spadaccino non sarebbe caduto nel suo tranello, soprattutto dopo che aveva visto Sanji sorridergli: il fumatore incallito che gli sorrideva dopo che lui gli aveva rubato ogni singola sigaretta?
Era già strano che lo avesse lasciato mangiare normalmente, ma forse quella era stata opera delle due donne. Comunque fosse, doveva stare all'erta.

 

Dopo circa due ore di allenamenti, Roronoa sentì – forse più dall'odore che dalla sensazione in sé – che era giunta l'ora della doccia.
Fece per avviarsi tranquillamente al bagno, avendo prima preso degli asciugamani tra quelli ancora non insozzati dal sudore, quando scorse che la porta era chiusa; o meglio, socchiusa.
Incuriosito, si avvicinò, cercando di fare il minor rumore possibile: insomma, se uno avesse dovuto veramente andare in bagno, la porta sarebbe stata chiusa, no?
Con un dito, la spinse un po' di più, per avere un maggiore campo di visione e quando si suoi occhi si soffermarono sulla figura all'interno e su quello che stava facendo, trasalì.
Il pavimento era disseminato di bottiglie di ogni tipo, grandi, piccole, lunghe e tozze: ma la cosa che preoccupava di più l'uomo dai capelli verdi era che erano tutte irrimediabilmente vuote.
Il vago odore che aleggiava nell'aria non lasciava alcun dubbio: si trattava sicuramente di sakè, lo poteva dire con ogni sicurezza.
Cosa diavolo ci faceva il cuocastro in bagno con tutte quelle bottiglie?
Un brutto presentimento lo assalì di colpo e lui si precipitò all'interno, rapito dalla furia di fermare quello che a vista sembrava un crimine.
Sanji era in piedi di fronte al gabinetto, due bottiglie in mano che stavano riversando dolcemente il loro contenuto nello scarico.
Il biondo voltò la testa indietro, fingendosi sopreso: «Oh, ciao marimo!».
Lo sguardo dello spadaccino era fissato sul liquido che cadeva giù, perdendosi per sempre nei meandri dei tubi del bagno. I suoi muscoli erano paralizzati, la bocca era spalancata e i pugni stretti intorno agli asciugamani tremavano leggermente.
Come poteva avergli fatto questo?
«TI SEI FORSE BEVUTO IL CERVELLO, RAZZA DI IDIOTA?» ululò, ripresosi dalla trance e afferrando il compagno per il colletto della camicia e sbattendolo sulla parete vicina.
«Occhio per occhio, dente per dente, marimo» sghignazzò orgoglioso il biondo alla vista della sua espressione.
Roronoa non lo ascoltò più: ora la sua priorità era salvare quel poco alcol che ancora non era stato gettato via da quello scellerato.
L'angoscia si era letteralmente impossesata di lui come mai prima d'ora e peggiorava di minuto in minuto a mano a mano che la sua mente sviluppava scenari della sua vita senza un alcolico in mano: oh, come si poteva rinunciare al liquido infuocato che ardeva la gola e lasciava quella scia bruciante nella bocca?
No, non poteva assolutamente permetterlo.
Kuroashi si pose immediatamente in mezzo al casino, provando a fermare il demone che aveva preso possesso del compagno, causando nella stanza il solito trambusto, seguito da grida affrante del piccolo Chopper che cercava ogni volta di bloccare i due, con scarsi risultati.

Quei due erano peggio di gatti infuriati, non facevano altro che soffiarsi in faccia e graffiarsi a vicenda, l'archeologa non li aveva mai visti così furibondi.
Certo, i litigi erano all'ordine del giorno, ma solitamente erano solo battutine o insulti innocenti. Rare volte si arrivava davvero alle botte e quando succedeva, i due sparivano da un momento all'altro e tornavano qualche ora dopo, disordinati e con due sorrisi soddisfatti. Quello che facevano ormai era ovvio, forse erano proprio i due interessati a non rendersi conto che i loro compagni sapevano della loro relazione.
Quella volta però, Robin non riuscì a trattenere una risatina alla vista della navigatrice che faceva irruzione nella stanza e obbligava i due a piantarla una volta per tutte, sottolineandolo con due bei pugni sulla testa del cuoco e dello spadaccino.
«Tutto è bene quel finisce bene, no, Nami?» sorrise la bruna.
L'altra annuì, procedendo ad obbligare immediatamente Zoro a restituira i pacchetti di sigarette al suo proprietario, che – appena li ricevette – passò l'ora successiva a fumare una stecca dopo l'altra, lanciando sospiri soddisfatti al cielo e adulandole come fossero donne anch'esse.
Lo spadaccino, dal canto suo, non poteva biasimare le compagne per la forzata restituzione del bottino: in fondo, la situazione si era fatta insopportabile anche per lui.
Dopo tutto quello che era successo quel giorno, solo di una cosa era certo: il damerino era tutto matto.


*La citazione è presa da Friedrich Nietzsche, "Così parlo Zarathustra", 1833/1885.

Note dell'autrice:
Ciao a tutti, è un po' che non ci si vede, eh?
Beh, vi posso solo dire che questo capitolo mi ha letteralmente sfinita, per cui penso che in futuro non c'è ne saranno più di così lunghi e complicati, ma mi limiterò a seguire i momenti della serie.
Per finire, spero che vi sia piaciuto e che mi lasciate un vostro commento :3
Per un po' non sarò più attiva, dato che parto per l'Inghilterra, ma non disperate, perchè continuerò a scrivere ( e a partecipare a contest, quindi mi vedrete ancora).
Un saluto a tutti voi,
Alice.

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