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Autore: LaniePaciock    03/08/2014    5 recensioni
Torniamo indietro nel tempo e spostiamoci di luogo: 1943, Berlino, Germania. Una storia diversa, ma forse simile ad altre. Un giovane colonnello, una ragazza in cerca della madre, un leale maggiore, una moglie combattiva, una cameriera silenziosa, una famiglia in fuga e un tipografo coraggioso. Cosa fa incrociare la vita di tutte queste persone? La Seconda Guerra Mondiale. E la voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Cap.22 Tregua di Natale
 

“Sicuro di farcela?” domandò Kate preoccupata.
“Sì, io…” rispose incerto Rick, osservando la strada ghiacciata davanti a lui, impallidendo leggermente. “Sì, sì, ce la faccio.” continuò poi più sicuro, prendendo un respiro profondo e facendo il primo passo fuori dalla porta d’ingresso. Erano circa le sette di sera della Vigilia di Natale. Alla fine avevano concordato con Ryan di vedersi il 24, invece che propriamente a Natale, in modo da festeggiare la mezzanotte insieme. Inoltre così avrebbero potuto aprire i regali tutti insieme, visto che Martha avrebbe avuto uno spettacolo il 25.
Beckett aiutò il colonnello a scendere i pochi gradini che li separavano dal marciapiede, quindi lo lasciò andare, continuando a osservarlo, pronta a intervenire in caso di necessità. Entrambi avevano indossato pesanti cappotti, cappello, guanti e stivali, ma il freddo era diventato così intenso da insinuarsi anche sotto gli spessi strati di tessuto. Il cielo si era oscurato in giornata e in quel momento, pure nel buio della sera, si intravedevano i nuvoloni grigi, carichi di una pioggia che si sarebbe trasformata in neve prima di toccare terra. Dall’ultima volta che aveva nevicato, qualche giorno prima, erano rimasti i cumuli biancastri ai lati delle strade, ma soprattutto era rimasto il ghiaccio. Il freddo costante degli ultimi giorni aveva impedito che si sciogliesse del tutto, rendendo parecchio scivoloso il breve percorso per arrivare dai Ryan.
Castle procedette lentamente, in silenzio, controllando ogni punto del marciapiede prima di posarvi il piede per essere certo di non trovarvi una infida lastra di ghiaccio. Zoppicava leggermente a causa della ferita alla gamba e aveva paura di scivolare, sbattendo così la spalla ancora dolorante. I tagli si stavano cicatrizzando in modo pulito, ma in quel punto la lacerazione era stata particolarmente profonda e quindi più lunga da rimarginare. Il colonnello poteva sentire sulla nuca lo sguardo di Kate che non lo abbandonava un attimo. Era appena un passo dietro di lui, con una grossa e pesante busta in mano in cui avevano infilato tutti i regali. La donna non gli aveva permesso di portare neanche il più piccolo dei pacchi per paura che lo impacciasse nei suoi movimenti già così limitati.
Arrivarono a casa di Ryan solo mezz’ora più tardi, in un tratto che normalmente avrebbe richiesto non più di dieci minuti. Castle sentì comunque di essere sudato e affaticato a causa della strada insidiosa. Non era caduto: aveva rischiato due volte di scivolare, ma all’ultimo era sempre riuscito a raddrizzarsi. Però era da quando era stato ferito, e trasportato poi a casa, che non usciva dal suo appartamento, né aveva ancora compiuto una simile camminata.
Kate lo affiancò e suonò il campanello d’ingresso, senza commentare il suo respiro affannoso. A casa aveva cercato di convincerlo a farsi venire a prendere da Kevin, ma lui non aveva voluto sentire ragioni. Rick la osservò di soppiatto: la donna aveva le guance e il naso arrossati dal freddo e gli occhi leggermente lucidi a causa del vento che soffiava lieve, ma gelido. Non vedeva altro del suo viso poiché una pesante sciarpa marrone chiaro che le aveva prestato le copriva quasi del tutto il resto del volto.
Qualche secondo dopo aver suonato, la porta si spalancò davanti a loro, rivelando un Ryan bardato con un pesante e colorato maglione rosso a ghirigori verdi e bianchi.
“Non dite una parola.” li accolse il maggiore, fulminando con lo sguardo il colonnello che aveva già aperto la bocca per parlare. La richiuse, scambiandosi un’occhiata con Beckett. Sogghignando entrambi, sorpassarono Kevin ed entrarono in casa. Rick accolse con un lieve gemito di piacere il calore dell’appartamento. Sentì il naso e la parte di faccia non coperta da cerotti e bende riscaldarsi lentamente dopo essere diventati insensibili nel freddo della sera.
“Allora, uhm…” commentò Castle, voltandosi verso Ryan e lanciando un’altra occhiata al suo maglione. “Posso chiamarti Vice di Babbo Natale?” domandò, ridacchiando. Il maggiore in risposta grugnì un ‘Non ti azzardare’ seccato. Il colonnello quindi trovò più saggio cambiare argomento, visto lo sguardo assassino dell’amico. “E’ già arrivata mia madre?”
“Martha?” replicò Kevin, prendendo intanto il cappotto di Beckett per agganciarlo all’attaccapanni. “Sì, è di là. E’ arrivata circa un quarto d’ora fa.” Rick annuì, poi ringraziò con un sorriso Kate che lo stava aiutando a sfilarsi il giaccone. All’improvviso la voce di sua madre si fece sentire forte e chiara dal salone mentre recitava un qualche verso della sua ultima opera teatrale.
“Sì, decisamente è già qui.” borbottò Castle con un sospiro, facendo ridacchiare Beckett e Ryan. “Speriamo solo non decida di mostrarci tutto lo spettacolo…” Si avviarono tutti e tre nel salone, Kevin tenendo il grosso pacco dei regali che avevano portato. Rick sentì un odore di carne arrosto spandersi fragrante nell’aria e subito il suo stomaco si fece sentire con un basso brontolio.
“Qualcosa mi dice che hai fame.” commentò Kate divertita. Lui sbuffò.
“Mi hai tenuto a digiuno per poter arrivare a stasera!” replicò con un finto tono offeso, mettendo il broncio.
“Ma se mi hai detto tu di voler restare leggero con l’idea della cena della Vigilia!” ribatté Beckett, scuotendo la testa esasperata.
“Era per dire…” mugugnò in risposta il colonnello, come per giustificarsi. Per fortuna fu esentato da ulteriori rimproveri di Kate grazie al loro arrivo in salone. Come Leandro li vide, gli fece un sorriso enorme e corse da loro allegro.
“Zio Rick! Zia Kate!” Stava per buttarsi come al solito contro Castle, ma, vedendolo con il braccio appeso al collo e con le bende in testa, all’ultimo deviò su Beckett. Si scontrò così a gran velocità contro la pancia di lei, che Kate lanciò una sbuffata involontaria per l’aria che le era uscita dai polmoni così di botto.
“Leo, non così forte!” lo richiamò subito Lanie, andando loro incontro. Voltando la testa, il colonnello vide Javier, Jenny e Martha seduti sul divano. La Gates invece era affaccendata intorno al tavolo da pranzo mentre finiva di allestirlo. Quello che più attirò la sua attenzione però, fu il grande albero decorato e illuminato, posizionato in un angolo della stanza. Era pieno di palline dorate, festoni blu, verdi e rossi e una lunga fila di lucine bianche intermittenti che circondava tutta la pianta. Al di sotto di esso, erano ammonticchiate diverse scatole ben impacchettate, a cui andarono ad aggiungersi, disposti da Kevin, i regali che avevano portato lui e Beckett.
“Tranquilla…” la fermò Kate con un gesto, anche se la voce le uscì piuttosto senza fiato.
“Buona Vigilia di Natale!!” esclamò felice il bambino, incurante di essere stato appena ripreso dalla madre. Rick notò che gli occhi del piccolo, ancora abbracciato alla vita di Beckett, luccicavano. Non lo aveva mai visto così felice. Sorrise senza poterne fare a meno.
“Buona Vigilia di Natale anche a te, Leo.” replicò il colonnello per sé e per Kate. Con Leandro ancora attaccato, entrambi fecero il giro di auguri con gli Esposito, i Ryan, Martha e la Gates. Quindi si posizionarono su divano, sedie e poltrona e chiacchierarono per un po’, finché la cena non fu pronta. Il bambino girava continuamente attorno a loro e ai regali, eccitato, non riuscendo a stare fermo neppure per un attimo. Castle si soffermò spesso a osservarlo, mentre Leo passava da un adulto all’altro, commentando senza sosta dell’albero illuminato, di un regalo particolarmente colorato o di Babbo Natale. Il piccolo aveva imparato già da tempo che non esisteva nessuno cicciotto signore in rosso che si calava giù dai camini per portare i regali, ma il colonnello aveva notato che aveva la tendenza a parlare dei “doni di Babbo Natale” piuttosto che dei “doni comprati dai suoi genitori e amici”. Quella cosa lo fece sorridere dolcemente mentre osservava divertito Leandro saltare all’improvviso nelle braccia di Javier, ridendo allegro. Era contento che, nonostante tutto l’orrore che stava vivendo, Leo avesse ancora voglia di credere nella magia e nelle favole.
“Ehi, sei con noi?” lo richiamò Kate con un sorriso, distogliendolo dai suoi pensieri. Castle non si era nemmeno accorto che tutti si stavano alzando per mettersi a tavola. Annuì alla donna e si alzò anche lui dal divano su cui l’avevano fatto sedere a forza. Prima di fare anche solo un passo però, prese Beckett per una mano e la tirò a sé. Lei si voltò e lo guardò curiosa. Prima che avesse il tempo di chiedergli niente però, Rick le lasciò un piccolo bacio all’angolo della bocca. Aveva già discusso con lei di eventuali baci in ‘pubblico’ e avevano concordato di mantenersi sul tranquillo. Beckett era piuttosto riservata per quel tipo di manifestazioni di affetto. “Tutto bene?” gli domandò quindi Kate con un sorriso dolce, ancora contro di lui, spostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte. Castle annuì e la strinse leggermente a sé, carezzandole il fianco con il pollice.
“Vorrei solo che ogni giorno dell’anno fosse così.” mormorò con un mezzo sorriso.
“La guerra finirà presto.” lo rassicurò lei. “Anche tu lo dicevi.” Rick sospirò.
“Spero solo di non sbagliarmi…” sussurrò, osservando Leandro, già pronto sulla sua sedia, mentre aspettava impaziente che anche gli adulti si sedessero.
“Ehi, piccioncini, pensate di venire o volete farci morire di fame??” esclamò Esposito con un ghigno, accomodandosi accanto al figlio.
“Javier!!” lo richiamò la moglie che uno schiaffetto dietro la nuca. “Non puoi farti gli affari tuoi almeno per una volta?? Magari stavano parlando di cose importanti!”
“Prima di mettersi a tavola?” borbottò Esposito, massaggiandosi la porzione di testa colpita con una smorfia. “Non possono aspettare dopo?” Lanie alzò gli occhi al cielo disperata, mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere.
“Andiamo prima che Javi muoia di fame!” disse Kate divertita. Rick ridacchiò e la seguì docile fino al tavolo, dove prese posto accanto a lei. Per quella sera anche la Gates rimase a mangiare con loro. Erano un po’ stretti tutti quanti insieme, ma nessuno si curò minimamente di quel particolare. La cena era stata preparata da tutte e tre le donne in casa e presentava anche alcuni piatti particolari fatti apposta solo per le feste. Jenny ad esempio, con l’aiuto di Leandro, aveva preparato una torta al cioccolato che le aveva insegnato sua madre mentre Lanie si era adoperata a creare uno speciale purè di patate e verdure di sua invenzione. Secondo Javier quella era la sua pietanza più riuscita di sempre. Anche la Gates aveva dato il suo contributo: aveva cotto infatti due enormi polli con un misto di spezie e sugo che, a quanto diceva, veniva tramandato da generazioni e preparato solo alla Vigilia di Natale. Alla cameriera avevano chiesto più volte se non volesse festeggiare con la sua famiglia, o se al contrario volesse portare la sua famiglia lì, ma lei li aveva rassicurati sul fatto che suo marito e i suoi figli sarebbero riusciti a cavarsela anche senza la sua presenza per quella volta.
Di tutto quello che misero a tavola, ben poco vi rimase.
“Dio, era tutto buonissimo, ma se ingoio un altro boccone esplodo!” dichiarò Esposito, allungandosi sulla sedia con aria piena e soddisfatta.
“Sante parole, amico.” commentò Ryan, altrettanto sazio.
“Sarebbe anche il caso di smettere, visto che hai già mangiato due fette di torta!” replicò invece Lanie, scuotendo la testa.
“Anche io ne ho mangiate due…” mormorò Leandro, alzando gli occhi preoccupati sulla madre.
“Sì, tesoro,” lo rassicurò la signora Esposito con un sorriso dolce e una carezza. “Ma tu non sei tuo padre. Non devi preoccuparti che ti spunti fuori una pancetta...”
“Ehi!” esclamò Javier offeso, facendo ridere gli altri occupanti del tavolo.
“Andiamo, Lanie, lascialo stare per stasera.” disse Jenny divertita. “E’ la Vigilia di Natale.”
“Vero.” le diede man forte Kate. “Per questa volta si può far finta di niente.”
Le Sagge hanno parlato.” affermò Castle con tono semiserio, facendo un inchino stile cinese a mani giunte verso le tre donne.
“Richard caro, se mangi ancora qualcosa, tu dovrai essere rotolato fuori!” lo riprese Martha con un sorrisetto, prendendo un sorso di vino. Rick la guardò offeso.
“Mamma, io sono ancora in convalescenza!” replicò il colonnello.
“E questo ti da il diritto di strafogarti?” domandò ironica la madre, alzando un sopracciglio. Castle stava per replicare quando Jenny si alzò in piedi, con una certa fatica per la pancia sempre più prominente.
“Ok, stop! Time out!” esclamò, alzando le mani per fermare madre e figlio. “Niente litigate stasera. E’ la Vigilia di Natale e qui c’è qualcuno di impaziente che non attende altro che scartare i suoi regali…” aggiunse poi con un sorriso, lanciando un’occhiata a Leandro. Il piccolo iniziò subito a fare un segno affermativo con la testa. “Quindi direi di spostarci tutti vicino al divano.” A quelle parole, tutti si alzarono per avviarsi all’albero illuminato. La Gates però volle subito mettere via i piatti sporchi (da sola, anche se sia Jenny che Lanie che Kate si offrirono di aiutarla) quindi si spostarono accanto al divano, attendendo però la cameriera prima di aprire i pacchi. In fondo era la Vigilia anche per lei e, visto che non poteva passarla con la sua famiglia, era meglio che la passasse con loro invece che da sola.
Mentre aspettavano Victoria, Rick si mise a chiacchierare con Javier e Kevin. A un certo punto però, notò Kate ferma in piedi davanti all’albero, con lo sguardo perso nel vuoto e le sopracciglia aggrottate che le formavano la sua caratteristica sottile rughetta in fronte. Castle si scusò con i due amici e andò dalla donna. Una volta dietro di lei, le circondò la vita con il braccio sano e le lasciò un bacio appena sotto l’orecchio. Kate si irrigidì un momento per la sorpresa quando si sentì afferrare, ma poi si rilassò subito contro il colonnello, poggiando piano la schiena contro il suo petto.
“A che pensi?” le mormorò Rick. Lei voltò la testa e nascose la faccia nel suo collo, senza parlare. Quindi alzò appena le spalle.
“Niente, è che…” disse piano, interrompendosi. Castle attese pazientemente che lei andasse avanti da sola, senza forzarla. “Mi sarebbe piaciuto averla accanto anche questo Natale.” concluse poi con un sospiro. Il colonnello non dovette farsi dire di chi parlava per capire il soggetto della frase: sua madre Johanna. Rick prese un respiro profondo e poggiò la guancia sulla testa di lei, all’improvviso abbattuto.
“Mi dispiace che tua madre non sia qui…” sussurrò con tono triste.
“Non è colpa tua.” replicò subito Beckett. Non c’era rabbia nelle sue parole. Solo nostalgia e dolore per la perdita.
“Invece sì, io…” tentò di dire Castle, ma lei lo bloccò di nuovo, posandogli le dita sulla bocca e frenando le sue parole. Poi si voltò verso di lui nell’abbraccio così da poterlo guardare negli occhi.
“Rick,” mormorò con tono dolce, anche se malinconico. I suoi occhi verde-nocciola erano incatenati ai quelli blu di lui. “Non è colpa tua.” continuò insieme seria e serena. Il colonnello la osservò per un momento, combattuto. Alla fine però cedette e annuì, poggiando la fronte contro quella di lei e rimanendo semplicemente in quella confortante posizione. All’improvviso squillò il telefono.
“Chi diavolo chiama il 24 dicembre a quest’ora??” esclamò Ryan sorpreso.
“Aspetta, vado io.” lo fermò Castle con un gesto, scostandosi da Beckett. Lei lo guardò un po’ sorpresa e un po’ contrariata da quell’allontanamento, ma non disse nulla. Rick, sotto lo sguardo stupito dei presenti, invece di andare a rispondere al telefono del salone, si incamminò un po’ zoppicante verso quello nel piccolo studio al piano terra. Non diede spiegazioni del suo comportamento, ma, se era chi pensava, non voleva rovinare la sorpresa a Kate.
“Pronto?” rispose quando finalmente raggiunse la cornetta.
“Rick? Sono Alexis.” replicò la giovane voce dall’altra parte del telefono.
“Ciao, piccola.” la salutò Castle con un sorriso. “Sei ancora a lavoro?”
“Sì, ho dovuto fare un po’ di straordinari, ma sono riuscita a trovare la persona che cercavi!” rispose con tono allegro.
“Sapevo che sei la migliore, Lex!” commentò Rick, altrettanto esaltato dalla notizia. “E’ in linea?”
“Sì.” rispose la ragazza. “Sono riuscita a trovarlo solo poco fa e sta aspettando.”
“Ok, grazie mille. Ti devo un favore enorme.” dichiarò il colonnello. “Passalo sulla linea e vai a casa a riposarti. Buon Natale, Alexis.”
“Buona Natale anche a te, Rick!” replicò la ragazza. Castle poté sentire dal suo tono che stava sorridendo. Non appena percepì il cambio di linea, abbassò la cornetta dall’orecchio.
“Kate!” chiamò per farsi sentire dal salone. Dopo qualche secondo, Beckett entrò nello studio. “C’è una chiamata per te.” le disse quindi con un mezzo sorriso misterioso, allungandole il telefono. Lei lo guardò confusa e stupita, quindi, lentamente, si avvicinò e prese la cornetta. Rick la osservò portarla all’orecchio perplessa. “Puoi parlare in inglese.” aggiunse il colonnello, prima di spostarsi all’indietro di un passo per lasciarle il suo spazio. Kate lo guardò ancora più confusa di prima, quindi rispose.
“Pronto?” domandò. Attese la risposta e dopo un paio di secondi sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca. “Papà?” continuò piano, quasi in un sussurro. “Io… io sì, sto bene, ma tu come stai? Come hai fatto a chiamarmi qui e…” Fu solo a quel punto che Beckett alzò lo sguardo sul colonnello. Rick notò che aveva gli occhi lucidi e le tremava appena il labbro inferiore. “Pensavo… pensavo non si potesse chiamare…”
“Per stasera non ti devi preoccupare di questo.” sussurrò Castle con un piccolo sorriso. Quindi si riavvicinò, le lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò di nuovo da lei, uscendo dallo studio e chiudendosi la porta alle spalle. Alexis era stata grandiosa a trovare Jim Beckett in America in così poco tempo e con così poche informazioni. Era l’unico regalo che gli era venuto in mente di poter fare a Kate. Sua madre non poteva riportargliela indietro, ma almeno avrebbe potuto portare, anche se solo telefonicamente, suo padre da lei.
“Chi era?” chiese Javier curioso, vedendolo tornare. La Gates doveva aver finito di ripulire il tavolo perché la trovò accanto a Martha.
“Ho fatto in modo di chiamare il padre di Kate in America.” rispose Rick con un mezzo sorriso. Gli altri lo guardarono sbalorditi.
“Aspetta… stai chiamando in America dal mio telefono??” esclamò Ryan preoccupato.
“Tranquillo, chiamata e tutto sono a carico mio.” lo rassicurò il colonnello.
“Kev, ma che razza di tatto hai??” sbottò Jenny seccata. “Sono mesi che Kate non sente né vede più suo padre e tu ti preoccupi per il telefono??”
“Ma io…” cercò di redimersi il maggiore con scarso successo. La signora Ryan non volle sentire ragioni e, oltre a rimproverarlo, continuò a guardarlo male finché Beckett non tornò in salone, quasi mezz’ora più tardi. Fu una fortuna perché Leandro cominciava a diventare irrequieto. Voleva aprire i regali, ma non voleva farlo senza la zia Kate.
Quando la donna rientrò, aveva un’aria stravolta, gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta, ancora incredula di aver parlato con suo padre. Fece qualche passo lento nel salone, quindi alzò la testa. Rick era in piedi a pochi passi da lei. La guardò preoccupato, vedendola in quello stato.
“Tutto bene?” chiese cauto. Sperò di non aver fatto una cavolata a cercare Jim Beckett. Kate lo osservò immobile per qualche secondo. Quindi in un attimo superò i pochi metri che li dividevano e praticamente gli saltò addosso. Gli si aggrappò al collo con forza, incurante delle ferite di Rick, e lo baciò con altrettanta energia. Castle per un momento rimase bloccato, troppo stupito dal gesto di lei, quindi le passò il braccio libero intorno alla vita e la strinse a sé mentre la lingua di Beckett nella sua bocca tentava di farlo impazzire. Kate succhiò con vigore il suo labbro inferiore e glielo morse, predominando il bacio per la maggior parte del tempo. Rick non poté fare altro che perdersi completamente tra il sapore di lei, le sue labbra, il suo profumo, il suo calore, all’improvviso ardente contro di lui. Nessuno dei due sentì, o si curò minimante, delle facce stupefatte dei presenti, dei loro applausi e dei loro fischi. Non esisteva più niente al mondo tranne loro.
Ci volle un fischio particolarmente robusto per farli tornare con i piedi per terra. Si staccarono uno dall’altro ansanti, restando comunque abbracciati.
“Wow… e… e questo… per cos’era?” domandò Rick con il fiato corto. Osservò Kate mordersi il labbro inferiore con un piccolo sorriso. Aveva gli occhi lucidi e scuri e le labbra rosse e gonfie. Se non ci fossero state quelle stupide bende di mezzo e i loro amici nella sala, era certo che l’avrebbe presa di peso e si sarebbe chiuso in una camera con lei.
“Per il più bel regalo che tu potessi farmi.” sussurrò dolcemente. Castle sorrise come un ebete e le carezzò una guancia, prima di riavvicinarla a sé per lasciarle un piccolo bacio sulle labbra.
“Buon Natale, Kate.” mormorò a un millimetro dalla sua bocca. Beckett sorrise a sua volta e si morse di nuovo il labbro inferiore, facendo scendere lo sguardo desideroso verso la bocca di Rick.
“Vi prego!” esclamò Esposito all’improvviso con aria schifata, facendoli voltare sorpresi, come se si fossero completamente dimenticati di non essere soli nella sala. “Evitate di fare di nuovo quel… quel sesso verticale che stavate facendo! C’è un bambino presente, quindi contenetevi, per favore!”
“Ma tu devi proprio rovinare sempre tutto, vero??” lo rimproverò Lanie secca, incrociando le braccia al petto e lanciandogli un’occhiata omicida. Un attimo dopo però la signora Esposito si voltò verso Beckett con sguardo divertito. “Però, ragazza, sul serio: adoro quando ci date dentro, ma potevi anche chiamarlo nello studio per saltargli addosso!” Kate arrossì all’istante mentre Rick ridacchiava. Il colonnello notò con la coda dell’occhio sua madre sorridere a entrambi con un misto di divertimento, malizia e orgoglio. Gli sembrava avesse anche gli occhi lucidi e aveva l’aria di chi stava aspettando quel momento da molto tempo.
“Ma no, Lanie, non gli stava saltando addosso…” cercò di difenderla Jenny, guadagnandosi così un sorriso imbarazzato di Kate.
“No, tesoro, hai ragione.” sembrò darle man forte Kevin. “In realtà stava testando a che punto erano le capacità fisiche del nostro Colonnello per un eventuale regalo natalizio posticipato!” concluse con un ghigno malizioso.
“Amico, non costringermi a picchiarti con una mano sola!” lo minacciò bonariamente Rick, vedendo Kate sempre più rossa e imbarazzata. “Sai che posso farlo e non voglio lasciare il tuo futuro pargolo orfano.”
“Uff, sempre con queste minacce alla mia prole!” ribatté Ryan con uno sbuffo. “Dai, meglio aprire i regali, prima che la prole di qualcun altro decida di ucciderci per la troppo lunga attesa!” dichiarò poi divertito, indicando con un pollice Leandro. Tutti si voltarono a osservare il bimbo e in effetti lo videro accanto all’albero e ai regali in una posa molto caratteristica della madre, ovvero con le braccia conserte e il piedino che batteva ritmicamente a terra con fare impaziente. Ridacchiando, i presenti si posizionarono attorno all’albero. Jenny, Lanie e Martha presero posto sul divano, Ryan sulla poltrona, Esposito a terra accanto ai regali e a Leandro e Castle, Beckett e Gates su tre sedie. Lo scambio di regali fu piuttosto lungo: Leo volle che ognuno ricevesse i suoi pacchi e li aprisse insieme in modo da farli vedere agli altri. Il piccolo fu il primo che scartò i suoi doni. Poi fu il turno di Jenny (perché, secondo Leandro, aspettava un bimbo e i bimbi hanno la precedenza a Natale), quindi Kevin, Lanie, Javier seguiti da Rick e Kate e, alla fine, Martha e Victoria.
Finito lo scambio di doni, passarono a un’altra tradizione natalizia, ovvero quella delle canzoni di Natale. Ryan era riuscito a recuperare un vecchio pianoforte da un vicino che aveva deciso di andarsene da Berlino. Lo aveva pagato poco e portato in casa e Martha, che sapeva ben suonare quello strumento, accompagnò i presenti nelle canzoni. Solo lei e la Gates non vollero cantare. La signora Castle suonò sia vecchie canzoni come White Christmas, Silent Night e It Came Upon a Midnight Clear, sia alcune delle ultime canzone natalizie uscite in America, come I’ll Be Home for Christmas e Have Yourself a Merry Little Christmas. L’ultima che suonarono fu una delle più famose e dibattute canzoni del momento: Lili Marleen.
“Cos’ha di speciale questa canzone?” chiese Kate confusa.
“Non hai mai sentito Lili Marleen?” le domandò in risposta Lanie stupita. Beckett scosse la testa.
“E’ una canzone tedesca.” le spiegò Rick. “Parla di un soldato innamorato che, invece che pensare alla guerra, pensa sempre alla sua amata, volendo tornare da lei. E’ diventata molto popolare negli ultimi tempi anche tra le truppe straniere, quindi americani, inglesi, francesi, e così via. Credo che l’abbiano anche tradotta in italiano l’anno scorso e girano anche alcune in inglese tradotte invece alla meno peggio. Comunque, diciamo che ai piani alti non molti hanno preso bene la notizia che tutti cantassero la stessa canzone…”
“In ogni caso la versione migliore, finché non traducono il testo in un inglese decente, è quella tedesca.” commentò Martha, scuotendo la testa e posando le mani sulla tastiera del piano, preparandosi a suonare. “Quando te la faremo sentire mi darai ragione, cara, credimi.” Quindi iniziò a suonare e cantare:
 
Tutte le sere
sotto quel fanal
presso la caserma
ti stavo ad aspettar.
….
 
Insegnarono a Beckett la canzone e al cantarono tutti assieme. Questa volta si unirono al coro anche la signora Castle e la Gates.
 
….
Tutte le notti sogno allor
di ritornar, di riposar.
Con te Lili Marleen,
con te Lili Marleen.
 
Quando finirono la canzone, ci fu un momento di silenzio. Per quanto fosse un semplice brano cantato, quel motivetto era stato capace di unire truppe nemiche in una voce sola. Quanto potevano essere differenti due persone, due nemici, che cantavano la stessa canzone?
“E’ davvero molto bella.” dichiarò alla fine Kate con un sospiro. “Anche se un po’ triste.”
“Sai, cose come questa sono state sempre ostacolate in guerra.” commentò Castle. Lei lo guardò confusa. “Il Natale, le canzoni…” si spiegò il colonnello. “In questa guerra è stata questa musichetta a unire più persone di diverse nazionalità dalla prima volta che fu trasmessa in radio due anni fa, nel 1941. Era già accaduto in realtà qualcosa di simile anche durante la Grande Guerra. Hai mai sentito parlare della Tregua di Natale?” domandò poi. Kate negò con il capo. “Non mi stupisce.” continuò Rick con un sospiro. “Non è una cosa che i grandi capi hanno voluto pubblicizzare molto e tu all’epoca dovevi essere poco più che neonata...”
“Cos’è la t… tr… trigua di Natale, zio Rick?” chiese Leandro con qualche difficoltà, sentendo le sue parole. Castle gli sorrise.
Tregua.” ripeté. “E’ quando due gruppi di persone decidono di smettere di combattersi per un poco.” Il piccolo sorrise.
“Mi piace questa tregua!” dichiarò stringendo al petto il cavallino in legno bardato, con tanto di omino medievale in armatura sopra, che gli aveva regalato Kate. Beh, lui e Kate.
“Anche a me!” replicò Castle, ridendo e scompigliando i suoi capelli riccioluti.
“Quindi?” chiese Kate curiosa, mordendosi il labbro inferiore. “Come avvenne questa tregua?”
“Beh,” replicò Rick, passandole un braccio intorno alla vita e stringendola a sé. “Era il dicembre del 1914. La Grande Guerra era praticamente appena iniziata e si combatteva strenuamente su ogni fronte. A una settimana dal Natale però, successe una cosa strana sul fronte occidentale, ovvero quello dove si fronteggiavano tedeschi e britannici: iniziarono a spuntare alberi e candele a illuminare e decorare le trincee. Inoltre i soldati dei due schieramenti iniziarono a cantare canzoni natalizie…”
“Come abbiamo fatto noi?” domandò Leandro con tono stupito. Non riusciva a capacitarsi che dei soldati in guerra cantassero esattamente come loro. Rick gli sorrise dolcemente.
“Esattamente come noi.” rispose. “Le trincee erano talmente vicine che i tedeschi potevano sentire cantare gli inglesi e viceversa. E dopo le canzoni successe una cosa ancora più strana: alcuni soldati iniziarono ad attraversare la cosiddetta ‘terra di nessuno’, ovvero lo spazio vuoto che separava i due schieramenti nemici, per portare dei doni ai soldati dall’altra parte.”
“Doni?” chiese Kate perplessa. Tutti stavano seguendo Rick con attenzione, perfino sua madre, i Ryan, gli Esposito e la Gates, che conoscevano già la storia. Le due donne più anziane perché l’avevano letto nei giornali dell’epoca, gli altri perché l’avevano sentito raccontare.
“Cibo, sigarette, alcolici o souvenir come bottoni o piccoli oggetti.” elencò Castle. “Cose del genere erano tutto quello che si potevano permettere di scambiare. E’ il giorno di Natale però quello più ricordato: tedeschi e inglesi si trovarono insieme nella terra di nessuno per dare sepoltura ai loro morti in messe comuni, per fare foto ricordo insieme e anche qualche partita di calcio.”
“Calcio??” ripeté Leandro stupefatto, gli occhi sgranati e la bocca aperta. Rick annuì con un mezzo sorriso.
“Sembra incredibile, ma è esattamente quello che è successo in molti punti del fronte.” affermò. Poi però fece un sospiro e appoggio la testa a quella di Kate, il tono all’improvviso più triste. “Ovviamente non è stato così ovunque, in molti luoghi gli spari nemmeno si fermarono, ma in qualche modo è accaduto. E ovviamente non è stato un fatto ben visto dalle alte sfere. Da quel momento infatti cercarono in tutti i modi di evitare che accadesse di nuovo un simile atto di fraternizzazione tra eserciti nemici.” Ci fu un momento di silenzio, mentre tutti assorbivano quelle parole.
“Però è accaduto…” commentò Beckett piano, incerta, voltandosi per guardarlo negli occhi. Rick le sorrise mestamente.
“Però è accaduto.” confermò Castle. Come frase avrebbe potuto dire tutto e niente. Forse qualcuno l’indomani avrebbe deposto le armi e avrebbe cantato e giocato a calcio come quel giorno del 1914. Forse non avrebbero sparato colpi e si sarebbero scambiati piccoli oggetti come ricordo. Forse. O forse semplicemente non sarebbe accaduto mai più. Nessuno poteva dirlo. Potevano solo sperare che accadesse ancora. Perché, in fondo, era già accaduto.
 
Il resto della serata passò più allegramente. Misero sul grammofono diverse canzoni e ballarono fino a tarda sera, ridendo e dimenticando per un po’ che la guerra era solo fuori dalla porta, trascurando che Castle era ancora bendato e che gli Esposito erano praticamente rinchiusi proprio a causa di quello che avveniva là fuori. A mezzanotte, con Leandro già addormentato da un pezzo sul divano, brindarono al Natale, quindi Kevin riaccompagnò in auto Martha, Rick e Kate alle loro case.
I giorni successivi passarono abbastanza quieti, a parte un allarme di attacco aereo partito all’improvviso la notte del 29 e seguito da un breve, anche se consistente, bombardamento. L’unica nota positiva di quei giorni fu che Lanie permise a Rick di togliere diverse bende. L’ultimo dell’anno ormai aveva solo qualche cerotto sparso per il corpo, ovvero alla spalla e alla gamba. Il resto delle ferite, sia i tagli che le bruciature, si erano cicatrizzate bene e doveva solo stare attento a non toccarle troppo. Inoltre non doveva sollevare cose pesanti per un po’. Però almeno secondo Kate, lo sfregio che gli andava quasi dal naso all’orecchio, sullo zigomo sinistro, gli dava un’aria più virile.
“Dici sul serio??” esclamò Rick felice al telefono il pomeriggio del 31 dicembre. Stava parlando con Ryan e, anche se l’avrebbe visto da lì a meno di un paio d’ore per passare insieme la notte di capodanno, l’amico non era riuscito ad aspettare per comunicargli la bella notizia che gli era appena arrivata. “E’ fantastico Kev!”
“Lo so!” rispose il maggiore altrettanto eccitato. “Stasera avremo il doppio da festeggiare!” A quel punto i due si salutarono e Rick riagganciò la cornetta. Quindi corse, ignorando il lieve dolore alla gamba, verso la sua camera.
“KATE!!” la chiamò esaltato. “Kate?” esclamò poi non trovando in camera. “Kate??”
“Sono in bagno.” rispose la voce ovattata di Beckett dal bagno accanto alla camera. “Dammi un momento!”
“Ah, giusto.” borbottò Rick. Si era dimenticato che Kate si stava facendo la doccia per prepararsi a quella sera. Lui invece era già in camicia e pantaloni eleganti poiché stava decidendo cosa mettere quando Kevin lo aveva chiamato. Non riuscendo a stare fermo, Castle iniziò a camminare su e giù per la camera, un sorriso stampato in volto. Finalmente erano arrivate notizie. Almeno per loro quell’incubo sarebbe finito. Sarebbero stati presto al sicuro.
In quel momento Beckett uscì dal bagno ed entrò nella stanza con solo un asciugamano intorno al corpo e un altro sui capelli stile turbante.
“Castle, che succede?” domandò confusa e un po’ seccata. Doveva essere uscita di fretta dalla doccia perché era ancora in buona parte bagnata. Piccole goccioline d’acqua erano sparse sul suo viso, sul collo, sulle spalle e sulle gambe, nude dal ginocchio in giù, e inoltre aveva le guance un po’ rosse a causa del vapore caldo. L’asciugamano sul suo corpo si muoveva su e giù ritmicamente all’altezza del seno seguendo il suo respiro. Rick rimase per un attimo imbambolato a guardarla, ma l’esaltazione per la telefonata riuscì a farlo riprendere abbastanza velocemente. Con un po’ di fatica, alzò lo sguardo dal corpo di Kate e la guardò negli occhi.
“Mi ha appena chiamato Kevin.” rispose con un sorriso enorme. “Gli ultimi bombardamenti non hanno intaccato l’aeroporto che stavano risistemando e tra un paio di giorni i voli riprenderanno regolarmente!” La reazione di Beckett gli freddò tutto l’entusiasmo.
“Ah.” commentò solo, dopo qualche secondo di silenzio. Rick aggrottò le sopracciglia.
“Kate, cosa…?” chiese confuso.
“Scusa, io…” lo fermò lei con un mezzo sorriso tirato. “Io sono molto felice per gli Esposito. Davvero.” Poi però prese un respiro profondo. “Solo che…” Si morse il labbro inferiore senza continuare, abbassando lo sguardo. Fu in quel momento che Castle capì. Sospirò e si passò una mano tra i capelli.
“Solo che ci sarai anche tu su quell’aereo.” concluse per lei. Beckett rialzò gli occhi tristi su di lui.
“Non voglio partire senza di te…” mormorò.
“Kate, ti prego...” cercò di dire Rick, ma lei lo fermò di nuovo.
“Lo so, ne abbiamo già parlato tanto e non posso cambiare le cose.” continuò la donna, voltando la testa, come se fosse una sofferenza guardarlo. “Però vorrei poterlo fare.” aggiunse con voce leggermente rotta.
“Ti raggiungerò presto.” disse Castle dolcemente, avvicinandosi di un passo. “Te l’ho promesso.” Lei sorrise. Un sorriso mesto.
“Lo so.” rispose, tornando a guardarlo. “Ma non sarà la stessa cosa.” Rick annuì piano, non sapendo cosa dire. Averla lontana era esattamente l’opposto di quello che voleva, ma saperla al sicuro era la sua priorità al momento. Non poteva rischiare di perderla, soprattutto non dopo aver saputo che era corsa sotto le bombe per venire a cercare lui. “Castle?” sussurrò Kate qualche momento dopo. Il colonnello si costrinse ad alzare gli occhi su di lei. “Se questo fosse il nostro ultimo giorno insieme…” Lui scosse subito la testa.
“No, Kate, questo…”
“Rick, ti prego!” esclamò la donna, implorandolo con lo sguardo. Castle si morse la lingua e attese che lei continuasse, anche se non era sicuro di voler sapere il seguito. Non poteva pensare a un ‘ultimo giorno’ per loro. Beckett prese un respiro profondo prima di continuare. “Se questo fosse il nostro ultimo giorno insieme, tu cosa faresti?” Ci fu un secondo di silenzio.
“Ti direi che ti amo.” rispose Rick sicuro, guardandola negli occhi. “E farei l’amore con te.” Osservò la respirazione di Kate accelerare grazie all’asciugamano sul suo corpo che aveva iniziato a muoversi più velocemente. Beckett arrossì e si morse il labbro inferiore.
“Quando dovremmo partire?” chiese quindi. Lui la guardò perplesso per quell’improvviso cambio di argomento.
“Il primo volo utile per l’Inghilterra è il 5 gennaio.” replicò. “Voi sarete su quell’aereo.” Kate annuì piano, lo sguardo al pavimento. Poi rialzò gli occhi.
“Quindi questo effettivamente è uno degli ultimi giorni…” disse cauta. Castle scosse la testa con forza.
“No!” ribatté duro. Cercò di mantenere un atteggiamento forte e sicuro, ma Beckett gli si avvicinò e gli posò una mano sulla guancia sana, abbattendo ogni sua difesa. “Non voglio…” iniziò quindi Rick con voce all’improvviso incerta. “Non voglio ricordare questo giorno come il nostro ultimo giorno.” mormorò alla fine. Si accorse di avere la vista leggermente annebbiata. Gli si erano inumiditi gli occhi senza che se ne accorgesse. Kate si avvicinò ancora. I loro volti erano a pochi centimetri e Castle poteva sentire il calore irradiato dal corpo della donna contro il suo.
“Allora ricordalo come il primo di tanti…” sussurrò Beckett con un mezzo sorriso. Quindi si alzò sulle punte e fece incontrare le loro labbra. Rick per un momento rimase rigido, incapace di muoversi. Poi schiuse la bocca lasciò l’accesso libero a Kate, rispondendo al bacio. Pian piano il bacio si fece più approfondito e ansioso. Le mani di Castle iniziarono a spostarsi lentamente lungo il corpo di Beckett, stringendolo contro di sé, accarezzandolo da sopra l’asciugamano che la copriva, facendola gemere come fino a quel momento non era mai successo. Sentì a malapena il panno tra i suoi capelli cadere con un tonfo sordo mentre le infilava le dita tra i cappelli bagnati. Piccole gocce fredde iniziarono a scivolargli lungo il braccio facendolo rabbrividire per il contrasto con il caldo che sentiva dentro. A un certo punto trovò l’apertura nell’asciugamano di Kate. Infilò la mano all’interno quasi senza accorgersene, ma quando sentì la pelle calda e umida della donna sotto le dita si bloccò. Smise di baciarla, ansante, cercando di riprendere un minimo di lucidità. La voleva. Dio, se la voleva. Ogni parte del suo essere la desiderava e il suo fisico stava mostrando apertamente contro il bacino di lei quanto la cercasse. Ma sarebbe riuscito a ricordare quel giorno come il loro primo invece che come l’ultimo?
Kate decise per lui. Lentamente, gli prese la mano e lo aiutò a muoversi contro la pelle del suo fianco mentre lei gli lasciava piccoli baci sul collo. Rick stava sudando. Sentiva ribollire il sangue a ogni nuova porzione di pelle che scivolava sotto la sua mano e che veniva scoperta. Alla fine, il nodo mal fatto, che era rimasto su fino a quel momento solo per un piccolo miracolo, si sciolse e l’asciugamano cadde ai loro piedi. Castle quasi non credette ai suoi occhi. Beckett era davanti a lui, nuda, calda, desiderosa. Desiderosa di lui. E maledettamente stupenda.
Rick deglutì e le sfiorò il seno con un tocco lieve, per paura di farle male. Il respiro di Kate accelerò subito sotto le sue dita. Seguendo un percorso immaginario, Castle scese lento con le dita lungo il suo corpo. Un momento dopo gli occhi di lui trovarono la cicatrice sul fianco della donna, quella che si era fatta quando l’alberghetto in cui stava le era quasi crollato addosso. Era una striscia lunga un dito, piuttosto spessa, frastagliata e ancora lievemente rossastra. Per un attimo sentì Beckett irrigidirsi. Forse aveva paura che le sarebbe apparsa più brutta con quello sfregio. Ma non aveva importanza. Non per Rick. Lei rimaneva sempre la più bella.
Sfiorò con il pollice la cicatrice e sentì Kate rabbrividire. Niente a che vedere con il brivido di puro piacere che la trapassò quando Castle abbassò ulteriormente le dita fino al suo pube. Poi però scostò la mano e la strinse a sé, ricominciando a baciarla con passione, carezzandole i fianchi e la schiena.
“Ti amo, Kate.” mormorò Rick contro il suo orecchio, baciandole poi il collo. La donna emise un lieve gemito che fece eccitare ulteriormente il colonnello, ormai decisamente stretto all’altezza dei pantaloni. Castle non si aspettò risposta, quindi si impossessò di nuovo della bocca di lei, torturandola con la lingua e piccoli morsi, senza darle respiro. Kate nel frattempo, con mano appena tremante, iniziò a spogliarlo. La camicia e i pantaloni eleganti che si era preparato per andare dai Ryan finirono in poco tempo sul pavimento, abbandonati insieme agli asciugamani e raggiunti dai boxer pochi secondi dopo.
Forse più tardi Rick avrebbe chiamato Kevin per dire che avrebbero ritardato. O forse per avvisare che proprio non sarebbero riusciti a raggiungerli per la mezzanotte. Avrebbero festeggiato l’arrivo del nuovo anno a modo loro. Insieme.

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Xiao! :D
Allora... che mi dite del finale? XD Ah, a proposito, alla fine ho cambiato il rating della storia di arancione, ma secondo voi è da giallo o da arancione questa parte? Perché io non l'ho mica mai capita molto la differenza... XD 
Anyway, mi scuso in anticipo ma ve lo dico da subito: il prossimo capitolo non ho idea di quando lo pubblicherò per il semplice fatto che sarò in vacanza e non so quanto riuscirò a scrivere... se riesco a buttare giù qualcosa magari per fine agosto riesco a pubblicare, altrimenti ci rivediamo mi sa da metà settembre circa... Scusatemi. Non odiatemi vi prego! <3 (ricordate quello che hanno appena fatto Castle e Beckett qui sopra ù.ù)
Ok, ora scappo! Buone vacanze gente! :)
Lanie <3

ps: ah, nota storica: la canzone Lili Marleen e la Tregua di Natale non sono inventati. Se cercate la canzone (che ho trovato per caso cercando canzoni natalizie del '43 XD) scoprirete che fu quasi un inno contro la guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. La versione che ho usato io è appunto quella tradotta in italiano, ma ci sono versioni in tutte le lingue. :) E la tregua è pure un fatto realmente accaduto durante il Natale del 1914. :)
  
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