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Autore: yllel    03/08/2014    5 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, sono tornataaaaa!
Ok... seguito di “Broken”, lo volevo davvero ma ci ho messo un po’ di tempo,  vediamo come va.
Dedicata a Ste-te... che ha scoperto che scrivo in questo fandom  e che pur non avendo mai visto una puntata di Sherlock sta leggendo le mie storie (le piacciono, a quanto pare...) e nonostante questo, continua a pensare che sia una buona idea tenermi come zia acquisita dei suoi magnifici figli nonchè madrina della sua primogenita.
Niente mi appartiene, scrivo solo per divertirmi.

 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

PROLOGO
 
 
La nebbia avvolgeva Londra in una notte senza stelle.
Era difficile distinguere con sicurezza le poche ombre che si muovevano per la strada, sembravano scivolare silenziose lungo l’asfalto alla ricerca disperata di un po’ di calore e di luce, ansiose di rientrare nelle loro case o di raggiungere per lo meno un posto caldo e sicuro.
L’unico uomo che faceva eccezione se ne stava all’inizio di un vicolo ed era pazientemente immobile da più  di trenta minuti, la testa coperta da un cappello calato fino alle orecchie e lo sguardo annoiato. Non mosse un muscolo quando sentì  dei passi dietro di lui, sapeva esattamente chi l’aveva raggiunto.
“Non dovresti, fa male alla salute”  esclamò con un sorriso storto, continuando tuttavia a fissare il vicolo davanti a sè.
Il nuovo arrivato ebbe un moto di sorpresa nel sentirsi colto in flagrante mentre stava per accendersi una sigaretta, ma tuttavia cercò di sembrare a suo agio e fece comunque scattare la fiamma dell’accendino, aspirando voluttuosamente il fumo nel tentativo di calmarsi del tutto.
I loro incontri, per quanto rari e sempre molto rapidi, riuscivano a renderlo assai nervoso: aveva lavorato con ogni tipo di committente nella sua carriera e offerto i suoi servizi a piu’ di una persona colpevole di innumerevoli crimini efferati, ma gli occhi dell’uomo con cui doveva parlare riuscivano sempre a mandargli un brivido lungo la schiena e il suo fare glaciale non cessava mai di stupirlo.
Il suo sguardo sembrava scrutare il mondo con evidente distacco, quasi a voler sottolineare la sua superiorità  e la consapevolezza di poter fare qualunque cosa.
“Sei in ritardo” disse di nuovo il suo interlocutore, girandosi finalmente a guardarlo.
Una smorfia attraversò  il viso dell’uomo con la sigaretta.
“Muoversi senza destare sospetti richiede ormai una certa attenzione e cautela, come ben saprai. Soprattutto in questo periodo. Non sarebbe cosi, se tu mi lasciassi fare a modo mio” aggiunse in un moto di coraggio, ben sapendo di mettere in discussione le convinzioni e i desideri dell’altro.
“Pazienza... tutto a suo tempo” rispose questo con un sorriso lento e calcolatore, che tuttavia non mancò  di essere anche un avvertimento.
Si fa a modo mio.
“Per ora limitiamoci a seguire lo schema concordato. Hai contattato gli uomini di cui abbiamo bisogno?”
L’uomo  annuì  e aspirò un’altra boccata di fumo.
“Arriveranno domani. Sono ansiosi di conoscere il loro obiettivo, non è gente abituata a stare con le mani in mano, come puoi immaginare”
La risposta fu alquanto seccata.
“Li pago una somma spropositata, il minimo che mi aspetto è che seguano i miei ordini alla lettera. Di’ loro che avranno le istruzioni quando sarà il momento giusto”
Il nuovo arrivato non potè fare a meno di sentirsi curioso.
“E il momento giusto quando sarà?” chiese soffiando lentamente il fumo dalla bocca.
Il ghigno dell’uomo con il cappello si intensificò.
“Presto. Molto presto”
La sigaretta fu gettata a terra e schiacciata sotto una scarpa.
“E riguardo a quell’investigatore che facciamo?”
“Attento, lui preferisce la definizione di consulente investigativo. L’ho già detto, procediamo con il piano originale”
“Che sarebbe?”
Il ghigno sul volto dell’uomo con il cappello si fece divertito e l’immancabile brivido lungo la schiena del suo interlocutore si fece sentire non appena ottenne al risposta alla sua domanda.
“Gli bruceremo il cuore”

 
***
 
 
Lo sparo risuonò  improvviso.
Mrs Hudson sussultò  e poi scosse la testa.
“Benedetto ragazzo...” mormorò  tra sè, per poi tornare ad occuparsi del grembiule che stava rammendando.
Altri due colpi d’arma da fuoco si fecero sentire in rapida successione e a questo punto l’anziana signora si alzò dal divano e marciò su per le scale, il lavoro di cucito abbandonato su un cuscino.
“William Sherlock Scott Holmes, smetti subito di sparare ai miei muri!” gridò sulla soglia dell’appartamento.
La figura che giaceva languidamente in poltrona non si mosse se non per agitare svogliatamente una mano per aria.
Fortunatamente, non la mano che impugnava la pistola.
“Non sto sparando ai muri. Aveva chiaramente detto che dopo l’ultima volta mi era assolutamente proibito”
Mrs Hudson si mise le mani ai fianchi e strinse la bocca in una smorfia di disapprovazione.
“Beh, allora smetti di sparare a qualsiasi cosa tu stia sparando, signorino!”
Per tutta risposta, Sherlock Holmes puntò la pistola e premette di nuovo  il grilletto, colpendo una  lattina dall’altra parte della stanza.
“Oh bontà divina!” gemette la donna scuotendo piano la testa “spero che i vicini non abbiano già chiamato la polizia. Ti prego, ragazzo mio... smettila. Perchè invece non ti preparo una bella tazza di tè? E magari qualche dolcetto di quelli che ti piacciono tanto”
Dalla poltrona si udì un grugnito insoddisfatto e tutto d’un tratto la figura che fino a qualche secondo prima era mollemente seduta stava camminando come una furia per l’appartamento.
Mrs Hudson notò con sollievo che per lo meno aveva appoggiato la pistola.
“Non ho bisogno di tè e biscotti! Quello di cui ho bisogno e’ azione!  Nutrire la mia mente con domande, misteri e quesiti! Indagare, risolvere puzzle... lavorare!”
Sherlock si avvicinò alla sua padrona di casa e la guardò  fissa negli occhi.
“Le sembra che io stia lavorando, Mrs Hudson?”
I suoi occhi chiari brillavano per l’agitazione.
La donna si contorse le mani in grembo.
“No, caro... no”
Lui gettò  le braccia in aria con un grido di frustrazione.
“Esatto! Non sto lavorando! Solo misere consulenze che posso risolvere via mail e nessun caso interessante da parte della polizia. Tre settimane di omicidi efferati e ora il NULLA!” i suoi movimenti convulsi si fermarono davanti alla finestra e congiunse le mani sotto il mento.
“Che cosa? Che cosa stanno aspettando?”  riflettè tra sè a voce bassa, l’agitazione di pochi secondi prima ormai scomparsa.
Sul viso di Mrs Hudson comparve un’espressione dispiaciuta.
“Sherlock, capisco che questo periodo sia difficile ma non posso essere francamente dispiaciuta che quell’ondata di crimini violenti sia finita. Forse... forse non succederà altro e non sarebbe poi cosi brutto, giusto?”
L’uomo che considerava come un figlio non si curò di risponderle e lei non riuscì a decidere se quel silenzio fosse peggio del suo stato di agitazione di poco prima: sapeva bene che cosa potesse rappresentare per lui la minaccia che era arrivata sotto forma del viso di Jim Moriarty su ogni schermo possibile del Regno, sapeva che era dilaniato dall’incertezza e dalla preoccupazione.
Dalla paura di non riuscire a proteggere tutti loro.
E dalla noia derivante da questo stato di forzata attesa, benedetto ragazzo.
Il suo sguardo vagò per l’appartamento in disordine.
“Oh, Sherlock... di nuovo quelle orribili cose sul tavolo della cucina! Tu e i tuoi esperimenti! E pensare che hai a disposizione il laboratorio di Molly, non sarebbe meglio che rimanessero in uno spazio più sicuro e in cui non devi vivere? Che disastro... magari quella cara ragazza potrebbe passare e portare via un po’ di materiale, forse sarebbe il caso -”
Le spalle del consulente investigativo si irrigidirono di colpo e poi si girò di scatto.
“Fuori!” esclamò in tono duro.
Mrs Hudson sgranò gli occhi.
“Ho detto fuori, non tocchi nulla! E’ tutto esattamente dove deve essere! Via, se ne vada! Non ho bisogno di nulla, torni a rammendare quel suo vecchio grembiule che le piace tanto!”
“Ma...”
“Mrs Hudson!” tuonò di nuovo lui “mi lasci in pace!”
“Oh ma che modi...”
L’anziana donna si girò di scatto per nascondere il disappunto e Sherlock si sentì invadere da un’ondata di rimorso.
Chiuse gli occhi e fece un sospiro.
“Mi dispiace” le disse, bloccandola quando ormai era sulla porta “non... non avrei dovuto gridare. Non è colpa Sua, ma gradirei restare solo. Per favore”
Sherlock Holmes non si scusava tanto facilmente e Martha Husdon lo sapeva bene.
Si voltò e gli sorrise.
“Però  smetterai di sparare?” gli chiese con affetto.
Gli angoli della bocca di lui si curvarono appena.
“Si. Smetterò di sparare” le disse.
La donna sorrise ancora e uscì piano dall’appartamento, richiudendo la porta dietro di sè.
Lo sguardo di Sherlock corse al tavolo della cucina e il consulente investigativo rimase a contemplare il caos che vi regnava.
L’innocente suggerimento di Mrs Hudson aveva avuto il potere di scatenare in lui un moto di rabbia e risentimento: non vedeva la patologa da quella sera in laboratorio e non era più tornato al Bart’s, visto che la serie di omicidi era finita e che questo significava non doversi incontrare per forza.
A che scopo creare delle altre occasioni? Al momento non c’era davvero più nulla che potessero dirsi, nulla che potesse cambiare la situazione.
No. Molly Hooper non sarebbe senz’altro venuta... non quel giorno.
Nè quelli a venire.
Rilasciò  i pugni che aveva inconsapevolmente stretto  e afferrò il violino, cominciando poi a suonare una melodia struggente.
 
***
 
“Umpft!”
John si voltò  verso sua moglie dopo aver sentito l’esclamazione di fastidio e non potè trattenere un sorriso.
“Si muove?” le chiese raggiungendola sul divano e posandole una mano sul ventre.
Mary sbuffò di nuovo, ma poi sorrise anche lei.
“Capriole su capriole. Probabilmente da grande sarà una ginnasta” rispose appoggiandosi meglio allo schienale del divano e sovrapponendo una mano a quella di lui.
La bambina si agitò di nuovo.
“O una lottatrice di wrestling” commentò scherzoso John, guadagnandosi una sberla affettuosa sul braccio.
Per un attimo rimasero quieti a godersi quel piccolo momento di normalità, ma a Mary non sfuggì l’occhiata ansiosa che suo marito gettò al telefonino.
“Non ti risponde?” gli chiese, già consapevole della risposta.
Lui scosse piano la testa.
“No”
“Non lo vedi dalla cena di una settimana fa e a malapena ha risposto a qualche sms. E tu sei preoccupato” disse Mary con calma.
“No. Si. Un pochino...” ammise John frustrato “e’ solo che so che questa attesa lo sta snervando e che chiudersi nell’appartamento è  il suo modo di reagire, ma non vorrei che lui...”
“Stesse agendo alle tue spalle e per conto suo?”
Il Dottor Watson fece un profondo sospiro.
“Gli ho detto che questa volta affronteremo tutto insieme ma non sono sicuro che lui sia disposto a farlo, ho cosi paura che faccia di testa sua e si cacci in qualche altro guaio. Io non... non potrei...”
“Perderlo di nuovo” concluse lei con un sorriso triste, consapevole delle difficoltà che essere amico di Sherlock Holmes comportava.
“Esatto” concluse John in un soffio abbassando lo sguardo sulla piccola protuberanza che sporgeva dalla pancia di sua moglie e che segnalava l’inequivocabile iper attività’ di sua figlia.
“Sai, non devi stare qui per forza tutto il tempo” gli disse Mary infine.
Lui alzò la testa di scatto.
“Pensi che mi senta obbligato a passare del tempo con te?” le chiese incredulo.
Lei sorrise di nuovo.
“No. So che io e la piccola siamo la tua prima priorita’, ma so anche che non vedi Sherlock da un po’ e che hai bisogno di essere sicuro che stia per lo meno bene, che nel suo caso significa davvero che non stia combinando niente di stupido. Ne ho bisogno anche io, accidenti, e se non fosse perchè sono sicura che sia meglio che vi vediate a quattr’occhi trascinerei subito me stessa e il pancione dentro a un taxi diretto a Baker Street!”
John sorrise all’irruenza di sua moglie, tuttavia il suo sguardo era ancora incerto.
“Tesoro...” continuò Mary con dolcezza “noi staremo bene. Gli uomini di Mycroft sono qui fuori e io approfitterò della tua assenza per finire tutto il gelato che abbiamo in freezer. Va da lui, assicurati che stia bene e poi minaccialo di prenderlo di nuovo a pugni se non smette di comportarsi come il sociopatico che si vanta tanto di essere ma che in fondo non e’.
E tanto per essere chiari, ribadiscigli di nuovo che non chiameremo la bambina Sherlock”
A questo punto John scoppiò sonoramente a ridere e le diede un bacio.
 
***
 
“Signore?”
Greg Lestrade alzò  stancamente la testa dalle carte che stava esaminando alla sua scrivania e osservò la persona che l’aveva chiamato.
Non potè nascondere un moto di stupore.
Sally Donovan avanzò piano nell’ufficio, come se avesse paura di non essere ben accolta, ma il suo ex superiore le rivolse un sorriso.
“Ma tu guarda chi si rivede” esclamò.
La donna ricambiò il sorriso e si rilassò impercettibilmente.
“Ne è passato di tempo” disse, prima di fare una smorfia “vedo che qui c’è sempre il solito caos”
Lestrade alzò le spalle e la invitò a sedersi di fronte a lui con un gesto della mano.
“Non dirmi che ti manchiamo” le rispose alzando un sopracciglio.
La donna considerò per un attimo quell’affermazione e poi scosse il capo.
“No. Ma non posso negare che qui ho imparato quasi tutto quello che so. E’ stato un buon periodo... dopo tutto”
Per qualche secondo regnò il silenzio ed entrambi rimasero a fissarsi, ripensando probabilmente ai loro giorni di collaborazione e a quanto il loro rapporto si fosse inclinato dopo il “suicidio” di Sherlock: i sensi di colpa, le recriminazioni e le accuse reciproche avevano minato la squadra e messo a dura prova il team fino a che non c’era stata altra soluzione che quella di dividersi. Anderson aveva fatto le sue scelte... quelle di Donovan erano andate decisamente in un’altra direzione e la sua apparizione poteva significare solo una cosa.
“Suppongo che tu non sia qui in visita di cortesia” dichiarò l’Ispettore rompendo ogni indugio.
“No” sul viso di Sally apparve un’espressione determinata.
Lestrade si passò una mano sugli occhi.
“Quanto è grave?” chiese infine.
“Molto. E per quanto Le possa sembrare strano sentirlo detto da me, abbiamo bisogno di Sherlock Holmes”
 
 
 
Ehhhh... bene. Parto tra pochi giorni, torno settimana prossima.
A presto!
 
 
 
  
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