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Autore: Atticus 182    03/08/2014    1 recensioni
"Jimmy Novak, un uomo sulla trentina, accettò di donarmi il suo corpo una notte di settembre, divenne il mio involucro personale e sentivo che iniziava ad aderire alla mia luce celeste. Indossava un trench beige, un vestito scuro, una camicia bianca e una cravatta e quello fu il mio marchio d’identità per ogni angelo che venisse dal cielo. "
Castiel è un Angelo, un Soldato del Signore, la sua missione è quella di ripulire la Terra dai Demoni e dagli individui impuri e senza fede. E' un Angelo freddo e senza rimorsi, ma c'è qualcosa di speciale dentro di lui, e Dio ne è consapevole. Qualcosa che crescerà e un giorno, dopo l'incontro con una persona molto importante, prenderà il sopravvento. Parlerò in prima persona, e descriverò i pensieri di Castiel. Buona lettura :)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza | Contesto: Quarta stagione, Più stagioni
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“A volte, mi viene concesso il grande privilegio di vedere le anime degli esseri umani. L’anima, che dimora dentro il corpo, riempiendone l’intera sagoma, si protende verso l’esterno. Quasi tutte le anime rimangono all’interno del corpo fisico durante il sonno, ed è raro che fuoriescano, anche solo leggermente, dal loro involucro in carne e ossa. L’anima, così come mi viene mostrata, presenta una certa somiglianza con l’individuo, pur non essendo identica e pur non avendo le stesse caratteristiche e gli stessi tratti somatici. Per certi versi, è lecito affermare che l’individuo appare fisicamente perfetto. Ogni volta che mi viene concesso di vedere un’anima, significa che è in atto un evento di matrice spirituale, anche se la persona potrebbe non esserne consapevole. Quando avviene questo fenomeno, mi sento pervadere da un’immensa sensazione di gioia e serenità, nella certezza che Dio si sta occupando di tutto.”
Ronda Byrne - Una scala per il cielo
 
Le profonde incisioni che avevo inflitto a quel corpo non erano abbastanza. Passai la lama affilata della mia arma ancora una volta sull’avambraccio di quello sconosciuto, lentamente, in modo da procurare un dolore fastidioso . Il sangue e le urla riempirono il capanno in cui stavo torturando quel Demone, ma la mia voce rabbiosa sovrastava ogni cosa. La carne rossa e vivida fuoriusciva leggermente dalle ferite, una poltiglia di tessuto muscoloso e frammetti di ossa si faceva spazio penetrando attraverso la pelle, lacerando e strappando gli ultimi strati di epidermide. Avevo intriso il coltello nell’ acqua benedetta per cui le ferite emanavano fumi densi e al contatto della lama con la carne potevo sentire come il suono e l’odore della pelle viva bruciata dal fuoco dell’Inferno. «Dove si trova Crowley ? » Gli urlai in faccia, ripercorrendo il ricordo del mio compagno squarciato e lasciato a marcire in un vicolo. Mi guardò ridendo, con i denti impregnati di sangue e gocce rosse che colavano lungo il mento. «Va all’Inferno, brutto angelo schifoso. » Infilzai violentemente il coltello nella spalla e girai e rigirai la lama in profondità, la carne si squartava e lacerava e dalle sue labbra, i denti stretti, spruzzi di sangue dovuti ai suoi respiri, mi sporcarono il trench. Tirai fuori il coltello e lo pulii sulla sua giacca nera. Mi fissava con aria del tutto tranquilla e soddisfatta, nonostante i miei tentativi di spezzarlo. Era stato addestrato bene, ma io ero un Soldato del Signore, loro ci temevano, e dietro quell’espressione compiaciuta riuscivo a intravedere tutto il terrore nascosto tra gli strati di pelle del suo involucro. «Parla, o ti pentirai di essere mai uscito dall’Inferno. » Pensai che minacciarlo non sarebbe servito a niente, ma qualcosa nei suoi occhi mi lasciò intendere che avrebbe parlato. Non mi piaceva adottare l’arte della tortura, nemmeno per i Demoni, per quanto fossero nemici naturali degli Angeli, non era nella mia indole procurare dolore al prossimo.  Ma era la mia missione, la sacra strada da intraprendere, l’atto angelico da compiere. Così passai un intero pomeriggio a massacrare quel Demone, a ripassare tutti i simboli sacri sulle porte per non fare entrare i suoi alleati e urlare e giurare vendetta alla sua persona.
Haziel era  uno degli Angeli piu’ generosi del Paradiso,  possedeva moralità e nobiltà d’animo e un senso di protezione verso i suoi compagni che non era molto diffuso tra  noi Soldati.  Avevamo fatto coppia in seguito al nostro incontro di fronte al motel dove uccisi quella donna. Noi Angeli siamo in grado di riconoscere i nostri fratelli grazie alla luce che emaniamo dal corpo. Nonostante i nostri contenitori assumano una forma del tutto normale, tra di noi riusciamo a distinguere gli Angeli dai Demoni e dagli umani. Infatti grazie ai nostri occhi possiamo vedere la vera natura fisica di ogni essere sovrannaturale. 
Trascorremmo pochi giorni insieme, uccidemmo due demoni, ma uno ci sfuggì, così gli demmo la caccia, ma non bastò. Doveva essere molto potente, uno tra i piu’ micidiali. Il suo nome era Crowley. Seguimmo ogni suo spostamento, ma tutte le indicazioni erano un buco nell’acqua, e si sa, noi Angeli siamo duri a mollare. Una sera ci appostammo di fronte ad un bar per camionisti, uno di quelli disgustosi e sudici, che puzzano d’alcool e sudore e di panini unti. Uno di quegli uomini era un demone, potevamo scorgere la sua anima nera e avvolta da una nube scura, al suo fianco un uomo vestito di tutto punto, in nero e con pochi capelli.  Era lui che stavamo cercando, il nostro demone, Crowley. Aspettammo che uscisse e si dirigesse in un vicolo cieco. Lo colpimmo alle spalle, io lo imprigionai e Haziel avrebbe dovuto infilzarlo. Il suo errore fu distrarsi per un secondo e quello che successe dopo supera l’inimmaginabile. Mi colpì in faccia con la testa e svenni a terra.
A svegliarmi fu l’odore di un corpo già in decomposizione misto al sangue. Haziel non fu solo ucciso, fu torturato, aperto, squarciato, bruciato, si era divertito ad annodare le sue budella quando ancora era vivo, a giocare con il suo contenitore, finche non gli strappò il cuore con i denti e lo buttò a terra accanto al suo corpo. Ciò che rimaneva di Haziel giaceva in una pozza di sangue e fango, sangue che si era incrostato al suolo e aveva preso il colore del pavimento del vicolo. Non provai niente, non gli diedi nemmeno una degna sepoltura. Cercai solo con le mani di raccogliere i pezzi per rendere la scena meno lugubre per i passanti, o chiunque avesse ritrovato quel corpo. In fin dei conti eravamo stati una squadra, ma gli Angeli non si abbandonano a certe emozioni. Semplicemente lasciai Haziel lì e mi diressi verso un’altra missione. Non diedi la caccia a quel demone, non piu’ ormai. Fino a quel giorno.
Ero in volo, nell’Iowa. Mi ero recato lì per conto di Iezalel, un angelo che mi aveva rintracciato ritenendosi in pericolo. Mi diressi in suo aiuto, ma trovai ben altro. L’avevo localizzato, la sua Grazia illuminava un vecchio palazzo sulla U.S. Highway 65 e venni attirato dalla sua luce. Quando comparvi nell’ufficio malconcio in cui si trovava, vidi qualcosa che non mi sarei di certo aspettato. Crowley seduto su una sedia cigolante con in mano la testa di uno dei miei fratelli. Il sangue sgorgava dai brandelli di carne ancora attaccati alla pelle e un sorriso a trentadue denti colorava il suo viso. «Castiel, mio caro, ci ritroviamo. » Non capivo il motivo delle sua azioni, noi Angeli agiamo in base a delle precise missioni, veniamo indirizzati da Dio o da i nostri superiori e tutto ciò che facciamo è portare del bene dove prima non c’era altro che perfidia e perversità.
Fuori l’aria era umida e il cielo carico di pioggia, potevo sentire ogni rumore e profumo esterno, come  l’odore del metallo rovente delle rotaie della ferrovia o il suono di dieci martelli battuti sul ferro da operai in cima ad un palazzo. Erano suoni e odori così vividi, sentivo tutto amplificato, per dieci, cinquanta, cento volte. Come se quei martelli stessero picchiettando il mio cranio e l’odore del metallo provenisse dalla mia pelle scottata. La rabbia stava calpestando ogni pezzo di me con un po’ di moralità e giudizio, stava distruggendo ogni cosa costruita dalla mano di Dio dentro il mio corpo e la mia anima, rubava silenziosamente frammenti della mia indifferenza facendo spazio all’odio, un sentimento, ciò che mi rendeva immune alle debolezze degli umani. Sentimenti, sensazioni contrastanti avevano preso il sopravvento sul mio lato angelico, anche se ero immobile, pietrificato e con lo sguardo assente sulla testa mozzata dell’angelo che mi aveva chiesto aiuto, dentro di me stava succedendo qualcosa. Qualcosa di estraneo, di sconosciuto, di così estremo e liberatorio, come catene spezzate e il loro stridere sul pavimento. Qualunque cosa stesse facendo muovere i miei muscoli mi faceva sentire nuovo e autonomo, rinnovato, me stesso.
Lanciai velocemente il mio coltello in direzione del suo petto, fissandolo alla sedia. Non se lo aspettava così ebbi il tempo di avvicinarmi a lui e colpirlo in viso con un pugno, e poi un altro, stavolta allo stomaco e sotto il mento, al torace, alla mandibola, sul setto nasale, dove il sangue sgorgava copioso e bluastro. «Non ridi piu’ adesso, ah? » I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, uno spruzzo di saliva mi colpisce il viso, mi aveva sputato in faccia e un altro gancio destro lo stese a terra. Continuai a colpirlo con dei calci al petto, aveva ucciso Haziel e adesso Iezalel, non meritava una morte indolore. Il mio corpo era invaso da mille scariche elettriche, l’aria calda fuoriusciva violenta dalle mie narici e della labbra, bruciava quasi, ma continuai a colpirlo, sempre piu’ violentemente. Il corpo non reagiva piu’, sembrava inerme e giaceva in una pozza di sangue limpido e piu’ scuro rispetto al normale, ripresi fiato e lo guardai, estraendo il pugnale. Mi sentivo bene, come rinsavito, piu’ forte e micidiale. Accanto al corpo un pezzo lucente dello specchio prima appeso al muro, rifletteva il mio involucro. Avevo la fronte corrucciata, ma la mia espressione indifferente era dura e pallida come sempre,  una macchia di sangue mi sporcava la guancia e con la manica del trench mi pulii il viso. Poi la mia figura scomparve dal pezzo di vetro e diresse l’attenzione al demone, che si era letteralmente volatilizzato. Delle dita aderirono al mio capo e un colpo violento mi fece torcere il collo in un movimento netto e preciso, caddi a terra perdendo i sensi.
Eppure ci avevano insegnato che il lato umano non poteva influenzare il nostro animo angelico, che i Soldati del Signore non provavano che devozione verso loro Padre e senso di unione verso i loro fratelli. Avevo davvero lasciato prevalere le debolezze umane al mio profondo concetto di fermezza e decisione ? E così la mia anima era debole e appassita, consumata dall’umanità e dai suoi vizi. Immune ai pericoli della vita, ma non ai sentimenti. Come, un demone di quel calibro era riuscito ad accendere in me tali ardori ? La carica con cui lo colpii, la dimostrazione di potere e l’errore di lasciarmi andare al lato umano avevano creato divergenze e questioni irrisolte nel mio essere. Non potevo convivere con due coscienze, con due cervelli pensanti e distinti tra loro. Avrei dovuto scegliere il mio vero luogo di appartenenza, il mio vero corpo e soprattutto la mia vera anima. Mi ero chiesto svariate volte quale fosse il reale scopo della nostra missione, e svariate volte Dio mi aveva risposto, senza chiarire del tutto i miei dubbi e le mie preoccupazioni. Sentivo di appartenere a due mondi, ma ciò non era del tutto possibile. Era fattibile dal punto di vista di Dio, catapultare i suoi figli in un’altra realtà, tenendoli comunque legati al loro vero luogo di nascita. Ma come sarei riuscito a far sì che la Terra non mettesse radici dentro di me e non contagiasse i pensieri puri e giusti della mia persona ? Troppe volte ero caduto nel peccato umano, ascoltando la donna che con leggerezza d’animo aveva creato tumulti nella mia testa e raccogliendo i brandelli del mio compagno caduto in battaglia, per ripulire la scena o forse in realtà per cercare di salvarlo e riportarlo da me a riempire il vuoto che provavo. Non mi ritenevo piu’ un essere totalmente devoto al suo creatore, quei momenti di lucidità della mente avevano giovato all’individuo che ritenevo essere smarrito e perso, e che in realtà cercava solo di trovare un posto sicuro e che davvero gli appartenesse. Giorno dopo giorno avevo chiesto a me stesso se fosse la strada giusta da intraprendere, ma giorno dopo giorno rimandavo a domani e di notte mi pentivo di essere così codardo. Avevo paura della sua reazione ai miei pensieri, impuri, nascosti, impertinenti. Non mi sentivo legato a nessuna figura celeste superiore, non mi ero mai sentito davvero legato a lui, come se dalla nascita della mia luce qualcosa mi aveva segnato e posto su un cammino diverso da quello che Dio voleva intraprendessi.
Per quanto stolto e malvagio, quel Demone mi aveva rivelato il mio vero essere, quell’angelo da cui non sarei dovuto fuggire, al contrario che avrei dovuto abbracciare e lasciar entrare. Involontariamente aveva fatto sì che capissi il vero significato della mia esistenza, di ciò che sono e sarò e inconsapevolmente il mio involucro aveva contribuito a dare un senso alle mille sfaccettature del mio caso. E così non ero piu’ l’Angelo del Signore che corrisponde ai criteri celestiali di ogni essere angelico, che combacia perfettamente con l’esempio del Soldato portatore di pace e giustizia, ero solo Castiel, un angelo libero e buono, che vestiva i panni di un uomo giusto e casto e compiva azioni conformi alle leggi del Paradiso. Rimasi con Dio, dopotutto, rimasi con i miei fratelli a combattere le loro guerre, a prestare servizio e oppormi al male. Un solo uomo poteva cambiarmi definitivamente, l’avevo visto nei miei sogni e nella fonte di speranza che mi si riversava quotidianamente dentro, ma il giorno del nostro incontro era ancora lontano e le mie mani si sarebbero dovute macchiare di altro sangue, i miei occhi avrebbero visto ancora altre valli e città e le mie ali avrebbero dovuto ancora sfiorare molti cieli prima di quel momento.
   
 
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