Make your own banner at MyBannerMaker.com!
Depressione.
“Elyse,
vieni a tavola?” chiese
Zayn, bussando alla porta della stanza di lei. Nessuno rispose.
“Elyse?” fece
di nuovo. “Lasciami sola.” Rispose la ragazza con
voce rotta. Stava piangendo.
Zayn, al contrario, allarmato aprì la porta.
“Elyse, ma che…” fece, quando la
vide. Era a terra, in una camera che era un disastro. I quadri erano
stati
tolti dalle pareti. I vestiti giacevano in giro per la stanza. Le
lenzuola
erano appallottolate ai piedi del letto. I cuscini aperti, con
l’imbottitura al
di fuori. Sulle tre pareti libere, erano scritte tre parole: Why? Who? Wrong? La vernice rossa era
colata, ricordando in modo inquietante il sangue. E lei era in mezzo a
tutto
questo disastro, coperta solo da una lieve canottiera e degli shorts
che
lasciavano scoperti quasi tutti i tagli. Il viso era una maschera di
linee nere
e irregolari, che Zayn capì essere il tracciato delle
lacrime sporche di
trucco. Tremava, forse dal freddo, forse per qualcos’altro.
“Cosa ho fatto per
avere tutto questo male?” chiese Elyse, lo sguardo rivolto al
soffitto, la voce
roca, flebile, spenta. Spenta come i suoi occhi.
Zayn si
chinò di fianco a lei.
“Elyse…”
fece solo. Non sapeva cosa fare, vederla in quello stato gli aveva
frantumato
il cuore. Avrebbe voluto reagire in qualche modo, ma non ci
riuscì: fu
preceduto da Gemma, che arrivò in camera e vide lo scempio.
Trasalì. “Elyse,
che diavolo hai fatto?!” fece. L’altra non rispose.
“Zayn, puoi lasciarci da
sole?” chiese la ragazza. L’altro, indeciso, si
alzò, ma rimase immobile.
Gemma, quindi, prese la sua mano e lo trascinò fuori dalla
stanza. “Scusa.”
Fece, chiudendogli la porta in faccia.
“Hai
appena buttato nel water due
mesi di lavoro.” Fece, sedendosi di fronte ad Elyse, che non
reagì. “E non solo
tuo. Di tutti. Tutto quello che abbiamo fatto, per mandare in galera
quel
mostro, per recuperare almeno in parte quello che avevamo perso, per
tornare ad
essere felici. Adesso dimmi, cos’è che non ti va
bene? Cos’è che ti lascia
così?”
“Guardami.”
“Sei
piena di tagli, ok. E allora?”
“E
allora cosa?! Non ti chiedi chi
è stato? O perché l’ha fatto? O cosa ho
fatto io per meritarmi questo?!”
“Sì,
ma io non rimango immobile
sulle stesse domande mentre la vita va avanti. Prima o poi le risposte
arriveranno, anche senza cercarle.”
“E
cosa dovrei fare, spiegamelo tu,
che sei tanto forte!” fece Elyse, alzandosi di scatto e
sputandole contro
quelle parole. “Arrabbiati. Accumula questi sentimenti.
Accumula tutto. Perché
quando scoppierai, sarai inarrestabile.” Rispose sicura
Gemma. “Io non sono
come te. Non sono capace.”
“O
forse non vuoi esserne capace.”
“Non
ti capisco.”
“Sei
fissata sul tuo dolore, troppo
impegnata a commiserarti. E non ti accorgi che ogni cosa, se usata nel
verso
giusto, può essere un’arma al tuo
arsenale.”
“Fammi
un esempio.”
“Questi
tagli. Ti dimostrano che
sei abbastanza forte per rialzarti dopo una caduta, ma non per andare
avanti. È
una lezione che devi imparare in fretta, prima che arrivi
qualcos’altro a
buttarti giù.”
“Come
posso andare avanti, così?!”
“Devi
scrollarti di dosso tutto,
trasforma la tristezza, la depressione, in rabbia. Dicono tutti che
è un male,
mentre è solo un altro coltello che puoi rivolgere contro
gli altri!”
“Io
non sono come te, lo ripeto!”
“E non
devi esserlo! Ma devi
svegliarti, adesso, subito, o non ne uscirai più! Stai
affogando, ogni secondo
è un po’ di ossigeno che se ne va! Devi tornare a
galla prima di averne troppo
poco per vivere!”
Elyse rimase in
silenzio. Si guardò
le braccia. “Dammi un solo motivo per cui dovrei andare
avanti” disse poi. “Uno
solo? Potrei scriverci un libro, di motivi per andare avanti.”
“Uno a
caso.”
“Bene.
Hai mai guardato Zayn negli
occhi?”
“Credo
che tutti noi lo abbiamo
guardato negli occhi, almeno un migliaio di volte.”
“Non
in quel senso. Quello di cui
parli tu è vedere, non guardare. Io parlo di guardare.
Scavarci dentro, rivoltarli da cima a fondo.”
“Perché
mi chiedi questa cosa?”
“Perché
se solo lo avessi fatto,
non avresti avuto nemmeno bisogno di cercare tanto per capire che
è
fottutamente innamorato di te.” Disse Gemma. Elyse rimase in
silenzio, di
nuovo. “E se allo specchio, anziché guardare il
tuo corpo, avessi guardato i
tuoi occhi, avresti visto che il suo è un amore
corrisposto.” Aggiunse Gemma. “Come
fai a saperlo?” chiese Elyse. “Mi prendi in giro?!
Non sono stupida. Scommetto quello
che vuoi che state insieme.”
“Ripeto,
come fai a saperlo?!”
“Perché
quando vi guardate avete
quella luce negli occhi, quella complicità, quel mezzo
sorriso, che solo le
persone innamorate hanno. Nonostante facciate finta di odiarvi a morte,
nonostante il vostro punzecchiarvi, siete persi l’uno
dell’altra. E non dire
che mi sbaglio.” Fece Gemma. Elyse stette zitta un secondo di
troppo, tanto che
Gemma continuò: “Ecco il primo motivo. Sei
innamorata e corrisposta. Ne vuoi
altri? Possiamo andare avanti tutta la notte, anche se preferirei di
no.”
“Perché
no?”
“Perché
di sotto c’è la cena che ci
stiamo perdendo e il mio stomaco si sta alterando parecchio.”
Rispose Gemma.
Elyse, finalmente, ridacchiò. “Sì,
accidenti, sì. Ci sono riuscita.”
Esclamò Gemma.
“A far cosa?”
“A
farti sorridere. Ora ti sei
ricordata come si fa.” Rispose lei. Elyse sorrise di nuovo.
“Visto?” rincarò la
dose Gemma. “Non sono i tuoi discorsi a farmi sorridere,
è la tua pazzia”
ribatté Elyse. “Tesoro, io non sono pazza. Sono
Limited Edition.” Si vantò
Gemma, alzandosi in piedi. “Certo, hanno buttato via lo
stampo quando hanno visto
cosa ne è venuto fuori.”
“Intendi
una fumata che ha come
scopo nella vita di salvare gli altri? Allora è un bene, se
fossero stati tutti
salvatori non ci sarebbe stato nessuno da salvare, e addio scopo nella
vita.”
“Gemma,
fammi un favore. Non fare
figli.”
“Perché?”
“Perché
tante piccole Gemme per il
mondo non le reggerei proprio. Già è difficile
sopportarne una.”
Gemma
scoppiò a ridere. “Dillo, che
mi adori.”
“E chi
l’ha mai negato?” fece
Elyse, alzandosi in piedi. “Visto, che la forza di alzarti in
piedi ce l’hai?”
chiese Gemma. Elyse la guardò male. “Mi sono
alzata fisicamente, non
moralmente.”
“Tesoro,
nessuno lo ha mai notato,
ma è la stessa identica cosa.”
Elyse sorrise,
di nuovo. Abbracciò Gemma,
sussurrandole all’orecchio: “Grazie.” Lei
sorrise a sua volta e ricambiò l’abbraccio,
non stringendo troppo per paura di farle male. “Ora lavati la
faccia che sembri
me dopo aver letto Colpa delle stelle.”
Disse. Elyse annuì e si chiuse in bagno.
Dopo qualche
minuto, si era
sistemata, dandosi chili e chili di fondotinta per nascondere le
cicatrici agli
occhi di Chiara. Aveva ancora la sua felpa-appartamento, che adorava.
Si mise
un paio di pantaloni lunghi e uno di calze. Gemma era rimasta sul
letto, mentre
la sua espressione diventava sempre più torva ad ogni
brontolio del suo
stomaco. “Ti stacco a morsi un braccio se non ti
muovi” la minacciò ad un certo
punto. Elyse si mise a ridere e si avvicinò alla porta,
ancora chiusa. “Ci sono”
fece, abbassando la maniglia. La porta si aprì da sola per
il peso di qualcosa,
appoggiato contro di essa. Elyse si ritrasse spaventata, non se
l’aspettava. Intanto,
il qualcosa atterrò con
un tonfo a
terra, seguito da un: “Ahi!”
Era Zayn, che si
era appoggiato
alla porta. “Zayn, ma che ci fai lì?!”
chiese Gemma. Lui si guardò attorno
spaesato. “Credo di essermi addormentato qui” fece
poi. Le due si guardarono e
scoppiarono a ridere. “Cosa mi sono perso?” chiese
Zayn. “Mi sono alzata in
piedi” fece Elyse con noncuranza. Zayn la guardò
malissimo, come a chiedersi
cosa si fosse fumata, e questo fece ridere ancora di più
Gemma ed Elyse.
Sì,
ce la poteva decisamente fare.