Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    06/08/2014    8 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 48
Separazione forzata

Leon aprì gli occhi di scatto, come se fosse sicuro che di lì a poco sarebbe dovuto scattare in piedi per scendere sul campo di battaglia. Ma invece della scomoda brandina era beatamente steso sul soffice materasso della sua stanza; invece di impugnare una spada affilata, tra le sue braccia stringeva forse la creatura più innocente e fragile di tutto il mondo. Rafforzò la stretta, quasi temesse che potesse scivolargli tra le mani, mentre lui aveva bisogno di sentirla lì, al suo fianco. Con Violetta quella notte Leon aveva raggiunto la felicità pura: travolto da qualcosa che trascendeva dal suo corpo, sebbene esso stesso gli avesse procurato un piacere immenso, aveva per la prima volta esplorato ogni possibile aspetto dell’amore, e si sentiva finalmente completo. Quel vuoto che era sempre esistito dalla morte del padre, diventando una vera e propria voragine, non esisteva più e doveva quel miracolo a Violetta. Scostò di poco le coperte, lasciando che l’aria fredda della mattina risvegliasse i suoi sensi e scorresse sulla pelle bollente, facendolo rabbrividire. Si accostò ancora di più alla ragazza, sciogliendo la presa con il braccio destro, mentre il sinistro rimaneva irremovibile sul suo ventre, continuando a reclamarne il possesso, e le sfiorò delicatamente la spalla, liberandola poi dei capelli sparsi. Ora che si era innamorato, non sapeva come avrebbe più potuto vivere senza quel sentimento tanto appagante e piacevole. Era davvero un peccato svegliarla, un crimine contro natura: dormiva così beata, accucciata al suo fianco, i loro corpi in un tiepido contatto che mai avrebbe voluto interrompere. Avvicinandosi al suo orecchio, si prese qualche secondo per ispirare a fondo il suo profumo. Violetta si mosse appena avvertendo l’aria catturata e poi in seguito emessa dal ragazzo con dei respiri profondi.
“Ehi” sussurrò piano strofinando con dolcezza il naso contro il contorno dell’orecchio. Violetta si divincolò  ridacchiando di riflesso, ancora addormentata, ma lui la tenne stretta con il braccio libero esercitando pochissima forza. Sorrise inconsapevole del modo in cui riusciva sempre a farlo stare bene. Aveva bisogno dei suoi baci, delle sue carezze, della sua magnifica voce, e per quanto fosse bello stare lì a guardarla dormire, non riusciva a resistere di fronte alla tentazione di svegliarla. Era davvero tanto egoista strapparla al sonno che aveva in quel momento il privilegio di specchiarsi in quei occhi dolci? Era invidioso persino di qualcosa di immateriale come il sonno. Si morse il labbro inferiore alla disperata ricerca di un modo delicato per svegliarla, ma più ci si lambiccava meno idee aveva. Una canzone? Beh, si, una canzone avrebbe potuto essere romantica. Forse. Non era molto esperto di quelle cose e aveva paura di fare un enorme buco nell’acqua. Però ci voleva una canzone dolce e melodiosa, non bastava certo un inno militare…come un lampo gli vennero in mente alcune strofe di una canzone sognata non troppo tempo fa. Per di più in quel sogno c’era anche Violetta, era successo prima che si riconciliassero all’interno del Labirinto. Si sporse al suo orecchio, cantando in un sussurro una strofa della melodia.
No soy el sol que se pone en el mar,
No se nada que este por pasar.
No soy un príncipe azu…
Tan solo soy.
Violetta avvertì una voce suadente raggiungere i suoi sensi per poi stravolgerli completamente. La prima cosa che sentì fu il freddo, in ogni caso sopportabile, attenuato dal corpo caldo di Leon affianco al suo. Aprì lentamente gli occhi, emettendo un piccolo sbadiglio. I brividi che le procurava Leon mentre accarezzava con le dita il suo braccio, come se cantando stesse sfiorando i tasti di un pianoforte, la fecero scuotere fin da subito dal torpore del sonno. Sbatté più volte le palpebre, mettendo velocemente a fuoco la stanza che la circondava, quindi si voltò fino a incontrare il sorriso luminoso di Leon a pochi centimetri dal suo viso. Era talmente incantata dalla sincerità che si sprigionava da quel sorriso e da quegli occhi di un verde acceso che quasi non si era accorta della mano che era risalita per accarezzarle la guancia con il dorso. “Buongiorno” soffiò prima di baciarla teneramente a fior di labbra. Con naturalezza Violetta avvolse il braccio intorno alle sue spalle, accarezzandogli la base del collo. “Buongiorno” rispose lei, avvampando di colpo al sentire il corpo nudo di Leon contro il suo. La canzone che l’aveva svegliata…sbaglio o non le era affatto nuova?
“Qualcosa non va?” le chiese preoccupato notando la sua aria assorta. Perché si agitava sempre in quel modo quando qualcosa sembrava sfuggire al suo controllo? Aveva bisogno di sapere cosa stesse pensando in quell’esatto momento. “Che cosa ti preoccupa?”.
“Q-quella canzone che hai cantato per svegliarmi…ecco, mi era sembrato di averla sognata; in quel sogno noi la cantavamo insieme” balbettò, volendo sprofondare per la vergogna. Avrebbe pensato sicuramente che fosse pazza invece lo vide scoppiare in una breve risata, i suoi occhi si illuminarono di fronte al falso allarme e le braccia, diventate tese, si rilassarono notevolmente, senza però mollare la presa su di lei.
“Anch’io l’ho sognata, uno dei sogni più belli della mia vita” spiegò con il cuore che stava letteralmente impazzendo per l’emozione. Non riusciva più a tenere a freno ciò che provava, era impossibile, come cercare di arginare un fiume in piena con qualche sacchetto di sabbia. Violetta si sciolse in un sorriso rasserenato e lasciò che Leon la baciasse di nuovo, assaporando le sue labbra calde. Mentre affondava le dita tra i suoi capelli, il principe l’attirò a sé, in modo tale che neppure un filo d’aria potesse separare i loro corpi e la fece voltare completamente verso di sé, fino a ritrovarsi stesi su un fianco. Il petto di Leon scorreva libero sul suo, facendola sospirare tra le sue labbra, mentre le braccia erano tornate entrambe a cingerle la vita, intrappolandola. Il braccio destro si staccò solo per un istante per coprirli nuovamente con le coperte e stare così al caldo.
“E non è stata l’unica volta che ti ho sognato” ammiccò tra un bacio e l’altro. “Ah, si?”. Le sembrava così assurdo che qualcuno addirittura finisse per sognarla, quasi innaturale; non capiva che il modo in cui Leon la guardava era già per lui sognare ad occhi aperti. “Si…alcuni sogni erano simili a quello che stiamo vivendo adesso”. Così stretti, Violetta poteva avvertire i brividi che provava mentre le parlava in quel modo.
“Tu mi hai mai sognato?” le domandò con evidente imbarazzo. Violetta avvampò e nascose velocemente il viso in fiamme sul suo petto, rannicchiandosi sempre di più. Ispirò a pieni polmoni quell’odore forte e selvatico di cui si era sentita fin da subito dipendente e lo sentì accarezzarle timidamente la schiena. “Non devi preoccuparti se non è così, la mia domanda è stata indiscreta, perdonami, io…”.
“Si” ammise con un filo di voce la ragazza, senza alzare lo sguardo e rimanendo, aggrappata alle sue spalle. Leon si scostò appena ricercando i suoi occhi, e quando li trovò sorrise. Solo lui sapeva quanto quel gesto fosse ricco di sincerità e amore, solo lui era in grado di capire quanto l’aveva cambiato. Senza di lei sarebbe stato perso, si sarebbe sentito continuamente privo di qualcosa, e avrebbe forse concluso che quel qualcosa era la morte. Invece aveva scoperto cosa gli mancasse: un amore sincero, forte, completo. E anche se erano tante le volte in cui le aveva detto di amarla, non gli sembrava mai abbastanza. “Ti amo” disse infatti nuovamente, dandole un bacio sulla fronte, per poi scendere lentamente giù e sfiorare con le labbra le guance incandescenti. Violetta alzò il capo e quando si ritrovò le labbra di Leon premere con dolcezza sulle sue, si lasciò nuovamente guidare dalle sue braccia, che la fecero distendere sul letto con lui sopra. “Sempre di più” aggiunse con un leggero affanno, prima di baciarla nuovamente, questa volta con ardore e impazienza. Le mani di Violetta scorrevano sul petto e sulle spalle, e quando toccavano le sue vecchie ferite sembrava quasi fossero in grado di curarle magicamente. Il desiderio che aveva provato quella notte si accese di nuovo, lasciandolo stupito dell’effetto che erano in grado di resuscitare in lui quei piccoli tocchi. Se quella notte aveva agito con cautela per paura di farle del male, adesso che la sentiva sua, unicamente sua, non avvertiva più alcun freno, solo il fortissimo desiderio che aveva di lei, dei suoi baci, del tepore del suo corpo, della morbidezza della sua pelle.
“Leon…Lena…devo andare…” ansimò Violetta, mentre il principe era sceso lasciandole baci lungo tutto il collo e si stava dedicando ad esso con cura, dandole dei morsetti affettuosi. Vargas si avvicinò all’orecchio serio: “Oggi sei solo mia, e non ti farò mettere piede fuori da questo letto senza il mio consenso”. Dette quelle parole con voce roca, riprese a baciarle il collo, intenzionato a completare la sua opera. Mordeva e succhiava la sua pelle avidamente e con diligenza, come se quel compito fosse di vitale importanza. Violetta tentò di fare una debole resistenza, ma il corpo di Leon la intrappolava del tutto impedendole il minimo movimento.
“E se qualcuno lamentasse la mia assenza…Lara, o peggio ancora, Jackie?” sussurrò preoccupata. Gemette non appena ricevette un morso un po’ più forte sotto forma di rimprovero. Leon si scostò con un sorriso beffardo e un’aria superba che l’aveva sempre contraddistinto. “Nessuno oserà dirti niente finché ci sarò io qui dentro. Inoltre Lena cercherà sicuramente di coprire i tuoi compiti”.
Violetta scosse la testa. “Leon, non è bello approfittare degli altri in questo modo. Lena ha già dei lavori durissimi da portare a termine…non posso permetterlo”. Leon non era abituato a ribattere di fronte a tanta bontà d’animo, per il semplice fatto che nessuno in quel castello gliene aveva mai dimostrata. In effetti forse il suo volere costringerla lì, dentro quel letto, poteva sembrare un atto di egoismo, probabilmente lo era davvero, ma senza di lei si sentiva solo, di amici sinceri aveva solo Humpty, ma anche lui a volte non era abbastanza. Tutti quegli anni di solitudine adesso stavano cercando un riscatto e sentiva il profondo bisogno di stringere tra le sue braccia la persona amata.
“Ho bisogno di te” le disse guardandola negli occhi. Lesse un improvviso stupore, sostituito poi dalla compassione e dall’amore. Come poteva resistere di fronte a quella faccia affranta? Sembrava un bambino a cui era stato negato un abbraccio dalla madre. “Ti prego” aggiunse a bassa voce poggiando la fronte contro la sua e specchiandosi nei suoi occhi castani che brillavano ancora più del solito. La vide mordersi il labbro indecisa: mentre il cuore le ordinava categoricamente di cedere di fronte a quello sguardo dolce e triste, la testa ogni tanto cercava invano di farla ragionare.
“Solo la mattina” rispose con decisione con un mezzo sorriso mentre Leon divenne di colpo euforico. Riprese a baciarla intensamente, volendo sfruttare fino in fondo ogni minuto che quella mattina gli avrebbe concesso, quando sentì bussare alla porta della sua stanza. Sbuffò innervosito e alzò appena il capo, rivolgendosi al punto da cui veniva il fastidioso e inopportuno rumore.
“Chi è?” gridò scocciato. “L’acqua calda” rispose una voce dal corridoio. Vargas sembrò ricordarsi solo quel giorno che tutte le mattine riempivano la vasca per il bagno caldo. Certo sarebbero potuti arrivare anche in un altro momento, pensò, stendendosi sul letto con assoluta indifferenza. Violetta invece, morendo per l’imbarazzo al solo pensiero di poter essere vista nel letto con Leon, si tirò le coperte fino alla testa, volendo sprofondare, o magari diventare magicamente invisibile. Il principe le gettò un’occhiata confusa, ma poi diede una voce per farli entrare. Un gruppetto abbastanza nutrito della servitù entrò sorreggendo enormi bacinelle di bronzo da cui si elevava del vapore biancastro. Osservarono per qualche istante il rigonfiamento al lato di Leon, quindi semplicemente scossero la testa in un moto di disapprovazione, credendo che come al solito Vargas si fosse dato ad una notte di piaceri con qualche serva del castello. Il principe non fece nemmeno caso a tutto quello, impaziente che terminassero al più presto il lavoro, a costo di mettersi a versare lui l’acqua calda. Già sentiva la terribile assenza del tepore che gli davano le carezze di Violetta e sapere di averla lì, a qualche centimetro, ed essere allo stesso modo troppo lontano dal suo corpo lo faceva innervosire. Seduto sul letto, con il lenzuolo che gli arrivava fino alla vita, e con le braccia incrociate al petto, alzò un sopracciglio senza dire una parola per congedarli non appena ebbero riempito la vasca con l’ultima goccia. Quando la porta si fu richiusa, si immerse sotto le coperte, e cercò nuovamente Violetta al buio, trovandola e avvolgendola tra le sue braccia.
“Amore, se ne sono andati” le disse riempiendola di baci per compensare il tempo perso. “Non pensavo ti facessi il bagno in una semplice vasca, credevo avessi un bagno di lusso separato dalla tua camera” osservò sinceramente sorpresa, mentre Leon le lasciava baci rapidi sulla guancia. Si separò con un’aria ironicamente ilare. “Mia madre non vuole che mi abitui troppo al lusso, così da non sentire troppo la differenza quando mi trovo in tenda negli accampamenti”. 
“Deve essere dura”. Rimasero qualche secondo ad osservarsi sotto le coperte, mentre i loro respiri si mescolavano. Leon arrotolò una ciocca dei suoi capelli intorno all’indice, assorto nei suoi pensieri. Annuì quasi senza prestarci attenzione, mentre i suoi occhi divennero privi di espressione. “La vedi questa?” chiese infine, indicando la cicatrice più grossa di tutte, che gli percorreva trasversalmente il petto raggiungendo l’addome. Dal contorno scuro doveva essere di vecchia data. Violetta percorse con un dito la cicatrice, mentre Leon la osservava indecifrabile. “E’ stato il ricordo della mia prima battaglia…ero solo un ragazzino buttato su un campo da combattimento e non c’è allenamento che può aiutarti in mezzo a quell’inferno, solo la volontà di sopravvivere. Non solo…tutte le notti sotto le coperte pensavo che era tutto inutile, che sarebbe stato meglio morire, perché non avevo comunque nessuno da cui tornare”.
“Adesso hai me” lo interruppe Violetta, alzando lo sguardo e studiando le sua reazione. Il dolore nei suoi occhi al solo rievocare quei ricordi scomparve, sostituito da un guizzo di gioia. Si, la sua vita stava prendendo finalmente forma, donandogli uno scopo, qualcuno per cui desiderare di vivere. Annuì più di una volta e le sorrise: “Si, adesso ho te…”.
“Vuoi farti un bagno con me?” le chiese d’un tratto, arrossendo leggermente. Per fortuna sotto le coperte il suo imbarazzo poteva essere quanto meno nascosto. Non sapeva perché aveva fatto quella richiesta, solo che immergersi nell’acqua calda lo aveva sempre rilassato, allontanandolo da tutte le preoccupazioni che lo attanagliavano, e gli piaceva l’idea di condividere quell’intimo momento con la ragazza che amava.
Violetta era confusa di fronte a quella proposta e si vergognava profondamente di fare un bagno con Leon, non fosse che le immagini della notte precedente le suggerivano che di vergogna avrebbe dovuto essercene ben poca. Il principe scoppiò in una leggera risata nervosa: “Non devi imbarazzarti, saremo solo noi due, come questa notte”. Gli prese il viso tra le mani e lo condusse al suo, trascinandola in un bacio in grado di soddisfare tutto il loro ardore. Le morse il labbro inferiore, con un sorrisetto compiaciuto. “Toccata” soffiò, tirandosi leggermente indietro. Intuendo il gioco Violetta cercò le sue labbra, che Leon le lasciò catturare con estremo piacere, e fece lo stesso, mordendo però con più vigore. Leon sospirò e scoppiò a ridere: non si era mai divertito così tanto al fianco di una ragazza. Erano giochi teneri, non c’erano spade di legno o cavalli a dondolo, ma erano in grado di donargli pace e benessere. Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando Violetta si avvicinò all’orecchio; vi soffiò dentro trattenendo una risatina: “Si, Leon…voglio fare un bagno con te”.
Come scosso da un fulmine, Leon balzò seduto, allontanando da sé le coperte e guardandola sorpreso: non pensava che alla fine avrebbe veramente accettato e la cosa lo riempiva di felicità. Con uno sguardo indicò la piccola stanza attigua e le fece cenno di seguirla. A passi veloci superarono il pavimento gelido, e salirono due piccoli scalini di legno che conducevano ad un livello sopraelevato sempre dello stesso materiale su cui era poggiata la vasca di bronzo: in questo modo il calore non si sarebbe disperso a contatto con il pavimento. Leon scavalcò agilmente la vasca, quindi le porse la mano. Violetta la strinse ed entrò anche lei, rabbrividendo di piacere per l’acqua calda in cui erano immerse le gambe. Leon si sedette per lungo, appoggiando le braccia sui bordi della vasca e reclinò appena il capo all’indietro sospirando, quindi con un cenno la invitò a sedersi tra le sue gambe, cosa che la ragazza fece con cautela per paura di scivolare. Si immerse lentamente e si appoggiò con la schiena al petto di Leon, la testa appoggiata poco sotto il suo mento. Leon le diede un bacio sui capelli e la guardò mentre teneva gli occhi chiusi e si rilassava, nonostante il rossore sulle guance non accennasse a scomparire. Allungò la mano sinistra a un tavolino pieno di boccette e di accessori vari, mentre su un angolo erano impilati dei panni bianchi piegati accuratamente. Prese una fiala azzurra e ne versò il contenuto: subito un forte profumo di pino invase la stanza, mentre la superficie dell’acqua veniva increspata dalla schiuma bianca. La schiena della ragazza aderiva completamente al suo corpo, facendogli una dolce pressione che, insieme al piacere dell’acqua calda, lo stava mandando completamente in Paradiso. I muscoli si rilassarono intorpiditi mentre il vapore gli accarezzava il viso e i sensi si affinavano per cogliere il più possibile di quel momento. Con il braccio sinistro cinse la vita di Violetta da dietro facendola sussultare appena, quindi si avvicino al suo orecchio e prese a mordicchiarlo in un modo tale che scoppiò a ridere. 
“Così mi fai il solletico!” lo riprese con gli occhi che lacrimavano, mentre si dimenava, tenuta ben stretta da Leon. “Mi dispiace, ma amo troppo sentirti ridere per smettere” rispose l’altro con un tono ilare. Affondò il viso sul suo collo ridendo, e quando le risate si furono esaurite, rimase in silenzio, assaporando quell’istante, scolpendolo nella mente. Si separò sporgendosi fuori quanto bastava per prendere una soffice spugna, quindi le chiese gentilmente il permesso di insaponarla; ottenne un timoroso assenso. Immerse l’oggetto nell’acqua finché non gli risultò abbastanza imbevuto, quindi lo passò con delicatezza sulle spalle, osservando la schiuma bianca depositarsi sulla pelle candida.
“Ti piace o vuoi che smetta?” le sussurrò con una nota di desiderio nella voce. Violetta aveva gli occhi chiusi, e non appena aveva sentito quelle carezze smettere di colpo il sorriso sulle labbra si era leggermente smorzato. “Continua” sospirò. Aveva quasi il suono di una supplica e Leon ne fu profondamente soddisfatto. Fece scorrere la spugna lungo tutto il corpo, senza ignorare neppure un lembo di pelle, godendosi il modo in cui il corpo di Violetta reagiva al tocco, a volte rabbrividendo a volte semplicemente con dei sospiri intensi. Quando raggiunse la schiena, certo di aver terminato il suo compito lasciò lentamente cadere la spugna al suo fianco e la sostituì con le sue stesse mani che presero ad accarezzarle la schiena  con dolcezza; Violetta non si ritrasse di fronte a quella novità, anzi sembrò ricercare quelle carezze anche più di prima. Le dita scivolavano sulla sua pelle liscia e bagnata percorrendo le spalle, scendendo fino ai seni e fermandosi intorno ai fianchi. “Questo è perché voglio prendermi cura di te, sempre” le disse. Violetta si voltò verso di lui con un sorriso per metà dolce e per metà provocante e Leon si sentì mancare il fiato. In un secondo si trovò con il mento che sfiorava il pelo dell’acqua e Violetta seduta a cavalcioni su di lui, con le gambe serrate intorno alla vita.
“Anche a me piacerebbe prendermi cura di te” ammise con un filo di voce.
“Fallo” rispose semplicemente Leon, chiudendo gli occhi, per non farla sentire a disagio. Mentre con la destra recuperava la spugna, con la sinistra gli accarezzava teneramente una guancia.
“Non voglio perderti, Leon. Mai” sussurrò con gli occhi lucidi al pensiero che prima o poi sarebbe tutto finito, per sempre. Quel mondo, quella vita, non le appartenevano. Aveva un padre, una famiglia e per quanto per amore di Leon si sentisse capace di mollare tutto e rimanere lì, tra le sue braccia, non voleva causare sofferenza alle persone che la amavano. Vargas abbozzò un sorriso, sospirando subito dopo. Passò la spugna intorno al collo, sulle spalle, lungo il petto con dei movimenti circolari. Lentamente si distese su di lui, facendo scivolare il corpo insaponato sopra il suo. Leon non riuscì a trattenere un breve gemito a la strinse in un dolce abbraccio, mentre lei poggiava il capo affianco al suo, lambendogli la guancia con la punta del naso.
“Ti desidero anche più di prima, principessa” le disse con schiettezza Leon, guardandola avidamente. “Anche io, mio principe…”.
“Bene, perché abbiamo tutta la mattina” ridacchiò il principe, facendo leva con le braccia sul corpo di Violetta per scostarla. “Andiamo?” aggiunse seducente. Violetta annuì e un po’ a malincuore abbandonò quell’acqua bollente dal profumo fresco di pino. Si avvolse rapidamente un panno alla vita e ne avvolse un altro intorno al corpo della ragazza. Corsero fino al letto, attenti a non scivolare, e si lasciarono cadere sul materasso ridendo come due bambini, mentre si davano baci innocenti ma ricchi di amore. Leon le salì sopra, reggendosi sui gomiti. Violetta si sporse per baciarlo ancora, e nel frattempo le mani scesero sciogliendo il nodo dell’asciugamano bianco che scivolò al loro lato. Vargas anche si liberò dell’unico indumento che la teneva distante dal suo corpo. Intrecciò la mano sinistra con la sua un dito alla volta, guardandola fissa negli occhi.
“Sarai solo mia per sempre?” le domandò, accendendo le sue voglie non appena sentì il corpo di Violetta tremare sotto il suo.
“Per sempre”. Non mentiva, il suo cuore non le apparteneva più, era definitivamente prigioniero dei suoi occhi verdi, del suo sorriso smagliante, quanto pieno di dolore. “Per sempre” ripeté, consapevole di quanto quell’amore presto avrebbe potuto rivelarsi una maledizione. Ma il suo corpo non voleva ascoltarla, voleva semplicemente farsi cullare dal principe, voleva che il suo vero padrone lo usasse e lo proteggesse come un tesoro prezioso. Tra i gemiti di un amplesso appassionato si ritrovarono nuovamente a ripetere quell’intimo giuramento, la cui forza sarebbe stata messa a dura prova prima di quanto potessero pensare.
 
Jade tremava per la rabbia. Aveva dato l’ordine di bruciare il vestito che aveva indossato Violetta non appena lo aveva ritrovato nell’armadio. Si era resa conto di aver sottovalutato la situazione: Leon non rispondeva più ai suoi ordini, circuito dal bel visino della serva, e per di più si andava ad aggiungere lo smacco subito durante il ballo in onore di Ludmilla Ferro. Si sedette sul bordo del letto con la corona tra le braccia che aveva preso a cullare come se fosse un neonato bisognoso di attenzioni. “Non ti preoccupare…non permetterò che ti metta le sue sudice mani addosso” prese a sussurrare, fissando dritto davanti a sé. L’orologio a pendolo che si trovava addossato a un angolo della stanza ticchettava inesorabile e scandiva non solo i suoi pensieri, ma anche le sue paure. Le ombre. Tic. Javier. Tac. Violetta. Tic. Strizzò gli occhi all’improvviso scuotendosi dal torpore e poggiò con estrema delicatezza la corona sul comodino. Leon era l’unico ostacolo in quel castello che non le permetteva di far decapitare la giovane. Eppure per quanto potesse ribellarsi aveva dei doveri, un giuramento a cui prestare fede. Ogni singola mossa prese piede nella sua testa, rivelando così il meccanismo di un piano geniale quanto diabolico. Aveva ancora bisogno del figlio per sedare le rivolte, per far capire che era lei a comandare, quindi non poteva attirarsi le sue ire, né poteva permettere che morisse. L’unica strada da percorrere aveva come obiettivo tramutare l’amore che Leon provava per Violetta in odio puro. Doveva disprezzarne non solo il nome ma anche il ricordo; e allora tutte le sue fatiche in passato non sarebbero state vane. “Davvero credevi di poter diventare regina, mia cara ragazzina?” ghignò astutamente osservando il suo stesso riflesso, gli occhi che baluginavano accesi dalla follia.  “Davvero volevi provare a togliermi tutto? Sei una sciocca se speri di averne anche una sola possibilità! Mi riprenderò Leon, conserverò la mia corona e a te rimarrà solo la morte”. Una risata fredda e spiritica animò le pareti della stanza, facendola sobbalzare, senza nemmeno rendersi conto che era  stata lei stessa a provocarla. Non aveva fatto uccidere Javier per nulla, non lo aveva certo sposato per amore. Non poteva accettare che tutto le fosse tolto, per di più da una serva di cui non si sapeva nulla. Si richiuse la porta alle spalle trovandosi di colpo di fronte a una ragazza dai capelli castani scuri…conosceva il suo nome, gliene avevano parlato in tanti: era la compagna preferita di Leon per le sue serate. Prima dell’arrivo di Violetta, ovviamente. Laura, Lira, Lera… “Lara” disse infine, soddisfatta di essersene ricordata. La ragazza scattò sull’attenti sentendosi chiamare. Fece un inchino svolazzante tenendo lo sguardo fisso sul pavimento. “Ai suoi ordini, signora”.
“Stavi forse origliando?” chiese infastidita, guardandosi attorno con aria sospetta.
“Assolutamente no, mia signora!” si affrettò a rispondere la ragazza, rialzando il capo e scuotendo la testa. “Ho solo sentito una risata, ed ero curiosa di sapere che cosa stesse acc…”
“Nessuno ha riso” sentenziò fredda la Regina, cominciando ad incedere lentamente sotto le occhiate sconvolte di Lara. Le rivolse un sorriso benevolo, macchiato di crudeltà, forse perché la sua mente era già proiettata al piano da mettere in atto.  “Ogni cosa tornerà al posto che le spetta” sussurrò tra sé e sé, facendo istintivamente sorridere Lara: non pensava che Jackie sarebbe davvero riuscita nella sua impresa, eppure eccola lì, la regina di Cuori completamente impazzita. Era riuscita ad origliare qualcosa ed era certo che presto non avrebbe più dovuto preoccuparsi della rivale, perché in fondo Leon sarebbe tornato da lei strisciando, distrutto dal dolore. Ed era destino che questo succedesse, lei e Leon erano destinati a rimanere uniti. Doveva solo riferire alla sua alleata che tutto stava procedendo per il giusto verso, che presto si sarebbero liberati di quella ragazza che si era impadronita del cuore di Leon, diventando fin troppo potente e pericolosa, oltre che intoccabile. Non si era dimenticata della sfuriata che le aveva fatto Vargas non appena era venuto a conoscenza delle minacce che aveva fatto a Violetta. Credeva che si sarebbe fermata lì, che non avrebbe fatto niente per cercare di riprenderselo? Se lo aveva creduto non la conosceva affatto. Leon non era il solo ad essere possessivo, continuava a ritenere il principe una sua proprietà e Violetta l’aveva oltraggiata a morte appropriandosene. Riscossa da un’inattesa euforia si mise a camminare a passo spedito, canticchiando. 
La porta della camera di Jackie era socchiusa e fino all’ultimo era incerta se bussare oppure no. Diede un piccolo colpetto alla superficie di legno mormorando un ‘Permesso?’, ma non ottenne nessuna risposta, quindi a passi lenti entrò nella stanza con circospezione. Non c’era nessuno e tutto era perfettamente in ordine; il letto era spartano con le coperte grigie ben tirate, la cassapanca ai suoi piedi era chiusa con un lucchetto di ferro. Chissà che cosa c’era all’interno, pensò curiosamente la ragazza, rimanendo in mezzo alla stanza incerta se aspettare Jackie o andarsene via per non essere colta a curiosare tra gli effetti personali della donna. Si avvicinò al comodino e cercò di aprirne i cassetti, me erano tutti chiusi ermeticamente tranne uno; dentro di esso c’erano una marea di fogli imbrattati di scritte, probabilmente erano brutte copie di missive che la domestica doveva mandare per ordine della regina. Sul fondo però c’era un foglietto giallo su cui era stato schizzato un disegno: alcune radici scure erano minuziosamente disegnate con delle frecce che si dipartivano da esse ai cui estremi erano stati scritti di fretta appunti dalla calligrafia illeggibile. Con mano tremante cercò di decifrare l’unica parola comprensibile perché scritta in maiuscolo e stampatello. Non era una grande lettrice e faceva fatica a distinguere le lettere, ma in quel caso non le sembrava troppo difficile.
“Mandragola” sussurrò leggendo, accigliandosi. Di che diamine si trattava?
“Cosa ci fai qui?”. La voce di Jackie proveniente alle sue spalle le fece raggelare il sangue nelle vene. Richiuse il cassetto velocemente, sperando con tutto il cuore che il buio della stanza l’avesse aiutata a non farsi beccare. “Ti stavo cercando” si voltò, facendo smuovere la massa castana di capelli con un sorriso, o meglio un ghigno. Mandragola…la sua testa lavorava ancora su quella parola? A cosa le serviva? 
“Bene, mi hai trovato” ribatté acida la donna, sedendosi sull’unica sedia della stanza e accavallando le gambe in attesa. Lara continuava a fissarla imbambolata, mentre il suo cervello lavorava: aveva come l’impressione di essersi messa in mezzo a qualcosa di troppo grande e pericoloso. Lei rivoleva solo Leon, ma la situazione le stava sfuggendo di mano. Non era però quello il momento per pensarci, Jackie attendeva ancora che parlasse e dalla sua faccia si intuiva che la pazienza sarebbe presto arrivata al limite.
“Ho sentito Jade parlare da sola nella sua camera. Sembrava come impazzita, diceva che avrebbe eliminato Violetta” spiegò a stento la ragazza, cercando di trasmetterle l’inquietudine che le aveva messo la Regina in quello stato; la donna non batté ciglio, ma al contrario un sorriso le increspò le labbra.
“Jade aveva proprio bisogno di una bella smossa e l’idea del vestito da far trovare a Violetta è stato il modo perfetto…adesso lei si sentirà minacciata e cercherà in ogni modo di eliminare quella ragazzina; tutto questo senza che io muova un dito” sorrise senza alcun rimorso per ciò che aveva detto. Era talmente bello potersi servire delle debolezze della Regina, ritrovandosi così il potere tra le mani! Anni di pazienza, con il solo intento di raggiungere una posizione di rilievo, così da essere la domestica personale della regina, stavano finalmente dando i loro frutti. Quella Violetta aveva provato a rovinare tutto conquistando Leon, il risultato di un fallimentare esperimento. Ma una volta tolta di mezzo quella sciocca ragazzina, ignara del potere che aveva all’interno di quel castello, avrebbe potuto circuire Jade a suo piacimento e sarebbe stata la padrona assoluta di Cuori. Se poi la guerra che stava sconvolgendo i quattro regni fosse andata a buon fine ben presto si sarebbe trovata a capo di tutto il Paese delle Meraviglie. C’era un altro dettaglio che però era curiosa di conoscere. “Che mi sai dire del consigliere di Quadri?”.
Lara rimase per qualche secondo interdetta: che c’entrava adesso Diego con il togliere Violetta di torno? “Penso che nutra un certo interesse per Violetta…ma nulla di più. Sembra piuttosto che voglia studiarla. Il fatto che abbia rovinato il nostro piano alla festa è del tutto indipendente”.
“Ma il nostro piano ha funzionato anche meglio del previsto!” continuò Jackie, ancora più soddisfatta: allora Diego non era lì per romperle le uova nel paniere, aveva dei progetti tutti suoi, di cui a lei non importava proprio nulla perché alla fine dei giochi solo lei ne sarebbe uscita vincitrice. “L’importante è che Jade agisca in modo sensato, altrimenti dovrò intervenire io…ma anche se pazza quella donna è piena di idee geniali quando vuole” ghignò, fissando la compagna spaventata. Si sfregò le mani con impazienza: era ancora in gioco, anzi, tutto stava andando avanti in maniera stranamente favorevole.
“E Leon? Leon tornerà da me?” domandò Lara; non le importava nulla di Diego o di tutti quegli intricati giochi di potere, voleva solo tornare ad occupare il posto che le spettava al fianco di Vargas. “Leon si sposerà con Ludmilla e se tutto andrà come previsto sarà tuo. Alla Regina di Quadri non credo faccia differenza sapere che il principe abbia un’amante, trattandosi solo di un matrimonio di convenienza” sbuffò la donna senza un minimo di entusiasmo. Figurarsi se a lei interessava davvero dell’obiettivo di Lara, aveva solo bisogno di qualcuno che si sporcasse le mani al posto suo, per il resto non era affare che la riguardasse. Voleva solo che Leon tornasse quello di prima, ma a quello ci avrebbe pensato sicuramente Jade. Per il momento era solo curiosa di sapere che cosa avrebbe inventato la regina per eliminare quello che sembrava essere un amore indistruttibile.
 
Lo scribacchiare di Thomas sulla sua piccola scrivania era l’unico rumore udibile nella stanza. Jade era seduta sul trono, sempre più infuriata. Leon si era addirittura rifiutato di andare da lei quella mattina perché, a suo dire, aveva troppi impegni. Una scusa bella e buona, visto che non era uscito dalla sua stanza neppure per fare colazione. Un tempo sarebbe stato puntuale ad una sua chiamata, pronto a servirla, ma le cose erano cambiate drasticamente senza che se ne accorgesse.  In quel tardo pomeriggio primaverile la porta si aprì così da far fare il suo ingresso al principe Vargas, ancora tutto spettinato.
“Madre” salutò con aria svogliata. Si portò le mani dentro le tasche degli stretti pantaloni di cuoio, chiedendosi solo in parte che cosa volesse Jade da lui. La sua fantasia vagava ancora tra quei lenzuoli candidi, che custodivano le promesse d’amore che si era fatto con Violetta. Già sentiva la nostalgia del suo profumo e dalla sua voce e non era passata che una manciata di ore. Amore o dipendenza che fosse, aveva un estremo bisogno di stringerla almeno in un abbraccio, di sfiorare le sue labbra con ardore. Ma non poteva certo declinare le richieste della Regina, per cui di mala voglia si era costretto ad andare alla Sala del Trono.
Jade drizzò il naso all’insù non appena lo vide così trasandato, addirittura con un sottile strato di barba, al suo cospetto; non solo le mancava di rispetto con la sua sola presenza, ma neppure si era degnato di inchinarsi. La stava sfidando apertamente, avendo capito che ormai era un uomo forte e deciso, e che i suoi trucchetti non sarebbero più stati sufficienti ad ammansirlo. Ma questa volta aveva in mente molto di meglio per fargli capire chi aveva il coltello dalla parte del manico.
“Leon, sai che ho sempre piacere di vederti qui al castello” esordì, certa di aver attirato tutta la sua attenzione già solo con quelle parole. “Ma penso sia giunto il momento per te di riprendere il servizio in difesa del tuo popolo”.
“Difesa? Quale difesa? Siamo noi ad attaccare!” ringhiò Leon infuriato. Non poteva crederci, voleva rimandarlo in quell’Inferno. In passato non si era mai sottratto a un simile dovere, ma adesso era diverso, adesso aveva Violetta e non voleva certo perderla solo per un conflitto che non l’aveva mai riguardato. Non si era mai rispecchiato nelle cause che portavano avanti la guerra, non si era mai rivisto in tutto quel rancore sebbene se ne fosse nutrito fino a quel momento.
“Non la pensavi così fino a poco tempo fa…” sibilò maligna Jade, facendo scorrere le dita lungo il bracciolo ricoperto di velluto dello scranno.
“Non le farai del male!” strillò il giovane, mentre le vene alla base del collo gli pulsavano per la rabbia. “Non capisco di cosa stai parlando…” mormorò innocente la donna.
“Fai anche finta di non capire…non ti permetterò di toccarla neppure con un dito! Io…la sposerò” sentenziò con decisione Vargas, stringendo con forza i pugni e guardandola in modo deciso. “E sarà una regina di gran lunga migliore di te”.
Quelle parole si conficcarono nella carne della donna, accendendone ancora di più la furia e la folla. Nonostante ciò in apparenza rimase impassibile: “Non capisco perché pensi sempre che io nutra rancore nei confronti delle persone. Sarò più che felice di acconsentire alle vostre nozze, annullando quelle con Ludmilla…ma in cambio voglio che tu mi faccia un favore”.
“Quale?” chiese Leon sorpreso. Le stava davvero venendo incontro in modo che potesse essere felice? Forse aveva capito che non poteva separarlo dalla persona che amava…era pur sempre sua madre.
“Dovrai partire per un’ultima campagna…a quel punto, una volta tornato, potrai fare ciò che vuoi. Anche sposare quella serva”.
Leon scoppiò in una risata fredda: “Puoi scordartelo! Credi davvero che mi fidi di te? Tu la farai uccidere”.
“Per quale motivo? Per mettermi contro mio figlio, ben sapendo che potrebbe benissimo fomentare una rivolta contro di me? Mi credi tanto stupida?”.
Leon pensò attentamente a quelle parole: effettivamente non aveva tutti i torti. Sapeva quanto potesse risultare determinato e lei stessa gli aveva insegnato ad essere spietato e vendicativo. 
“Scegli, Leon: puoi decidere di non partire e sposare Ludmilla, perché io farò in modo che tu non possa più stare con la tua Violetta, oppure portare a termine questo piccolo compito ed essere felice con la persona che ami, senza nessun ostacolo, senza impedimenti”.
Leon guardò dritto davanti a sé, con le spalle al muro. Thomas aveva smesso di scrivere ed letteralmente sconvolto da ciò che aveva scoperto: Leon e Violetta insieme? Come era potuto accadere? Era rimasto talmente di sasso da non rendersi conto del cenno di assenso del principe Vargas e del sorriso soddisfatto di Jade, che non aspettava altro per mettere in atto il suo piano.



NOTA AUTORE: Purtroppo non posso rimanere a commentare che il mio pc sta in manutenzione e sto usando quello di famglia e- a voi non interessa insomma xD Commentando brevemente: I MIEI LEONETTA SONO BELLISSIMI (tanto per cambiare) Poi, Jade sta tramando, e ha messo in atto il suo piano, mentre all'ombra Jackie se la ride...E' riuscita a convincere Leon a partire per un'ultima volta e in cambio gli promette di non opporsi al suo matrimonio con Violetta e di annullare le nozze con Ludmilla..ci sarà da fidarsi? ma soprattutto, cosa ha in mente? O.O Lo scopriremo nei prossimi capitoli! *^* Grazie a tutti voi che seguie questa storia, buona lettura e alla prossima! :3
P.S: non posso mettere il banner perché sta sull'altro PC
P.P.S: Tenete a mente la promessa che si fanno Leon e Violetta perché oltre a farmi sclerare (e pure tanto), tornerà più in là (AMORI MIEI). 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai