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Autore: Greeneyes74    08/08/2014    2 recensioni
Sembrava una caccia come tante altre. Alcune persone morte in circostanze bizzarre, uno spirito, un fantasma o un mostro da uccidere, niente di eccezionale. Ma le cose non sarebbero andate in questo modo, stavolta. Stavolta sarebbe stato un caso personale. Sam e Dean avrebbero dovuto mettere da parte le loro divergenze e il loro risentimento, se volevano uscirne vivi entrambi. Ambientata nella nona stagione, dopo l’episodio “The purge”.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Passò quasi insonne anche quella notte. Tra il dolore alla schiena e ai polsi e il pensiero che lo spirito potesse decidere di finire il lavoro da un momento all’altro non aveva alcuna voglia di dormire. Senza farsi vedere da Sam aveva preso il fucile a canne mozze caricato con il sale e lo aveva nascosto sotto il cuscino, per ogni evenienza. 
Erano settimane che dormiva poco, e mangiava sempre meno. Durante tutte quelle notti insonni aveva avuto parecchio tempo per pensare a quello che era successo dopo la caduta degli angeli.
Si rendeva perfettamente conto che quello che aveva fatto a Sam per salvargli la vita era quantomeno discutibile, ma aveva funzionato. Suo fratello era ancora li, accanto a lui. Eppure Sam non sembrava affatto contento di questo. Lo trattava come se salvandogli la vita gli avesse fatto il più grande dei torti e lui non riusciva a capire perché, visto che suo fratello non gli aveva mai detto chiaramente quello che provava e si rifiutava di raccogliere le sue provocazioni.
Mentre rifletteva su queste cose sentì Sam agitarsi nel sonno. Era accaduto anche la sera prima, e forse gli succedeva spesso ora, ma avendo camere separate nel bunker Dean non poteva saperlo. Era quasi l’alba ormai e Dean decise di alzarsi e prepararsi per uscire. Entrò nella doccia e rimase sotto il getto d’acqua  fredda per almeno un quarto d’ora, immerso nei suoi pensieri. Quando uscì tremava, ma almeno l’acqua fresca che scorreva sulle ferite gli aveva dato un po’ di sollievo. Non aveva ancora deciso cosa fare, ma di una cosa era certo, non voleva chiedere aiuto al suo fratellino.
Asciugò i capelli, si infilò i jeans e la maglietta ma aveva dimenticato di prendere la camicia. Aprì la porta cercando di non fare rumore e vide che Sam era ancora addormentato. Proprio mentre frugava nella borsa alla ricerca di una camicia pulita Sam si svegliò.
“Che ore sono Dean?”, gli chiese con la voce roca e assonnata.
“E’ ancora presto. Perché non torni a dormire? Io vado a prendere la colazione”.
Mentre parlava rimase girato, dando le spalle al fratello, in modo che non potesse vedergli i polsi. 
“No, ormai sono sveglio, vado a fare una doccia”.
Non appena Sam entrò nel bagno Dean prese una camicia, ma mentre la stava indossando la porta del bagno si aprì e si trovò il fratello davanti.
“Ho dimenticato di prendere il rasoio”, disse senza guardarlo.
Per un attimo Dean pensò di essersela cavata, che Sam non avesse fatto caso alle ferite, ma dopo qualche istante si sentì afferrare il braccio.
“Dean, che hai fatto? Cosa sono questi segni?”, gli chiese allarmato.
“Non è niente, lasciami”, rispose con impazienza.
Si liberò senza tanti complimenti dalla stretta del fratello e fece per andarsene.
Ma Sam non si diede per vinto, lo prese energicamente per le spalle e lo costrinse a fermarsi. Dean non poté trattenere un  gemito di dolore quando la mano del fratello si posò su una delle ferite.
Sam allora, ancora più preoccupato, prese i bordi maglietta di Dean e la tirò su, scoprendogli la schiena. Rimase inorridito da quello che vide.
“Quando sono comparsi queste ferite? Perché non mi hai detto niente?”, gli disse, con un tono di voce concitato.
“Perché, che te ne importa? Non è un tuo problema!”
“Dean smettila di fare lo stronzo. Quando sono comparse?”, gli rispose Sam con rabbia.
Dean allora si sedette su una delle sedie e, seppur malvolentieri, rispose.
“Ieri sera. E’ da quando siamo arrivati che avverto una presenza poco rassicurante, ma lì per lì non le ho dato importanza. Poi ieri, mentre stavo rientrando  dopo aver preso la cena sono comparsi i segni sui polsi, e dopo un po’ quelli sulla schiena”.
“Perché non me l’hai detto Dean? Lo sai che significano, vero?”
“Significano che lo spirito pensa che io sia un bugiardo figlio di puttana che merita una punizione esemplare. Ti ricorda qualcuno?”, disse Dean con un’espressione di scherno e di sfida.
Guardò Sam e vide che la sua battuta lo aveva colpito. Pensò che finalmente gli avrebbe gridato in faccia quello che provava, ma invece si voltò a andò verso il comodino, dove aveva lasciato il suo notebook, e gli disse,  “Non c’è tempo per questo ora”, con un tono che non ammetteva repliche.
“Dobbiamo scoprire chi è questo spirito per riuscire a fermarlo, ma non ho idea di come fare. Se come penso è qualcuno coinvolto nel processo alle streghe abbiamo decine di possibili colpevoli. E anche se riuscissimo a capire chi è dovremmo sempre trovare la tomba per bruciarne i resti”.
“Beh fratellino, forse questa volta non c’è niente che possiamo fare”, gli disse con aria rassegnata.
“Cosa? Stai scherzando, vero?”, disse Sam guardandolo con incredulità.
“No, affatto. E poi, non pensi che me lo meriti? Sii sincero”.
Dean gli fece questa domanda perché aveva disperatamente bisogno di sentirsi dire che non era vero.  Da quando Sam aveva saputo quello che Dean aveva fatto lo aveva spinto via, tenuto a distanza. Per la prima volta nella sua vita il suo fratellino gli aveva detto che non credeva più in lui, che non poteva fidarsi di lui, e questo lo faceva sentire come se non avesse più niente da perdere.  Il marchio di Caino non aveva fatto che peggiorare la situazione. Era sempre più inquieto, aveva dentro una rabbia latente, un’aggressività pronta ad esplodere che era ogni giorno più difficile da controllare. Si diceva che una volta entrato in possesso della prima lama e ucciso Abbadon tutto si sarebbe sistemato, ma era solo una favola che si raccontava per tirare avanti.
La prospettiva di morire non lo spaventava poi tanto e, forse, era l’unico modo per trovare un po’ di pace.
Purtroppo anche questa volta Sam non raccolse la provocazione.
“Abbiamo di meglio da fare che discutere di questo”, gli disse senza neanche guardarlo.
Prese il notebook e si immerse nelle sue ricerche.
   
 
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