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Autore: SSONGMAR    13/08/2014    3 recensioni
La leggenda narra che se due innamorati si scambiano una promessa d’amore sotto un fiore di ciliegio, allora il loro amore sarà eterno.
Ma un amore malato, tormentato dalle tempeste, può sbocciare come un Sakura in piena primavera?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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«La nostra storia che era piena di felicità.
  Quel posto in cui ci siamo innamorati..
  Una volta di mattina, una volta ogni notte..
  voglio tenerti tra le mie braccia»

 
 
Come la notte e il giorno, il gelo e l’afa, eravamo l’ossimoro più strambo che qualsiasi testo poetico avesse mai potuto scorgere.
I suoi occhi, così impenetrabili e gelidi, entravano in contrasto con i miei dolci e disponibili, e scrutandosi, in un momento furtivo, si facevano la guerra.
Nulla in lui sembrava normale, nemmeno il comportamento che assumeva con le persone che gli stavano intorno, quei quattro ragazzi che, apparentemente, sembravano così puri e semplici e che gli facevano da ombra.
Eppure qualcosa mi attraeva verso lui, come se il suo corpo fosse il polo nord e il mio quello sud.
Ormai era trascorsa una settimana dall’inizio della scuola.
Eppure lui era l’unica persona, nell’intera classe, a cui non ero riuscita ad avvicinarmi in modo empatico, nonostante lo avessi accanto.
Mi era capitato di toccarlo così, distrattamente, e la sua pelle mi era sembrata più fredda di qualsiasi pezzo di ghiaccio.
Se ne stava costantemente immobile ad osservare l’esterno, come se la sua vita dipendesse da ciò che quel prato verde offriva oltre quel vetro opaco.
Il fatto che la mia mente fosse ininterrottamente attenta su di lui fortunatamente, però, non fu motivo di distrazione.
Ebbi modo di socializzare ed essere amica a tutti. In modo particolare alcune ragazze mi colpirono per i loro modi di fare, per i sorrisi che furono in grado di regalarmi e per i calorosi abbracci.
Taila, Hikari, Rob ed Alice.. entrarono immediatamente a far parte dell’allegra combriccola messa su da me e Shushu.
Anche Byunghee si era mostrato disponibile nei nostri confronti così come i suoi amici Changsun, Cheolyong e Sanghyun, persone che, sfiorate con lo sguardo, potevano sembrare apparentemente dei discepoli servienti dell’autoritario e gelido Seungho. Ma in realtà loro erano così terribilmente diversi.
Così umanamente raggiungibili.

Studiare all’aperto per me rappresentava senza ombra di dubbio una meravigliosa occasione per poter rivedere le mie migliori amiche.
Eravamo solite tornare a casa insieme la sera, eppure non poter condividere la classe con loro era abbastanza difficile da accettare.
Guardai oltre il campetto di calcio, dove i ragazzi si stavano allenando e mi accorsi di come Seungho si isolasse dal resto del mondo.
Seduto con le gambe accavallate e le mani in tasca, se ne stava con lo sguardo rivolto verso il nulla e sembrava perso, distante.. solo.
Assottigliai gli occhi e mi soffermai, ancora una volta, sul suo profilo scrutando, così, la sua pelle delicata.
Come poteva una pelle così bella essere allo stesso tempo tanto fredda?
Nello stesso momento le ragazze, poggiate alla sbarra che divideva il campo di calcio dalle panchine, sghignazzavano tra loro facendo apprezzamenti coloriti e ricchi di fantasia sui fantastici quattro, come ormai erano solite chiamarli. «Attente alla bava» ridacchiai avvicinandomi, ricevendo non molta attenzione se non quella di Alice che mi osservò con rimprovero.
Alta con una carnagione piuttosto chiara, Alice era la ragazza a cui mi ero avvicinata grazie alla passione e all’amore schietto che provavamo entrambe per la danza.
Conosciuta soprattutto per le storielle peccaminose che in una sola settimana era riuscita a costruire su quei ragazzi e i loro corpi statuari, tanto da far infatuare la povera Taila che divideva il banco col giovane e palestrato Changsun. Il suo carattere era dolce e comprensivo, ironico e combattivo. Non si lasciava sfuggire facilmente le sfide malgrado si trovasse spesso e volentieri sottomesso da Byunghee.
Sanghyun, invece, era piuttosto silenzioso ma il suo sguardo offriva sempre un qualcosa di caldo e familiare, così come Cheolyong che era riuscito, con la sua simpatia e voglia di vivere, a rapire tutti in una sola settimana, in modo particolare gli occhi azzurri della piccola Hikari.
Era per questo motivo che non riuscivo a comprendere per quale ragione Seungho fosse ancora avvolto da quell’alone di mistero.
Ed era così che mi lasciavo rapire.
«Terra chiama Hana» aveva detto Alice, picchiettandomi sulla fronte.
Perché si,  ancora una volta ero riuscita ad allontanarmi col pensiero e a lasciare che il desiderio di sapere mi estorcesse dalla realtà.
«I ragazzi hanno smesso di giocare» disse con una punta di sconforto, la stessa che si era posata sui volti delle altre «quindi presumo si debba ritornare in classe».
Ci dirigemmo verso l’aula e il pensiero di abbattere quel muro che ci divideva, immediatamente, mi sfiorò.
Seduta accanto a lui attesi il momento adatto per rivolgergli la parola, ma quando lo feci non ebbi risposta. Piuttosto si alzò e lasciò la classe seccato, come se in quel momento gli avessi fatto un torto.
Abbassai lo sguardo sulle mani e le attenzioni di Shushu e Byunghee si posarono su di me.
Abbozzai un sorriso e mi strinsi nelle spalle «ti prego di ignorarlo» la voce di Byunghee aveva attirato la mia attenzione e allo stesso modo quella dei ragazzi che con lo sguardo seguivano i passi di Seungho.
Quei passi che dentro me facevano così tremendamente rumore.
Mi sentivo combattuta perché non riuscivo a raggiungerlo, non riuscivo ad arrivare a lui.
Perché lui non me lo permetteva.
Perché lui non voleva.


Sulla strada di casa mi mostrai a Molly e Ana piuttosto silenziosa mentre loro erano prese a raccontare dei fantastici aneddoti accaduti nelle loro classi. Sembravano davvero entusiaste della nuova scuola e delle nuove amicizie.
Le sentivo ma non le ascoltavo e non lo facevo con cattiveria, non lo avrei mai fatto.
Quando fui finalmente nella mia stanza decisi di abbandonarmi completamente a quei pensieri, perché ero determinata, perché non mi arrendevo facilmente, perché dovevo trovare una soluzione.
Mi guardai allo specchio e mi chiesi per quale motivo un perfetto sconosciuto avesse su di me quell’effetto, quel controllo che non mi permetteva di andare oltre.
Lui, così freddo ma così perfetto da sembrare quasi un dipinto.
Con la luce dei petali di ciliegio negli occhi.
E i capelli che sapevano di vaniglia.
Mi aveva rapita, completamente.. ma sapevo, in cuor mio, che quello che provavo non era dovuto ad un’infatuazione.
Allora cos’era?
Era voglia di capire, di scoprire.
Pura curiosità.
Si, probabilmente lo era.

Il giorno successivo un nuovo membro si era aggiunto alla nostra classe, ormai se ne chiacchierava ovunque.
Entrai in aula e salutai tutti col sorriso, un sorriso che mi fu, naturalmente, ricambiato.
Il professore attirò l’attenzione della classe battendo la sua possente mano sulla cattedra e la ragazza fece il suo ingresso.
Aveva un viso dolce e con la cartella in spalla sembrava essere alquanto timida.
I suoi occhi esprimevano un po’ d’insicurezza ed il suo sorriso era una piccola maschera per nascondere la paura di quel nuovo.
Il suo nome era Hitomi e si era appena trasferita in città.
Non essendoci posti liberi il professore aggiunse un banco in prima fila, accanto alla dolce Rob.
Hitomi fece un piccolo inchino come saluto e si apprestò a raggiungere il suo posto.
Un vociferare aleggiava quindi nell’aria, il che non faceva altro che alimentare il disagio della nuova studentessa. Fu per questo motivo che l’allegra combriccola, accompagnata dai fantastici quattro, decise durante la ricreazione di creare un primo approccio diretto con lei.
Tutti tranne lui.
Perché lui era così, non desiderava legare con nessuno, i fantastici quattro erano i suoi unici amici.
E allo stesso modo gli altri non sembravano interessati a lui.
Tutti tranne me.
Ed era questo che mi legava a lui.
Era un continuo me ed un continuo lui tra noi.
Ed era strano.
Tanto strano.
Non ne capivo il motivo.
Ma qualcuno lo aveva detto..
Perché gli opposti si attraggono e i simili si comprendono.
  
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