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Autore: Reddle    14/08/2014    1 recensioni
È per il mio bene, hanno detto i miei superiori. Eppure io mi sento solo in gabbia.[...] sono stata addestrata per essere sfuggente, non per starmene tranquilla a farmi sorvegliare giorno e notte.
Quindi, adesso basta.[...]
Prendo le forbici dall'isola della cucina e vado in bagno davanti allo specchio. Impietoso mi rimanda la mia immagine. Un viso pallido, due occhi azzurri che a tratti spuntano dalla frangia rosso fuoco[...]

Il passato che ritorna prepotente ad avvelenare la nuova realtà selezionata per lei.
Ancora una scelta da prendere, ancora una volta è compito suo.
Fidarsi del passato, combattere e accettare le macerie che inevitabilmente resteranno, o lasciare che sia qualcun altro a muovere i fili di una realtà artefatta, solo per saperlo al sicuro?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO  UNO
 
Apro di scatto gli occhi respirando a pieni polmoni. Sono nel mio nuovo letto. Nella mia ennesima nuova casa.
Un incubo. Solo l'ennesimo incubo.
I sensi di colpa non mi lasciano andare.
Mi alzo. Lascio che i miei lunghi capelli rossi mi ricadano disordinati sulle spalle ed esco sul balcone. Ho pochi minuti prima che il sorvegliante di turno bussi alla porta. È per il mio bene, hanno detto i miei superiori. Eppure io mi sento solo in gabbia. Sono un’assassina, sono stata addestrata per essere sfuggente, non per starmene tranquilla a farmi sorvegliare giorno e notte.
 
Quindi, adesso basta.
 
Rientro lasciando la porta del balcone aperta, che il cagnolino si preoccupi per la mia incolumità, infondo lo pagano per questo.
Prendo le forbici dall'isola della cucina e vado in bagno davanti allo specchio. Impietoso mi rimanda la mia immagine. Un viso pallido, due occhi azzurri che a tratti spuntano dalla frangia rosso fuoco. Da quando sono sopravvissuta ho tralasciato la cura del mio corpo. E sono passati quasi due mesi.
Con attenzione comincio a tagliarmi i capelli che ricadono in tristi spirali rosse sul pavimento. Cinque minuti dopo ho terminato.
Bussano alla porta, con studiata calma vado ad aprire.
"Ciao cagnolino, come te la passi 'sta notte?"
Mi studia per qualche frazione di secondo.
"Chiuda la finestra quando torna a letto, potrebbe raffreddarsi" e torna ad appoggiarsi al tavolo sull'altro lato del corridoio.
Ghigno e chiudo la porta con un piede.
Quando la gente è abituata a vederti con i capelli in un certo modo, specie quando ti arrivano al fondo schiena, un cambiamento drastico li lascia spiazzati.
 
Mi sveglio che sono già le dieci passate. Il bagno è stato ripulito e io mi faccio tranquillamente la doccia.
Ho deciso di ricominciare.
Ho deciso di ricominciare ad essere una persona normale, normale quanto un sicario possa esserlo. Mi vesto ed esco sul balcone a fare colazione ascoltando distrattamente le voci che mi arrivano dalla strada. Mi restano impresse soltanto alcuni stralci di conversazioni del bar di fronte. Mi sporgo di poco dalla ringhiera, sono le voci di alcuni ragazzi in fermento per la serata che si terrà all’Honeymoon quest’oggi.
Mentre mangiavo, i capelli mi si sono asciugati arricciandosi leggermente, dopo un rapido sguardo allo specchio decido che non sono male ed esco con le chiavi dell’appartamento in tasca.
Torno in ufficio, tranne la breve sosta di due mesi fa, è quasi un anno che non ci metto piede.
Impiego solo pochi minuti.
Non mi ero resa conto che il mio appartamento fosse così vicino.
Il cagnolino, che mi segue da vicino, sembra sorpreso della nostra destinazione.
Attraverso la porta automatica e tutti gli occhi si puntano su di me all’istante.
Li ignoro e tranquilla proseguo verso l’unica porta verde.
La segretaria del capo si mette tra me e la porta costringendomi a fermarmi.
Mi indica una poltroncina.
“E’ occupato, siediti ed aspetta”
“Sono di fretta, lasciami passare”
“Lascia che entri, il capo capirà” mi appoggia il mio sorvegliante per poi accendersi una sigaretta. Lei si sposta. 
Mentre entro, la vedo strappare di mano al mio cagnolino la sigaretta e poi buttarla nel cestino, sorrido.
Mentre mi chiudo la porta alle spalle il mio sorriso sparisce.
Lui si gira.
“Ti richiamo”, riattacca il telefono, e mi fissa. I sui occhi fissano i miei. Il nero pece dei suoi contro l’azzurro mare dei miei. Non mi siedo, non mi sono mai seduta su quelle poltroncine, ho sempre preferito mettere una certa distanza tra me e lui. Non mi muovo di un millimetro.
Lui sorride.
“Felice di rivederti, ti aspettavo con ansia a dire il vero. Qualcosa per te lo avrei anche, ma è da fare subito. Lo  tenevo da parte da un po’ in effetti, ma resta il fatto che non hai una squadra”
“Hai sempre una soluzione per tutto,no? Non siamo tutti tue pedine in fondo?”.
Mi giro ed afferro la maniglia: “A proposito il guinzaglio mi va stretto, provvedi per favore”.
Ritrovo finalmente l’uso corretto delle gambe e me ne vado. Cammino, quasi corro, fino alla prima banca che incontro. Prelevo parecchi contanti, uno dei privilegi che mi piacciono di più, contante sempre disponibile in qualunque stato dei 5 continenti ti trovi.
Con tutta la calma del mondo guardo le vetrine di tutti i negozi che incontro. Nessuno mi segue da quando sono uscita dall’ufficio.
Entro in un negozietto carino e colorato. Ne esco dopo una trentina di minuti con un paio di borse.
Torno a casa.
So perfettamente che del capo posso fidarmi, ma il fatto di non sapere cosa ha progettato mi matte in uno stato d’ansia.
Scaccio il pensiero con una mano.
Per sta sera non voglio pensarci.
Finisco il lavoro del vento arricciando ancora un po’ i capelli, mi cambio e scendo in garage.
Scelgo la mia preferita, una giulietta rosso metallizzato e vado.
Arrivo all’Honeymoon quando il parcheggio è quasi esaurito. Dentro si riesce appena a respirare.
Mi fermo al banco e ordino da bere. Come di consueto mi serve Christian.
“Ehi! Finalmente ti si rivede!”
“Libertà vigilata.. Dammi da bere va’!”. Mi passa un bicchiere vuoto, lo riempie “se apri la serata è gratis” mi dice accennando alla postazione del dj ancora vuota. Impiego mezzo secondo per decidere. Afferro il bicchiere e vado in postazione. Mi metto le cuffie, le luci si abbassano e il primo pezzo comincia.
Mi perdo tra un pezzo e l’altro che sfumano insieme. Non penso.
Mentre l’alcool entra in circolo mi concentro solo sulla musica.
Mi sento osservata.
Tra la troppa gente ed il fumo, però, non capisco da chi.
La sensazione scompare quando un ragazzo con una particolare collana si volta verso l’uscita.
Devo seguirlo.
Cerco di non perderlo tra la folla, ma non mi riesce, c’è troppa poca luce e il fumo mi confonde.
Un altro pezzo mi si spegne nelle cuffie, prima che possa fare qualunque cosa Christian sale sul palco: “Cambio della guardia gentili signori!  Annette lascia il posto a Simon!”
Corro letteralmente giù dal palco, urto qualcuno, sto per cadere. Prima che il mio equilibrio venga compromesso del tutto una mano mi afferra, appartiene a Chris che mi lascia subito libera di scappare. Non lo ringrazio neanche, semplicemente me ne vado.
Esco.
Improvvisamente tutta la stanchezza della giornata si riversa sul mio corpo, l’aria fredda, almeno, mi schiarisce le idee.
Mi sento di nuovo osservata. Mi volto appena in tempo per vedere lo stano colore degli occhi dello stesso ragazzo di prima.
Cremisi.
Quegli occhi mi si imprimono a fuoco nella testa, riempiono i miei pensieri.
Tormentano i miei sogni.

Mi sveglio in un bagno di sudore quando la sveglia sul comodino segna le cinque di mattina. Ho dormito si e no tre ore. C’è qualcosa che mi sfugge, la stanza mi sembra diversa. Mi concentro e trovo la differenza, una piccola spia rossa proveniente dalla cucina, la mia segreteria.
Lentamente mi alzo dal letto, percorro il corridoio ed ascolto il messaggio. Riconosco il proprietario della voce, è il mio capo, come di consueto non si dilunga in spiegazioni.
“Alle 14,30, sul tetto, oggi”.
Nient’altro, il telefono tace e la lucina si spegne.
Quindi è vero, ritorno nel giro, la mia nuova squadra è pronta.
Quando esco di casa con il solo scopo di tagliare in modo decente i miei capelli per fare una buona impressione mi sento un po’ infantile.
Con gli altri non c’è mai stata una prima impressione. Siamo stati addestrati insieme. Siamo stati addestrati  per lavorare insieme. Il cagnolino, che ieri mi ha seguito fino in agenzia, oggi resta fermo a fissare la porta del mio appartamento. Non prendo la macchina, ho scoperto che c’è un parrucchiere vicino a casa, comunque conoscendo il capo partiremo subito e lasciare la mia macchina in un parcheggio pubblico per non so quanto non mi va a genio. Arrivo al salone in pochi minuti ed entro. Mi accoglie un ragazzo con i capelli lunghi e gli occhiali, talmente aggraziato e con dei lineamenti così delicati da sembrare una ragazza, che mi fa accomodare nella sua postazione. Nello specchio vedo il suo sorriso mutare in una smorfia mentre studia l’entità del danno che ho fatto l’altra notte. Mentre comincia ad accorciare i miei capelli centimetro per centimetro si sposta una ciocca di capelli sfuggita all’elastico permettendomi di leggere il nome inciso sulla targhetta dorata, Jim. Quando l’orologio sul muro batte le 12, ha già finito e io mi incammino verso il luogo dell’incontro. È presto, ma voglio essere puntuale.
Il campanile della chiesa dietro le mie spalle batte il primo rintocco delle 14 ed io apro la porta che da sul tetto del museo.
Cinque teste di voltano nella mia direzione.
   
 
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