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Autore: Atticus 182    14/08/2014    1 recensioni
"Jimmy Novak, un uomo sulla trentina, accettò di donarmi il suo corpo una notte di settembre, divenne il mio involucro personale e sentivo che iniziava ad aderire alla mia luce celeste. Indossava un trench beige, un vestito scuro, una camicia bianca e una cravatta e quello fu il mio marchio d’identità per ogni angelo che venisse dal cielo. "
Castiel è un Angelo, un Soldato del Signore, la sua missione è quella di ripulire la Terra dai Demoni e dagli individui impuri e senza fede. E' un Angelo freddo e senza rimorsi, ma c'è qualcosa di speciale dentro di lui, e Dio ne è consapevole. Qualcosa che crescerà e un giorno, dopo l'incontro con una persona molto importante, prenderà il sopravvento. Parlerò in prima persona, e descriverò i pensieri di Castiel. Buona lettura :)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza | Contesto: Quarta stagione, Più stagioni
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“Il braccio di un angelo non potrà strapparmi alla tomba, ma legioni d'angeli non potranno confinarmici. “
Edward Young.
 
Rami di betulle solitarie si stagliavano sulle montagne fluttuando dolcemente nell’aria, il vento le abbracciava così delicatamente che i movimenti erano impercettibili all’occhio umano. L’odore del mattino fresco e piovoso imporporava le punte delle valli e onde di nubi bianche e morbide coprivano i  raggi del Sole. Guardavo il mondo scorrere lento e potevo sentire in lontananza le note di un pianoforte suonato da dita esperte e veloci, la melodia penetrava le finestre di una grande casa a specchi, contornata da alte siepi che non lasciavano intravedere niente se non due piccole statuette ai margini della verde vegetazione che fungevano da entrata, erano poste dinanzi al varco che portava al portone principale su due colonne in marmo bianco. La fauna era ancora assopita dall’autunno che stava volgendo al termine, piccoli fiori color magenta fiorivano lungo le piante rampicanti delle colonne e la rugiada donava lucidità ai petali ormai aperti e pieni di vita. Piccole pozze d’acqua piovana erano raccolte ai piedi delle siepi e una manciata di petali galleggiava piano in superficie, creando mosaici instabili di colori riflessi nell’acqua e modificati dalla fioca luce del sole.
Mi ero concesso una mattinata lontano dai miei fratelli e dal mondo per poter osservare tutto da lontano e cercare pace e silenzio. Lì su quella collinetta ombrosa i miei occhi vagavano nel nulla per trovare la stabilità della mia anima e cautamente il sangue incollato alla mia pelle stava scivolando via come per darmi redenzione o perdonarmi delle azioni compiute. L’aria entrava piano nei polmoni per fuoriuscire calda e rilassata, sentii il corpo alleggerirsi un attimo e la scena di una foglia cullata dal vento mi inarcò leggermente le labbra, in una smorfia di serenità. Uno sbuffo di vita mi era entrato sottopelle e stava percorrendo tutto lo strato superficiale delle braccia per arrivarmi al cuore, un cuore morto e fasciato da scie di malvagità. Non volevo quella vita, quella missione. Uccidere non era una capacità, quasi una qualità, era un atto che ti marchiava a vita e tutto ciò che potei fare fu conviverci fino a quel giorno.
I piani erano cambiati, forti preoccupazioni affliggevano il Paradiso, confusione e panico avevano invaso quel posto lontano e sempre ordinario e io capii che le cose stavano precipitando. Mille Angeli spaventati sbattevano freneticamente le loro ali nel cielo del Nord America e il tonfo delle piume svolazzanti cadute a terra creavano ronzii fastidiosi nella mia testa. Rimasi a fissare le valli, cercando di insonorizzare tutti i rumori e le voci dei miei fratelli, che a gran voce, chiamavano il mio nome, l’unico mancante all’appello. Posai le mani sulle orecchie e leggermente con le labbra serrate tentai ti riprodurre la melodia estasiante di quel piano che aveva smesso di suonare. Le palpebre si muovevano lentamente e i miei occhi azzurri avevano raccolto ogni colore per assumere una tonalità di verde molto accesa. Le guance erano pallide e lucide, diressi lo sguardo al cielo immaginando cosa potesse spingere i miei fratelli e miei superiori a correre disperatamente al riparo. La luce celeste del mattino mi fece girare la testa colpendomi le iridi con forza. Le voci stavano scemando e il flebile tono di un unico Angelo rimase a far da eco agli altri che ormai avevano raggiunto già il Paradiso.
Uno sbattere d’ali dietro di me mi ricompose e la mano gelida di quell’Angelo sfiorò la mia spalla. «Dobbiamo andare, Castiel. Ci stanno aspettando. » Avrei voluto dirgli di andare al diavolo, di stare tutti alla larga da me, cercavo solo di essere assolto dalle mie colpe, perdendomi nei meandri delle piccole montagne che circondavano Forks. Invece sarei dovuto tornare in Paradiso a fare da burattino ai nostri superiori, continuando ad uccidere innocenti. Eppure combattevo con la parte di me che mi diceva che tutto ciò era giusto, che io ero nato per quello e che il mio destino era di essere un Soldato del Signore. La mia parte razionale veniva sovrastata da quella fredda e incapace di provare sentimenti quando dovevo compiere atti di cui non vado fiero, ma poi riaffiorava piu’ vivida di prima divorandomi l’anima con i sensi di colpa e lasciando che la parte che mi consolava si nascondesse nel buio. Non sapevo a quale mondo appartenere, a quale fosse giusto appartenere. Il mio lato Angelico mi donava forza e potere e un’anima indifferente e obbediente, ma il mio lato umano mi dava non solo fede e amore, ma la forza di volontà per negare la mia missione e vivere in pace sulla Terra. 
Annuii lentamente, non capii se avesse inteso il mio gesto ma poi si volatilizzò e pensai che non tutti gli Angeli sono spietati e indifferenti a certi pensieri. Che alcuni dei miei fratelli  magari potevano pensarla come me. Mi limitai però a sospirare e inspirare piu’ aria possibile, spiccando il volo.
Tornammo dagli Arcangeli che ci spiegarono la situazione. Lilith, uno dei demoni piu’ terrificanti della storia, aveva presso possesso di gran parte della Terra e stava portando il caos in ogni città. I suoi movimenti erano ben studiati e precisi, diretti verso un solo scopo: far uscire Lucifero dal regno degli Inferi e portarlo tra i terrestri, per dare inizio all’Apocalisse. Era una follia, un’azione insensata, ma noi avremmo dovuto impedirlo. Prima di portare a termine il suo piano aveva bisogno di rompere i 66 sigilli che avrebbero poi liberato il Diavolo. Dio sapeva cosa fare, sapeva cosa avremmo dovuto fare, e scelse me per portare a termine il compito piu’ arduo.
Percorsi un migliaio di corridoi per arrivare ai Piani Alti e avere un incontro diretto con Dio, probabilmente per incontro diretto si intendeva sentire la sua voce mentre il mio corpo giaceva immobile su una sedia reclinabile e la mia luce sprigionava tutta la sua forza in quelle quattro mura bianche.
Ogni Piano del Paradiso aveva un suo profumo e un suo simbolo di identificazione. Diciamo che i Piani non potevano essere numerabili, ma io fino a quel momento ne avevo visitati solo cinque e per la prima volta quel giorno avrei visitato il centesimo, il piu’ vicino alla dimora di Dio. Gli odori variavano dall’incenso alla lavanda, dalla fragranza di rose rosse all’essenza di camomilla, dal profumo di erbe fresche a quello dell’iris. Conoscevo delle storie su quel fiore, si diceva che avesse il potere di donare l’immortalità a chiunque avrebbe bevuto il fluido dei suoi petali. Varcare quel piano fu piu’ complicato degli altri, dato che l’odore era così forte, dolce e ipnotizzante.
Il centesimo Piano era caratterizzato dall’odore di cenere, mi pizzicava il naso insistentemente e respirare mi veniva un po’ difficile, sentivo come se piccoli granelli di polvere e carbone si stessero depositando sul fondo dei miei polmoni e man mano stessero riempiendo le due cavità vuote. Ma quella sensazione sparì non appena una donna con indosso una tunica bianca che le sfiorava le dita dei piedi nudi e gli occhi completamente limpidi e bianchi senza pupille, mi diresse sulla soglia di una porta anch’essa bianca, sopra vi era inciso il Nodo dell’Amante, un simbolo pagano molto particolare e significativo per noi Angeli, sapevo rappresentasse l’eternità, la fedeltà e l’unità. Era composto da un disegno interno che presentava quattro trifogli a simboleggiare le quattro stagioni. Il trifoglio rappresentava le tre forze della natura: terra, aria e acqua e intorno ad essi a chiudere il simbolo un cerchio perfetto che rappresentava a sua volta il sole. Su altre entrate dei Piani precedenti avevo scorto simboli simili, e avevo riconosciuto le incisioni. Al trentesimo vi era il Nodo di Iona, rappresentazione della pace interiore; al quarantatrèesimo la Croce di Afsling, che rappresentava il cambiamento e la crescita, mi sentii attratto da quel simbolo così affascinante, sprigionava ciò che ero, un Angelo cambiato dal mondo, messo in discussione, mi sentivo parte di esso, ma una forza piu’ potente mi trascinò al piano successivo e la luce nei miei occhi si spense. Il Nodo dell’Amante era quindi utilizzato tra noi creature celesti per indicare la triplicità sacra e a quanto pare l’incisione sul legno di quella porta doveva significare che attraversandola avremmo incontrato nostro Padre, sacro e intoccabile, onnisciente e onnipresente, puro e santo e incarnato in tre individui. Esitai un istante fissando l’incisione intagliata perfettamente, poi entrai. Delle alte pareti bianche erano illuminate da una lampadina sospesa in aria e appesa al nulla, il cielo della stanza era altissimo, iniziando dalle mura della stanza e disperdendosi a perdita d’occhio, sempre piu’ su. Non c’era nulla che occupasse spazio, solo una sedia reclinabile, come previsto, ad attendermi. Mi distesi e lasciai che Dio estraesse la mia essenza dall’involucro per toccarci e unirci in un unico essere. Mi parlò, tastò i miei piu’ profondi pensieri, toccò la parte piu’ nascosta della mia anima, alimentò la mia Grazia e donò splendore alla mia luce che si stava affievolendo e io ne conoscevo il motivo.
Dean Winchester, era il nome del cacciatore che avrei dovuto salvare dalle fiamme degli Inferi. Mi aveva spiegato la sua storia, i suoi tormenti, tutto ciò che lo riguardasse. A quanto pare aveva sacrificato la sua stessa vita per suo fratello Sam, un gesto davvero nobile, ma inutile. Sam stava intraprendendo una strada pericolosa e molti dei miei superiori non gradivano questa situazione. Lui era l’unico in grado di fermare Lilith, Dio mi spiegò ogni passo da compiere e io ero pronto a farlo. Mi sembrava l’unica azione buona e autentica della mia esistenza, l’unica utile alla nostra causa e un bene per la Terra. Combaciava perfettamente con i due mondi e per un attimo mi ero sentito diverso, in vita, un semplice Angelo Custode, che avrebbe comunque continuato a combattere come Soldato del Signore, ma che per un secondo poteva mettere da parte Dio e il Paradiso per dedicarsi alla sua missione personale, salvare quest’uomo e donargli consapevolezza e fede, che non era esattamente tra le sue priorità. Il piano di salvataggio comprendeva che Dean venisse posseduto da Michele, l’unico Angelo in grado di sconfiggere Lucifero, una volta nostro fratello. I danni alla sua persona erano stati messi in conto, ma erano inevitabili e necessari, così non me ne curai molto, questo prima di conoscerlo.
Avrei dovuto intrufolarmi nell’Inferno, strappare il ragazzo alle fiamme e riportarlo in vita. Non era un gioco da ragazzi, ma nelle mie possibilità. Ero in grado di farlo, Dio mi aveva rinforzato per questa missione speciale e ne avevo tutto le capacità.
Così iniziai a progettare un buon piano per entrare dentro l’Inferno senza farmi scorgere dai demoni, cercare Dean e uscire allo stesso modo di come ero entrato. Dio mi aveva donato la conoscenza di ogni stanza, corridoio e cella di quel posto, conoscevo tutto a memoria e aggirare le prime guardie all’entrata fu semplice. Le uccisi con il palmo della mano e i loro sorrisi compiaciuti si trasformarono in smorfie di dolore prima di accasciarsi a terra senza vita. La porta nera con il pomello in oro si aprì all’istante e un fuoco caldo e avvolgente invase ogni strato della mia pelle. Immune al bruciore e quindi alle scottature feci un passo e un altro e osservai ogni dettaglio, le mura in pietra trasudavano calore e una luce rossastra proveniente dal basso rifletteva su tutta l’atmosfera, creando ombre di lingue di fuoco sulle pareti. Alcune aste di legno infuocate sulla punta erano poste ai lati delle mura e riscaldavano ancora di piu’ il luogo arido e asciutto. Strizzai leggermente gli occhi, che lacrimavano per via del fumo denso che aleggiava nell’aria, in lontananza un leggero ronzio mi fece voltare dal lato opposto in cui tenevo fisso lo sguardo. File di celle si prostravano ai miei occhi, camminando lungo di esse lamenti, pianti e urla di dolore mi colpivano violentemente i timpani e questo mi infastidì molto. Un mano martoriata agguantò la parte finale del mio trench, troppo vicino alle sbarre di una cella, mi sentii tirare piano e un mugugno attirò la mia totale attenzione  «Aiutami. » Sussurrò a bassissima voce, quasi fosse una folata di vento. Poi il volto che prima era nella penombra venne avanti e la luce delle torce infuocate le illuminò il viso. Una donna calva e ossuta era accasciata a terra, la pelle le penzolava dal corpo nudo e la palpebra inferiore dell’occhio sinistro pendeva verso il basso, lasciando intravedere i nervi del bulbo oculare. Anche la bocca era leggermente storta e pendente in giù, i molari le avevano bucato la guancia e tutta l’arcata sinistra si intravedeva benissimo alla luce del fuoco scintillante. Strattonai la mano che cadde a terra priva di sensi, notai infine che lungo la gola un taglio netto e preciso le aveva tagliato e strappato via le corde vocali e capii quindi il motivo della sua voce impercettibile. La guardai attentamente senza emozioni, le lacrime secche che le rigarono il viso non mi fecero nessun effetto e con un ultimo rapido sguardo truce scrutai i suoi occhi grigi per poi voltarmi e infiltrarmi in quel posto sempre piu’ oscuro. Altri corpi sofferenti mi urlarono contro e invocarono aiuto, tendendo le loro mani sanguinanti e lacerate, alcuni erano ancora avvolti da strati di pelle, altri avevano una gamba o un braccio mancanti che pian piano e dolorosamente ricrescevano dalle ossa della scapola o del bacino, altri, i piu’ consumati, erano stati spogliati di ogni cosa e leggere nubi tossiche e scure fluttuavano nelle celle senza pace, lamentandosi e pronunciando suoni indistinti, nelle nubi tre cerchi frastagliati indicavano l’incavo degli occhi e della bocca, bocche aperte e lunghe. Le anime tormentate si crogiolavano nei loro vizi amplificati e piu’ feroci, resi dolorosi dai demoni che intrattenevano il loro tempo torturandole una ad una. Tutto il dolore e lo strazio dell’Inferno era concentrato in quel piano, che io oltrepassai con noncuranza e disprezzo. C’erano sicuramente dei motivi per cui erano finiti in quel posto e io non avrei potuto e voluto fare niente per aiutarli. Non tentai nemmeno di pensare ad un modo per far uscire qualcun altro oltre Dean, lui era la mia unica anima tormentata da salvare.
Oltrepassai una decina di corridoi, uccidendo tutti i demoni che intralciavano il mio cammino. Mi stupivo nel vedere con quanta stupidità quegli esseri insignificanti sfidavano le mie capacità e pensavano davvero di vincere contro un Angelo. Non lasciavo trapelare la mia totale consapevolezza della loro imminente morte, lasciavo semplicemente che mi infliggessero qualche colpo ben assestato alle costole o al torace e poi immobile li intrappolavo nella mia stretta e li eliminavo con facilità.
Seguivo uno schema preciso, Dean si trovava nella cella piu’ in basso, la piu’ sorvegliata alla fine del corridoio piu’ buio. Era un pezzo importante lì sotto, il Cacciatore piu’ ricercato dai Demoni, non osavo nemmeno immaginare con quali barbarie e torture avevano  intrattenuto il suo corpo e mi sentii ancora piu’ motivato ad arrivare da lui il prima possibile. Con lo sguardo duro e il passo regolare mi diressi in direzione della cella buia, a prima impatto il corridoio era vuoto, poi piu’ riuscivo ad avvicinarmi piu’ Demoni comparivano e piu’ ne uccidevo. Non fermai il mio cammino nemmeno per un secondo, li uccisi semplicemente alzando il braccio destro e esorcizzando i loro corpi, che cadevano a terra inermi uno ad uno.
Lasciando una scia di cadaveri dietro di me, sradicai dalle fondamenta le sbarre della cella. Inizialmente nel buio e nel rossore di quel luogo non riuscii a intravedere niente, strizzai gli occhi che si stavano abituando all’oscurità, una pozza di sangue e un pezzo di pelle si trovavano in un angolo, nell’altro un corpo magro ma sempre muscoloso era accasciato con la schiena al muro e le gambe incrociate. Dean, svenuto, probabilmente era stato torturato da poco per l’ennesima volta dato che le ferite stavano rimarginando e sulla guancia un pezzo di pelle si stava ricomponendo velocemente.  Gli occhi erano però spalancati e iniettati di sangue, due pietre verde smeraldo fissavano il vuoto, sulla spalla un pezzo di pelle dilatato e martoriato pendeva in avanti. In mano stringeva un gancio, strappatosi dalla spalla in cui l’epidermide era sporca di ruggine e  quasi del tutto mancante. Sul petto una grossa bruciatura si espandeva fino lungo i fianchi e giù verso la zona pubica, coperta da uno straccio di jeans, probabilmente ciò che rimaneva dei suoi pantaloni.
Posai due dita sulla sua fronte e ogni piccola ferita e tumefazione svanì dal suo corpo, ritornato bianco e levigato e piu’ gonfio e nutrito. La procedura comprendeva infine di posizionare la mia mano sulla sua spalla sinistra e trasportarlo nella tomba dov’era stato seppellito il corpo. Quando sfiorai la pelle di Dean la mia mano marchiò il muscolo della spalla e lasciò una chiara bruciatura. Sentii una scossa penetrarmi sottopelle e toccarmi l’anima accompagnata da una strana sensazione, come una connessione, un legame con quell’individuo che stava unendo le nostre essenze per poterci ritrovare sempre. Leggere punte di elettricità percorse ogni fibra del mio corpo e percepivo la mia Grazia che si liberava dello strato di pelle per combaciare perfettamente con l’anima di Dean.  Oltrepassai il terreno e lasciai cadere la sua anima nel suo involucro, mentre il mio, passando attraverso il terreno, saldava i piedi a terra. Guardai per un secondo la misera croce di legno sulla sepoltura e piegai la testa da un lato, Sam non aveva badato a spese per seppellire suo fratello a quanto pare. Il ritorno di Dean non fu però così sereno, nel frattempo che la sua essenza aderiva alla pelle per ridonare vita al corpo, il terreno si smosse e violenti fremiti fecero tremare ogni cosa, un vortice d’aria turbinò intorno alla mia energia lasciandomi senza vista, il vento soffiava sbattendo contro il mio trench che faticava a rimanere aderente al corpo. Di colpo tutto smise di muoversi e reagire alla potenza  di quel atto angelico. Solo leggeri tremolii colpivano le mie scarpe e guardandomi intorno centinai di pali bianchi e appuntiti si erano rivolti verso la tomba, sradicati dal suolo, e puntavano la croce. Sentii la terra smuoversi sotto le suole e mi librai in aria scomparendo da quel posto.
Una mano percorsa da vene violacee spuntò dal terreno e Dean si fece largo tra l’erba secca per fuoriuscire dalla sua tomba. Vedevo il suo volto contratto e l’incredulità prendere il posto dell’espressione interrogativa. Tossiva e ansimava, e aveva il corpo ricoperto dal terriccio. Aveva superato 40 anni nell’Inferno, lo ritenevo un uomo forte e determinato e pensai che Dio scegliesse con molta cura gli individui a cui affidare una missione. Aveva riposto tutta la sua fiducia in me per portare a termine questo piano e vedere Dean respirare mi fece sentire sollevato. Non capiva com’era finito lì, chi lo aveva riportato in vita, perché era tornato. Raggiunse una pompa di benzina non molto lontana dal luogo della sua ‘resurrezione’ e iniziò ad arraffare qualunque cosa. Prima di mostrarmi a lui, cercai di comunicargli la mia presenza attraverso degli apparecchi presenti nel piccolo negozio, così riversai la mia energia su un televisore arrugginito che sbuffò due o tre volte prima di accendersi e mostrare uno schermo grigio e frammentato a Dean e una radio che trasmetteva una musica orientale. La fissava senza capire, mormorai alcune parole, ma a quanto pare non era ancora in grado di sentirle e comprenderle. Iniziò a riversare del sale lungo le finestre, ma il suono della mia energia gli procurò un ronzio nelle orecchie e velocemente portò le mani a coprire le orecchie. Iniziai a frantumare tutte le vetrate del negozio per fargli avvertire la mia presenza, ma evidentemente pensava ancora fossi un demone. Vari pezzi ferirono minimamente Dean che coprì il viso e si fiondò a terra. Pensai che potesse bastare, che mi sarei mostrato a lui piu’ avanti,  inoltre una voce mi richiamò in Paradiso e spiegando le mie ali nere spiccai il volo verso la mia casa, lasciando Dean perplesso e senza una guida.


AUTRICE:
Salve a tutti! Vorrei come prima cosa ringraziare chiunque è arrivato a questo punto e continua a far aumentare il contatore delle visite. Grazie di cuore davvero! Ringrazio chi ha recensito e chi recensirà. E spero che questa mia piccola storia possa essere davvero apprezzata, dato che la sto scrivendo con tutta me stessa. Amo Castiel e amo Supernatural e mi sembrava d'obbligo scrivere una FF sulla mia serie tv preferita. Questo personaggio mi ha colpito al primo impatto, come tutti sappiamo è un tipo davvero particolare e all'apparenza freddo e spietato, data la sua prima comparsa nella Quarta Stagione, ma con il passare del tempo riesce ad entrare nel cuore dei nostri due Cacciatori. Io beh spero di essere stata in grado di mettere per iscritto i suoi pensieri al meglio, soprattutto essendo un personaggio molto contrastante e in conflitto con se stesso e il Paradiso. Apprezzerei consigli e anche critiche, per riuscire a comporre capitoli sempre migliori. Buona lettura e a presto!
   
 
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