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Autore: wilderthanthewind    15/08/2014    1 recensioni
Tra i banchi della Edgemont High School tante sono le cotte che sbocciano, i sogni che si distruggono, le passioni che si coltivano, le storie che iniziano e che finiscono.
Una storia di certo inizia.
È quella di Denise McCoy, una ragazza muta, e Ashton Irwin, il ragazzo che ritroverà tutte le sue parole.
La loro storia è scritta su pezzi di carta, ma chi non sa del resto che la carta è così fragile?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1
 


Denise entrò in classe con passo lento, strisciando i piedi, in spalla il suo zaino logoro; stringendone la bretella si avvicinò all'ultimo banco dell'aula e si sedette, lasciando cadere la borsa. I suoi movimenti calmi erano toccati da un lieve tremolio dal quale trasparivano le sue insicurezze. Non trascorse molto tempo a guardarsi attorno: la breve occhiata che aveva dato alla classe nel momento in cui vi aveva fatto ingresso le era risultata più che sufficiente. Molti dei compagni non avevano notato la sua presenza, altri le avevano rivolto uno sguardo giudicante.

«Buongiorno» le disse Mrs Terry in tono severo: non sopportava la maleducazione; riteneva che salutare costituisse la base della civile convivenza. Denise affrontò lo sguardo della professoressa, puntando i propri occhi sui suoi. Una donna sui cinquanta dai capelli biondo cenere e gli occhi verdi, una camicetta elegante di seta e i pantaloni sui toni del beige.

Non ricevendo risposta, l'insegnante rassegnata spostò la propria attenzione sul resto della classe.

«Bene» esordì, velando una lieve irritazione. «Facciamo l'appello» abbassò lo sguardo sul registro e scorse rapidamente i nomi dell'elenco con la penna, soffermandosi sul primo.

«Anderson» scandì, alzando poi il capo alla ricerca dello studente; inaspettatamente incontrò subito il suo sguardo: seduto al primo banco, un ragazzo occhialuto la osservava con attenzione.

«Presente» annuì leggermente.

«Becker»

«Presente» mormorò una ragazza dal viso coperto di lentiggini e incorniciato da una folta chioma rossa e riccia. Nel momento in cui accennò un sorriso, mostrò un luccicante fil di ferro posizionato lungo la dentatura superiore.

«Cannon»

«Qui» agitò il braccio un giovinetto dai capelli castani; un ingombrante ciuffo gli ricadeva sulla fronte, non nascondendo tuttavia i grandi occhi celesti.

«Cohen»

Tyler Cohen alzò la mano, assicurandosi, al cenno del capo della professoressa, che questa l'avesse notato. Si poteva facilmente intuire che fosse un amante dello sport: l'aderente maglietta dei Chicago Bears metteva in risalto i suoi muscoli scolpiti.

«Evans»

«Presente» attirò subito l'attenzione una ragazza a cui Mrs Terry, amante dello stile tradizionale e sobrio, rispose rivolgendole un'occhiataccia disgustata: nel suo giubbotto di pelle, Kathrine Evans sfoggiava una chioma di un viola intenso. I suoi occhi neri e magnetici luccicavano di un ombretto delle tonalità più scure.

«Gray» proseguì.

«Ci sono!» esclamò una ragazza sorridente, il cui dolce viso era contornato da una chioma mossa, color nocciola.

«Hammond»

«Presente» bisbigliò qualcuno sollevandosi lievemente per mostrarsi alla professoressa, facendo ben attenzione a rimaner ben rifugiato nella propria felpa.

«Hawkins»

«Presente, signora» rispose prontamente un affascinante occhi grigi, apparentemente entusiasta di sedere al primo banco, accanto all'occhialuto Anderson.

«Hunter»

«Qui» fece capolino da uno degli ultimi banchi un alto ciuffo color cioccolato. “Ah, la moda. Ciuffi sproporzionati ai loro cervelli” era il pensiero ricorrente della maggior parte dei cinquantenni vecchio stampo, come Mrs Terry.

«Irwin»

«Presente» rispose un ragazzo biondiccio, chinando appena il capo, cinto da una bandana rossa ad adornargli i capelli alzati. Indossava una canotta dei Green Day, bucata qua e là. L'insegnante posò lo sguardo sull'indumento rovinato, assumendo un'espressione perplessa. “I giovani d'oggi”, pensò, e subito passò al nome successivo.

«Jones»

«Presente!» esclamò vispa Alicia, agitando la mano, per poi chinare la testa e raccogliere la lunga chioma castana in un alto chignon. Era davvero bellissima, nonostante i capelli in disordine: attirava l'attenzione di tutti con quel carisma che la caratterizzava, e il suo sorriso raggiante. Tutti lo notavano a primo impatto, così anche l'insegnante, che tuttavia non rimase a lungo ad osservarla e si apprestò a terminare subito l'elenco.

«Kennedy»

Subito notò un riccio sulla sinistra muovere il braccio, senza disturbarsi troppo. Non doveva essere un amante della scuola.

«Marshall»

«Ci sono» si udì una voce squillante da un terzo banco, seguita da quella del suo compagno di banco nel momento in cui l'insegnante pronunciò «Matthews».

«McCoy»

Per l'ennesima volta la professoressa alzò il capo per individuare l'allieva. Cercò una voce o una mano alzata nel gruppo di giovani studenti, ma nessuno aveva risposto. I compagni si guardarono attorno per tentare di riconoscere il volto di McCoy, ma si soffermarono sulla figura di Denise soltanto nel momento in cui l'insegnante si rese conto di chi si trattava. Ora era sotto gli occhi di tutta la classe. Lo sguardo della ragazza era perso nel vuoto; ignorava completamente i richiami della professoressa, i mormorii incuriositi e le risatine di scherno dei compagni.

Dentro di sé regnava il silenzio più assoluto. Il suo animo era pacifico, stagnava nel buio, marciva nell'oscurità, in un processo calmo. Quell'inquietante silenzio si propagava in ogni angolo del suo corpo e della sua mente, fuoriusciva e la circondava.

Silenzio, solo silenzio.

«Shaw» disse dunque la professoressa con un tono più alto, per riportare l'attenzione della classe su di sé.

«Presente»

«Taylor»

«Presente»

«Watkins»

«Presente»

«Wright»

«Presente»

Mrs Terry pensò nuovamente a Denise McCoy. Non sarebbe di certo finita lì. “È solo il primo giorno di scuola, del resto”, cercò di spiegarsi. “Probabilmente necessita di un po' di tempo per ambientarsi”, rifletté, scegliendo dunque di ignorarla e dare inizio alla lezione.

Talvolta qualche compagno si voltava per osservarla: Denise McCoy non era normale.
 

 

«Potete fare ricreazione» annunciò la maestra alla sua classe. I bambini corsero fuori dall'aula e si diressero in giardino, sparpagliandosi e riempiendo la scuola di voci acute e gioiose. Soltanto una bimba minuta rimase composta: così intenta a scrivere sul proprio diario, non aveva udito la campanella suonare né il trambusto da parte dei suoi compagni. I piedini, nelle sue calzette bianco latte e le scarpe ad occhio di bue, penzolavano dalla sedia troppo alta per lei. Indossava una maglietta bianca, macchiata di pennarelli colorati, e una salopette logora: in assoluto la sua preferita. Una treccina ricadeva sulla spalla e scendeva lungo il torace, terminando all'altezza del fianco con un delizioso nastrino.

Segnò l'ultimo punto fermo e chiuse con cura il diario, riponendo poi la penna nel proprio astuccio. La sua grafia era imprecisa, com'è tipico di ogni bambino di quell'età; calcava molto ed era lenta. Così, spesso si ritrovava sola in classe, a scrivere delle sue giornate e delle sue emozioni. Sosteneva che il suo diario fosse l'unico a comprenderla. Per quanto possa sembrare strambo considerare un mucchio di fogli una degna compagnia, Denise lo preferiva alle sue coetanee. Ogni qualvolta s'immergeva nel suo mondo di parole, s'inebriava del profumo della carta, sentendosi a proprio agio più che mai: tra le righe poteva imprimere le proprie sensazioni senza preoccuparsi d'esser giudicata o di doversi comportare in un certo modo per sentirsi all'altezza. Il suo diario era silenzioso, come lei.

Conservò il vecchio quadernetto dove nessuno potesse trovarlo, afferrò il cestino del pranzo e raggiunse i compagni nel cortile della scuola elementare. Senza che potesse accorgersene aveva il più dolce dei sorrisi stampato sulle labbra rosee, come del resto capita spesso a una bambina di sette anni; tra l'altro, scrivere la tranquillizzava sempre. Avvistò il gruppo delle sue amichette e si avvicinò a loro, sedendosi poi accanto a una di esse. Estraendo una mela dal proprio cestino, cercò di inserirsi nella conversazione, annuendo e scuotendo la testa quando era necessario; talvolta mormorava qualche parola.

«Denise, perché tu sei così?» domandò d'un tratto una delle bambine.

«Già, perché sei così strana?» sghignazzò un'altra.

La bimba in salopette si guardò intorno: tutte ridacchiavano e si scambiavano occhiate d'intesa.

«Cioè?» osò mormorare accennando un sorriso un po' contagiato, un po' imbarazzato, scatenando le risate delle compagne.

«Beh, tu non sei come noi» spiegò una di loro, nel suo abito floreale, sulle tonalità del rosa.

«Tu non sei normale» aggiunse un'altra; i boccoli ordinati le arrivavano al petto, lasciando che la stampa della maglietta nuova e pulita si mostrasse interamente.

«E quindi?» domandò ancora.

«Hai i vestiti tutti sporchi, e i tuoi capelli sono spettinati. Tu non sai fare i giochi che facciamo noi, e stai sempre da sola a scrivere. Noi vogliamo stare solo con le bambine normali»

Il dolce sorriso di Denise scomparve lentamente dal suo viso, che s'incupì in un'espressione mesta.

«Ah, ho capito» sussurrò, ma nessuno la sentì: il gruppetto era già intento a giocare e scherzare, sollevato dell'assenza di Denise.

La bimba in salopette raccolse il proprio cestino e corse nella propria aula, ancora vuota. Prese il proprio posto e riaprì il diario, lasciando che le lacrime toccassero la carta, penetrandola di dolore.
 

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Ehilà!
Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo, e che non vi sia parso noioso.
Non ho introdotto del tutto Ashton, ma non vi preoccupate, nel prossimo accadrà qualcosa!
Eventualmente, fatemi sapere in una recensione cosa ne pensate, se la trovate interessante,
cosa vi aspettate dai prossimi capitoli, se vi va potete darmi qualche consiglio, sono davvero curiosa.
A proposito di questo, vorrei ringraziarvi per le visite, e un grazie speciale va a coloro che hanno
aggiunto la mia storia tra le seguite e tra i preferiti.
Davvero, grazie infinite, non avete idea di quanto significhi per me. 
Alla prossima! 

  
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