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Autore: merak23    16/08/2014    1 recensioni
Chi meglio potrebbe descrivere Oberyn Martell se non le madri delle sue figlie? In questa storia, divisa in tanti capitoli quanti le figlie, capirete come appariva Oberyn alle sue varie concubine, e di come lui le abbia sedotte, una ad una, lasciandole tutte in dolce attesa...
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oberyn Martell
Note: Lemon, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La lady
 
Quando venne sparsa la voce che un principe dorniano sarebbe arrivato a Volantis, le dame del circolo della Tigre si erano sfidate per vedere chi sarebbe riuscita a convincere il proprio marito a farlo diventare suo ospite. Aril, la moglie di uno dei favoriti per diventare Triarca, appena ebbe sentito la notizia decise di vincere quella sfida. Non avrebbe mai permesso a Linette, moglie di uno dei rivali del coniuge, di trovare un modo per darsi ancora più arie.
Ma il vero motivo di quella decisione era il suo amore per Westeros. Più di una volta aveva accolto in casa sua magnati del continente occidentale, ricchi di storie e di canti di quelle terre tanto sognate. A lungo si era persa nei pensieri di quei luoghi, su cui per secoli avevano camminato cavalieri e lord dai lunghi nomi e dalle avventure inimmaginabili.
Non ci volle molto tempo prima che Aril riuscisse a convincere il marito a ospitare quel principe tanto atteso a Volantis, questo perché Aril sapeva come piegare un uomo alle sue volontà…
Scrisse personalmente la lettera al principe e, in segreto, spruzzò sopra al foglio il suo profumo.
Aril non sapeva se fosse per quel particolare o perché fosse stata l’unica donna di Volantis a fargli la proposta, ma fu l’unica persona a ricevere una risposta.
 
Milady, diceva la lettera del principe, sarei onorato di essere ospite presso la vostra dimora.
Prevedo ancora tre giorni di viaggio prima di arrivare a Volantis.
Nell’attesa ringrazio Voi e vostro marito per la gentilezza.

Oberyn Nymeros Martell
 
Tre semplici righe che riempiono il cuore di Aril di felicità.
I successivi tre giorni passarono velocemente. I preparativi per il ricevimento del principe proseguivano come dovuto. Alla prima occasione Aril portò la lettera del principe al Circolo della Tigre, suscitando l’ammirazione delle amiche e la rabbia di Linette. E non mancava mai occasione in cui Aril pensava al suo futuro ospite. Continuava a immaginarselo sempre diverso e sempre più bello.
Al quarto giorno tutto era pronto. Aril e Olfin, il marito, insieme a tutti i loro servi attendevano dietro la porta il nuovo ospite, che sarebbe arrivato a momenti.
«Secondo te che aspetto avrà?» chiese Aril al marito, tutta eccitata.
«Non lo so… Regale?» Olfin liquidò la domanda della moglie con un gesto della mano, troppo occupato a fantasticare a sua volta sulla sua nomina di triarca.
Aril ci aveva fatto l’abitudine alla continua assenza del marito, ma in quel momento non ci badò nemmeno. Era troppo presa dal principe…
Qualcuno bussò alla porta.
Senza nemmeno pensarci Aril si gettò sulla maniglia, la girò ed aprì la porta.
«Salve! Io son…» si interruppe Aril.
Il principe infatti non assomigliava per nulla a come lei se l’era figurato. Alla porta infatti si era presentato un ragazzo, sui diciassette anni, con capelli lunghi e lisci, occhi di un profondo blu e i segni di una barba incolta.
«Salve! Voi dovete essere Aril, immagino» il principe prese la mano della dama e, continuando a mantenere il contatto visivo, la baciò.
«Immaginate bene» disse Aril, leggermente arrossita per l’imbarazzo «siete solo voi? Non avete un corteo o qualcuno che vi aiuti nel vostro viaggio?»
«Temo, milady, di essere soltanto io. Non vi basta un principe?» sorrise il ragazzo.
«Oh, perdonatemi, milord. Lasciate che vi presenti mio marito: questo è Olfin, della fazione delle Tigri, uno dei favoriti a diventare Triarca alle prossime elezioni»
«Una specie di principe dell’Est, quindi?» chiese Oberyn.
«Noi, a differenza vostra, preferiamo dividere il potere, di modo da riuscire a bloccare gli impulsi dispotici di uno degli altri Triarchi. Non vogliamo problemi qua a Volantis» rispose con una punta di astio Olfin.
«Immagino sarete stanco dal viaggio che avete fatto. Vi mostro le vostre stanze» si intromise Aril, per evitare scontri nell’atrio di casa sua.
Prese il principe per il braccio e lo condusse su per le scale, scortandolo negli appartamenti degli ospiti.
«La cena verrà servita al rintocco della quinta campana. Vedete di essere puntuale, a Olfin non piacciono i ritardi. » Aril si congedò al principe.
 
La quinta campana aveva suonato già da tempo e Aril e Olfin erano ancora seduti a tavola, aspettando il principe per iniziare la cena.
Aril notò l’espressione di disappunto  e di rabbia sulla faccia del marito.
«Questi uomini dell’Ovest credono di poter fare come credono loro! Perché ho acconsentito ad ospitare un simile screanzato a casa mia?! Potrà pure essere il principe di qualsiasi cosa lui voglia, sta di fatto che rimane comunque un grandissimo…»
«Un grandissimo cosa?» chiese il principe, apparendo sull’uscio della sala da pranzo.
«Un grandissimo uomo! Senza dubbio un così giovane principe che intraprende un così lungo viaggio deve essere senza dubbio un grand’uomo! Prego si sieda!» cercò di rimediare Olfin, indicando il posto di fronte al suo, ma anche il più lontano da lui.
«Spero possiate apprezzare il pasticcio di rognone con salsa di more. Aril lo adora.» con uno schiocco di dita tre servi entrarono nella stanza con tre piatti ancora fumanti e li porsero ai commensali. Con un altro schiocco di dita entrò un quarto servo con una bottiglia di vino. La aprì, la versò nel bicchiere di Olfin e dopo che lui l’ebbe assaggiata e annuito con un cenno di capo, il servo passò a riempire le altre coppe.
«Dunque,» cominciò il grasso anfitrione «cosa spinge un giovane principe dorniano a viaggiare nel continente orientale da solo?»
«A dire il vero per lo studio» disse il ragazzo, sorseggiando dalla sua coppa.
«Studiate? E cosa, che vi spinge fino a Volantis?» si incuriosì Olfin.
«Veleni.»
Un attimo di silenzio.
Aril notò come il marito fosse diventato timorato da quell’uomo con cui divideva la cena. Olfin, infatti, continuava a lanciare occhiate alla propria coppa per poi spostare lo sguardo sul principe per poi tornare al nero liquido che beveva.
«Perdonatemi, ma non siete voi dell’Ovest che dite che il veleno è l’arma delle donne?»
«Il motto della gente timorata dalla morte e delle persone con cui condivide il desco.» il principe sorrise all’uomo di fronte a lui.
«Vogliate scusarmi.» si congedò Olfin.
Per pochi istanti il silenzio calò sulla tavola. Aril notò come il principe la stesse osservando. “Me lo immaginavo più grande questo principe” pensò la donna “ma anche questo non mi dispiace…”
«Allora voi siete il principe di Dorne, giusto? Ho sentito alcune storie sulla vostra terra, ma vorrei avere dei resoconti da una persona più esperta… Vi piacerebbe parlarmene?» chiese Aril al ragazzo.
Oberyn sorrise alla lady e iniziò a raccontarle le storie di quella terra in cui viveva, della sua famiglia, delle sue avventure e di quelle delle persone che conosceva.
Aril l’avrebbe fatto parlare per ore, e così fu. Il suono della sua voce era melodioso ma deciso, riusciva a dare giustizia a qualsiasi storia stesse raccontando, che sia stata la notte trascorsa con la moglie di Edgar Yornwood o il duello avvenuto quando il marito li ebbe scoperti, ogni storia aveva sfumature diverse, accompagnate dalla dolce melodia delle sue parole.
Ma di una storia in particolare ne era rimasta affascinata. L’aveva già sentita, la balia gliela raccontava spesso prima di metterla a letto. Ma da allora non l’aveva più udita. Aveva sempre amato la storia di Nymeria, la principessa dei Rhoynar. Il modo in cui Oberyn la raccontava però rendeva tutto ancora più eccitante. Per anni Nymeria era stata la sua eroina e ora aveva di fronte il suo erede…
“Come può un giovane di diciassette anni aver vissuto più a lungo di qualsiasi altra persona abbia mai conosciuto?” Aril non sapeva la risposta, ma non si crucciava nel trovarla. Quello che ora contava più di tutto era il principe.
«Mi porterai a visitare Westeros?» chiese s’improvviso la donna.
«Tuo marito ti lascerebbe venire?»
«Non mi importa di lui… Portami via da qui, ti prego…»
Il principe si avvicinò alla donna e le sussurrò all’orecchio: «E allora fuggiamo. Torniamo a casa…»
Una scossa di eccitazione pervase Aril al suono della parola ‘casa’. Per anni desiderava di visitare Westeros e ora aveva addirittura un principe dorniano a farle quella proposta.
Così, tutto d’un tratto, Aril si accorse di amare quel giovane che conosceva da nemmeno un giorno. Doveva ringraziarlo per quel regalo che le voleva fare, e lei sapeva come fare…
Prese il principe per il braccio e lo strattonò verso gli alloggi degli ospiti, così eccitata che si lasciò sfuggire qualche risatina nel tragitto.
Arrivati nella stanza si girò di scatto e si mise a baciare il principe con passione.
Cominciò a spogliarsi con velocità, impaziente di appagare quel ragazzo tanto generoso.
Nuda, si lanciò sul letto, mettendosi a gattoni, di modo che il principe potesse vedere le sue cosce.
«Vieni, mio salvatore» lo invitò la ragazza, con voce suadente.
Il principe, rimirando quello spettacolo, cominciò a svestirsi a sua volta, buttando gli indumenti ovunque loro cadessero. La raggiunse sul letto e si appoggiò sopra di lei. Cominciò a baciarle la spalla sinistra mentre con la mano inseriva il suo fallo nelle grazie di lei. E prendendole i fianchi, cominciò a spingere. Mai Aril si era fatta prendere come una schiava dal marito. Olfin preferiva stare sotto mentre la moglie faceva tutto il lavoro per lui. Il contatto delle labbra del principe premute sulla sua schiena era afrodisiaco. Il modo in cui la brezza serale che entrava dalla finestra asciugava la sua saliva, facendo trasalire Aril dal freddo lo era ancora di più.
Il membro del principe, ormai diventato una presenza amica ad Aril, continuava ad entrare ed uscire ritmicamente da lei, mandandole vampate di calore continue.
Il ragazzo prese Aril per il fianco sinistro e la girò, senza uscire da lei, di modo da poterla guardare negli occhi.
«Aril, Aril, Aril, Aril…» sussurrava il principe strusciandosi sul collo di lei.
La dama prese il volto di lui fra le mani e lo baciò. Iniziò a muovere la lingua per esplorare quella cavità che aveva il sapore del vino forte.
“Ancora, ancora, ancora…” implorava dentro di sé la donna, cercando di far entrare sempre più a fondo il principe.
Aril cominciò a gemere dal piacere, afferrando il cuscino sotto la sua testa e cominciando a stritolarlo nella sua mano.
Il principe scese e prese a baciarle il collo con impeto. Aril continuava a gemere, facendo accrescere il suo piacere. Il principe aveva ormai raggiunto l’orgasmo e dopo pochi secondi uscì da lei.
Si stese alla sinistra della donna, col respiro affannato.
«Partiamo all’alba» disse con un sospiro.
Ad Aril non serviva sapere altro.

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Quella sera non stava affatto andando come doveva. Il parto era stato un inferno, ma ora Aril stava passando di peggio. Erano passati pochi istanti dall’uscita della bambina, ma il sangue continuava a sgorgare, a sgorgare. I maestri cercavano inutilmente di tamponare le sue cosce per pulire le macchie, ma appena toglievano gli strofinacci dalle gambe di lei, queste tornavano a bagnarsi. Oberyn si aggirava per la stanza, continuando a impartire ordini ai presenti. La bambina era sana e viva, Aril no. Avevano raggiunto Myr quando alla donna fuggita si ruppero le acque. Da quel momento il dolore aveva cominciato ad aumentare, senza mai diminuire. Aril aveva capito cosa stava succedendo, e con un filo di voce chiamò il suo salvatore: «Oberyn…»
Ma il principe era perso nei suoi pensieri e non sentì.
«Oberyn!» chiamò più forte la donna.
Il principe si voltò verso di lei e la raggiunse sul capezzale.
«Ti prego… raccontami ancora di Nymeria….»
Il ragazzo, con uno sguardo accondiscendente, iniziò la storia della principessa guerriera.
Il suono della sua voce tranquillizzò la donna, regolandone i respiri.
«Chiama nostra figlia così… Chiamala Nymeria» disse con l’ultimo filo di voce.
Il mondo divenne sempre più scuro, l’ultima cosa che lei vide fu Oberyn che annuiva, sospirando.
Poi tutto si fece più scuro, più scuro, più scuro…
   
 
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