CAPITOLO 4
THE ASTERIA’S ADVENTURES IN WONDERLAND
18
febbraio 1997
Daphne non aveva mai capito il
perché di quel coniglio bianco.
Quando quella mattina del
trentuno agosto di cinque anni prima aveva accompagnato Asteria a Diagon Alley perché
la ragazza doveva fare gli acquisti per Hogwarts, sua sorella era entrata al
Serraglio Stregato e ne era uscita con un coniglio bianco.
Un gatto o un gufo sarebbero
stati meglio di quella palla di pelo, perfino un topo sarebbe stato più utile:
se non altro, con le code di topo si poteva preparare la Pozione Singhiozzante;
con le code di coniglio nemmeno quella.
E, come se non bastasse, quando
Daphne aveva chiesto ad Asteria se aveva già deciso come chiamarlo, lei aveva
risposto: «Coniglio Bianco»
Un nome fantasioso oltre ogni
dire, ma Asteria era contenta così e a distanza di cinque anni Coniglio Bianco
era ancora lì, più grasso e peloso che mai, e non ci sarebbe stato da stupirsi
se sua madre avesse ordinato al loro elfo domestico di cucinarlo per il
prossimo cenone di Natale.
L’altra grande passione di
Asteria – dopo Coniglio Bianco – erano i libri di fiabe.
Ne leggeva di tutti i tipi, sia
di maghi che di babbani, anche se quest’ultime doveva leggerle lontano dagli
occhi accusatori di sua madre, che l’avrebbe diseredata seduta stante se
l’avesse sorpresa a sfogliare anche un solo libro di qualche ignobile babbano,
motivo per il quale li nascondeva tutti dentro un grosso scatolone sotto il
letto.
Per il resto, Asteria aveva
solamente altre due malsane fissazioni: la prima era Morag MacDougal.
Cosa ci trovasse in quella
Corvonero acida e scorbutica era un mistero per tutti, Morag per prima, che
roteava gli occhi al cielo ogni qual volta si trovava quella Serpeverde
quindicenne alle costole.
Tra l’altro, dal momento che la
gente tendeva sempre ad evitarla, non sapeva mai come comportarsi con lei.
Inoltre Asteria sembrava aver
imparato a memoria le sue abitudini.
Sveglia alle sei e mezzo del
mattino, con seguente passeggiata al Lago, sgattaiolando fuori dal Dormitorio
senza farsi scoprire da Gazza o dalla sua insopportabile gatta. Colazione alle
otto meno venti, quando ancora c’erano pochi studenti in Sala Grande. Lezioni
mattutine, pranzo veloce, salto in biblioteca, ma non tanto perché amasse
particolarmente passare pomeriggi interi sui libri ma perché la biblioteca era
una delle zone meno affollate di tutto il castello. Cena veloce e poi dritta
alla Torre di Astronomia, dove Morag passava la maggior parte della serata.
Quel mattino Asteria si era
appostata di fronte all’aula di Antiche Rune, la prima lezione della giornata
di Morag. La Corvonero arrivò pochi minuti dopo, sbuffando quando vide Asteria
Greengrass ad attenderla sorridente.
«Ma non hai lezioni, tu?» le
domandò sgarbata, sentendosi uno straccio data l’espressione cortese e serena
della Serpeverde. Era educata da far venire i nervi, accidenti.
«In effetti adesso ho
Incantesimi, ma ieri sera hai dimenticato il libro di Antiche Rune nella Torre
di Astronomia, ma te l’ho preso io, tranquilla. Ecco qua» fece, porgendole il
mattone di settecento pagine e passa.
Morag mugugnò qualcosa che con
molta fantasia sarebbe potuto passare per un grazie.
«Ci vediamo più tardi» disse poi
a Morag, alle cui orecchie quel “ci vediamo più tardi” suonò come una minaccia.
Asteria si voltò per tornare
indietro verso l’aula di Incantesimi, ma non essendosi accorta che qualcuno
stava venendo nella sua direzione, e dato che Morag non si sprecò a dirle di
fare attenzione, andò a sbattere contro qualcuno. Riuscì a mantenere l’equilibrio
appoggiandosi alla parete, ma il libro che teneva in mano le cadde per terra.
Asteria alzò gli occhi azzurri
sulla persona che aveva investito. Hermione Granger si era appena chinata per
prendere il libro che le era caduto, dando una fugace occhiata al titolo sulla
copertina: “Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”.
«Tieni» le disse Hermione,
ridandole in libro con espressione curiosa. Non avrebbe mai creduto che una
Greengrass potesse leggere libri di autori babbani.
«Grazie» replicò subito Asteria.
«E scusa se ti ho investita. Morag, a dopo» aggiunse in direzione della
Corvonero, sparendo oltre l’angolo del corridoio.
Hermione e Morag rimasero a
fissarsi alcuni secondi prima di entrare nell’aula, dove ognuna sedette al
proprio solito posto: Morag in uno degli ultimi banchi e Hermione tra le prime
file, accanto ad Hannah Abbott.
Non erano molti gli studenti che
frequentavano Antiche Rune. Dei Grifondoro, oltre a Hermione, c’era solo Seamus
Finnigan, che era appena arrivato e aveva preso posto accanto a Justin
Finch-Fletchley. Oltre Morag MacDougal, dei Corvonero c’erano invece Lisa,
Anthony e Terry Steeval, mentre gli unici Serpeverde erano Theodore Nott e
Draco Malfoy.
Arrivata la professoressa Bathsheda
Babbling, una donna alta e dai capelli nero-grigiastri, la lezione cominciò.
Come suo solito, Hermione iniziò
a prendere appunti, seguendo con attenzione le spiegazioni della professoressa
Babbling. Le lezioni di Antiche Rune, seppur tra le più difficili, erano anche
tra le più interessanti e tranquille. Hannah, poi, era un’ottima compagna di
banco, perlopiù silenziosa e attenta.
Sfogliando il suo dizionario
delle rune, lo sguardo di Hermione si posò per un attimo su uno dei banchi
dell’altra fila, quello dove Theodore Nott stava prendendo appunti in silenzio
e Draco Malfoy stava consultando il suo dizionario. Tempo di un istante, e
mentre Hermione tornava a voltarsi verso la professoressa Malfoy alzò lo
sguardo.
Con la coda dell’occhio a
Hermione parve di notare un movimento da parte di Malfoy, ma non osò spostare
nuovamente lo sguardo verso di lui per accertarsene.
Non c’era niente di peggio che sentire uno sguardo fisso
sulla propria schiena e non trovare la forza di voltarsi per ricambiarlo.
Era incredibile. Che aveva
Malfoy da fissarla così? Si diede una sistemata al nodo della cravatta, sfogliò
il dizionario delle rune e prese qualche appunto sebbene non fosse necessario.
Odiava sentirsi osservata, la
rendeva tremendamente nervosa e le dava l’impressione di avere qualcosa che non
andava.
Le era forse spuntata la coda? O
delle ali sulla schiena? Se era tutto a posto per quale motivo Malfoy la
fissava?
Concentrarsi sulla lezione fu
quasi impossibile. Persino Morag, seduta due banchi dietro Hermione e Hannah,
le fece arrivare sul banco un biglietto con scritto: “se la smettessi di
dimenarti forse riuscirei a vedere la lavagna”.
Hermione era già abbastanza
nervosa senza che ci si mettessero anche le cortesi richieste di Morag
MacDougal, ma cercò ugualmente di stare ferma e tranquilla al suo posto.
Di certo la situazione non
migliorò quando Hannah si accostò di più a lei per bisbigliarle qualcosa
all’orecchio.
«C’è Draco Malfoy che ti fissa
da quando è iniziata la lezione.»
Come se non se ne fosse accorta!
Ringraziò comunque che accanto a
lei ci fosse Hannah e non qualcuno come Lavanda Brown o Calì Patil. Mentre
Lavanda o Calì, a una constatazione del genere, l’avrebbero tormentata con
continue occhiate curiose e risatine sommesse, la voce di Hannah era priva
della minima traccia di malizia.
La lezione terminò dopo un’ora
che a Hermione sembrò infinita. Prese i suoi libri, li mise nella borsa e
quando finalmente si girò vide che al tavolo dei due Serpeverde era rimasto
solo Theodore Nott.
Draco Malfoy era già uscito
dall’aula.
Da quando quei piccoli
Serpeverde avevano lanciato Caccabombe nella biblioteca, il numero di studenti
che vi andava per studiare era diminuito, e, una volta tanto, Hermione non ebbe
nulla da ridire. Come promesso da Madama Pince, l’odore cattivo se n’era andato
del tutto, ma poteva capitare, prendendo qualche libro di Storia della Magia,
di trovare le pagine ancora un po’ impregnate di quell’odore sgradevole.
Quella sera Hermione era infatti
l’unica studentessa nel reparto di Storia. Ma dal momento che doveva preparare
l’argomento di storia per la tesi dei M.A.G.O., era costretta a cercare quello
che le serviva e a sopportare l’odore emanato da quei libri ancora impregnati
della puzza delle Caccabombe.
Prese tutti i libri che le servivano
e in fretta si diresse verso uno dei tavoli più lontani dal reparto di storia,
e finalmente poté studiare in pace.
Tutto avvenne alcune ore dopo,
quando Hermione tornò nel reparto di storia per posare i libri che aveva preso.
Era vicina allo scaffale dove erano posati in ordine cronologico alcune delle
edizioni più importanti della Gazzetta del Profeta, quando vide una copia
caduta per terra. Si chinò a prenderla per rimetterla sugli scaffali e senza
troppo interesse il suo sguardo si posò sui titoli della prima pagina. Leggendo
la data scritta in piccoli caratteri su un bordo della pagina, Hermione scoprì
che il giornale risaliva al 28 aprile di quattro anni prima. Il Profeta di quel
giorno trattava in prima pagina dell’elezione del nuovo Ministro della Magia,
ma sfogliando alcune pagine Hermione si accorse di un articolo che catturò la
sua attenzione.
Parlava del suicidio di una
giovane donna che si era impiccata nella camera da letto della sua villa di
Bristol, dove viveva col marito e il figlio. Il nome della donna era Ariadne
Nott.
Se fin dal primo momento, lesse
Hermione, fu dato per scontato che quello fosse stato un suicidio,
successivamente Anacletus Nott, marito di Ariadne, aveva accusato il fratello
maggiore della moglie di averla indotta a suicidarsi. E il nome di quel
fratello stupì Hermione ancor più di quello della donna impiccata: Nestor
MacDougal.
Dunque Theodore e Morag erano
parenti, rifletté la Grifondoro. Non ne aveva idea. A stento sapeva che la
madre di Theodore Nott era morta anni prima, figurarsi se conosceva tutti i
particolari della vicenda.
Hermione richiuse il giornale e
lo posò sullo scaffale, andando verso l’uscita della biblioteca. Non le andava
di sapere altro su quella faccenda, né voleva impicciarsi in quella storia.
«Non se ne parla, Turpin,
scordatelo.»
«Non puoi tirarti indietro,
Malfoy, Blaise Zabini mi ha assicurato che anche tu avresti dato una mano.»
«Spiegami perché dovrei essere
proprio io ad aiutare Blaise a far arrivare delle casse di Firewhisky qui a
scuola» borbottò Draco Malfoy, tampinato lungo il corridoio da
un’irritantissima Lisa Turpin.
«Perché tu sei lo studente più
sveglio e affascinante di tutta la scuola, non mi viene in mente nessuno che
possa esserci più utile di te. Allora? Che ne dici?» fece Lisa, speranzosa.
Draco, che comunque parve
compiaciuto di tutti quei complimenti, fissò la Turpin con cipiglio scettico.
«Cosa c’entra tutto questo? Non
starai per caso cercando di comprarmi con qualche lusinga?»
Lisa spalancò la bocca, in
un’espressione offesa e stupita.
«Ma certo che no!»
«Meglio così, perché quella è
una mia prerogativa» ribadì Malfoy, spostando lo sguardo dal viso di Lisa alla
persona che spuntò proprio in quel momento dall’angolo del corridoio. «Oh,
guarda che fortuna, c’è la Granger, perché non chiedi a lei di dare una mano a
Blaise?»
Hermione, che avanzava con una
montagnetta di libri tra le braccia, al sentire pronunciare il suo nome alzò lo
sguardo, accorgendosi di Lisa e Malfoy.
«Eh?» fece, confusa, mentre Lisa
la afferrava per un gomito rischiando di farle cadere i libri per terra.
«Che idea grandiosa, Malfoy!»
esclamò entusiasta Lisa, togliendo i libri di mano a Hermione, che colta alla
sprovvista sussultò. «Andrete voi due ad aiutare Zabini.»
«Cosa?» disse Hermione, cercando
di riprendersi i libri.
«Sta’ tranquilla, dirò a Lavanda di portarli nella tua
stanza» la rassicurò Lisa. «Forza, andate, su. Zabini è vicino alla statua del
Fante Decapitato, al passaggio segreto che porta dritto alla cantina dei Tre
Manici di Scopa… muovetevi, forza!» li incitò, dando a entrambi una spinta
sulla spalla per farli avanzare, poi si allontanò a grandi passi portandosi via
i libri di Hermione, che la guardò infuriata.
«Quella è folle!» sbraitò. «Mi
aveva detto… io le avevo detto che oltre a decorare la Sala non avrei
fatto nulla!»
«Beh, io avevo detto che non
avrei fatto niente di niente e basta» fece Malfoy. «Ma visto che siamo qua
tanto vale andare ad aiutare Blaise, no?»
«No.»
«Vattene pura, allora» fece
Malfoy con indifferenza. «Anzi, è meglio così. E’ decisamente meglio così»
aggiunse a voce bassa, come se si stesse rivolgendo più a se stesso che a
Hermione.
Lei rifletté alcuni istanti, le
braccia incrociate al petto. L’idea di passare del tempo con Draco Malfoy non
le andava molto a genio per il solo motivo che lui la metteva un po’ in
soggezione, da un anno a quella parte. Come era successo quella mattina a
lezione di Antiche Rune, le capitava di scoprire Malfoy a fissarla
insistentemente, e questo la rendeva terribilmente nervosa. Anche l’idea di
dare una mano a lui e Zabini a portare via le bibite dalla cantina dei Tre
Manici la rendeva assurdamente ansiosa.
«No, ho deciso» fece Hermione,
prendendo il respiro e attirando l’attenzione di Malfoy. Poi, senza la minima
logica, aggiunse: «vengo con te.»
Si pentì un istante dopo di aver
pronunciato quelle parole. Per quanto assurda potesse essere la sua decisione
di seguire Malfoy, avrebbe potuto usare una frase diversa da “vengo con te”.
Avrebbe potuto dire “vengo ad aiutarvi”, “vi do una mano”, ma non vengo con
te. Era quel pronome a suonare in maniera equivoca. Del resto era Blaise
Zabini che Lisa le aveva chiesto di aiutare, non Malfoy.
Il ragazzo comunque non sembrò
farsi troppi problemi su quel fatidico “vengo con te”; si limitò ad annuire col
suo tipico fare indifferente, e insieme si avviarono verso la statua del Fante
Decapitato, che si trovava in fondo al corridoio del settimo piano. Lui teneva
le mani in tasca e guardava sempre dritto di fronte a sé, come se Hermione non
fosse nemmeno lì con lui; la ragazza ostentava un uguale atteggiamento, anche
se di tanto in tanto il suo sguardo guizzava sull’elegante profilo del
Serpeverde, impassibile come una statua.
Il suo comportamento la
disorientava: a volte si mostrava quasi interessato a lei, altre volte la
ignorava del tutto, come se nemmeno lui avesse deciso quale delle due strade
continuare a seguire.
Per Hermione quel silenzio
iniziò a farsi incredibilmente pesante, così come le occhiate degli altri
studenti che vedendoli camminare insieme per i corridoi voltavano il capo
incuriositi. Ma mentre Draco appariva perfettamente tranquillo, Hermione, per
quanto cercasse di dissimulare il nervosismo, era palesemente ansiosa.
E forse se ne accorse anche
Malfoy, perché a Hermione parve che per un attimo lui la stesse fissando con la
coda dell’occhio, piegando impercettibilmente le labbra in una sorta di ghigno.
Giunti di fronte al Fante
Decapitato, la Grifondoro avrebbe volentieri tirato un sospiro di sollievo, ma
si trattenne dal farlo. Insomma, Malfoy non la metteva in soggezione fino a
quel punto.
«Dov’è il passaggio segreto?»
chiese Hermione, fissando la statua da tutte le angolazioni.
Per tutta risposta, Malfoy si
mise di fronte a lei dandole le spalle, poi con un veloce movimento della
bacchetta fece in modo che la testa del Fante, che giaceva sulla spalla della
statua in un modo che ricordava un po’ Nick-Quasi-Senza-Testa, tornasse dritta
sul capo del Fante. Draco si fece indietro di alcuni passi e la statua,
improvvisamente dotata di vita propria, si spostò, allontanandosi dal
piedistallo sul quale fino a un attimo prima stava immobile. Fece un profondo
inchinò staccandosi nuovamente la testa come fosse un cappello, permettendo
così a Hermione e Draco di entrare.
«Un po’ macabro» commentò la ragazza,
ma Malfoy l’afferrò per un gomito trascinandola dentro il passaggio che il
Fante Decapitato aveva rivelato.
La statua tornò silenziosamente
al suo posto e i due ragazzi rimasero immersi nel buio, e in quell’istante
Hermione provò conforto dal contatto della mano di Draco sul suo braccio.
«Lumos» lo sentì poi
sussurrare, e non appena dalla punta della bacchetta di Malfoy spuntò un raggio
di luce, lui lasciò la presa e lei poté vedere meglio il luogo dove si
trovavano.
Era un cunicolo stretto che scendeva,
e il soffitto, notò Hermione avanzando insieme a Malfoy, era un po’ troppo
basso, tanto che per camminare dovevano flettere le ginocchia, specialmente
Draco che era più alto.
«Chi ha scoperto questo
passaggio?» domandò Hermione, che non ricordava di averlo mai visto segnato
sulla Mappa del Malandrino.
«Io, ovviamente» rispose
Malfoy, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Ero con Pansy la notte in
cui l’ho scoperto. Stavamo cercando di seminare Gazza.»
Hermione non voleva nemmeno
sapere cosa ci facesse Malfoy con Pansy Parkinson in giro per i corridoi del
settimo piano di notte, quindi continuò a camminare senza proferire parola.
Il percorso fu più lungo e
tortuoso di quel che avrebbe creduto. E anche più scomodo. Ma dopo una decina
di minuti riuscirono a giungere alla fine del cunicolo, e Draco,
inginocchiandosi, aprì una botola coperta da della terra e da alcuni ciottoli.
Saltò giù per primo con un balzo elegante, atterrando sul pavimento con un
leggero tonfo; doveva essere un bel salto.
Hermione si sedette sul bordo
della botola poggiando le mani sul pavimento per darsi la spinta, guardò appena
in basso e senza rimuginarci troppo si buttò, sperando di non capitombolare per
terra.
L’impatto fu anche più morbido
di quel che aveva sperato. Impiegò un solo istante per comprendere di trovarsi
tra le braccia di Malfoy, che l’aveva presa al volo, e ancora meno impiegò per
arrossire fino alla punta dei capelli.
Si ritrovò con le braccia al
collo del ragazzo, mentre le mani di Malfoy la reggevano per la vita. Il viso
di Hermione era talmente vicino a quello del Serpeverde che lei poté cogliere
ogni particolare di quel volto che da sempre aveva odiato: gli occhi erano di
un grigio denso, le labbra sottili e piegate in un sorriso sghembo; la pelle
del viso era pallida e liscia, e Hermione si chiese come sarebbe stato
accarezzargli una guancia col dorso della mano.
L’unica cosa che fece fu invece
poggiarli le mani sulle spalle invitandolo a lasciarla andare, cosa che Draco
fece un secondo dopo.
«Grazie, ma non era necessario»
disse freddamente Hermione, prendendogli i polsi e allontanandogli le mani dai
suoi fianchi, visto che lui non sembrava volerlo fare da solo.
«Come sei suscettibile» commentò
Malfoy, mentre Hermione si guardava intorno. «E io che pensavo di farti un
favore preservando il tuo bel visino da un’umiliante caduta a faccia in giù.»
«E chi ti dice che sarei
caduta?»
«Scusate se vi interrompo,»
borbottò una voce da un punto imprecisato della stanza semibuia «ma dal momento
che nessuno di voi due è caduto o si è fratturato qualche braccio, non è che mi
dareste una mano?»
Entrambi voltarono il capo verso
Blaise Zabini, quasi del tutto nascosto da una cassa di legno che gli impediva
di vedere dove stava mettendo i piedi.
Hermione tirò fuori la bacchetta
e fece sollevare la cassa dalle braccia di Blaise, facendola ricadere
silenziosamente a terra.
«Era ora» bofonchiò Blaise.
«Un “grazie” ci sarebbe stato
meglio» disse Hermione contrariata. «Ma Madama Rosmerta sa che stiamo qui?»
«A dire il vero no» rispose
Blaise.
«Vorresti dire che stiamo rubando?»
chiese Hermione, non sapendo più cosa aspettarsi.
«Per Merlino, certo che no» fece
Zabini, osservandola.
«Come se ne avessimo bisogno» ci
tenne a precisare anche Draco.
«Un vecchio amico lavora qui, è
con lui che ho parlato» spiegò Zabini. «Adesso vi decidete a darmi una mano,
dal momento che è per questo che siete qui? O stavate facendo una passeggiatina
serale?»
«E d’accordo» sbuffò Hermione,
aiutando Zabini a portare le casse di bevande su per la botola. «Ma una volta a
Hogwarts dove la mettiamo tutta questa roba?»
«Nelle cucine» rispose
prontamente Draco. «Gli elfi non si tireranno indietro se gli ordiniamo di
tenerle nascoste per qualche settimana.»
Hermione non replicò ma assunse
un’espressione imbronciata. Parlare con persone come Blaise Zabini e Draco
Malfoy del C.R.E.P.A. era una battaglia persa in partenza, perché sprecare
fiato?
Una volta portate tutte le casse
nella galleria, Blaise salì nel cunicolo attraverso la botola e con un
incantesimo di levitazione le fece galleggiare di fronte a sé, iniziando ad
avanzare per la galleria.
Draco fece di nuovo per aiutare
Hermione a salire, ma lei questa volta avvicinò a sé una cassa di legno vuota e
vi poggiò un piede, riuscendo a salire senza l’aiuto di nessuno.
Chiusa la botola e accese le
bacchette, il gruppo si avviò, Zabini in testa, Hermione al seguito e Malfoy a
chiudere la fila.
Sbucarono fuori da dietro la
statua del Fante, ma solo dopo che Blaise si fu assicurato che non ci fosse
nessuno nel corridoio.
«E adesso che si fa?» fece
Zabini pensoso, osservando tutte quelle scatole e chiedendosi come farle
arrivare fino ai sotterrane passando inosservati.
«Faccio io» sospirò Hermione, e
applicò qualche incantesimo agli scatoloni, che sparirono al tocco della
bacchetta della ragazza.
«Incanto dell’Invisibilità?»
chiese curioso Blaise.
«Non esattamente, ma è
altrettanto efficace. Pensate di potercela fare da soli da qui in poi?»
«Di’, Granger, per chi ci hai
preso?» fece Draco, fissandola divertito.
«Per dei Serpeverde» replicò
lei.
«Che per te è sinonimo di
imbecilli» terminò Zabini. «Beh, arrivederci, Granger. Se mai ti venisse in
mente di tornare ad aiutarmi insieme a Draco, vedete di fare più in fretta.
Odio aspettare.»
E con queste gentili parole
Blaise e Malfoy se ne andarono. L’ultima cosa che la Grifondoro vide prima di
avviarsi dalla parte opposta fu il volto di Malfoy, che per un istante si era
voltato a guardarla.
L’ultima fissazione di Asteria
Greengrass era il gioco dei se.
Gioco che Morag MacDougal
trovava a dir poco assurdo.
«E se ti trovassi nel bel mezzo
della Foresta Amazzonica circondata da un branco di Schiopodi Sparacoda senza
la possibilità di smaterializzarti cosa faresti?» chiese Asteria, seduta sul
pavimento della Torre di Astronomia a gambe incrociate, accarezzando mollemente
il dorso di Coniglio Bianco, accucciato sulle sue gambe, mentre Morag se ne
stava in piedi con la sua solita aria funerea.
«Perché mai dovrei trovarmi nella
Foresta Amazzonica, se mi è concesso saperlo?» fece Morag, voltando il capo
verso Asteria.
«Ma non è questo che importa»
spiegò pazientemente la ragazza per l’ennesima volta. «Tu devi solo rispondere
dicendo cosa faresti se ti trovassi in una situazione del genere.»
«Ma perché devo farmi tanti
problemi per una cosa che so non accadrà mai?»
«Insomma, rispondi e basta»
sbottò la Serpeverde, scuotendo la testa con aria divertita. Tutto quello che
mandava in bestia la gente normale a lei invece faceva ridere. Che tipo, pensò
Morag.
«Va bene» acconsentì la
Corvonero. «Non farei niente. Mi lascerei prendere da quegli Schifiopodi
Sparacorna.»
«Ma così moriresti!»
«No, non morirei perché io non
andrò mai in giro per la Foresta Amazzonica correndo il rischio di farmi
ammazzare dagli Schifiopodi.»
«Sei impossibile.»
«E tu sei una condanna» ribatté
Morag.
In quell’istante entrambe
sentirono dei passi risuonare per le scale che portavano alla Torre, e subito
dopo Hermione Granger fu a pochi passi dalle altre due, fissando l’improbabile
duo per alcuni istanti.
«Scusate, pensavo che non ci
fosse nessuno» disse subito Hermione, che lì sperava di trovare un po’ di
silenzio o di stare semplicemente lontana per pochi minuti dalla confusione e
dal chiacchiericcio della Sala Comune di Grifondoro.
Fece per andarsene ma la voce di
Asteria Greengrass la bloccò.
«Puoi rimanere, se vuoi» disse
gentile, mentre Morag le lanciava un’occhiata torva della quale lei nemmeno si
accorse. Già per quella Corvonero apatica e solitaria era anche troppo la
presenza di Asteria, figurarsi quella di qualcun altro oltre lei!
«Oh, va bene» disse Hermione,
che di certo non si era aspettata un invito a restare. I Serpeverde diventavano
più strani ogni giorno che passava.
«Tu sei Hermione Granger, vero?»
chiese Asteria, alzando gli occhi chiari sulla Grifondoro. «Ho sentito qualche
volta mia sorella che parlava di te.»
Hermione si chiese in che
termini Daphne Greengrass poteva parlare di lei.
«Non devi avere un’opinione
molto positiva di me, allora» disse infatti Hermione.
«E perché mai?» fece la
Serpeverde. «Secondo Daphne sei la migliore del vostro anno, e riesci a far
star zitto Draco Malfoy, cosa non da poco, ha detto» continuò la ragazza,
abbassando lo sguardo su Coniglio Bianco. «In ogni caso, tu cosa faresti se ti
trovassi nel bel mezzo della Foresta Amazzonica circondata da un branco di
Schiopodi Sparacoda senza la possibilità di smaterializzarti?»
Hermione sbatté le palpebre,
Morag alzò gli occhi al cielo.
«Perché dovrei trovarmi nella
Foresta Amazzonica circondata da degli Schiopodi?» chiese Hermione.
«Ehi, Condanna, te l’avevo detto
io che questo gioco è da folli» disse Morag ad Asteria.
Dopo pochi minuti, giusto il
tempo di spiegare a Hermione le regole del gioco, le tre erano sedute a terra
in cerchio, a rispondere alle fantasiose domande di Asteria.
«E se foste impreparate a una
lezione di Piton?»
«E se veniste tramutate in Lupi
Mannari?»
«E se veniste costrette a
cantare l’ultimo singolo delle Sorelle Stravagarie a squarciagola nella Sala
Grande?»
«E morireste per amore di
qualcuno?»
«Oddio, siamo sfociati nel
melodrammatico» borbottò Morag.
«D’accordo, hai ragione»
convenne per una volta Asteria. «Cambio la domanda: uccidereste per amore?»
«In questo momento sta’ certa
che ucciderei per un po’ di silenzio» rispose subito la Corvonero.
«Morag…»
«E va bene: non lo so» rispose,
finalmente un po’ più seria. «Forse» aggiunse, ponendo la domanda a se stessa.
Sarebbe stata pronta a uccidere
per amore? O per vendetta?
La risposta fu immediata: sì.
Per Roger, per suo fratello,
sarebbe stata pronta a uccidere. Avrebbe volentieri scagliato un’Avada Kedavra
contro Lucius Malfoy, se solo in quel momento non fosse stato a marcire tra le
mura di Azkaban, ma c’era una persona che aveva colpa almeno quanto Malfoy, se
non di più.
C’era qualcuno che aveva ucciso
Roger a poco a poco, giorno dopo giorno, istante dopo istante. E che anche
adesso stava uccidendo lei, lentamente, quasi senza che lei se ne rendesse
conto. Decisamente sì, per amore era pronta a uccidere.
«E tu, Hermione?» chiese
Asteria. «Tu lo faresti?»
Hermione Granger alzò le spalle,
indecisa.
«Non ne ho idea. Dipende»
rispose. «Magari sì. Ma non so come mi comporterei in una situazione del
genere» concluse, senza sapere che, purtroppo per lei, tra poche settimane
avrebbe avuto la risposta, e negli anni a venire avrebbe ricevuto la conferma.
E la risposta sarebbe stata solo
una: sì.
«Bene, continuiamo, allora» fece
Asteria, contenta che finalmente fossero riuscite a entrare nello spirito del
gioco. «E se domani non venisse mai?»
N/A
Hollina: un
grosso grazie, come al solito ^^ Baci!
Hanon: vorrei avere anch’io un Draco Malfoy da sopportare, Hermione non
si rende conto della sua fortuna. Quanto a Daphne e Theodore, sì, sono tra i pochi
che Draco consideri come amici, ma per quanto possa fidarsi di loro il Draco di
questa storia non si aprirebbe troppo con nessuno, è fin troppo riservato. A
presto!
semplicementeme: hai visto giusto, Draco è confuso almeno quanto Hermione,
qualche volta cerca di avvicinarsi a lei e poco dopo torna ad essere il solito
Malfoy di sempre. E poi, Hermione a parte, Draco presto avrà anche altro di cui
preoccuparsi, visto che da quando Lucius è stato portato ad Azkaban la zia
Bella è più presente che mai nella vita sua e di Narcissa. Anche Asteria ha i
suoi problemi, e anche se cerca in tutti i modi di essere buona e carina con
tutti per far contente sia Daphne, che considera un punto di riferimento molto
più dei genitori, che sua madre, non potrà continuare così per sempre, e a meno
che non ci siano cambi di programma questo si vedrà meglio nel prossimo
capitolo. A presto e buono studio, purtroppo tra pochi giorni anch’io sarò
sommersa dai libri =.= Ciao!
piperina:ciao! E’ vero, credo di riuscire a rendere meglio personaggi come
Daphne, che nel libro praticamente nemmeno compaiono, e con i quali posso
quindi sbizzarrirmi come preferisco, piuttosto che altri personaggi che invece
sono più presenti, e che a volte mi fanno stare a riflettere un bel po’, prima
di tutti Luna che per quanto mi impegni è impossibile renderla meravigliosa
come quella della Rowling. Un bacio ^^
Jhaa: Hermione, Draco, Theodore, Daphne e Morag MacDougal sono
coinvolti un po’ tutti, ma questo si capirà più avanti, quando Hermione verrà
catturata e portata a Malfoy Manor ^^ Spero di riuscire a postare il prossimo
capitolo senza farti attendere troppo. Ciao!
Nausicaa212: grazie ^^ Mi fa piacere che ti piaccia così tanto. Baci!