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Autore: The Galway Girl    17/08/2014    1 recensioni
Mi chiamo Anais, ho 19 anni, ho appena finito il liceo e non ho voglia di fare niente.
Dico sul serio, proprio niente.
La mia idea era quella di starmene tutto il giorno davanti alla tivù, ma ho dovuto fare i conti con mia mamma, una snob che non vuole assolutamente sfigurare di fronte alle sue amiche, così ho messo a punto un piano infallibile, un Piano Geniale. Mi sarei trovata un lavoro così orribile e imbarazzante che mia madre mi avrebbe costretta a licenziarmi....
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                 note: in questo capitolo ci sono un paio di scene un pò forti, spero di non urtare la sensibilità di nessuno!

Capitolo undici. 


P
asso tutta la giornata di domenica a navigare in internet per trovare i lavori più brutti del mondo.
Mi basta digitare "lavori orribili" su google e mi appare una moltitudine di risultati.
Apro una pagina intitolata "Top Ten dei lavori orribili" e ne cerco uno che possa fare al caso mio.
Tra gli impieghi figurano "Promoter" , "Operatrice telemarketing" , "Impiegata in assicurazioni" , ma io non sto cercando un lavoro di quel tipo. Il mio dev'essere  DAVVERO orribile. Sottopagato certo, ma proprio orripilante.
Questa pagina non fa al caso mio così ne apro un'altra: "I 10 lavori peggiori al mondo"**, di sicuro mi darà qualche idea.

La classifica è la seguente:

10. Masturbatore di animali. Vi ricordo che sono allergica ai gatti.
9. Ispettore di letami. Ho un olfatto molto acuto, potrei morire, e non è quello il mio scopo.
8. Controllore qualità del cibo per gatti. Vedere punto 10.
7. Pulitore di fogne. Vedere punto 9.
6. Poliziotti sommozzatori. Non so nuotare.
5. Ricercatori di mosquito. Bisogna essere degli scienziati.
4.  Imbalsamatore. No thanks.
3. Pulitore di bagni chimici. Vedere punto 9 e 7.
2. Pulitori della scena del crimine. Vi ricordo che odio la vista del sangue.
1. Minatore di carbone. Ahime non ci sono miniere nei paraggi.

Leggo qualche altro articolo sui lavori orribili, ma ben presto mi faccio distrarre da una finestra "calcola il tuo Q.I." così passo tutto il resto della sera a fare quiz e test, scoprendo che sono molto più intelligente di quanto pensassi (ok, forse ho imbrogliato giusto un pò).

Esco di casa carica di entusiasmo, per la prima volta ho un obiettivo.
La ricerca di ieri non è stata molto proficua, ma sono sicura che qua nei dintorni almeno un lavoro orribile alla mia portata ci dev'essere.
Decido di seguire il consiglio dell'impiegata simpatica del primo ufficio di collocamento che ho visitato, così mi avvio verso il Centro per l'Impiego, sperando che sapranno "consigliarmi" al meglio.
Suono il campanello, spingo la pesante porta ed entro. E' deserto, mi avvicino ad una delle scrivanie e una signora tarchiata coi capelli biondi e la ricrescita mi dice
 < < Si? Posso aiutarti? > >
< < Buongiorno, io sto cercando un lavoro > >  le rispondo con un sorriso che si vuole ottimista.
< < Dovrai prendere un appuntamento > > mi risponde secca.
Cosa? Io non ho tempo per queste cavolate, un appuntamento per trovare un lavoro? Non siamo mica dal parrucchiere!
< < Oh, ok, ma vorrei solo un'informazione > > le dico senza più sorridere, questa tizia mi da sui nervi.
< < Che tipo di informazione? > > mi chiede sempre con quel tono secco.
< < Ecco, mi stavo chiedendo se per caso non ci sia qui in zona un lavoro orribile. > > dico con naturalezza.
Lei mi guarda da sopra gli occhiali  < < Lavoro orribile? Cioè? > >
< < Si, insomma, un lavoro che nessuno vuole, in cui la gente si licenzia subito. > >  Ho un'idea  < < E' per una ricerca, sto scrivendo la tesi. > >
< < Mmm, vediamo. > > Ci pensa per alcuni minuti. < < Bè, ci sarebbe la fabbrica qua appena fuori dal paese. > >
Uh-Oh, potrebbe interessarmi.
< < Una fabbrica, che tipo di fabbrica? > >  chiedo con tono professionale fingendo di prendere appunti sull'agenda.
< < E' una fabbrica in cui ammazzano il pollame, di solito la gente non ci lavora per più di un paio di mesi. > >
< < E come mai? E' troppo duro? La paga troppo bassa? > > chiedo realmente interessata.
< < Mah, un pò tutto. Non è facile uccidere animali innocenti per guadagnarsi lo stipendio. > >
< < Ok, bè la ringrazio, è stata molto utile. > > saluto ed esco dall'ufficio.
Bene, abbiamo un candidato.
Potrei benissimo far fuori tacchini e polli  per vivere, da piccola guardavo mia nonna tirare il collo alle galline, questo non dev'essere molto diverso.
Ci farò un salto, prima però devo scoprire dov'è questa fabbrica degli orrori.
Torno a casa, pranzo veloce con la nonna e consulto la pagine gialle per trovare l'indirizzo della fabbrica.
Non trovo niente, così mi affido nuovamente all'onniscienza di internet.
Trovato quello che cercavo, mi avvio alla fermata dell'autobus, dovrò fare un cambio per arrivarci. Potrei benissimo andarci con la macchina della nonna ma preferisco la sicurezza del bus.
Dopo 35 minuti di tragitto arrivo a destinazione, fortunatamente c'è una fermata proprio dall'altra parte della strada, suppongo che l'abbiano stabilita perchè i dipendenti non possono permettersi una macchina e devono recarsi al lavoro coi trasporti in comune.
Attraverso la strada deserta ed entro dalla porta sopra la quale è affisso il cartello "Ufficio".
E' deserto. In lontananza sento i rumori della fabbrica in attività per cui decido di aspettare che qualcuno si manifesti.
Dopo almeno cinque minuti mi accorgo di un campanello sul bancone così lo suono e poco dopo arriva una ragazzo sulla trentina, non molto alto, coi capelli biondo cenere e dei bellissimi occhi verdi.
Sembra stupito di vedermi  < < Ciao, posso aiutarti? > >
< < Ciao, mi chiamo Anais, sto cercando un lavoro e mi hanno detto che qui assumete spesso > > gli rispondo.
< < Un lavoro? > > sembra ancora più stupito.
Dannazione, se quella racchia del Centro per l'impiego mi ha dato un'informazione  falsa mi avrà fatto buttare via un'intera giornata.
< < Si, così mi hanno detto. E' abbastanza urgente. > >
< < Bè, si in effetti qui assumiamo di frequente, ma tu non mi sembri proprio il tipo che potrebbe lavorare qua dentro > >  dannazione avrei dovuto mettermi i vestiti più brutti che ho.
< < Oh, no, io potrei farcela di sicuro! > > dico cercando di apparire sicura di me.
< < Sai almeno cosa facciamo qua dentro? > > mi chiede.
< < Mi hanno detto che vi occupate di polli > >, mio Dio che risposta stupida.
< < Esatto, noi sopprimiamo il pollame in generale > > mi guarda come se si aspettasse che io svenga o scappi.
< < Benissimo! Io sono cresciuta in campagna, per me era normale uccidere galline e polli! > > dico entusiasta.
< < Oh, davvero? > > sembra stupito.
< < Si, per me non c'è nessun problema! > > ribadisco sempre entusiasta.
< < Ok, bè allora se sei convinta, direi che posso farti fare un giro. Sto proprio cercando qualcuno nel settore tre. > >
Settore tre, wow fa così tanto fantascienza.
< < A proposito, io mi chiamo Antonio. > > mi stringe la mano.
Prima di farmi "fare un giro" mi fa indossare una tuta bianca che mi ricopre da testa a piedi, infilare dei copri scarpe e dei guanti.
< < Qua dentro l'igiene è fondamentale! > > mi spiega mentre oltrepassiamo la porta con quelle strisce di plastica che si vedono anche nei supermercati.
Arriviamo in una stanza con dei binari appesi al soffitto con dei ganci.
< < Questo è il settore uno > > mi spiega < < Qua danno una leggera scossa ai polli per stordirli > > dice indicando i poveri pennuti appesi a testa in giù ai ganci.
Nella stanza ci sono circa una decina di persone, tutte con tuta, guanti, mascherina e occhiali, intente a "neutralizzare" i polli con un aggeggio simile a un teser.
Antonio mi fa strada oltre la porta e mi guida nel settore due.
< < Qua invece gli operai tagliano la gola ai polli per dissanguarli > > mi dice indicando un uomo credo, dalla tuta non si capisce, proprio intento ad incidere la carotide del pollo.
< < Ottimo! > > dico facendo il segno dei pollici in alto, ma in realtà vorrei vomitare, grazie a Dio non dovrò lavorare nel settore due.
Il tour si conclude nel settore tre e prima di entrare Antonio mi porge un paio di cuffie.
< < Queste sono indispensabili. > >
Mi fa entrare in una stanza con un rumore assordante.
Una decina di operai stanno di fronte a dei macchinari e quando mi avvicino noto che ognuno dispone di una ruota che gira velocissima. Facendo passare il pollo sopra di essa le piume vengono strappate via con delicatezza e precisione.
Antonio mi fa segno di seguirlo e torniamo nel suo ufficio.
< < Allora, che ne te pare? > > mi chiede.
< < Mi sembra ok. Penso di potercela fare > > dico, cercando di sembrare il più convinta possibile.
< < Ottimo > > mi dice rivolgendomi un sorriso.
< < Quindi tu sei il capo qua dentro? > > gli chiedo curiosa, non pensavo che ad un capo si potesse dare del tu e che fosse così disponibile.
< < Non esattamente, diciamo che io sono una specie di responsabile, gestisco i settori dall'uno al quattro, per gli atri settori ci sono altri responsabili, facciamo tutti capo al dirigente e infine al proprietario > > mi spiega con chiarezza.
< < E quindi io starei sotto di te? > > oddio mi è uscita male, < < Si, insomma nella scala del personale > > rettifico.
< < Si, diciamo che sei sotto di me > > fa una risatina. < < Allora se sei decisa, ti posso assumere per un periodo di prova di un mese, ti servirà un pò di tempo per padroneggiare bene il macchinario. > >
Evviva!
< < Oh, in prova? Cioè vuoi assicurarti che io vada bene per il posto? > > non ero a conoscenza di questa cosa.
< < Bè, tecnicamente il periodo di prova serve a quello, ma qua dentro il più delle volte serve alla gente per capire che questo lavoro non fa per loro e spesso alla fine se ne vanno a gambe levate > > ammette.
< < Oh, bè, con me non succederà. Voglio veramente questo lavoro! > > dico positiva.
< < Ok, allora ti aspetto qua domani alle 8.00 se per te va bene. > >
< < Ottimo, allora a domani! > > esclamo stringendogli la mano.
Esco in balia di mille emozioni. Ho un lavoro! Un lavoro orribile, probabilmente sottopagato, per cui dovrò spaccarmi la schiena otto ore al giorno infilata a forza dentro una tuta antiestetica!
Non avrei mai pensato che ci avrei messo così poco tempo. Mi rimaneva ancora una settimana prima dello scadere del tempo, non so cosa avrei fatto se non avessi avuto questo nuovo piano geniale.
Ho il lavoro più brutto del mondo, non vedo l'ora di dirlo a mia mamma!
Per festeggiare decido che stasera sarò io a cucinare la cena per tutti, ho già in mente qualcosa di adatto, così appena arrivata a casa cerco la ricetta.
< < Dove sei stata? > > mi chiede la nonna.
Non voglio darle già la buona notizia così mento.
< < Da Ambra, suo fratello aveva bisogno di una mano con i compiti di inglese > > mi stupisce la velocità con cui invento bugie ultimamente.
< < E riguardo al lavoro, notizie? > > mi chiede con tono cauto.
< < Può darsi, ma per adesso non mi sbilancio. Senti, stasera cucino io, tu riposati. > >
Stavolta prendo la macchina per andare a fare la spesa.
Compro tutto il necessario e mi avvio alla cassa a testa alta, stavolta non mi importa di incontrare Lorenzo, Lavinia o qualsiasi altra persona che detesto, perchè oggi potrei annunciare orgogliosa di avere un lavoro.
Per strada sono talmente distratta dai miei pensieri che non mi ricordo neanche di odiare la guida così procedo spedita ad una velocità normale.
Mi chiedo come farò ad annunciarlo a mia mamma. La cena che preparerò sarà la ciliegina sulla torta, ma devo trovare un modo adatto per dirglielo. Mi limiterò a dirlo con noncuranza come se niente fosse? Lo esclamerò nel bel  mezzo della cena cogliendo tutti di sorpresa? Lo annuncerò solennemente con tono trionfante? Ancora  non lo so.
La cena che ho previsto è molto semplice così posso passare il pomeriggio con la nonna nell'orto.
Ne approfitto per cogliere un pò di pomodori.
< < Come mai sei tutta sorridente? > > mi chiede la nonna asciugandosi il sudore con la mano guantata.
< < Non sto sorridendo! > > non mi sono accorta di avere un sorriso ebete stampato in faccia. < < Sono solo felice di stare qua all'aria aperta con te! > > bugia numero 194.
I miei sono rincasati da poco e io muoio dalla voglia di dar loro la notizia, ma aspetto.
Sono tutti seduti a tavola e io entro in sala da pranzo col piatto con la cena che ho preparato.
< < Che roba è? > > chiede mia mamma arricciando il naso < < Quando non ci siamo fai il pollo arrosto e oggi che ci siamo tutti ci rifili questo? > >
< < Ma dai, per me sarà buonissimo > > mi difende la nonna.
Servo ad ognuno di loro una semplice cotoletta impanata, non è il pasto più regale del mondo, ma il suo scopo è un altro.
Mio padre attacca a mangiare senza dire una parola e dopo un pò di riluttanza anche mia madre si decide.
Io mastico con calma, considerando le varie modalità che mi si offrono per dare la notizia.
< < Complimenti Anais, è molto buono > > si congratula con me la nonna.
< < Grazie. A dire il vero, ho cucinato per voi perchè ho una cosa da dirvi. > >
I miei mi guardano curiosi.
Faccio un bel respiro e annuncio < < Oggi ho trovato un lavoro! > >
Mia nonna esplode in un'esclamazione di felicità, mio padre sembra sollevato e mia madre ha un'espressione scettica.
< < Che tipo di lavoro? > > mi chiede.
< < Oh, è un lavoro FIGHISSIMO > > il mio piano di farlo sembrare il lavoro dei miei sogni inizia da ora  < < Si svolge in una fabbrica poco lontano da qui! > >
Mia madre per poco non cade dalla sedia.
< < Fabbrica? > > boccheggia < < Che tipo di fabbrica? > >
< < Oh, è una fabbrica in cui sopprimono il pollame, io in particolare mi occuperò dei polli! > > esclamo.
< < In che senso "ti occuperai"? > > mi chiede mio padre.
< < Bè non sarò io a farli fuori, io dovrò solo farli passare su un macchinario che strappa via le piume! > > dico con più entusiasmo possibile.
Mia madre è bianca come un lenzuolo < < Lavorerai in una fabbrica dove ammazzano galline e tacchini? > > mi chiede per assicurarsi di aver capito bene.
< < Esatto! > > esclamo  < < Nonna, ti ricordi, da piccola ti guardavo sempre tirare il collo alle galline, per me era così divertente! > > ok, forse sto esagerando un pochino.
< < Bè, se è questo che ti piace fare sono felice per te! > > sapevo che lei avrebbe capito < < Ahimè, sono un pò triste perchè non mi farai più compagnia! > > dice.
< < Lo so, anche a me dispiace, ma avremo tutti i week end! > >
Mia madre non si è ancora ripresa.
< < Anais, quando ti ho chiesto di trovarti un lavoro non intendevo uno del genere. > >
< < Lo so, tu vorresti che io lavorassi in ufficio o in un bar, ma non fa per me! Io non voglio star seduta tutto il giorno e neanche affannarmi per un branco di scorbutici clienti! Sapete che io faccio fatica con le persone, questo è il lavoro adatto a me! > >
Mio padre sembra convinto, mia nonna ha sempre quell'espressione felice, mia madre ancora non si da pace.
< < Si, ma ci sono un sacco di altri lavori in cui non devi per forza relazionarti con le persone! E poi Cristo, Anais, potresti anche fare uno sforzo per sembrare normale e piacere agli altri! > >
Ottimo, sono passati cinque minuti e mia madre odia già a morte il mio lavoro.
< < Mamma, senti, tu mi hai chiesto, anzi mi hai costretta a trovarmi un lavoro, qualsiasi tipo, non hai specificato quale, e così ho fatto. Ne ho trovato uno che mi piace, ho vinto, arrenditi! > >
Non sembra per niente convinta, ma ho ancora un colpo da sparare.
< < Ah, a proposito, non mi avete chiesto di cosa erano le cotolette > > dico innocente.
< < E questo che c'entra? > > mi chiede scontrosa mia madre.
< < Bè, erano un piccolo indizio! > > mi guardano tutti curiosi < < E' carne di pollo! > > esclamo felice < < Avete capito no? Dato che da domani sarò io a "produrla" > > faccio il segno delle virgolette con le dita ridendo.
Mia madre scappa via piagnucolando, mio padre sorride e mia nonna ha un'espressione del tipo "tu sei completamente pazza".
Missione compiuta.

Mi sveglio all'alba, non è traumatico come pensavo, mi sento abbastanza riposata.
Per la prima volta da anni faccio colazione insieme ai miei genitori, mia madre continua a lanciarmi delle occhiate di traverso, sa di aver perso, e a caro prezzo.
Mi avvio alla fermata dell'autobus e quando arrivo alla fabbrica faccio il voto solenne di non risalirci mai più.
A quest'ora del mattino è gremito di persone, tutte con aria afflitta, non voglio deprimermi ancora prima di cominciare a lavorare. Da domani verrò in macchina.
Entro nella fabbrica e mi avvio agli spogliatoi, Antonio è lì che mi aspetta.
< < Hei, ciao! > > mi saluta < < Sai, a dire il vero ero convinto che non ti saresti presentata! > >
< < Perchè? > > chiedo stupita.
< < Bè, non lo so, è stato tutto un pò surreale, tu che ti presenti qui chiedendo di un lavoro che tutti odiano, pensavo si trattasse di uno scherzo! > > mi dice con un sorriso.
< < Certo che no, io voglio veramente  lavorare qui! > > dico col tono entusiasta che ormai mi riesce piuttosto bene.
< < Ok, allora questo è il tuo armadietto, entro la fine del giorno ti farò avere il cartellino col tuo nome da metterci sopra > > mi dice indicandomi un semplice armadietto di metallo in mezzo a tanti altri.
Non avevo mai avuto un armadietto, fa così College americano, mi sento come in Bayside School.
< < Wow, posso metterci dentro qualsiasi cosa? > > chiedo con aria sognante. Già immagino di attaccarci dentro la foto delle mie amiche o uno specchietto per sistemarmi i capelli.
< < Bè, è fatto per metterci la borsa e la giacca, ma si, ci puoi mettere quello che vuoi > > mi guarda, avrei scommesso con lo sguardo "Questa è pazza" e invece no, il suo è normale.
< < Ottimo! > > esclamo lasciandoci dentro la borsetta.
< < Allora, dalle 12.00 alle 13.00 c'è la pausa pranzo, la mensa è indicata, i macchinari smettono di girare alle 17.00 > > mi spiega con quel suo tono pratico.
< < La mensa? Devo portarmi il pranzo da casa? > > o cavolo, nella borsa ho solo il solito twix.
< < No, il pranzo è fornito da noi, ti viene scontato dalla paga, ma se vuoi, se abiti vicino puoi andare a mangiare a casa. > >
Casa mia in macchina dista una decina di minuti, per i comuni mortali, per me 45.
< < No, penso che pranzerò qui. Sarà un'occasione per conoscere i colleghi dato che durante il lavoro sarò più concentrata sui polli! > > dico sapendo che non ho nessuna intenzione di fare amicizia.
< < Benissimo > > mi dice sorpreso, mi consegna un paio di scarpe dall'aria pesantissima < < Anti infortunistiche, sono obbligatorie > > mi spiega  < < Ti lascio prepararti, ti aspetto fuori così ti indico dove andare e come muoverti > > ed esce.
Mi infilo la tuta bianca scomodissima, tolgo le converse e infilo quelle che, o mio Dio, sono le scarpe più comode che io abbia mai indossato, la cuffia in testa e i guanti.
Tengo la mascherina in mano, la indosserò all'ultimo momento.
Raggiungo Antonio che mi fa strada verso il settore che mi ha fatto visitare ieri.
I macchinari rumorosi non sono ancora stati azionati così Antonio ne approfitta per presentarmi ai colleghi.
< < Ragazzi, questa è Anais, lavorerà qua da oggi! > >
I "colleghi" mi fissano senza dire niente.
< < Ciao! Potete chiamarmi Anais, o per i più audaci di voi "O capitano, mio capitano"! > > dico facendo una risatina.
Silenzio di tomba.
< < Vabbè, allora ti mostro la tua postazione > > Antonio mi guida verso il macchinario a me dedicato.
< < Lui è Luigi, se hai qualche dubbio chiedi pure a lui. > >
Luigi, di cui riesco a scorgere solo le folte sopracciglia nere, mi rivolge un cenno con la testa.
< < Non è difficile, devi solo farti un pò la mano. > > mi dice con voce roca, ma forse è la mascherina.
< < Ok! > > dico speranzosa.
 < < Allora io ti lascio, per stasera ti farò avere un cartellino, dovrai passarlo nel lettore che c'è nello spogliatoio ogni giorno, quando arrivi e quando vai via > > mi spiega Antonio.
Wow, ho un armadietto e un cartellino, questo lavoro è fighissimo.
Antonio mi saluta e sparisce oltre la porta e io mi ritrovo da sola, in mezzo ad altri dieci tizi incappucciati e dei polli sciagurati.
I macchinari vengono azionati, io afferro un pollo e osservo bene Luigi per capire come muovermi.
Lui fa sembrare l'operazione molto facile, fa girare un pò l'animale in modo che tutte le piume vengano afferrate, in neanche cinque minuti è già passato a un altro.
Mi decido a mettermi all'opera, la ruota gira talmente veloce che ho paura che il mio pollo venga risucchiato nel macchinario.
Con cautela appoggio il futuro non più pennuto alla ruota e con stupore noto che le piume cominciano a staccarsi, così un pò più sicura, comincio anch'io a far ruotare il pollo in modo che la ruota raggiunga anche la più piccola piuma.
In mezz'ora ho già padroneggiato la tecnica.
Sono stanca morta, non pensavo che fosse così faticoso.
Guardo l'orologio appeso sopra alla porta, indica le 8.45.
Mancano 3 ore e 15 minuti a mezzogiorno.
Non mi sento più le braccia, l'unica cosa che mi fa resistere è ripensare all'espressione che aveva mia mamma ieri. Mi torna in mente anche il sorriso che ha fatto mio padre quando ho detto loro che la carne era pollo, come se anche lui pensasse "Ti sta bene". Un rumore sordo mi fa sussultare e noto che i macchinari si sono fermati.
Guardo nuovamente l'orologio e mi accorgo che è cominciata la pausa pranzo.
Seguo l'orda di persone fino a una grande stanza molto semplice con delle  tavolate. Su una parete ci sono dei tavoli con delle vaschette sottovuoto con dei nomi sopra.
Noto che ogni dipendente ne afferra svariate, alcune vengono infilate nei microonde, altre aperte e il contenuto riversato in piatti di plastica.
Sul tavolo ci sono bottigliette di acqua in abbondanza e un cesto pieno di frutta di ogni tipo.
Mi avvicino al tavolo, sicura che non ci sia nessuna vaschetta col mio nome, invece ce ne sono due.
Antonio mi raggiunge e mi spiega il sistema del pranzo.
< < I pasti ci vengono consegnati da una società di catering. Su quella tabella > >  mi mostra un foglio appeso nella bacheca sopra il tavolo < < vicino al tuo nome indichi quello che vuoi mangiare per tutta la settimana. Dopo lo aggiungerò, per oggi ho scelto io per te, ma per i prossimi giorni lo farai tu. > >
< < Wow, c'è un sacco di scelta! > > esclamo leggendo di fretta tutti le pietanze proposte dal catering.
< < Se per caso un giorno non mangi qualcosa sei libera di portarti via il pasto, in molti lo fanno > > e mi indica due tizie che infilano le vaschette dentro a borse di plastica.
< < Ok, ho capito, grazie. > >
Antonio prende le sue vaschette e se ne va, suppongo che i responsabili pranzino tra di loro.
Il mio pranzo di oggi si compone di una semplice pasta col sugo e un' insalata mista.
Scaldo la prima vaschetta nel microonde e mi cerco un posto nelle tavolate.
Mangio da sola, nessuno mi saluta o si presenta e dopo dieci minuti ho già finito.
Vagabondo un pò per la fabbrica, spero solo di non perdermi, noto una porta anti incendio aperta sul cortile.
Esco e vedo che la maggior parte degli operai discutono animatamente tra di loro fumando sigarette mentre altri parlano al telefono.
Una ragazza bionda che ha circa la mia età se ne sta seduta da sola con una sigaretta in mano. Decido di andare a scambiare quattro chiacchiere con lei quando due donnoni mi si parano davanti sbarrandomi la strada.
< < Hei, novellina, vai da qualche parte? > > mi chiede una, forse il capo banda.
< < Ehm, no, stavo facendo un giro, oggi  è il mio primo giorno, mi chiamo Anais! > > aggiungo in tono conviviale.
< < Che ha detto? > > chiede l'altra.
La prima, una ragazza king size con i capelli mossi neri e una trentina di anni le dice < < La principessina qui, dev'essersi persa > > poi rivolta a me < < Senti carina, perchè non vai a rifarti il trucco o a pettinarti? > > e mi da una  spinta che per poco non mi lussa una spalla.
Decido di girare i tacchi e torno in mensa ad aspettare la fine della pausa.
Il turno pomeridiano scorre monotono e lento come quello del mattino.
La campana che indica la fine della giornata è il suono più bello che abbia mai sentito.
Mi avvio seguendo i colleghi verso lo spogliatoio, dove noto che Antonio ha appeso il cartellino col mio nome sul mio armadietto e dentro ci trovo il mio tesserino.
Mi svesto ignorando le occhiate che mi lanciano le due ragazze in cui sono incappata a pranzo, striscio il mio tesserino ed esco.
Mi incammino verso la fermata dell'autobus gremita di operai che tornano a casa come me.
C'è anche la ragazza bionda di prima con le cuffie dell'mp3 ficcate nelle orecchie.
Alle 17.45 arrivo finalmente a casa.
Spingo la porta, lancio la borsa per terra e vado a buttarmi sul letto.
Sento bussare alla porta,  mia nonna fa capolino chiedendomi < < Hei, com'è andata al lavoro? > >
Sono troppo stanca per recitare la commedia del "il mio lavoro è fantastico" ma riesco comunque a tirare fuori un tono entusiasta quando le rispondo < < Bene, ho già conosciuto due ragazze, sembrano simpatiche! > >
< < Wow, vedi che hai già cominciato a fare amicizia? > > dice contenta.
< < Già! Sai quando si è tutti nella stessa barca ci si stringe i gomiti! > > o, visti certi elementi, ci si tira gomitate nei denti.
< < Sono felice per te, riposati e fatti una doccia prima di scendere per la cena. > >
In effetti sono sudatissima, la tuta in estate è micidiale, mi avvio con passo pesante verso il bagno e ci rimango solo un quarto d'ora, non avevo mai impiegato così poco tempo per lavarmi.
A cena aggiorno i miei genitori su quanto sia bello il mio lavoro, simpatici i miei colleghi e ottimo il servizio catering.
< < E c'è questa griglia piena di piatti diversi tra cui scegliere e loro il giorno dopo te lo portano! Come al ristorante! > > dico gesticolando e ignorando l'espressione afflitta di mia madre.
< < E pensare che io invece devo andare ogni giorno a mangiare a mie spese in quella bettola di fronte al Comune > > dice mio padre.
< < No, io invece ho questa grande mensa piena di tavoli dove mangiamo tutti insieme e si parla e si ride. E abbiamo la frutta a volontà, quanta ne vogliamo! > >
< < Cavolo, e ti scalano solo un euro al giorno dalla busta paga? > > chiede affascinato.
< < Si! E' praticamente gratis! Ed è pure buonissimo! > > e questa è la verità, la pasta che ho mangiato a pranzo era uguale a quella di mia nonna.
< < Fantastico! In effetti devono tenervi in forze per il lavoro che fate! > >
Questa è la conversazione più lunga che ho con mio padre da quando ero alle elementari, lui era il mio eroe e io lo amavo.
Alle  nove sono già nel letto e mi addormento nel giro di qualche minuto.
I giorni trascorrono tutti uguali nella fabbrica, sono terrorizzata di incappare nuovamente nelle due ragazze dell'altro giorno così passo tutta la pausa pranzo in mensa dove comincio a parlare con due signore del settore sei (non oso immaginare così ci facciano e infatti non chiedo)  sulla quarantina che a quanto pare sono amiche del cuore e lavorano qua da anni.
< < Tanti non resistono nel tuo settore, dicono che è troppo faticoso e rumoroso. Altri non resistono nel nostro perchè è troppo disgustoso, mah, per me è un lavoro come un altro > > dice quella che ho scoperto chiamarsi Barbara.
< < Bè Antonio mi sembra un capo efficiente, è molto disponibile, il capo di mia mamma invece, mi dice sempre che è uno stronzo! > >
< < Ah, hai Antonio tu? > > dice quella che si chiama Elena scambiando uno sguardo eloquente con l'amica.
< < Perchè, cos'ha? > > chiedo curiosa.
< < Mah, niente, è un bravo ragazzo, ma è un pò ruffiano, per così dire > > mi risponde Barbara.
< < Cioè? E' diventato responsabile facendo il lecchino? > > dico ricordando esattamente il tipo.
In classe c'era una ragazza, Rosa, aveva voti altissimi perchè si arruffianava sempre tutti i professori.
< < No no, la promozione se la meritava, è molto competente, ma diciamo che con i superiori tende un pò a strafare, si mette sempre in mostra e si vanta dell'efficacia dei suoi reparti > > dice Elena.
< < Efficacia? > > dico < < Dobbiamo solo far fuori dei polli indifesi, sai che roba! > > esclamo.
Loro due ridono mentre Ivan il Terribile e Attila Flagello di Dio ci passano accanto.
< < E quelle due? Le conoscete? > > chiedo sperando di raccogliere un pò di informazioni sul nemico.
< < Mmm no, sono nel tuo settore, no? > > mi chiede Elena < < Perchè? > >
< < Oh, così, è solo che mi terrorizzano > > dico con una risatina.
< < Mah, non lasciarle fare. Qua dentro siamo tutti uguali > > mi dice Barbara facendomi l'occhiolino.
Il giorno dopo decido di avventurarmi nuovamente nel cortile, e con movimenti lenti e agili riesco ad evitare lo sguardo di Malefica e Medusa.
Mi avvicino alla ragazza bionda.
< < Hei, ciao! > > azzardo.
Lei non mi risponde.
Tento un nuovo approccio.
< < Tu non fumi vero? > > le dico.
Lei mi guarda con le sopracciglia alzate < < Ho una sigaretta in mano se non l'hai notato > > mi dice secca.
< < Lo so, ma non ti ho mai vista fare un tiro. > >
< < Cos è, mi spii? > > mi chiede sospettosa.
< < No, è solo che ti ho osservata più volte e ho notato che stai qui fuori con una sigaretta in mano ma non fumi e mi è sembrato strano, tutto qua > > dico con tono di scusa.
Lei sembra rilassarsi un pò.
< < Il fatto è che in teoria qua fuori ci può stare solo chi fuma > > mi confida < < Io non sono fumatrice, ma voglio prendermi una boccata d'aria lo stesso così faccio finta> > mi guarda come se si aspettasse che io le rida in faccia.
< < Cosa? Antonio non me l'ha detto! > > dico contrariata.
< < Antonio non lo sa. Sono state Simona e Paola > > dice indicandomi Snorlax e Slowpoke < < a deciderlo. Per stare qua fuori devi essere loro amico o fumatore. > >
< < Ma è assurdo! E' un'ingiustizia! Quindi se voglio uscire devono darmi loro il permesso? > > protesto sottovoce.
< < Già. Qua funziona così. > >
< < Che schifo. E' come a scuola con i bulli > > lei mi annuisce < < A proposito, io sono Anais. > >
< < Io sono Angelica. > >
Non riesco a crederci. Ho sopportato le prese in giro a scuola e ora che credevo di essere salva mi ritrovo questi due gibboni che regnano nella fabbrica.
In spogliatoio come sempre mi affretto a togliermi la tuta e cambiarmi e a strisciare il cartellino.
Simona, o Paola, mi si para davanti e mi dice < < Senti Campanellino, se vuoi uscire in cortile mi chiedi, intesi? > >
Sono a due dita dal mettermi a piangere, questa tizia incute paura, ma qualcosa dentro di me esplode.
< < Senti, COSA, io non mi chiamo ne Novellina, nè Principessa, nè Campanellino, ok? Mi chiamo Anais! A-NA-IS! Lo so che è un nome difficile per la tua mente bacata, ma mi chiamo così! OK? > > detto questo scappo via più veloce della luce.
Fuori vengo raggiunta da Angelica.
< < Ma sei completamente pazza? > > mi chiede < < Lo sai che quelle ti fanno a pezzi? > >
< < Oddio, cosa ho fatto? > > dico piagnucolando < < Quelle due domani è me che spellano! Sono spacciata! > > già mi immagino tornare a casa con un occhio nero e frugare nel frigo per trovare una bistecca cruda da metterci sopra come in Karate Kid.
< < Bè > > comincia a ridere < < Siamo tutti vestiti uguali, magari ti mimetizzi! > >
< < Si, e magari spelano te al mio posto! > > faccio una risata sarcastica.
< < O cacchio > > cambia subito espressione. < < Bè, io vado altrimenti perdo l'autobus! > >
< < Vuoi un passaggio? > > mi sento chiedere. Non avevo mai offerto un passaggio a nessuno, di solito sono quella che si fa portare non quella che porta.
< < Sei sicura? > > mi chiede con un sorriso.
< < Ma si! L'autobus è un forno a quest'ora! > >
Ci mettiamo in moto e cominciamo a fare conoscenza.
Le racconto che vivo con i miei genitori e con mia nonna e mi limito a dirle che mia mamma mi ha costretta a lavorare.
< < Già, anch'io sono stata costretta. Vivevo con mia nonna, quando ero alle superiori lei si è ammalata gravemente così tutti i nostri risparmi sono andati in medicine e cure, anche i soldi che i miei avevano messo da parte per i miei studi. E' guarita ma ha bisogno di essere seguita così io e mio fratello siamo stati costretti a metterla in un centro apposta che costa un sacco di soldi. Lui sta finendo l'università e lavora e io mi sono trovata questo posto in fabbrica per pagare una parte della retta mensile di mia nonna e ricominciare a mettere da parte un pò di soldi per gli studi > > mi confida.
Wow. Mia madre voleva costringermi ad andare all'università e io ci ho sputato sopra, mentre Angelica non desidera altro.
< < Mi dispiace molto per tua nonna. Sai la mia ha un sacco di amiche malaticce, se vuoi le dico di venire a farle un pò compagnia se ti va, a lei farebbe piacere. > >
< < Magari, sai io devo passare tutte le sere con lei in quell'ospizio deprimente, ma durante il giorno non c' è mai nessuno con lei, ogni tanto mio fratello ci va la mattina, ma sennò è sempre sola. > >
Mi faccio dire l'ospedale e il nome di sua nonna assicurandole che li trasmetterò alla mia.
La lascio di fronte a casa sua, un condominio con un bel giardino e mi dirigo verso casa, rendendomi conto che non ho alba di dove cavolo mi trovi.


Note dell'autrice:
** la classifica esiste veramente, la trovate qua: http://www.studenti.it/lavoro/orientamento/non-ti-piace-il-tuo-lavoro-consolati-con-questi-i-10-lavori-peggiori-al-mondo.php
  
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