Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: sorridimilouis    17/08/2014    2 recensioni
"Vedo che non la smetti di gruardarmi, per caso vuoi una foto? Guarda che quella dura di più" ridacchia.
Cos'ho fatto di male? Perché ora ci si mettono anche i professori?
"No, grazie" mi affretto a dire.
"Preferirei passare tutta la mia vita all'inferno, piuttosto" sputo acida, abbassando il tono di voce.
Sogghigna ancora una volta e si avvicina al mio orecchio.
"Spero di non deluderti, allora" e sussurra.
[Attenzione: questa fanfiction è presente anche su wattpad, l'ho scritta io con il mio account, non è copiata. Ci sono contenuti forti e tematiche delicate. Buona lettura.]
Genere: Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi sento come se il mondo volesse vedere fino a che punto resisto, non sapendo che ho già superato il mio limite e la corda continua a spezzarsi ripetutamente.

Aspiro il fumo dalla sigaretta che tengo tra le dita. Allontano l'involucro dalle labbra per espellere una nuvoletta di un colore grigiastro dalla bocca e per poi riavvicinarla e ripetere un ennesima volta il procedimento. 
Sono stanca, e vorrei davvero tanto che fosse solo per il sonno che ho a causa delle notti passate in bianco, dove le ansie salgono e non mi permettono di chiudere gli occhi, ma non è così.
La mia vita è abbastanza una merda da dire che fa schifo, insomma. 
Non capisco, però. Io vedo tutte le ragazze della scuola che sono così felici, così libere di vestirsi come pare a loro senza avere la paura di essere giudicate, così.. belle, magre. Mi chiedo se serve solo questo per essere liberi di vivere, in una società come questa. Mi chiedo il perché del comportamento scortese dei miei coetanei nei miei confronti e non nei confronti di altre persone. Non sto augurando a nessuno tutta questa sopportazione, solo.. perché a me?
Non mi reputo una ragazza che possiede una bellezza rara da far invidia alle modelle di Vanity Fair, ma neanche così oscena da essere presa in giro da tutti, professori inclusi. Credo di essere una via di mezzo, credo, una via di mezzo che però continua a non andare bene.

Mi mancano ancora due ore di scuola, prima di tornare a casa. E ne sarei felice, contando che l'ultima volta che ho guadato l'ora ne mancavano sei, se non fosse per un piccolo inconveniente chiamato 'professor Styles' che intralcia il mio cammino per la serenità della mia dimora, o quasi.

Sono convinta che la parola 'serenità' non descriva molto la tensione palpabile che da diverso tempo alloggia nella mia abitazione. Ormai ho fin smesso di contare i giorni quando ho raggiunto il numero ottocentosessantasette. Ottocentosessantasette giorni che mio padre se n'era andato di casa, ottocentosessantasette giorni che mia madre si portava a casa uno diverso ogni mese, ottocentosessantasette giorni che non facevo una vacanza visto che continuavo a studiare e a studiare, per attirare un briciolo di attenzione da parte di quella donna. Solo che poi ho smesso di tenere a mente il numero dei giorni di tutto quello schifo, più o meno l'anno scorso, è finita questa mia fissazione per i numeri.
Adesso, la situazione si è un po' calmata e mia madre ha una relazione fissa con Derek, un venticinquenne che potrebbe essere tranquillamente mio fratello. Mia madre non è troppo ' vecchia', vanta i suoi trentotto anni con tacchi alti e outfit che mettono in mostra il suo corpo e le sue belle curve, ma ritengo quel ragazzino comunque troppo giovane per lei. Poi, la vita è la sua. 
Stavo dicendo, oltre alla situazione sentimentale di mia madre, sembra essersi stabilizzato anche il suo lavoro, da venditrice porta a porta, a cameriera in fast-food da due soldi, finalmente a avvocato difensore -delle cause perse-. E' un passaggio molto grande, insomma, passare da donna squattrinata ad avvocato benestante con una figlia desiderata da università come Yale e Princeton, non è da tutti. E così, è riuscita anche a tenerei in piedi la nostra casa, pagando le bollette senza data di scadenza, facendo ristrutturare le parti marcite e rovinate, rendendo le nostre quattro mura più decenti e abitabili.

Faccio scivolare il mozzicone per terra e metto le mani sulle ginocchia per aiutarmi a sollevare il fondo schiena dagli scalini. E' tempo di tornare in classe, la campanella suona, annunciando l'inizio della quinta ora. Dovrei avere.. informatica. Oh, che gioia.
Mi avvio all'interno della struttura per raggiungere il mio armadietto e prendere i libri per la lezione, cammino con molta calma lungo i corridoi che man mano si svuotano dagli studenti, dopotutto, se arrivo con qualche minuto di ritardo non sarà la fine del mondo. 
Scorgo il mio armadietto in lontananza e sono abbastanza sollevata. Più mi avvicino, però, scorgo una figura, ai miei occhi sbiadita a causa della lontananza, appoggiata agli armadietti, precisamente al mio. Indossa una maglia a maniche corte, nera, e dei pantaloni dello stesso colore. Ai piedi porta delle Jordan bianche e rosse, mentre rimane appoggiato con la schiena alla superficie in metallo, le braccia conserte sul busto.

Oh, no.

Mi avvicino titubante pensando di aver già capito contro chi mi sarei imbattuta di li a poco. 
Non mi piace per niente questa situazione, cazzo.

"Benson" sorride il ragazzo.
"Aserea" rispondo, cercando di mantenere il suo sguardo.

Si sposta dalla posizione iniziale, appoggiandosi ora con l'avambraccio sinistro, in modo da non darmi la schiena. Si sistema i capelli tirati in un ciuffo proprio sopra la sua fronte. I piercing brillano a seconda dei movimenti che fa con la sua testa e, direi, che sono snervanti tutti questi sberluccichii che ha in faccia e sulle orecchie. Non sono gli stessi che aveva l'ultima volte che l'ho visto, prima delle vacanze. Ha cambiato quello al labbro inferiore e quello al sopracciglio, gli altri non sono variati. Soprattutto quello che gli buca il naso, il septum, credo si chiami. L'ho sempre odiato, e mi ha sempre fatto senso. Poi, quelli sulle orecchie non ci avevo fatto caso in precedenza, quindi non saprei dire.
La collana appesa al suo collo è stata cambiata, al posto della chiave dorata, ora porta un croce color argento, e credo che sia proprio di quel materiale, sapendo che i suoi genitori sono ricchi da fare schifo.

"Vedo che le vacanze non ti hanno cambiata" soffia avvicinandosi.
"Nemmeno a te, noto." rispondo dura.
"Io non cambio, nessuno lo fa" sorride strafottente.
"E perché io dovrei?" 
"Perché tu sei.. diversa" spiega.
"In che senso?"  non è che mi sta per fare un complimento?
"Le sfigate rimangono sfigate" dice lasciandosi trasportare da una risata.
"E gli stronzi rimangono stronzi" ridacchio anche io, senza un apparente motivo.

Vengo sbattuta contro gli armadietti e sussulto per il dolore acuto alla schiena. 

"Quante volte ti avrò ripetuto che non devi rispondermi?" una sua mano è sul mio fianco e mi tiene ben ferma, mentre l'altra è posizionata all'altezza del mio viso. 

Ora inizio ad avere paura.
Se all'inizio credevo che dei minuti di ritardo alla lezione non avrebbero fatto del male a nessuno, ora credo che sarebbe stato il contrario. Avrebbero fatto del male a me.

Mi arriva uno schiaffo sulla guancia, talmente forte da farmi girare la testa dal lato opposto. La mia bocca assume la forma di una 'o' mentre mi massaggio il punto colpito. Sono stupefatta. Non mi aveva mai colpito la faccia prima d'ora, ha sempre detto che avevo un visetto troppo carino per essere rovinato. Ma ora le cose sono evidentemente cambiate. L'ha fatto una volta, niente gli impedirà di farlo una seconda.

"Ehi, voi due" una voce proveniente dalla nostra destra ci richiama e non so se essere sollevata o meno dalla visione che mi concedo.

Il riccio è in piedi, a pochi metri da noi, che guarda in cagnesco Michael e gli intima di allontanarsi. 
Credo di star delirando. Vedo le loro bocche muoversi, ma non sento alcun suono. 
Non volevo e non voglio che il nuovo professore mi veda in questo stato, nessuno deve vedermi in questi momenti, dove mi sento così piccola e indifesa, debole, non che non lo sia in realtà. 
E forse è per questo che odio quando succede, quando mi rendo conto di ciò che sono davvero.
Sto qui, ferma a guardare la scena. Styles si è avvicinato, ora che sono vicini, posso intuire che l'altezza del professore non torreggia solo me, ma anche gli altri ragazzi. Quanti anni avrà? Non sembra molto più grande di me. Secondo me è sulla ventina, può darsi di più, ma non di meno, se no non potrebbe insegnare. Non in questa scuola, perlomeno. 
I ricci sono tirati disordinatamente all'indietro, le labbra carnose e rosee si muovono velocememnte, in contrasto con le pause irregolari che fa ogni tanto mentre parla. 
Ancora nessun suono.
Sento che sto per avere uno dei miei attacchi di panico, ne sono praticamente certa, a dir la verità. 
Le gambe iniziano a tremare, e le ginocchia fanno fatica a rimanere tese. Mi abbandono completemente contro  la schiera di armadietti, quando vedo il ragazzo biondo di fronte a me accennare un sorriso carico di malizia, e poi se ne va. Mi volto velocemente verso il riccio che ha lo sguardo fissato su di me, potrei dire che è preoccupato, ma quando mi ricordo delle sue precedenti parole, mi smentisco. 

"Stai bene?" la sua voce roca è ovattata, lontana. 

Annuisco piano prima di chiudere gli occhi.

--

"Signorina Benson, sto parlando anche con te!" squittisce la professoressa Thrue, con una voce troppo alta per i miei gusti.
"Uh?" distolgo lo sguardo dal mondo oltre la finestra della classe, e rivolgo la mia attenzione sulla vecchia.

Scuote la testa, si sistema gli occhiali appoggiati sul naso, e torna a spiegare la lezione su Manzoni. 
Lo ritengo assurdo, una perdita di tempo, questo poeta. Sapere che Renzo e Lucia alla fine si sposano, non mi permetterà di pagarmi le bollette. Non chiamerò loro quando dovrò cercarmi un lavoro. Non farò appello a Manzoni, quando dovrò discutere con il mio datore di lavoro. 
Ma più di tanto non mi lamento, è la sesta ora. 
La sesta ora. 
Controllo l'orario sul display del telefono, e mi sento mancare quando realizzo che mancano cinque minuti alla fine di questo giorno scolastico. 
Perché, il tempo, quando non deve, passa troppo infretta? 
Sbuffo contrariata, ricevendo un'ennesima occhiataccia dalla professoressa. Sto mettendo 'a dura prova' i suoi nervi, credo. Non mi ha mai richiamato così tante volte in una sola lezione. 
Oggi puntualmente non mi riconosco. Non sembro io. 
Dov'è finita la buona Abby Benson? Che fine gli ho fatto fare? 
Io.. io sto impazzendo.

"Preparate gli zaini, ragazzi. Sta suonando" credo che l'avrei fatto anche senza il tuo permesso sa'? Se solo fosse stato un altro giorno, l'avrei fatto. Magari domani.

Con riluttanza ripongo i libri e l'astuccio nello zaino, pronta per dirigermi al mio armadietto a prendere il libro di storia e diritto, poiché qualcosa mi dice che sarà un anno duro per quanto riguarda questa materia, e poi andare nella classe in cui mi aspetta il professor Styles. 
Esulto mentalmente e, con l'ironia che mi esce da tutte le parti, raggiungo la schiera di contenitori per i libri, prendendone quelli elencati prima e riposandone quelli superflui per il mio studio, tipo quello di matematica.
Non che l'idea mi alletti tanto, ma sono costretta ad andare nella classe di diritto ed economia. Non vorrei trasgredire ancora le regole, soprattutto se si parla delle sue

Raggiungo l'aula spoglia di qualsiasi cartellone o schema, dai muri bianchi e verdi, ormai più grigi che di altri colori.
La porta in legno chiaro, con una finestrella trasparente in alto, è aperta, rivelando il ragazzo riccio seduto sulla sedia, con il braccio sinistro incastrato tra la superficie della cattedra e il suo petto, mentre l'altra mano scarabocchia su dei fogli che presumo siano verifiche. 
I ricci sono tirati indietro alla buona, di tanto in tanto si passa una mano tra i capelli risistemandoseli, rimettendoli al suo posto e scompigliandoli. 
Alle mani porta diversi anelli, e lo noto solo ora, che sberluccicano grazie alla luce emessa dalla lampada a neon attaccato al soffitto. 
Mi schiarisco la voce ed esito a bussare, dapprima, ma poi mi costringo a farlo, ricordandomi che il professore ha una battuta pronta per tutto.

Alza gli occhi e mi rivolge uno sguardo, all'inizio severo, ma poi, si rasserena e mi rivolge un ennesimo sorrisetto furbo. 

"Benson" ridacchia. 
"Pensavo non saresti più venuta" 

Oh, si fidi che non l'avrei fatto.

"Accomodati" indica con un gesto della testa il banco di fronte alla cattedra e, in religioso silenzio, mi vado ad accomodare. 

La sedia striscia e io mi maledico mentalmente per aver causato tutto quel frastuono, ma a lui non sembra cambiare nulla e, da un lato, questo mi rassicura.
Lo sguardo è nuovamente rivolto ai test che sta correggendo con la penna.. verde? Ma chi corregge dei compiti con la penna verde? Cioè, ho capito che è un'anticonformista di prima categoria, ma stravolgere anche il colore della correzione.. no, dai.
Alza lo sguardo su di me mentre riordina i fogli, sbattacchiandoli sulla superficie piatta per metterli tutti dritti e ordinati. Che strano, avrei detto che lui e l'ordine fossero due cose completamente differenti.

"Allora" soffia, una volta che ha riposto gli oggetti che teneva tra le mani, nella tracolla. Congiunge le mani sul ripiano lucido della scrivania e, finalmente, o forse no, mi guarda. 
"Quanto avevi in questa materia lo scorso quadrimestre?" 
"Se-sette" balbetto e lui sogghigna.

Cosa ci trovi da ridere? Stronzo.

Abby Jai Benson che cos'è sto linguaggio?

Sto impazzendo.

"Sette. E mi spieghi come mai avevi sette se non sai un emerito cazzo?" impreca, sempre con quel fottutissimo sorrisetto che.. Dio.
"Come, prego?" la mia espressione credo parli da sola. Sono a dir poco scioccata. Ma come può parlare in questo modo? 
"Non ho detto nulla di male" sogghigna, e a me sembra tanto che le parti si siano invertite.
"Spiegami come facevi ad avere quel voto" il suo tono ora è.. derisorio.
"I-io.. io ho.." ma mi interrompe.
"Sono a conoscenza del tuo 'disagio'" scatta, graffiando l'aria mentre mima con le dita le virgolette.
"Ma dal modo in cui mi hai accolto, ero sicuro che ti fosse passato" cosa cazzo..
"No, non.. non so.. come mai le ho risposto in quel modo" mi schiarisco la voce, la saliva si sta ancora raggruppando nella gola. 
"Le volevo chiedere.." scusa.
"Noto che tutta la tua sicurezza di oggi si è, come dire, volatilizzata nel nulla" incatena i miei occhi con i suoi, per quanto lo voglia, non riesco a dsitogliere lo sguardo.

Non mi fa parlare, che emerito..

"Vieni alla lavagna" ordina.
"Professore io.."
"Vieni alla lavagna, ho detto." obbietto mentalmente ma decido di assecondare le sue richieste.

Mi alzo nuovamente e mi avvicino alla lavagna bianca.

"Chi era quel ragazo nel corridoio?" cosa centra ora?
"Un.. un amico." spiego, il mio tono improvvisamente duro.
"Ah si? A me non sembrava" 
"Lui.. io.. a lei non dove importare, con tutto il rispetto ma.. ma non la riguarda" balbetto ancora.
"Ti stava trattando male, a scuola, ed è il mio lavoro salvaguardare la sicurezza dei miei allievi. La cosa mi riguarda eccome" ringhia.
"Perfavore" sussurro, abbassando lo sguardo.
Sospira e "Parlami del parlamento inglese" mi chiede, cambiando di nuovo argomento.

Si passa la lingua sulle labbra, inumidendole. Intrufola nuovamente una mano nei capelli castani e li risistema, il suo sguardo guizza su e giù per le mie gambe strette nei jeans scuri e ogni tanto si sofferma sul mio viso. Le labbra rosee sono lucide, passa la lingua e poi si mordicchia il labbro inferiore come se stesse pensando. Poi, il solito ghigno perenne si fa largo sul suo viso, incorniciando la sua bocca.
Forse si è accorto che lo sto fissando.

"Vedo che non la smetti di guardarmi, per caso vuoi una foto? Guarda che quella dura di più" ridacchia, owh.

Si avvicina pericolosamente a me, la distanza non si può ancora definire annullata, ma è sicuramente minima.
Il suo sguardo è persistente e "No, grazie" mi affretto a dire.
"Preferirei passare tutta la mia vita all'inferno." sputo acida, abbassando il tono di voce. 

Sogghingna ancora una volta e si avvicina al mio orecchio.

"Spero di non deluderti, allora" e sussurra. 

 

 

 

 






 

 

Spazio autrice : eeehi :) prima di tutto volevo ringraziare chi ha recensito, quindi, grazie :) 
Poi, che ne pensate di questo capitolo? Abb
y sta diventando leggermente più 'sfrontata', potrei dire, almeno, questo è già il massimo per i suoi standard. E il professor Styles? Come vi sembra? Gli sarà venuto qualche dubbio in più ora che ha 'scoperto' un briciolo di verità sulla storia della sua allieva più odiata, forse, la signorina Benson? E a proposito, chi è questo Michael Aserea? E che cosa vuole da Abby?
Spero di avervi fatto venire altri dubbi.. scusate se ci sono errori :c

Continuo a due recensioni c:
Buona lettura e al prossimo capitolo. 

Fra .xx

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: sorridimilouis