Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hirriel    18/08/2014    6 recensioni
They say hope begins in the dark, but most just flail around in the blackness, searching for their destiny.
The darkness, for me, is where I shine.
(Richard B. Riddick)

Judal non si aspettava niente da quel viaggio nel sud d’occidente; Kougyoku si doveva sposare e lui la doveva accompagnare, punto. Non sarebbe dovuto succedere proprio nulla di anormale a parte gli occasionali bisticci e il fastidio arrecato dall’insopportabile caldo del territorio. Senonché gli rotolò davanti una piccola ragazzina con le guance paffute e gli occhi torbidi.
Il suo nome? Lilith.
E la quantità di problemi che portò fu indirettamente proporzionale alla sua altezza.
INTERROTTA
Genere: Dark, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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8. Incontriamoci di nuovo, in un luogo di morte

«Ben svegliata!»
 
«Ah… Alibaba… dove siamo?» Lilith passò sopra le casse tra le quali aveva dormito e si affiancò ad Alibaba. Sbadigliò e si stropicciò gli occhi, sentendo le membra pesanti e la mente assonnata che si crogiolava ancora nel torpore del sonno.
 
Davanti agli occhi della ragazza si stagliavano solo dune di sabbia.
 
Nonostante l’avesse visto varie volte nella sua vita, il deserto di notte era sempre uno spettacolo; le si stringeva lo stomaco e il cuore batteva più forte mentre ammirava la strada sterrata che quasi si confondeva con le dune di sabbia, illuminate dalla fievole luce della luna e delle stelle.
Se non si fossero muniti delle due lanterne che Alibaba doveva aver acceso mentre  la ragazza dormiva, probabilmente non avrebbero avuto la capacità di vedere molto lontano: la notte era troppo oscura e il deserto si estendeva come un infinito oceano di sabbia nera, più tenebroso del cielo stesso in cui almeno splendevano gli astri.
 
Lilith tremò. Le temperature si erano abbassate improvvisamente e la ragazza, ancora reduce dall’accogliente calore del materasso, si avvolse nella coperta con cui si stava coprendo il biondo.
 
Alibaba bevve un sorso d’acqua «Non manca tanto, tra qualche ora si potranno vedere le luci dell’alba e per metà mattinata dovremmo arrivare a casa tua. -sbadigliò- Credevo avresti dormito per tutta la notte, se vuoi riposarti ancora vai pure, io sto bene.»
 
«Resto qui così ti tengo d’occhio, non mi fido di te con quella faccia assonnata!» replicò lei, tentando di rubargli più coperta che poteva «E poi credo di aver sognato qualcosa… che non ricordo… ma sta di fatto che ora sono sveglia.»
 
Il biondo le scompigliò i capelli «Va bene.»
 
Passarono diversi minuti in cui nessuno dei due parlò, Lilith era troppo concentrata a smarrire lo sguardo nel buio per prestare attenzione al ragazzo vicino a lei, che al contrario continuava a scrutarla, scervellandosi su cosa dire per spezzare il silenzio (a parer suo) imbarazzate.
 
Finalmente si decise a parlare «…Allora, già che ci siamo, raccontami un po’ di te!»
 
«Ti ho già detto un sacco di cose poco prima di partire, non rompere le scatole.»
 
«Ehi ehi, piano tigre, stavo solo pensando di far conversazione…»
 
«Ecco, è proprio questo il problema che dovresti risolvere: pensi.» disse lei, incapace di trattenere la frecciatina.
 
Alibaba la ignorò «Bene, allora faccio delle domande! … Uhm… per esempio: sei davvero nata povera?»
 
Lilith lo guardò, la fronte aggrottata «E ‘sta cosa all’improvviso da dove l’hai tirata fuori? È un domanda degna di te: assolutamente insensata. Certo che sono nata povera.» si grattò distrattamente la nuca.
 
«Non ho dubbi sul modo in cui hai vissuto fino ad ora però… ti rendi conto che parli molto bene rispetto al popolo?»
 
La ragazza volse gli occhi verso l’orizzonte buio «Uhm… nonostante io sia una morta di fame non vuol dire che non riconosca l’importanza del linguaggio. Ricordo che da piccola qualcuno disse “i padroni sanno mille parole, gli schiavi solo cento” e anche Halima ripete spesso cose simili, quindi immagino sia anche la sua influenza.» tentò di evitare lo sguardo ambrato di Alibaba «Ma non so leggere, nonostante Halima sappia decifrare bene o male qualche pagina di libro, non le ho mai chiesto di insegnarmelo perché non mi interessa, non mi servirà mai a niente. Mentre saper destreggiarsi bene nei discorsi per uscire fuori da un problema, quello non può far altro che aiutare.»
 
Alibaba sorrise «Se non vuoi dirmi la verità non importa.»
 
La ragazza si volse verso di lui, spiazzata. Voleva contraddirlo ma quando vide il viso gentile del biondo, desistette «Guarda che non ti stavo raccontando bugie...» come era riuscito a capire…?
 
«Lo immagino, ma dire una mezza verità non corrisponde all’essere sinceri.» il ragazzo diede uno strattone a un cammello che si stava agitando «Ti dirò qualcosa su di me: anche io ho vissuto una parte della mia vita nella più completa povertà.»
 
«Sul serio?»
 
«Sì, mio padre era una persona molto importante ma mia madre era solo una prostituta quindi…»
 
Passarono il tempo così, chiacchierando del più e del meno, entrambi consapevoli del fatto di non essere del tutto sinceri mentre tralasciavano parte delle storie. Alibaba evitò di parlare del re di Balbadd, dell’attacco dei ladri al castello che lo portò alla morte, o del doungeon. Ma le raccontò dei suoi fratelli, di sua madre e qualcosa anche su Kashim…
Lilith rispondeva, leggermente destabilizzata, non essendo abituata ad aprirsi con qualcuno e sorprendendosi di come il giovane la ascoltasse incuriosito. Gli raccontò principalmente di Halima, di come si fossero incontrate a Kashgan, della sua città natia Magdas e di come fosse stata scoperta innumerevoli volte dai carovanieri, mentre tentava di passare da un luogo all’altro. Ovviamente, non parlò del bambino che aveva ucciso ed evitò qualsiasi accenno a Judal, sentiva che non poteva dire così a cuor leggero di conoscere un Magi, soprattutto quel Magi…
 
Alibaba si offerse di insegnarle l’alfabeto e darle qualche sua pergamena, così quando aveva del tempo libero si sarebbe potuta esercitare nella lettura. Lilith rifiutò più volte; non le serviva, non era il momento, non voleva. Il biondo la tentò dicendole che avrebbe potuto leggere tanti racconti e avventure ma lei non cedette.
 
Il sole si levò all’orizzonte e Alibaba decise di riposarsi un po’, dando a Lilith le istruzioni su che percorso avrebbe dovuto seguire.
 
La ragazzina si accomodò sopra uno dei due cammelli e cominciò a guardarsi attorno, notando come la luce rivelasse molte cose che la notte aveva tenuto celate, come piccoli animaletti che si muovevano tra la sabbia, uno stormo di uccelli che volava nel cielo, perfino una carcassa di qualcosa di morto, che se fosse stato buio Lilith avrebbe facilmente scambiato per un pezzo di legno vecchio e rinsecchito.
 
La bruna fu felice di cominciare a riconoscere il paesaggio, la sabbia lentamente diventava terriccio e si vedeva qualche pianta più verde delle altre. Il suo paesetto era piccolo ma prolifico, la terra era più fertile che in altri luoghi ed era situato in un punto più o meno difficile da raggiungere, sicuramente non era sulla rotta delle più grandi e famose carovane. Le piaceva questo fatto. Nell’entroterra era raro trovare posti tanto tranquilli, durante la sua permanenza lì non c’era stato nessun problema. Però da un altro punto di vista, passare troppo tempo lì era diventato… noioso e monotono… ovviamente fino a quando non era arrivato l’impero Kou.
 
Finalmente le parve di vedere in lontananza una chiazza verde: il boschetto dove pochi giorni prima si era addormentata ubriaca. Se ne rallegrò.
 
Alibaba si svegliò.
 
E arrivò il momento degli addii.
 
«Sicura che non vuoi che ti porti più vicino?» le chiese preoccupato.
 
«No biondino, il mio paese è sotto il controllo dell’impero Kou, se mi portassi davanti alle porte avresti solo problemi per via delle guardie.»
 
«Kou eh… anche questa città è stata conquistata…»
 
«Non da molto tempo ma sì, e so che si spingeranno più avanti, potrebbero arrivare anche alla tua Balbadd. Stai attento biondino mi dispiacerebbe se morissi.» gli diede una pacca sulla spalla e saltò giù dal carro, i sacchi contenenti cibo e vestiti in spalla, un sorrisone in volto mentre si incamminava più velocemente che poteva verso il boschetto.
 
«Ricordati di salutarmi la tua amica Halima!» le sembrò quasi di vedere Alibaba con gli occhi lucidi urlarle quelle cose alle spalle ma non si girò «E stai attenta!! La pomata per il livido sulla pancia è tra l’insalata!» la ragazza sbuffò, sentendo un groppo in gola «Ci rivedremo, Lilith!» senza voltarsi a guardarlo si limitò ad alzare un braccio in segno di saluto. E si tenne dentro tutti i grazie, tutte le promesse e le speranze. Sarebbero state inutili, loro due non si sarebbero mai più incontrati, era sciocco attaccarsi a simili illusioni.
 
Quella bassa ragazzina, dagli occhi grigi e le guance paffute era piena di sicurezze, alle volte risultava arrogante nel suo pessimismo. La realtà era che non sapeva nulla. Ignara dei segreti del mondo, non poteva prevedere ciò che sarebbe successo di lì a poco e che, per quanto doloroso potesse essere, l’avrebbe portata a ricoprire un ruolo importante negli eventi che sarebbero accaduti negli anni a venire.
Lilith non sapeva cosa fosse il flusso dei rukh, il magoi, o il destino. Non aveva idea di chi o che cosa sarebbe stato messo in campo nella guerra più grande che quel mondo avesse mai visto.
Lei, un essere piccolo e pressoché insignificante, non poteva conoscere le verità che si sarebbero presentate sul suo cammino, verità di disperazione e sacrifici, di sogni e potere, degli albori di un mondo diverso dal suo e della fine dello stesso, sprofondato nell’odio e in un fanatismo religioso quasi morboso.
 
Lilith non sapeva proprio nulla.
 


Una carovana di briganti. Si poteva essere più banali di così?
 
Era stato semplicemente un gruppo di briganti (molto ingente, a parer dei soldati di Kou che li avevano visti arrivare) a mettere a ferro e fuoco il paesetto.
La situazione era ironica perché sembravano venir da nord-est, cioè da una delle città che l’impero Kou aveva assediato da poco. Probabilmente per fuggire dallo stesso si erano diretti verso sud con l’intenzione di razziare più città possibili.
 
C’era stata una breve discussione fra i pochi nobili che avevano deciso di accompagnare l’ottava principessa a Balbadd e i membri dell’organizzazione. Si era giunti alla conclusione che, poiché sembravano dei briganti molto feroci ed agguerriti, non valeva la pena sprecare inutilmente forze e uomini (di cui inoltre scarseggiavano dato che quella non era una spedizione militare) e dunque si decise che avrebbero anticipato la loro partenza, dirigendosi verso sud con qualche giorno di anticipo, abbandonando il paese e i suoi abitanti al loro destino.
 
Judal mugugnò infastidito. Sperava di potersi sfogare un po’, per quanti fossero quei briganti, nulla avrebbero potuto contro di lui. Ma a quanto pareva nessuno aveva il senso del divertimento a Kou, dato che gli era stato categoricamente vietato di avvicinarsi alla città.
 
Il Magi si mise più comodo, stendendosi sul morbido e grande tappeto rosso, una mano a sorreggergli il capo, lo sguardo fisso sul fuoco che divampava fra le case divenute piccole alla vista per quanto si erano allontanati. Accanto a lui c’era Kougyoku, di malumore anche lei, che si lamentava sommessamente con Ka Kobun per essere partiti prima del previsto.
La principessa non rivolgeva ancora parola al moro, dopo i vari insulti di quest’ultimo la ragazza sembrava avere la ferrea intenzione di non prestargli più attenzioni, probabilmente sperava che così facendo il ragazzo si sarebbe scusato e avrebbero ricominciato a parlarle. Che pensiero sciocco, Judal non aveva intenzione di far nulla.
 
Il Magi digrignò i denti «Oi! Voglio tornare indietro!» disse all’uomo di Al Sarmen che gli si trovava più vicino «Non devo per forza combattere i banditi, posso anche aiutarli a distruggere la città… giusto per fare qualcosa, voglio divertirmi!»
 
L’uomo parve rimanere impassibile, anche se non si poteva dire con certezza poiché un velo celava il suo viso «Cerchiamo di non creare troppa confusione, sacerdote. Stiamo dopotutto scortando la principessa a maritarsi, non dobbiamo farci notare più del previsto.» la voce pacata e quasi inudibile non fece altro che infastidire Judal ancora di più.
 
«E perché diamine sono venuto con voi se quella stupida si deve solo sposare!» borbottò fra sé e sé ma Kougyoku era abbastanza vicina da sentirlo. Gli rivolse uno sguardo di puro astio, a cui lui rispose inarcando le sopracciglia.
 
Fissò ancora per un po’ l’orizzonte perdendosi nei suoi pensieri. Poi sembrò decidersi «A questo punto,» disse, alzandosi dalla su posizione «io vado a farmi un giro, con i tappeti siete troppo lenti.» e si lanciò in alto, fluttuando nell’aria.
 
«Non crei troppo caos, sacerdote.» lo ammonì un altro uomo di Al Sarmen. Judal sventolò una mano senza neanche girarsi e scomparve alla vista volando sempre più in alto tra le nubi.
 
«Siete consapevoli che andrà subito al paesetto, vero?» sbottò l’ottava principessa di Kou non riuscendo più a trattenersi.
L’uomo dal viso celato si girò leggermente verso di lei, poi di nuovo dove era scomparso il Magi «Non si può fermare un uragano, principessa.» Kougyoku lo guardò poco convinta ma lasciò perdere.
 
«Si può solo cercare di usarlo come più ci accomoda.» nessuno sentì l’ultimo sussurro dell’uomo.
 


Pensavano che non sarebbe andato al paese? Ah! Idioti. Credevano di potergli impedire di fare ciò che voleva? Ah! Idioti due volte.
Avrebbe dimostrato loro quanto poco fosse facile controllarlo.
 
Girò sopra le case guardando con fare annoiato la poca gente rimasta (gli altri probabilmente erano morti o nascosti chissà dove) che tentava di fuggire, i bambini che piangevano, le donne che urlavano e i banditi che razziavano l’intera città.  Noioso. Fin troppe volte gli si era presentata davanti agli occhi una scena simile, ormai gli sembravano tutte uguali.
 
Forse era stata una cattiva idea tornare lì, non c’era davvero nulla da fare.
 
Scese tra i vicoletti, passeggiando tra le abitazioni distrutte dalle fiamme. Un paio di volte gli si parò davanti qualcuno ma non si curò neanche di capire se fosse un brigante o un semplice cittadino, con un colpo di bacchetta schiantava qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino, come se stesse scacciando qualche insetto fastidioso.
 
Senza quasi accorgersi di dove andava, si diresse verso il bazar dov’era solita stare Lilith, più precisamente verso il minuscolo e insulso negozio dell’altrettanto insignificante vecchia amica della piccola (qual’era il suo nome?).
Ciò che trovò, furono tutti gli oggettini e le cianfrusaglie, che di solito erano esposte con tanta cura, sparse per terra e i mobili completamente distrutti. Tutto ciò che poteva aver un qualche valore era già stato portato via.
Sbadigliando, si guardò intorno con aria annoiata. Se ne sarebbe dovuto andare, lì non c’era neanche qualche persona da far fuori. Perché era venuto in quel luogo prima di tutto? Che sperava di trovare?
 
Sbadigliò di nuovo e, a dispetto di tutti i pensieri che stavano turbinando nella sua mente, si diresse nel retrobottega.
 
A causa del fuoco appiccato ai tetti delle abitazioni una parte delle vecchie e tarlate travi della stanza non aveva retto, cadendo rovinosamente a terra e distruggendo le poche cose ancora integre. E lì, proprio sotto ad una di esse, c’era il vecchio e raggrinzito corpo della vecchia che due giorni prima aveva osato rivolgersi a lui con tanta arroganza.
 
Quella giornata era piena di banalità, vai a vedere che quella dovesse proprio rimanere schiacciata sotto il soffitto crollato! Judal si piegò sul corpo esanime «Sei morta eh?» un altro sbadiglio cominciò a nascergli in viso ma si fermò quando vide un piccolo movimento da parte di Halima «Ah e invece no! Sei dura a schiattare.»
 
Halima alzò il viso ossuto. I capelli bianchi, di solito raccolti in un morbido chignon, le cadevano scompostamente sulle spalle e le braccia avevano diversi tagli provocati dalle schegge di legno e di vetro, l’enorme peso della trave la schiacciava completamente al suolo rendendole difficile persino respirare.
Rivolse lo sguardo verso il Magi trovandolo seduto davanti a lei a gambe incrociate, il mento appoggiato al palmo della mano, la testa leggermente inclinata, i ciuffi corvini gli ricadevano davanti agli occhi e sul collo, la lunga treccia era adagiata a terra come la coda di uno scorpione. Ricordava una di quelle belle statue che raffiguravano le divinità mentre fissavano all’alto dei cieli gli esseri umani.
 
La vecchia sospirò «Almeno… Lilith non c’è... per fortuna.» quelle parole le affiorarono spontanee, era dal giorno prima, quando i banditi si erano presentati, che pensava quella stessa cosa. Quando era scesa la notte Halima era rimasta nel suo negozio, consapevole che se avesse tentato di fuggire non sarebbe arrivata neanche alla strada principale: l’avrebbero uccisa prima. Era stata la notte più lunga della sua vita, mentre chiusa nel retrobottega ascoltava i briganti mettere sottosopra il suo negozio, prendere le poche cose che aveva e distruggerle. Eppure fra i mille pensieri di paura e sgomento che le turbinavano in mente, l’unico che le dava un po’ di sollievo era il pensiero che forse, forse Lilith era salva, avendo scampato quell’attacco improvviso.
 
All’affermazione della vecchia gli occhi di Judal si accesero «Oh, al contrario! Sarebbe stato bello averla qui, vederla mentre tenta con le sue inutili forze di sopravvivere, di scappare. Cercando di salvare anche te magari. E ovviamente fallendo.» gongolò a quel pensiero «Forse rendendosi conto della sua impotenza mi avrebbe finalmente chiesto aiuto, mi avrebbe pregato di concederglielo! E io glielo avrei dato? Uhm… chissà... Proprio non riesco a decidermi, secondo te è più bella la sua espressione speranzosa che viene fatta in mille pezzi un attimo dopo a causa del mio rifiuto, o il suo imbarazzo, sapendo che mi deve essere grata per tutta la vita, poiché l’ho salvata da un triste destino? Proprio non riesco a decidere.» guardò Halima, come se lei potesse dargli una risposta.
 
Lei abbassò il capo «Ma Lilith non è qui.»
 
Tutto il divertimento scomparve dagli occhi del moro, lasciando solo uno sguardo apatico e deluso «Non è qui.» convenne, spostando gli occhi sul grande pezzo di legno che teneva imprigionata Halima «Allora lo chiedo a te: vuoi che ti aiuti?»
 
Lei sorrise amaramente «A differenza di Lilith non sono così ingenua da sperare che tu lo faccia. Non sono nata ieri e so come sono fatte le persone come te.»
 
Judal assottigliò lo sguardo e si piegò leggermente verso di lei, fissandola con occhi spietati «Oh, avevo intenzione di salvarti. Poco male, a quanto pare vuoi morire.»
 
Il sorriso non scomparve dalle labbra dell’anziana signora «No, non avresti fatto niente.»
 
«Chissà. Forse hai sprecato la tua unica possibilità.» si alzò e le diede le spalle, dirigendosi verso la soglia «Ma mi sto annoiando e non ho intenzione di farti compagnia nei tuoi ultimi momenti, muori da sola come meriti.» senza guardarsi indietro, uscì.
 
Halima rimase da sola. Il silenzio era opprimente. Tentò di prendere un gran respiro ma una fitta le colpì le costole e la spina dorsale fu percorsa da un tremito doloroso «Fa male.» sussurrò la vecchia, cominciando a sentire il cuore accelerare i battiti, il corpo irrigidirsi e poi iniziare a tremare sotto la scarica di adrenalina che lo aveva percorso. Non essendoci più Judal su cui focalizzare la propria attenzione, Halima cominciò a realizzare che la sua fine stava davvero arrivando. Il corpo tentava di combattere perché ciò non avvenisse. Era strano che la consapevolezza l’avesse colta solo in quel momento e non prima.
 
“Non voglio morire.” pensò, con un nodo in gola che da un momento all’altro sapeva si sarebbe sciolto in lacrime “No, niente panico, bisogna pensare a cose belle… cose belle… sì, Lilith… davvero, menomale che non si trova qui, magari ora è sana e salva… e sarà felice e… ah, no! Vorrà tornare! Che le succederà se trovasse il paese in questo stato, se trovasse me morta? Non… no…!” invece di calmarsi la tachicardia aumentò e lo stomaco faceva quasi male per quanto era contratto dalla paura. Non c'era niente da fare, qualsiasi cosa pensasse si trasformava in un incubo misto a una tristezza così opprimente che solo quella sarebbe bastata a toglierle la vita. Non c'era un futuro. Era tutto nero. Tutto completamente nero.
 
Halima aveva raggiunto il suo limite. E forse, se Judal non fosse rientrato nella stanza, la vecchia donna si sarebbe abbandonata al panico, impazzendo di paura.
 
Ma il Magi entrò a mento alto e mascella contratta «E comunque, non ci sono persone come me!» si riferiva alle ultime parole che gli aveva detto Halima. Seriamente, quanto aveva combattuto contro il suo orgoglio per tornare e dirle una cosa del genere? Il broncio che indossava in viso, simile a una smorfia da bambino, la diceva lunga.
 
La vecchia lo guardò con occhi spalancati, senza riuscire a dire niente. Passò una manciata di secondi in cui nessuno dei due si mosse, fissando l’altro.
Poi Halima scoppiò a ridere.
 
Il Magi si era aspettato qualunque reazione, ma non quella. Perse quasi l’equilibrio per la sorpresa e, appena riuscì a ricomporsi, si diresse a grandi falcate verso quella tizia che stava ridendo di lui «Smettila!! » gonfiò le guance offeso.
 
Halima dovette smetterla per forza, dato che la risata non fece altro che aumentare il dolore che provava alla schiena, ma in quel momento non se ne curò «Per un attimo mi sei sembrato Lilith.» disse, ancora sorridendo «La stessa identica espressione giuro, se vi avessero messi vicini non ci sarebbe stata differenza.» per quanto potesse odiare quello spietato ragazzo, per quanta rabbia avesse nei suoi confronti per aver usato Lilith come passatempo, per essere così crudele, per essere uno degli esseri viventi che meno meritava di esistere, Halima non poté che essergli grata, perché tutti i sentimenti negativi che provava verso di lui la distraevano dal terribile presente e l’inesistente futuro che le si parava davanti.
 
«Come se io potessi essere paragonato a quella ragazzina.» sbraitò lui «Non ci sono persone come me!» ripeté, accucciandosi di nuovo davanti al piccolo corpo schiacciato dall’asse di legno.
 
Halima si accorse che la vista le si stava offuscando ma tentò di non farlo notare al ragazzo «Ci sono sempre state persone come te…» sospirò, abbassando di nuovo lo sguardo, non volendo vedere tutta la distruzione che uno stupido avvenimento aveva creato; se solo quella banda di banditi non fosse venuta lì, se solo fosse passata un po’ più lontano, senza raggiungere la città… ma quelli erano pensieri che le erano già passati per la mente, che l’avevano logorata mentre sentiva gli abitanti urlare e chiedere aiuto, morire terrorizzati. Ora l’aveva semplicemente accettato. D’altronde stava morendo anche lei.
 
Continuò a parlare a Judal, sperando che rimanesse un po’ più con lei. Quale ironia, voler una persona tanto sgradevole pur di non rimanere soli «Siete… siete persone irrazionali ed egoiste. Non per forza cattive, ma semplicemente concentrate su voi stesse. Dal vostro punto di vista il bene e il male non esistono, esistete solamente voi e quello che vi può far comodo. Agite in funzione della vostra soddisfazione senza curarvi degli altri.» respirava sempre più a fatica «Ci si inizia a comportare così per una ragione o per un’altra, ma poi anche le vostre motivazioni vengono dimenticate e continuate ad agire in questo modo perché effettivamente è l’unico che conoscete, sapete vivere solo così.» quasi non ascoltava le sue stesse parole, i rumori erano diventati ovattati, come se stesse entrando dentro una bolla. Probabilmente in un'altra situazione non si sarebbe azzardata a dire cose del genere cose al Magi ma in quel momento perché no?
«Non ti conosco e non conosco il tuo passato ma so di cosa sto parlando. Quando incontrai per la prima volta Lilith aveva la tua stessa espressione e anche adesso, alle volte, riaffiora quello sguardo spietato. In quei momenti sembra non riconoscermi e so che sarebbe capace di uccidere qualcuno se ne dipendesse la sua incolumità.» Lilith Lilith Lilith, era incredibile come potesse pensare alla ragazzina anche in un momento del genere. Si rese conto che l’amava come non aveva mai amato nessuno, voleva semplicemente che potesse vivere felice. «Sei ancora giovane e forse non è troppo tardi, quindi ascolta ciò che ho da dire: -tossì- non si può vivere solo di se stessi, arriverai a consumarti e a pensare che solo la tua esistenza abbia un qualche valore. Non puoi far così… i tuoi sentimenti dovrai darli a qualcuno, la pietà, la rabbia, la tristezza, l’amore... esistono perché devono essere condivisi, non puoi rivolgerli solo a te stesso-» aveva ancora tanto altro da dire ma un’altra fitta la costrinse a tacere. Alzò un po’ gli occhi per guardare in viso il ragazzo. Judal indossava un’espressione impassibile, Halima si chiese se avesse colto il senso delle sue parole, se l’avesse ascoltata. Non si poteva capire. Gli occhi cremisi del Magi erano fissi su di lei ma vuoti.
Passarono i secondi e a Halima sembrò che il Magi non si stesse neanche preoccupando di sbattere le palpebre tanto era immobile. Se non si fosse sentito il suo lieve respiro, la vecchia sarebbe stata pronta a giurare che il tempo si fosse fermato

«Eppure tu stai morendo.» si decise a dire a un certo punto, senza cambiare espressione «Ogni abitante di questo paese e anche la tua Lilith. Tutti sono morti o moriranno tra poco, ma non io. Io continuerò a vivere ore, giorni, anni e raggiungerò vette che voi non osate neanche immaginarvi.» era serissimo, la voce ridotta a un sibilo «Come puoi dire che io non sono migliore di voi, non sono più potente di voi, che la mia vita vale come la vostra, se io continuerò a sopravvivere e probabilmente cambierò il mondo?»
 
Quelle parole pesarono sul cuore dell’anziana signora molto più che le travi di legno sul suo corpo.
“Non ha capito niente.” provava pietà per quel ragazzo. Se non si fosse sforzato a guardare un po’ oltre l’orizzonte che i suoi occhi vedevano, non si sarebbe mai potuto salvare. E forse neanche lui voleva essere salvato.
 
“È perduto.” proprio mentre Halima pensò quelle cose, successe.
 
Il suono di una voce. Una voce che conosceva troppo bene.
Era pregna di terrore.
Chiamava il suo nome.
 
«Halima!»
 
E il viso di Judal cambiò. Dalla fredda e irraggiungibile espressione qualcosa sembrò sciogliersi, gli occhi cominciarono di nuovo a riflettere la luce e i tratti del giovane sembrarono ringiovanire, il viso riprendere colore.
 
E la vecchia capì che quel ragazzo poteva essere aiutato solo da una persona.
 
Lui sembrò scordarsi della sua esistenza, si alzò e si diresse verso la porta che dava sul negozio quasi barcollando, un’espressione incredula sul volto, il cuore che batteva leggermente più forte.
 
Proprio lì, nel disordine della distruzione, c’era una piccola ragazzina con le guance paffute e gli occhi grigi. Un’espressione angosciata giocava tra i tratti del suo viso, mentre scavalcava velocemente un cassettone schiantato a terra.
Gli occhi di Lilith incontrarono quelli del moro e per un tempo che nessuno dei due avrebbe saputo quantificare -forse breve, forse lunghissimo- restarono a fissarsi, trattennero il respiro.
 
Ma ben presto entrambi si riscossero da quello stato di trance perché nel retrobottega, alle spalle di Judal, si udì un forte schianto che fece tremare le pareti.
 
Si voltarono contemporaneamente da quella parte ma Lilith fu più veloce: si lanciò verso l’altra stanza, curandosi poco del ragazzo che non ebbe la prontezza di fermarla e dunque entrò velocemente dopo di lei.
 
Ma non vide ciò che si aspettava.
 
Lo schianto era stato provocato dal soffitto che, già tarlato e rovinato dalle fiamme, aveva ceduto sotto il suo stesso peso crollando completamente a terra, rivelando così sopra le teste dei ragazzi un cielo limpido e senza nuvole, un sole talmente brillante che faceva quasi male.
 
Halima era stata sepolta tra i detriti. Non era ancora morta però, sentendo la voce di Lilith, aveva ritrovato le forze per vivere ancora un po’ ma l’improvviso crollo l’aveva presa alla sprovvista e un pesante pezzo di legno le era caduto sul capo, costringendola completamente a terra, impedendole qualsiasi movimento. A quel punto la vecchia era solo capace di sentire.
 
«Judal!» e la sentì, la voce della sua bambina, piena di terrore «Cos’è successo? Io… non… dov’è… dov’è Halima?!?!» urlava, Lilith, incapace di nascondere la sua preoccupazione. E la vecchia voleva chiamarla, voleva dirle che era proprio lì e che non c’era nessun pericolo, che l’avrebbe protetta. Ma la voce non usciva da quel corpo stanco.
 
Piombò il silenzio, l’unica cosa che si poté sentire fu il canto di alcuni uccelli e il rumore del fuoco che scoppiettava lontano, divorando le ultime cose che rimanevano di quello che il giorno prima era un tranquillo paesino.
 
Judal esitò, spostando lo sguardo nel punto dove probabilmente si trovava la persona che Lilith stava cercando, sepolta e schiacciata.
 
«Allora?!» la bassa ragazzina gli fu vicina, gli occhi che rilucevano di uno sguardo deciso, la voce forte.
 
“Sono qui.” quanto avrebbe voluto dirlo Halima in quel momento ma era impossibile, la vista già cominciava ad andarsene. Doveva solo sperare di essere ancora viva per quando il Magi l'avrebbe tirata fuori.
 
Judal valutò un attimo la ragazza che gli stava davanti, poi sospirò «Se n’è andata.»
 
Halima spalancò gli occhi “Cosa?”
 
«Cosa?!»
 
«Dei briganti hanno devastato la città, immagino che questo ormai tu l’abbia capito. Molti abitanti sono stati uccisi» si passò una mano tra i capelli corvini «e molti altri sono scappati di notte. L’ho vista la tua vecchia, mentre fuggiva dal paese insieme a una famiglia… si è salvata, ora probabilmente sta viaggiando in cerca di un posto dove rifugiarsi.»
 
Il mondo sembrò cominciare a ruotare vertiginosamente, una sensazione indescrivibile attanagliò il cuore di Halima. Non era vero. Lei non era in salvo. Stava morendo. E Lilith non avrebbe potuto dirle addio.
 
Ci fu un’altra pausa, poi si sentì il profondo sospiro di Lilith «Ah… aha… meno male…» il tono di voce più sollevato, quasi sereno.
 
“No no no no no!!” l’anziana signora cercò di sgusciare via da sotto gli assi, le mani si mossero cercando appiglio di qualcosa, qualsiasi cosa. Ma le unghie graffiarono solo il freddo pavimento. “Sono qui, proprio qui, ti prego ti prego ti prego ti prego!” con uno sforzo disumano, tentò di sollevarsi, di far rumore.
 
Niente.
 
«Allora… tu che ci facevi qui?» avvertì di nuovo la voce della ragazza, leggermente perplessa e per un istante sperò che riuscisse a subodorare qualcosa, a intendere l’inganno del Magi.
 
«Stavo facendo un giro, ho pensato che magari eri tornata e ti stavi nascondendo qua.» disse con nonchalance Judal «A proposito, che hai fatto ai capelli? E hai dei vestiti diversi…»
 
“Non voglio… devo salutarla per l’ultima volta… vivrà la sua vita cercandomi, pensando che sono viva… e quando scoprirà il contrario…” le dita di Halima avevano cominciato a sanguinare a causa della forza con cui la vecchia le conficcava al suolo.
 
«Eh, l’hai notato! Ho-»
 
«Aspetta usciamo di qui, se crolla qualcos’altro è un problema.» senza aspettare la risposta di Lilith, Judal la prese per il polso e la trascinò fuori, ignorando i balbettii imbarazzati di lei.
 
Halima si sentì male. Se ne stavano andando. La stavano lasciando lì da sola, per sempre.
“… Questo… è il mio destino? Finirò qui, senza nessuno? È questa la mia fine?” lacrime cominciarono a solcarle il viso. Aveva sempre creduto fermamente che ci fosse una strada prefissata per ogni persona, che ogni essere vivente avesse un ruolo da compiere e chi nasceva più sfortunato di altri, avrebbe semplicemente dovuto alzare la testa e continuare a camminare, perché con la buona volontà si poteva raggiungere tutto, gli esseri umani erano capaci di cose straordinarie e finché si viveva bene con se stessi, si poteva essere felici. Quando conobbe Lilith, queste convinzioni non fecero altro che ingrandirsi; l'aver conosciuto la ragazzina era stato quasi un dono per la vecchia. Potersi prendere cura di qualcun altro, poter darle la stessa speranza che animava il suo cuore... la trovava una cosa bellissima. Solo in quel momento, si rese conto di quanto infantili e ingenui erano stati i suoi pensieri. Lilith glielo ripeteva continuamente eppure lei non se ne era mai accorta. Come poteva essere giusta una cosa del genere? Come avrebbe potuto rialzare la testa e continuare a camminare se quella era la sua fine? Come avrebbe potuto Lilith continuare a vivere serenamente, dopo aver appreso della sua morte?
Ingiusto.
“… Lo odio. Odio il mio destino.” un singulto le si soffocò in gola “Che cos’ho fatto per meritarmi questo, Lilith è a un passo da me eppure…”
 
Aprì di nuovo gli occhi e per un momento, le parve di vedere uno sfarfallio nero. Di colpo, decise che non voleva morire così, che se ne sarebbe andata quando l’ultima goccia delle sue ormai poche forze l’avrebbe abbandonata.
 
Sentendo la rabbia divampare dentro di lei, raccolse l’ultima energia che le restava e riuscì a urlare.
 
«LILITH!»
 
Silenzio.
 
Non l’aveva sentita. Ovviamente, ormai il Magi doveva averla portata lontano, non c’era più speranza.
 
Chiuse gli occhi.
 
Ma li riaprì di scatto, sentendo un forte rumore di passi, poi oggetti pesanti che venivano spostati, buttati a terra, lanciati via. In un impeto che poteva essere solo di una persona 
«Halima!!!» Il viso terrorizzato di Lilith entrò nella sua visuale e in un moto di sollievo, Halima le sorrise.
E chiuse gli occhi.
 
«Oddio!» la ragazza urlò, alzandosi e cercando di spostare i pezzi di legno che schiacciavano la vecchia.
Conficcò le mani nel legno e digrignò forte i denti mentre spingeva la trave, cercando di spostarla «Muoviti!» strillò come impazzita, mettendoci più forza, ignorando le unghie che si rompevano e i muscoli che dolevano sotto tanto sforzo.
 
«Judal!» chiamò il moro che era rimasto sulla soglia come paralizzato «Aiutami!!»
 
Il giovane si riscosse, sembrando svegliarsi da un sogno. Fece un passo in avanti ma poi si fermò, esitando, guardando prima lei poi Halima. Lilith urlò di nuovo ma lui la ignorò, sembrava essere preda di un conflitto interiore. Poi, con un ringhio, si decise «Spostati!!» le comandò, estrasse la bacchetta e con uno scatto la alzò verso il cielo borbottando parole incomprensibili.
 
Le pesanti assi, così come il corpo della vecchia, si sollevarono dal suolo.
Judal fece volare l’anziana signora tra le braccia della ragazzina mentre scagliò lontano i detriti che fino a un attimo fa la schiacciavano, distruggendo i pochi pezzi di muro che erano rimasti in piedi e causando un gran fracasso.
 
Si sentirono urla, voci di uomini e un pesante scalpiccio di passi da tutte le direzioni.
 
Judal si volse velocemente verso Lilith e caricandosi in spalla il corpo esanime di Halima, fece segno alla ragazza di seguirlo, ma ciò che sperava il Magi non si avverò: avevano fatto troppo tardi. Difatti, appena riuscirono a farsi spazio tra i detriti, uscendo finalmente in strada, si ritrovarono circondati.
 
«Fuori dai piedi!»
 

La principessa era di pessimo umore, si poteva dedurre dal tic che le era preso all’occhio destro e da come stringeva tra le mani il suo strumento metallico, anziché tenerlo incastrato nell’acconciatura con cui erano legati i suoi capelli rosa.
Ka Kobun era relativamente preoccupato, nonostante la principessa sembrasse più infuriata delle altre volte, non era raro che lei e il sacerdote litigassero, quindi probabilmente non c’era ragione di agitarsi.
In un modo o nell’altro avrebbero fatto pace.
L’opzione più probabile era che il sacerdote, in massimo due giorni, si sarebbe dimenticato delle loro discussioni e avrebbe ripreso a parlarle o prenderla in giro. O forse la principessa Kougyoku sarebbe andata da lui in lacrime, non reggendo più il pesante silenzio, chiedendogli scusa per qualche colpa che non aveva (con grande soddisfazione del Magi).
 
«In un modo o nell’altro.» sospirò Ka Kobun, massaggiandosi le tempie.
 
Fece per rivolgersi alla principessa, qualche parola di conforto e alcuni insulti al sacerdote sarebbero bastati a tirarle su il morale, anche se di poco. Ma non fece in tempo a spiccicare parola perché qualcosa sfondò le pareti della stanza dove si trovavano lui e Kougyoku.
 
Difatti, avevano trovato velocemente un altro posto dove sistemarsi con i nobili e i soldati, e grazie ai membri di quell’organizzazione misteriosa, erano anche riusciti a ricostruire parte dell’accampamento, permettendo alla principessa di avere una stanza tutta per sé.
Stanza che era appena stata distrutta da quello che sembrava essere proprio il sacerdote. Il Magi rotolò per la stanza, scontrandosi con la parete opposta e accasciandosi al suolo, creando una grande confusione, rovesciando la maggior parte degli oggetti che l’ottava principessa aveva posizionato con cura.
 
«Judal! Che co-» Kougyoku era già pronta ad esplodere di rabbia ma lei e il suo servitore scorsero qualcosa di singolare che bloccò la probabile sfuriata.
 
Il giovane teneva sotto braccio il corpo di una signora anziana e dall’altro lato, una bassa ragazzina stringeva le braccia attorno a lui, gli occhi serrati probabilmente a causa dell’impatto.
 
Ma la cosa che preoccupò di più i due fu la freccia che trapassava da parte a parte la coscia sinistra di Judal, inzuppandogli tutti i pantaloni di un sangue troppo scuro .
 
«Judal!» la principessa si piegò su di lui, gli occhi spalancati dalla preoccupazione.
 
“In un modo o nell’altro.” furono gli unici pensieri che passarono per la mente di Ka Kobun.

 


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Ormai non chiedo neanche più scusa per la mia lentezza ad aggiornare, sarebbe un'inutile perdita di tempo, ne? (però sappiate che mi dispiace).


Ringrazio di cuore tutti quanti, anche solo chi legge, vi adoro.

Alla prossima!
  
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