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Autore: Non ti scordar di me    18/08/2014    5 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo due.
Welcome, Damon!
 
Ero seduta su un muretto del campus vicino alla caffetteria con accanto il mio libro, ritrovato il giorno prima.
L’odio sviscerato che provavo per la trigonometria era pari all’odio che provavo per Damon. Non riuscivo neanche a studiare per il nervoso.

«Non ce la farò mai…» Brontolai, gettando a terra l’evidenziatore. Io e la trigonometria eravamo due cose completamente distanti l’una dall’altro.

Non c’era nessuno ad aiutarmi: Caroline non era la più indicata quando si parlava di argomenti scolastici, Stefan era nella mia stessa situazione e Bonnie – l’unica persona che poteva aiutarmi – era a un seminario a Boston per una settimana.
Il test era questo venerdì, oggi era mercoledì. Mi rimanevano pochi giorni per studiare.

E’ impossibile! Pensai stringendomi nella mia felpa. Eravamo appena ritornati dalle vacanze natalizie e dopo neanche una settimana avevo già un test che di sicuro non avrei passato.

Raccolsi i miei capelli in una coda disordinata e chiusi il libro arrabbiata. Lanciai il libro alle mie spalle ed estrassi il mio cellulare dalla tasca del jeans.

«Da quando in qua i libri volano?» Chiese una voce ironica. Che battuta squallida. Mi girai e incontrai due occhi ghiaccio con venature azzurrine. Occhi magnetici e irresistibili. Anche se mi erano familiari, dove avevo visto quegli occhi?
Mi persi per qualche istante nelle due pozze colore mare e mi soffermai anche sul volto del ragazzo: zigomi poco pronunciati, sguardo tentatore e due labbra che ogni donna sognerebbe di baciare.

Le gambe erano fasciate in un jeans stretto, sopra aveva una maglietta nera a maniche lunghe da cui si intravedevano gli addominali.

«Sei incantata, ragazzina?» Strabuzzai gli occhi e lo guardai in cagnesco. Mi aveva chiamato ragazzina?
«In realtà, stavo riflettendo su quanto potesse essere squallida la tua battuta. “Da quando in qua i libri volano” – scimmiottai un po’ per imitarlo – è la migliore che la tua piccola mente ha partorito?»
Il suo volto era un misto di stupore e curiosità. Probabilmente non aveva avuto mai questo trattamento da una ragazza. Un bel faccino non faceva una brava persona.

«Ne ho di migliori, tranquilla.» Ammiccò. «Semplicemente non mi capita tutti i giorni di imbattermi in una ragazzina capricciosa che lancia i libri in aria.» Continuò con tono divertito.

Okay…Già, ero nervosa di mio per il ritorno di Damon se poi anche uno sconosciuto mi provocava la situazione non migliorava.
«Dammi il libro.» Gli ordinai scrutandolo con attenzione. Il ragazzo – di cui non sapevo e non volevo sapere il nome – diede uno sguardo al libro.

«Come imparare la trigonometria in 100 step…mm, interessante eh?» Mi sfottò. Non volevo ridarmi il libro? Scesi dal muretto e glielo strappai – letteralmente – dalle mani.

«Bel temperamento.» Accennò un odioso sorrisino. Ero sicura che se in questo momento ci fosse stata Caroline mi avrebbe rimproverato per il mio comportamento infantile nei confronti di quel magnifico sconosciuto.

Gli diedi le spalle e mi sedetti nuovamente sul muretto, riprendendo a studiare. Iniziai a leggere un problema.
Mi resi conto che lo sconosciuto si era seduto affianco a me e mi osservava insistentemente.
Per i primi dieci minuti lasciai perdere, anche se era piuttosto difficile studiare una materia che già odiavo con un fico che mi osservava. Diciamolo…Quel ragazzo era proprio bello.

«Vuoi una fotografia?» Chiesi acida dopo un po’. Piegò le sue labbra in un ghigno, mise su un espressione pensierosa e sembrò rifletterci pochi istanti.
Ora gli meno un ceffone. Pensai fissandolo in cagnesco.

«Tranquilla, mi ricorderò di te. Ho memorizzato ogni piccolo particolare del tuo corpo. Se vuoi però…una fotografia non guasta.» Continuò ammiccando.

Alzai gli occhi al cielo. Avevo incappato in un idiota con un corpo magnifico. Fin’ora non ero riuscita a trovare una cosa buona di quella giornata.
Damon sarebbe ritornato a momenti, questo idiota non mi fa studiare, Stefan non mi appoggia…Cos’ho fatto di male?
Pensai, mettendomi le mani nei capelli quasi esasperata.

«Micina, dovresti calmarti e rilassarti un po’. Magari facciamo un po’ di conversazione…» Cercò di dissuadermi.
Micina? Andiamo un sopranome meno idiota no, eh? Fin’ora quel ragazzo si era rivelato un completo idiota e stava peggiorando la mia giornata – già penosa –.

«Conversazione? Sei spuntato dal nulla. Non ricordo di averti mai visto qui al college.» Dissi, alzando lo sguardo.
Mystic Falls era un piccolo paesino e il Dalcrest College era un college dove non c’erano molti pionieri.

«Be’…Parli tu che sei qui sola soletta a studiare la trigonometria in 100 step!» Fece ironia. Accennai una risatina…Almeno il corvino aveva un po’ di senso dell’umorismo quando voleva.

«Siamo al Dalcrest College, qui non succede mai niente.» Dissi scuotendo la testa. Questa volta fu lui a trattenere una risatina.

«Sto studiando per un test di trigonometria» Continuai.
«L’avevo notato…» Commentò ironicamente. Alzai gli occhi al cielo.

«Sei sempre così ironico, misterioso ragazzo?» Cantilenai divertita, indietreggiando. Lui arricciò le labbra – secondo me, leggermente divertito – e io gli rivolsi un sorriso di sfida.

«L’ironia fa parte del mio essere.» Accennò un sorriso smagliante. «Sei sempre così acida, misteriosa ragazza?» Chiese col mio stesso tono.
Assottigliai lo sguardo e feci finta di pensarci su.

«Non tutti hanno un buon carattere. Tu sei il solito fighetto della situazione? Quel ragazzo idiota che si porta nel letto tutte le ragazze del college?» Chiesi sinceramente divertita.
Dentro di me, volevo solamente andarmene a casa mia e provare a studiare quella materia…Ma la parte meno razionale, mi diceva di rimanere lì a sfottere quel tanto misterioso quanto irresistibile sconosciuto.

«Pensi veramente questo di me? Mi offendi, sai?» Mi schernì. Aprì la bocca, ma la richiusi non avendo altro da dire.
Scossi la testa e ritornai a concentrarmi sul problema. Il ragazzo rimase lì a fissarmi ancora per un po’.

«Non ci vuole molto a risolvere quel problema.» Disse con un ghigno in volto. Mi girai verso di lui, pronta a dirgliene quattro ma mi bloccai quando vidi quelle pozze color azzurro cielo che mi fissavano seriamente.

«So come si fa. Calcolo l’angolo mancante e calcolo i due lati b e c con la teoria del coseno.» Affermai, scarabocchiando sul libro i calcoli e sperando con tutta me stessa che non avessi sparato una grande cazzata.
Lo sconosciuto non disse nulla, m’incitò a provare a risolvere il problema…Sbagliato.
Per un momento pensai di buttare quel libro all’aria e di imprecare in tutte le lingue che conoscevo.

«Non lanciare ancora il libro.» Mi avvertì lo sconosciuto, prendendomi le mani. A quel tocco sussultai leggermente imbarazzata. Il contatto con la sua pelle era piacevole.

«Non lo lancio, tranquillo!» Dissi con acidità. L’estraneo mi sfilò la matita dalle mani e iniziò a scarabocchiare anche lui qualcosa – per me erano solo segni senza senso, ma apparentemente avevano un significato –.

«Ecco a te, la soluzione.» Disse, porgendomi sia il libro che la matita. Sorpresa, osservai la soluzione.
Dovevo calcolare i due lati b e c con la teoria dei seni! Ecco, perché non usciva!
«Sei molto bravo in trigonometria?» Chiesi curiosa. Lui arricciò il naso e sbuffò leggermente.
«Queste sono stupidaggini da primo anno…Non sono un portento, ma queste cose elementari posso farle.» Molto modesto!

«Allora potresti aiutarmi, non credi?» Chiesi usando il tono più gentile e persuasivo con cui mi rivolgevo ai ragazzi.
I suoi lineamenti sembrarono addolcirsi per poi indurirsi ancora di più. Mise su un ghigno.

«Hai un pennarello?» Chiese. Aggrottai la fronte. Che razza di domanda era? Anzi, che razza di risposta era alla mia domanda?
Non ci feci caso e frugai nella mia borsa. Trovai un pennarello nero. Era indelebile, ma glielo porsi ugualmente.
Lui mi sorrise – con un sorriso a trentadue denti – e tolse il tappo dal pennarello. Mi prese la mano e iniziò a scrivere qualcosa sul suo dorso.

Che sta facendo? Brutto idiota! Pensai osservandolo. Dopo poco chiuse il pennarello e lo infilò nella mia tracolla.
«E’ il mio numero. Chiamami se ti serve una mano.» Disse ammiccando e scendendo dal muretto. Per un momento, ebbi l’impulso di mandarlo a quel paese.

«E’ indelebile il pennarello, idiota!» Commentai leggermente piccata. Lo sconosciuto – di cui non sapevo neanche il nome – mi sorrise con uno di quei sorrisi ammalianti.

«Il mio ricordo così sarà indelebile.» Battuta ad effetto. Questa si poteva salvare, era quanto meno accettabile!
Sorrisi leggermente e mi aggiustai la coda di cavallo.

«Ci vediamo presto, piccola.» Mi salutò con un bacio sulla guancia, mi rivolse un’occhiata enigmatica e si allontanò.
Fermi tutti! Pensai. Uno sconosciuto mi ha abbordato, l’ho insultato, lui mi ha aiutato, l’ho ringraziato e insultato nuovamente e ora mi ritrovo il suo numero telefonico sulla mano!?

Wow, stavo facendo progressi. Il giorno prima incontravo un tizio strano in biblioteca, oggi un tizio ancora più strano e per completare il tutto…Damon arrivava a Mystic Falls!
Di male in peggio.

Raccattai le mie cose e mi avviai in caffetteria, dove stava Caroline.
Lo squillo del mio cellulare mi fece ridestare dai miei pensieri per ora rivolti a quel ragazzo. L’avevo beffeggiato e insultato, nonostante il mio comportamento mi aveva dato il mio numero di telefono.
Era Stefan il mittente della chiamata.

«Stefan, qualche problema?» Risposi alla chiamata frettolosamente. Potevo sentire la sua risata dall’altra parte della cornetta.
– Elena, stiamo andando all’aeroporto. Veniamo a prenderti? Sai bene che possiamo ancora fare marcia indietro. – Mi chiese cauto. A quelle parole saltai su tutte le furie.

«Stefan quale parte del ‘Damon per quanto mi riguarda può anche andare a farsi fottere’ non è chiaro?» Tuonai arrabbiata.
Feci segno a Caroline di alzarsi. L’orario scolastico per me era finito da un pezzo, non avevo altre lezioni per quel giorno e anche la mia amica.
La bionda annuì e iniziò a raccattare le sue cose.

– Ho afferrato il discorso, El. Potresti come minimo farti trovare a casa al nostro ritorno dall’aeroporto? – Mi chiese con tono supplichevole. Chiusi gli occhi, questo potevo forse farlo.
«Vedrò di esserci.» Sibilai a denti stretti, attaccando giù. Caroline mi venne incontro sorridendo come non mai, per chissà quale motivo.

Era veramente troppo eccitata, insieme ci dirigemmo verso la mia automobile nuova di zecca. Poggiai la mia tracolla nei sedili posteriori seguita da Caroline.
Mi accomodai al posto del guidatore e la mia amica accanto a me, da bravo passeggero qual’era.

«Cos’è successo?» Chiesi. Lei mi guardò accigliata. Di regola, era lei che doveva – apparentemente – chiedermi notizie su mio fratello e non il contrario!

«Bhe…Sto organizzando un ballo per la nostra confraternita, sai faccio parte del comitato…» Quando Caroline iniziava a parlare nessuno la fermava più.

Anche al liceo faceva parte di tutti i comitati, quello delle cheerleader, quello dei balli e delle parate. Il più delle volte trascinava anche me nei suoi comitati.

«Che ballo è?» Chiesi curiosa, imboccando il cartello su cui c’era scritto a caratteri cubitali “Mystic Falls”.
«E’ ancora una sorpresa.» Trillò contenta. Le sorrisi di rimando. Caroline riusciva sempre a tirarmi su.
L’atmosfera fu spezzata dalla suoneria del mio Iphone. Care prese la mia borsa e prese il mio cellulare.

«E’ Stefan.» Annunciò Caroline, guardandomi. Sbuffai e presi il cellulare in mano. Sapevo bene che non dovevo parlare al telefono mentre guidavo, ma uno strappo alla regola non faceva mai male, giusto?

«Stefan ti ho già detto che non vengo all’aeroporto. Ora dovreste essere già lì, secondi i miei conti!» Sbuffai infastidita.
– Elena, non so come ma Damon non è su quell’aereo! Sono scesi tutti i passeggeri e lui non c’era! – La voce di mio fratello Stefan mi arrivò forte e chiara. Alzai gli occhi al cielo. Possibile che avesse dato buca a papà e Stef ancora una volta?

«Vi ha dato buca. E’ normale, no? Come da copione.» Alzai gli occhi al cielo. Damon li aveva dato buca. Lo sapevo…Come il Natale 2005. Da quel Natale avevo completamente smesso di credere a tutte le stronzate che Damon mi rifilava.

– No, Elena. Questa volta è successo qualcosa, qualcosa di serio! – Questa volta non c’era da scherzare. Cos’era successo?
– Damon doveva stare su quell’aereo, oggi. E non c’è. Persino mamma, non sa dove sia perché a Londra non c’è! – Continuò prima che potessi dir qualcos’altro.

«Vi raggiungo.» Sussurrai a denti stretti, chiusi la chiamata e lasciai il telefono nelle mani di Caroline che mi guardava confusa.
«Quel coglione di Damon non c’è all’aeroporto. Gli è successo qualcosa.» Dissi a denti stretti. Stavamo per imboccare la stradina che portava a Mystic Falls e controllai con lo specchietto che non ci fossero macchine.

«Tieniti forte, sto per fare un testacoda.» L’avvertii. Care sgranò gli occhi.
Il cellulare riprese a squillare e io maledivo mentalmente Damon. A me cosa importava di lui? Era sparito…E in fondo era preoccupata. Come potevo essere preoccupata per un’idiota?

«Stefan, sto venendo all’aeroporto.» Dissi con il cellulare tra le mani.
E’ inutile, stiamo venendo noi. Manca poco. Ritorna a casa. – Mi chiuse la chiamata in faccia. Gettai il telefono da qualche parte e cambiai nuovamente marcia con Caroline che bestemmiava la mia guida e Damon.
«Ti accompagno a casa.» Dissi, imboccando la strada per casa sua. Aggrottò la fronte.

«E tuo fratello, Damon?» Chiese spaventata. Non era una cosa di tutti i giorni che una persona spariva magicamente dall’aeroporto.
«Sarà una delle sue trovate. Ti chiamerò appena avrò notizie.» La implorai. Lei annuì e per il resto del tragitto rimanemmo zitte, ognuna di noi con i pensieri rivolti altrove.
Da un lato volevo spaccare la faccia di Damon – sperando che non abbia ereditato la bellezza di famiglia – e da un altro ero spaventata perché questa volta sembrava una cosa seria.

«Tranquilla, ti chiamo. Ci sentiamo più tardi, Care» La rassicurai. Lei prese la sua borsa e mi rivolse un sorriso.
«Fammi sapere, altrimenti chiederò a mamma di aiutarci.» Mi disse chiudendo lo sportello dell’auto. La madre di Caroline faceva parte delle forze dell’ordine di Mystic Falls e forse avrebbe potuto aiutarci.

Con un diavolo per capello, arrivai a casa mia dove era già parcheggiata la Camaro di mio padre. Parcheggiai in fretta, presi la borsa e aprii la porta di casa.
Corsi verso il salotto e quello che vidi mi lasciò senza parole.

«Micetta, ci rivediamo.» Quella voce. Quegli occhi. Era il ragazzo di oggi? Quello che mi aveva aiutato con la trigonometria?

«Cosa ci fai a casa mia?» Chiesi stizzita e avvicinandomi a lui con aria incazzata. Stefan mi guardò sorpreso e papà scoppiò in una fragorosa risata.
«Elena, tesoro, per qualche motivo Damon è arrivato ieri e si è fermato a casa di un suo amico.» Mi spiegò papà abbracciandomi.

Io non avevo ancora capito granché. Ricambiai l’abbraccio di papà e lo strinsi più forte.
Mi guardai attorno. Quel ragazzo io l’avevo già visto oggi, papà si era rivolto a lui come se fosse di famiglia…Ecco, dove avevo già visto quegli occhi!

«Tu!» Gli puntai un dito contro. «Sei un maledetto stronzo! Ti è piaciuto provarci con tua sorella oggi?» Urlai arrabbiata.
Non lo vedevo da quando avevo due anni, non mi ricordavo neanche come fosse fatto e lui osava prendermi in giro! Perché ero sicura. Ero sicura che lui sapeva chi ero realmente.
Sapeva che ci stava provando con sua sorella minore!

«Damon, cos’hai fatto?» Chiese Stefan che era all’oscuro di tutto.
Guardavo in cagnesco Damon e poi Stefan e infine il mio sguardo assassino cadde anche su papà.
«C’è stato solo un piccolo equivoco.» Disse strafottente. Piccolo equivoco?
«Tu questo lo chiami “piccolo equivoco” – imitai il suo tono di voce – ci hai provato con tua sorella! O mio Dio!» Continuai sconvolta.

«Elena, devi solamente rimanere calma.» Cercò di tranquillizzarmi papà. Lo guardai arrabbiata, stava difendendo Damon? Lo stava veramente difendendo?

«Fatemi capire…Damon ci ha presi tutti quanti in giro, ci ha provato con me oggi a scuola, vi ha fatto prendere un colpo all’aeroporto e tu dici a me di rimanere calma?» Gli urlai più arrabbiata ancora.

«Mi piacciono questi giochetti. Sono rilassanti.» Disse con un sorrisetto da ebete in faccia. Oh…Bene, voleva morire! Quello che io dovrei chiamare “fratello”, voleva una morte lenta e dolorosa da parte mia, giusto?

«Oh, Damon, caro e mio amato fratellino, sai dove puoi metterti questi giochetti?» Chiesi ironica.
«Non essere così scortese, Eli…» Lo bloccai prima che mi facesse ribollire la rabbia.
«Elena! Mi chiamo Elena.» Lo corressi amabilmente. Damon si avvicinò molto – troppo – lentamente a me.
«So come ti chiami, sei mia sorella.» Grugnì a bassa voce. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Gli sorrisi amabilmente.

«Forse di sangue sono tua sorella e forse saprai il mio nome, però ti posso assicurare che persino un estraneo potrebbe essere un fratello migliore di te.» Parole pesanti, anche se dopo averle dette mi sentii molto meglio.
Mi aggiustai la camicia di jeans e rivolsi ai tre uomini di “casa” un sorriso a trentadue denti.

Stefan aveva gli occhi sgranati, pensava che non avessi il coraggio di dirgli in faccia ciò che pensavo? Be’, si sbagliava.
Papà mi guardava come se non fosse a conoscenza del mio sviscerato odio per Damon, pensava che farlo ritornare qua avrebbe cambiato i nostri rapporti? Be’, si sbagliava.
Damon mi fissava serio, forse fin troppo. Con i pugni serrati e le nocche che stavano diventando bianche. Gli lanciai uno sguardo di sfida.
Pensava che ritornando a casa, potesse diventare un buon fratello? Si sbagliava.
E infine c’ero io. Pensavo che Damon non facesse – persino con sua sorella – quei giochetti insopportabili? Mi ero sbagliata anch’io.
Tutti ci eravamo irrimediabilmente sbagliati.

«Con permesso, vado in camera.» Afferrai la tracolla e salii le scale. Lanciai la borsa a terra non appena entrata in camera.
Mi privai immediatamente della camicia di jeans e dei miei anfibi. Sciolsi i capelli e mi sfilai la maglietta.
Ci voleva una bella doccia per scaricare la tensione. Probabilmente papà e Stefan erano ancora sconvolti per la mia scenata, ma non ce la facevo più.
Stava per sbagliare il mio nome! Mi stava per chiamare Elisa! Al sol pensiero mi innervosivo ancor di più.
Entrai in bagno e mi tolsi anche la biancheria intima. Entrai sotto la doccia. Amavo stare ore e ore sotto alla doccia, magari canticchiando qualcosa.
Il getto dell’acqua calda mi accarezzava il corpo, presi un po’ di bagnoschiuma e iniziai ad insaponarmi.
Come primo incontro con mio fratello non poteva andare peggio. Dopo vent’anni d’assenza non si era neanche pregato di darmi delle scuse decenti per ogni volta che mi aveva dato buca.
Finii di sciacquare i capelli.
Amavo avere in stanza anche il bagno. Essere l’unica ragazza in casa aveva i suoi risvolti positivi: avere il bagno privato in camera era solo uno dei tanti.
Strizzai i capelli per togliere l’acqua in accesso. Avvolsi attorno al mio corpo un asciugamano e iniziai a pettinare i miei capelli.
L’Iphone era sul lavandino e segnava due chiamate perse. Lo sbloccai e vidi che erano di Caroline. Sorrisi. La mia migliore amica era sempre pronta a sentirmi.

La chiamai. Al quarto squillo mi rispose.
Risolto tutto, Ele? – Mi chiese. Accennai una piccola risatina amara. Eccome, se avevo risolto la faccenda! Anche meglio di come potevo immaginare.
«Caroline non puoi immaginare com’è stato l’incontro con quel…» Presi un respiro e con i capelli bagnati e l’asciugamano sul corpo uscii dal bagno.

Mi bloccai non appena vidi Damon nella mia stanza.
– Elena! Elena, rispondi! – Sentivo la voce di Caroline. Lasciai cadere il telefonino e non m’importò che si potesse rompere.

«Sparisci da camera mia!» Gli urlai rabbiosa. Non appena mi resi conto che io ero completamente nuda davanti a lui, arrossii a disagio.

Non riuscivo a farmi vedere da lui in quello stato, lui non era Stefan. Non era mio fratello, non riuscivo a fidarmi di uno sconosciuto. Perché lui era un estraneo per me.
«Mm…Come sei nervosa…» Mi prese in giro. Teneva in mano il mio intimo e per un momento ebbi la voglia di prenderlo a pugni.
Puoi prenderlo a pugni per me, mi suggerì la mia coscienza. Se persino la mia coscienza mi stava consigliando di prenderlo a pugni un motivo ci sarà giusto?

«Damon, sparisci da camera mia. Da casa mia. Anzi, già che ci sei sparisci dalla mia vita.» Gli urlai contro. In quel momento forse avevo esagerato.
I suoi occhi celesti mi scrutavano seriamente e i sensi di colpa iniziarono a farsi sentire. L’avevo ferito volutamente? Sì.
Ora avevo solo voglia di scoppiare a piangere e di vendicarmi di tutti quegli anni in cui mi aveva lasciato da sola, senza di lui.

«Questa un tempo era camera mia. Tecnicamente questa è anche casa mia. Per quanto riguarda la tua vita, mi spiace…» Si avvicinò a me e il mio cuore iniziò a battere sempre più velocemente. «Credo che avrai la mia compagnia per un po’.» Si divertiva a prendermi in giro? Sì.

Mi divertivo a essere presa in giro da lui? No, per niente.
«Chi ti ha mandato? Stefan? O forse papà ti ha minacciato di rispedirti a Londra se non fossi venuto a scusarti?» Chiesi ironica, dandogli la spalle.
Nessuna risposta. Avvertii soltanto due mani poggiarsi sul mio collo. Brividi percorsero il mio corpo. Non seppi descrivere quell’emozione.

«Mi hanno obbligato a vedere come stavi…» Sussurrò a voce bassa e roca. E terribilmente sexy. Avevo un fratello troppo provocante, questo era ovvio.

«…Ammetto che non mi è dispiaciuto seguire il loro consiglio questa volta…» Continuò. Sentii le guance andarmi a fuoco. Stava alludendo a questa situazione? Noi eravamo fratelli, non dovremo avere problemi a farci vedere in queste condizioni. Eppure non ce la facevo.

«Hai finito di provocarmi? Sai, Damon, spero vivamente che quando mi stavi corteggiando al college non sapessi chi ero.» Dissi, girandomi e trovando il suo volto a pochi centimetri da me.
Dal mio tono trasudava rabbia, odio e anche un pizzico di speranza.
Lui sorrise. Un ghigno strafottente che lasciava intravedere i denti bianchi.

«Questo rimarrà un mistero…» Mi sussurrò in un orecchio, poggiando le sue mani sui miei fianchi. Strinsi i denti e irrigidii ogni muscolo del mio corpo.

«Damon, sparisci.» Sibilai arrabbiata.
«Non mi dai neanche il benvenuto? Un abbraccio e un bacetto?» Chiese. Giuro che nei suoi occhi vidi della malizia. Assottigliai gli occhi e mi avvicinai a lui.
«Fottiti.» Sussurrai gentilmente.

Accennò un sorrisino, per poi continuare a giocare con il pizzo del reggiseno che teneva in mano.
Fronteggiai il suo sguardo senza problemi, finché lui non si girò di spalle e si avviò verso la porta.
Finalmente… Pensai, sorridendo vittoriosa. Prima di chiudere si girò un’ultima volta.

«Per la cronaca, il tuo invito è ben accetto.» Ammiccò, riferendosi al mio gentile invito di andare a farsi fottere. Digrignai i denti e strinsi i pugni.
Chiuse la porta e io mi stesi sul letto esausta.
Bentornato, Damon. Pensai con un sorrisetto che non portava niente di buono.

 





Angolo dell'autrice: Eccomi! Ritornata dopo cinque giorni, ho cercato di aggiornare il più presto possibile. Inizio con i ringraziamenti...Che ne pensate? Ringrazio le 6 buone anime che hanno recensito, ovvero Smolderina78, Leonessa, NikkiSomerhalder, Horse_, PrincessOfDarkeness e AleDic. Le 5 buone anime che l'hanno inserita nelle preferite e le 10 che l'hanno inserita nelle seguite. Ovviamente un ringraziamento va anche a tutti i lettori silenziosi!
Ora tralasciamo i ringraziamenti e parliamo un po' del capitolo.
Non avete idea di quanto mi piaccia scrivere di quei due, mi sto appassionando! La scena più bella è stata quella in cui Elena capisce che il ragazzo che ci ha provato con lei era sua fratello! Voi come avreste reagito? Avete trovato giusta la reazione di Elena? Personalmente, l'Elena del telefilm credo avrebbe reagito in modo anche peggiore, ma visto che questa Elena è la mia visione di lei ho pensato di immedesimarmi in lei perciò credo che la sua reazione sia giusta.
Per non parlare, di quando lei lo incontra al college! La scena che ho amato di più credo sia quella in cui lui le scrive il numero di telefono sulla mano *-*. Andiamo? Chi di noi non sogna che un Damon Salvatore (o un Ian Somerhalder) faccia quella scenetta? Me lo immagino a fare una cosa così  però. XD
E per voi? Qual è la scena che vi è piaciuta di più?
Ci risentiamo alle recensioni! Un bacio, vi amo!
Cucciolapuffosa

 
  
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