Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Bad A p p l e    19/08/2014    1 recensioni
L'Amnesty è una associazione di assassini alle dipendenze del governo Giapponese ed è la famiglia Akashi ad esserne a capo. Akashi Seijuro, interessato alla Misdirection di Tetsuya, lo convince a far parte di Amnesty, facendo leva sui grossi debiti che gravano sulle spalle della famiglia Kuroko.
«Meno male che sei un ragazzo intelligente, per un momento ho creduto davvero di doverti uccidere e credimi, sarebbe stata una grossa perdita per me».
Kuroko non rispose nulla, limitandosi ad ascoltare Akashi, non osando abbassare la guardia nemmeno per un secondo, nonostante la tensione nell’aria si fosse sciolta nel momento stesso in cui l’altro si era rilassato.
«Posso contare su di te, Tetsuya?»
Aveva davvero scelta?

[KagaKuro] [MidoTaka] [Accenni a: AoKuro, AkaKuro]
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Makoto Hanamiya, Taiga Kagami, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Intromissione: Ehilà 8D prima di lasciarvi al capitolo, volevo solo far presente che ho appena ri-pubblicato il capitolo 1, dopo che quella santissima donna di Rota me l’ha corretto <3

 

 

 

 

 

Retrace II: Smoke and Mirrors.

 

Kuroko entrò nell’edificio senza la minima difficoltà. La quiete era così densa che sarebbe bastato solo uno spostamento d’aria a tagliarla, ma ormai il suo passo era tanto felpato da amalgamarsi in modo perfetto a quel silenzio assordante.

Si guardò attorno con attenzione, gli occhi del tutto abituati al buio; quando si convinse che il posto era sicuro, si diresse verso le maestose scale in marmo.

Quella casa era un vero e proprio labirinto e lui aveva avuto davvero poco tempo per memorizzarne la planimetria, ma Hanamiya era fuori e monitorava costantemente la sua posizione, in caso di difficoltà sapeva che si sarebbe reso utile. Non che avesse fiducia nell’altro, ma se lui avesse fallito anche Makoto avrebbe pagato, quindi nessuno dei due poteva permettersi errori.

Amnesty funzionava così, non erano ammessi errori, chi si rivelava inutile doveva essere eliminato. Lo stesso Akashi sottostava a questa regola, ma questo lo aveva capito solo dopo parecchio.

Gli era sembrato strano fin da subito che un ragazzo così giovane avesse tanto potere all’interno di un’associazione come quella e la soluzione all’enigma era fin troppo semplice: faceva parte dell’addestramento personale di Seijuro e anche lui e Hanamiya ne facevano parte.

Era stato un grandissimo azzardo volere tra le sue file, alle sue dirette dipendenze, due ragazzini, ma in due anni e mezzo non lo avevano mai deluso, quindi con il passare del tempo tutti si erano abituati alla loro presenza. Il rischio corso da Akashi era stato ripagato.

Questa, tuttavia, era una missione un po’ diversa da quelle a cui Kuroko era abituato, non si trattava solo di dover uccidere qualcuno, doveva anche rubare dei documenti. Ovvio, non era nulla di impegnativo, ma la novità lo agitava un po’.

Ripensò alle informazioni che avevano raccolto: ventuno stanze, sedici di queste accessibili solo tramite corridoi nascosti; la stanza in cui venivano occultati i documenti cambiava ogni giorno e davanti ad ogni porta c’era una guardia. Il lato positivo era l’assenza di sensori di movimento, che sarebbero stati solo d’intralcio alle guardie in caso di intrusioni, mentre il lato negativo ma non insormontabile erano le numerosissime telecamere piazzate ad ogni angolo della villa.

Questo era uno dei motivi della presenza di Hanamiya: il ragazzo si trovava in un’automobile vicino alla villa. Con il computer si era infiltrato nel sistema di sicurezza della villa, disattivato gli allarmi e le telecamere, facendo in modo che queste ultime trasmettessero al sorvegliante una registrazione di qualche settimana prima.

“Sperando che ci sia riuscito davvero” pensò, estraendo lentamente il pugnale dalla guaina.

Un altro lato positivo nella conformazione di quella casa era appunto la somiglianza ad un labirinto: Tetsuya aveva poca visibilità delle guardie, ma lo stesso valeva per loro e lui aveva dalla sua parte la sua mancanza di presenza e la Misdirection.

Nascosto sugli ultimi gradini della scala, controllò il primo corridoio con uno specchietto. C’era una sola guardia, era fin troppo facile.

Scattò in avanti e prima ancora che la guardia potesse rendersene conto, si ritrovò con una mano a tappargli la bocca e la gola squarciata.

Adagiò a terra il cadavere con delicatezza, per evitare che producesse rumore durate la caduta. Si ripulì alla meno peggio dal sangue e proseguì, ignorando del tutto la porta al quale l’uomo aveva fatto la guardia; secondo il loro informatore, quella sera i documenti che doveva rubare erano nella stanza al centro esatto della casa.

“E’ troppo facile” si disse, sospettoso, mentre eliminava la seconda guardia e procedeva indisturbato.

«Pensi di potercela fare entro l’alba, coglione?»

La voce di Hanamiya gli ferì fastidiosamente l’orecchio sinistro, dov’era posizionato l’auricolare che lo teneva sempre in comunicazione con l’altro.

Storse il naso. «Senpai, potresti tacere, per favore?» sussurrò, così piano che per un secondo Kuroko prese in considerazione l’ipotesi che l’altro non l’avesse sentito, cosa smentita dal grugnito infastidito che gli arrivò in risposta.

Sapeva quanto Hanamiya fosse intelligente, di sicuro anche più di lui, ma sapeva anche quanto fosse una testa calda.

A ruoli invertiti, Makoto si sarebbe limitato ad entrare, fare una strage e solo dopo che fossero stati tutti morti, prendere i documenti; il ché, doveva ammetterlo, a modo suo era geniale, semplice e rapido, ma dato che era Kuroko ad essersi infiltrato, decise che avrebbe fatto a modo suo, facendo le cose per bene e mietendo il minor numero possibile di vittime.

Fu molto tentato di strappare via l’auricolare, pur di non ascoltare i continui “suggerimenti” dell’altro, ma si limitò, in modo molto diplomatico, ad ignorarlo del tutto e in poco tempo raggiunse la stanza dove si trovavano i documenti.

Entrò ed individuò subito la cassaforte, ora arrivava la parte di Hanamiya. L’impianto di sicurezza di quella cassaforte, così tecnologica da essere fin troppo semplice da violare, era collegato a quello del resto dell’intera villa; mentre lui raggiungeva la stanza, Makoto era entrato nel sistema di sicurezza e forzando con destrezza ogni ostacolo era riuscito ad ottenere la combinazione.

“Verrebbe da pensare che le vecchie casseforti fossero più sicure di queste iper-tecnologiche”.

«La combinazione?»

«Ah, adesso mi ascolti?»

«La combinazione, senpai. Per favore».

Dall’altra parte dell’auricolare, il ragazzo sbuffò, annoiato, e gli dettò i numeri che lui si affrettò a digitare. Un lieve segnale acustico annunciò l’apertura e Kuroko prese i fascicoli all’ interno per poi uscire in fretta come era entrato. Era fatta, ora mancava solo la parte più semplice della missione, eliminare il proprietario di quei documenti.

«Adesso ascoltami con attenzione: da qua vedo una scorciatoia per la stanza di quel tizio che sulla planimetria che ci hanno dato da studiare non c’era; si tratta di una stanza nascosta, direttamente comunicante con quella dell’obiettivo. Passa da lì, così finiamo in fretta questa missione e ce ne torniamo a casa».

Kuroko alzò gli occhi al cielo, tentato dal riprendere ad ignorarlo «Se non era segnata ci sarà un motivo, no?» sussurrò, girando nel corridoio alla sua sinistra.

«Torna indietro e gira a destra. A ventisei metri c’è una porta nascosta nella parete, forza la porta e passa di lì. C’è troppa calma e non mi piace, prima finiamo e meglio è».

Il tono dell’altro sembrava davvero preoccupato e dopotutto anche a lui era sembrata fin troppo strana tutta quella calma.

Sapendo che avrebbe finito per pentirsene, tornò sui suoi passi e seguì le indicazioni di Hanamiya fino a trovare la porta nascosta nella parete. Forzarla si rivelò molto più semplice del previsto.

«Non mi convince, è troppo facile» sussurrò, dubbioso.

«E’ troppo facile perché noi siamo professionisti. Ed ora datti una fottutissima mossa».

Kuroko si appuntò mentalmente che una volta uscito da lì, avrebbe dovuto rivedere bene la brutta abitudine dell’altro di dargli ordini; era fin troppo seccante.

Entrò e si chiuse la porta alle spalle, osservando che dall’arredamento e dalla vicinanza con la stanza del loro obiettivo, quello doveva essere il suo studio personale ed era così certo della sicurezza di quella stanza da non aver piazzato nemmeno una guardia all’interno.

“Piazza guardie davanti ad ogni porta e qua niente? Non è che…?”

«Senpai, mi sta venendo un dubbio» annunciò a bassa voce, avvicinandosi all’ampia scrivania che dominava la stanza.

«Se è una delle tue paranoie, stacco le comunicazioni e ad uscire te la cavi da solo» lo informò Hanamiya, annoiato.

Kuroko decise di glissare su ciò che aveva detto l’altro e cominciò a frugare nei cassetti, «Penso che i documenti che ho appena recuperato siano solo uno specchietto per le allodole» esordì, guadagnandosi un barlume dell’interesse di Hanamiya, «La sorveglianza era così scarsa da essere ridicola, benché a primo acchito sembrasse ben organizzata. Il fatto di cambiare nascondiglio a dei documenti ogni giorno in realtà potrebbe servire ad occultare una realtà ben più semplice. Le persone non vedono mai ciò che hanno sotto agli occhi» smise di parlare qualche istante, battendo piano le nocche sui fondi dei cassetti, per poi concedersi un accenno di sorriso, «Tipo un doppio fondo nel cassetto della scrivania del nostro obiettivo».

«Ha una logica» ammise Hanamiya a malincuore, per poi pentirsene subito, «Anzi, la avrebbe se non fosse assurdo lasciare i veri documenti in una stanza vuota. Complimenti, Einstein, bella pensata».

Kuroko inspirò in modo profondo; non poteva abbassarsi al livello di Makoto e mandarlo affanculo, per quanto ne fosse infinitamente tentato, no?

Suvvia, se la stanza fosse stata piena di gente armata, pure un’idiota avrebbe pensato che nascondesse qualcosa di importante. Il doppio fondo c’è davvero e sono sicuro che nasconda i documenti” pensò, decidendo che avrebbe tentato anche se non fosse riuscito a far valere le proprie ragioni a parole.

«Delle guardie avrebbero attirato l’attenzione. E stando al suo profilo, il bersaglio è tanto sicuro di sé da sfiorare i limiti della stoltezza».

Hanamiya rispose con un versetto scettico, «Datti. Una. Cazzo. Di. Mossa».

Kuroko sollevò il doppio fondo del cassetto, che conteneva un fascicolo identico a quello che aveva rubato pochi minuti prima.

In quel momento, scattò l’allarme.

Strinse tra le labbra un’imprecazione e afferrò i documenti, per poi maledire mentalmente Hanamiya e quell’allarme che a quanto pareva non era riuscito a disattivare.

Tornò nel corridoio, valutando quale sarebbe stata la via di fuga più sicura, ma in quel momento venne raggiunto da una mezza dozzina di guardie.

Spalancò la porta della stanza, usandola come scudo e ringuainò il coltello, per poi estrarre la pistola.

Eliminò tre guardie, prima di decidere che era il momento giusto per usare la Misdirection e scappare. Voltò l’angolo, ma non riuscì ad impedire che un proiettile lo colpisse al braccio; imprecò mentalmente e riuscì ad infilarsi nel condotto dell’aria prima che arrivassero altre guardie a dare supporto ai colleghi.

Si permise un sospiro e gattonò piano verso l’uscita.

«Sono certo che in questo momento stiano scortando fuori l’obiettivo, puoi occupartene tu? Io non lo raggiungerei in tempo» soffiò, cercando di mantenere un tono educato, nonostante la rabbia.

«Tsk».

 

 

 

Makoto odiava più di ogni altra cosa quando le cose non andavano come voleva lui e quello ne era senza dubbio un esempio.

“Da dove cazzo è spuntato quell’allarme?” si chiese, prima che Kuroko gli domandasse di occuparsi del bersaglio al posto suo.

Avrebbe voluto ribattere qualcosa di offensivo, per poi dirsi di lasciar perdere: l’allarme era scattato perché lui non era riuscito a disattivarlo, aveva ben poco da dire, per quanto la tentazione fosse molto forte.

Be’, l’importante era che la missione poteva considerarsi compiuta: Kuroko aveva preso i veri documenti e lui di sicuro sarebbe riuscito ad eliminare l’obiettivo.

Non ebbe nemmeno bisogno di avvicinarsi troppo alla casa: per puro scrupolo, prima di infiltrarsi Kuroko aveva piazzato delle cariche esplosive sotto ogni veicolo presente nel perimetro della villa, gli bastò aspettare che l’obiettivo e la scorta salissero a bordo e far detonare le cariche, nulla di più semplice.

Dopo poco Kuroko lo raggiunse e salì in auto, lanciandogli addosso i due fascicoli con malagrazia. «Mi hai quasi fatto uccidere» gli fece presente Tetsuya, atono.

Hanamiya lo guardò malissimo e mise in moto, allontanandosi velocemente da quel luogo, lasciando che tra loro due calasse un silenzio ostinato.

Non che avessero molto da dirsi: non si sopportavano affatto e riuscivano a collaborare in modo quasi civile solo se si trattava di missioni che dovevano svolgere insieme.

Non riusciva davvero a capire cosa c’entrasse Kuroko in un mondo come quello, sembrava un pesce fuor d’acqua. Nonostante cercasse di rimanere impassibile era palese quanto odiasse uccidere, se lo faceva era solo perché non poteva scappare da quella realtà. Era patetico.

Gli faceva venire una gran voglia di eliminarlo con le sue mani, ma uccidere un “compagno” senza un valido motivo era considerato tradimento ed era punito con la morte.

Che palle” pensò annoiato, per poi scoccare una rapida occhiata a Kuroko; il respiro era un po’ irregolare e si stringeva forte il braccio destro.

«Stai bene?» domandò, suo malgrado, giusto per accertarsi che non gli morisse lì sul sedile.

«Benissimo» tagliò corto l’altro, prima di perdere i sensi.

 

 

[…]

 

 

Quando Kuroko si svegliò si rese conto subito di essere nell’infermeria dell’Amnesty. Sospirò di sollievo, a quanto pareva Hanamiya aveva avuto abbastanza buonsenso da non approfittarsene per ammazzarlo e magari fare credere che fosse morto durante la missione.

Provò a mettersi seduto ma una fortissima fitta alla testa lo fece desistere: piombò di nuovo sul cuscino e si impose di respirare in modo profondo per recuperare quanta più lucidità possibile.

Per quale motivo era svenuto?

«Il proiettile che ti ha colpito era avvelenato».

Voltò lo sguardo quel tanto che bastò per scorgere Akashi in un angolo della stanza. A volte gli sembrava che il ragazzo potesse davvero indovinare i suoi pensieri, ma decise che quello non era il momento adatto per dare sfogo a quei pensieri fuori luogo.

Non disse nulla, aspettando che Akashi continuasse a parlare.

«La missione ha seriamente rischiato di essere un disastro, ma alla fine avete fatto un buon lavoro. Certo, da te e da Makoto più che un “buon lavoro”, mi aspetto un “lavoro perfetto”, ma mi rendo conto che avendo ricevuto informazioni sbagliate, non potevo aspettarmi niente di meglio. Per questa volta va bene così».

Kuroko si limitò ad annuire; sentiva la gola molto secca e in più in un caso del genere non aveva la più pallida idea di cosa rispondere, soprattutto perché si trattava di quell’Akashi.

Tetsuya, da che lo conosceva, aveva sempre pensato che Akashi nascondesse dentro di sé qualcosa di profondamente oscuro, ma non sarebbe mai riuscito ad immaginare fino a che punto, proprio come non avrebbe mai potuto prevedere che sarebbe stato uno stupidissimo uno contro uno con Murasakibara ad accendere la miccia che lo avrebbe portato ad essere “l’Imperatore”. Era semplicemente assurdo, all’Amnesty erano sottoposti tutti ad una pressione psicologica incredibile, primo tra tutti lo stesso Seijuro, eppure a scatenare quell’inferno era stato ciò che sarebbe dovuto essere null’altro che un passatempo.

Non che il ragazzo avesse mai preso con leggerezza qualcosa che –a confronto con le loro vere vite- era una mera sciocchezza, ma arrivare a perdere il controllo in quel modo era stato così inaspettato da lasciarlo più sconvolto di quanto avrebbe voluto ammettere con se stesso.

Al cambiamento di Akashi aveva assistito l’intera Generazione dei Miracoli, ma con tutte le probabilità, tra tutti solo lui aveva capito davvero cosa stava davvero succedendo, pur non riuscendo a capacitarsene.

Poi ci aveva pensato meglio ed aveva capito, rimanendo inorridito dalle sue stesse conclusioni.

Il loro mondo era spietato, non erano permessi fallimenti, per questo l’ipotesi di poter perdere un semplice uno contro uno a basket doveva aver turbato così profondamente Seijuro.

“Se perdo a qualcosa come il basket, come posso riuscire in tutto il resto”.

Kuroko era convinto che per la mente di Akashi dovesse essere passato un pensiero del genere e a quel punto, qualcosa era scattato.

L’Akashi che conosceva era scomparso, ed ora rimaneva lui, l’Imperatore e, neanche a dirlo, ciò aveva influenzato in modo profondo ciò che accadeva all’Amnesty.

Ormai non bastava più limitarsi a portare a termine le missioni, Akashi da lui e da Hanamiya pretendeva la perfezione assoluta, quindi sentirgli dire che una missione portata a termine per un soffio “andava bene così”, era da considerarsi un evento più unico che raro.

Trattenne un sospiro di profondo sollievo e tornò a concentrarsi sull’altro.

«Sei sopravvissuto per puro miracolo e sei rimasto privo di sensi due giorni» gli disse Akashi, incrociando le braccia al petto, come se l’aver rischiato la vita fosse stato un oltraggio nei suoi confronti. Era ovvio che all’Imperatore non importasse nel modo più assoluto della sua vita, era solo un pezzo della scacchiera, ma era altrettanto ovvio che se lui avesse perso la vita in una missione del genere, la credibilità di Akashi ne avrebbe risentito in modo molto grave.

«Due giorni, questo vuol dire che dopodomani iniziamo il liceo» mormorò appena Kuroko, per portare la conversazione su un argomento meno pesante.

«Già. E a proposito di questo, non verrai al Rakuzan assieme a me» gli disse, sedendosi accanto a lui.

Kuroko inclinò appena la testa di lato, senza riuscire a trattenere una punta di curiosità nello sguardo. «Perché?»

«Ho bisogno di qualcuno che si infiltri al liceo Seirin per sorvegliare una persona. Il padre di questo ragazzo è un trafficante d’armi. Per il momento dovrai solo avvicinarlo e tenerlo d’occhio; se il padre non si piegherà al nostro volere, dovrai uccidere il ragazzo» spiegò, spiccio. Eventuali dettagli glieli avrebbe dati in seguito.

«Chi è l’obiettivo?»

«Kagami Taiga».

 

 

 

Death Note: Tan Tan Taaan. Il nostro povero Taiga a quanto pare è nei guai <3 E abbiamo visto in azione la Strana Coppia <3 E questo spazio si sta riempiendo in modo smisuratamente osceno di cuoricini D8 (<3). No, okay, Stahp!

Come sempre, ringrazio tanterimo Rota che mi sta davvero dando un grossissimo aiuto e ringrazio anche _Doll che sopporta i miei scleri <3

Hasta la Pasta a tutti <3

 

 

 

   
 
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