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Autore: SmellyJelly    20/08/2014    4 recensioni
Io sono invincibile.
Sì, e potete dirlo forte... Sono sopravvissuta al mio passato e sto sperando nel mio presente.
(Sequel della storia "HIStory & HERstory")
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The lost children

Il penultimo giorno della libertà di Michael, cioè del 6 settembre 1996, vabbè che non era mai stato libero, ma una volta iniziati i concerti non si sarebbe proprio più fermato.
Stavo sorseggiando un po’ di vodka in un piccolo bicchierino decorato con delle fantasie, ad un certo punto arrivò Michael e gettò sul tavolo un giornale. Si sedette accanto a me.
-Guarda-
Lo fissai stranita.
-Guarda qua-
-Michael Jackson con più di un milione di copie vendute sale verso le stelle con il suo nuovo album: Thriller- risi –tutto qui?-
-Come tutto qui? Che idea hai di grandezza tu?-
-Ok, ok va bene…- mi toccai la punta del naso e poi lo guardai –complimenti Michael, sei un grande, io veramente non posso credere che tu abbia battuto questi record, io sono tutta un wow! Cioè, ti amo!-
Lui mi guardò tipo per lanciarmi saette –sei divertente, sempre con la risposta pronta tu eh?! Sei una streghetta, sei tremenda! Cattiva!-
-Si è vero, canto peggio di te- poggiai il pugno sulla guancia e mi poggiai al tavolo.
Ridemmo e lui fintamente offeso se ne andò lasciandomi nuovamente sola.
Sfogliai varie pagine del giornale e all’improvviso una notizia mi saltò all’occhio…
“Agguato che fa commuovere il mondo: uccisi a Napoli, in Campania una coppia, la madre brasiliana e il padre italiano, un militare tornato dalla guerra per rivedere sua figlia di appena 2 anni. Dopo qualche giorno dal ritorno del padre uccisa la giovane coppia con 35 colpi di pistola, bambina scomparsa”
Più in basso c’era un piccolo riquadro dove c’era scritto:
“La bambina pare si chiamasse Elizabeth e dalle dichiarazioni dei vicini di casa capiamo che la madre straniera amava molto sua figlia e pare vivessero in pace in attesa del padre ancora in guerra, una bambina dagli occhi azzurri come il giovane, i capelli scuri come la madre e la pelle mulatta, una dichiarazione in particolare apre un’altra pista: “Noi pensiamo che sia stata l’invidia di qualcuno a fare questo, nessuno poteva odiare quella famiglia.”
-No…- mi coprii il volto e cominciai a piangere, a quanto sembrava Michael sentì e corse da me.
-Tesoro che succede?- mise una mano dietro la mia schiena e io gli indicai l’articolo che avevo appena letto.
-Oh mio Dio…- mi strinse tanto forte quasi chiudendomi le vie respiratorie, ma infondo in quel momento avrei preferito morire, piuttosto che vivere sotto un finto sorriso.
-Amore mio, io non ho parole… davvero-
Cercò di consolarmi, poi quando il mio pianto si calmò fu come se la “bufera del cuore” si fosse calmata.
-Ti andrebbe di… Andare a trovarli?- azzardò.
-E come fai? Io non credo di essere pronta… Oh Michael… Una tragedia dopo l’altra, ma perché? Dio ce l’ha con me?-
-Vedrai che sarà facile trovarli, e poi ricorda che il migliore modo per superare una paura è affrontarla, ma la cosa più sbagliata da pensare è che sia colpa di Dio. Lui non ce l’ha con nessuno… È il diavolo che vuole farti del male Elizabeth, non bisogna mai dare la colpa a Dio per ciò che ci accade di brutto, lui non vorrebbe mai le nostre sofferenze amore mio… Ha creato noi uomini, noi siamo i suoi figli tesoro, e come potrebbe volere il male dei propri figli…- spiegò.
-Michael- gli strinsi la camicia dietro la schiena.
-Verrò con te, ti accompagnerò ovunque vorrai, sarò con te per sempre- mi strinse forte le mani e mi guardò.
Non mi ero mai sentita cosi amata da una persona, una persona che sarebbe stata disposta ad accompagnarmi in un posto così lontano senza dire nulla, anzi ad incitarmi a farlo, e poi mi amava.
Io ero incredula, lo guardavo per catturare ogni attimo di lui, senza perdermene un secondo, con la perenne paura di perderlo.
-Va bene Michael-
Grazie ad alcune sue conoscenze arrivammo facilmente a conoscere il posto della sepoltura, poi arrivammo in Brasile con il jet privato, dove mio padre aveva conosciuto mia madre. Andammo fino alla tomba, mi bloccai al cancello.
Lui arrivò dietro di me e mi prese la mano. Ci guardammo e poi andammo al posto indicato.
Era una tomba molto grande, che conteneva tutti e due, insieme, poi m’inginocchiai a vedere la foto. Poggiai la testa e le mani vicino a quel freddo marmo e il fiume di lacrime ricominciò. Michael si tolse il cappello, poi io lo abbracciai e ci sedemmo un po’ lì accanto e non ci dicemmo nulla per una buona mezz’oretta.
Ad un certo punto io mi alzai, con Michael che mi guardò stupito.
-Dai andiamo, si è fatto tardi-
Sorrisi. Lui prima non capì, ma poi ci intendemmo e sorrise insieme a me. Avevo superato un altro ostacolo, grazie a lui. Mi ero tolta un gran peso… mi sentivo come se fino a quel momento avessi mancato di rispetto a loro, e questo era sempre stato uno dei miei più grandi dubbi. Era anche per questo che volevo restare sempre da sola, o magari risultavo più irascibile del solito.
Poi vedemmo un bodyguard correre verso di noi con un enorme mazzo di fiori di tutti i tipi.
-L’ho fatto portare io… spero vada bene- disse Michael. Capii dal suo tono che sapeva che quella era una situazione delicatissima, e seppe bene come agire con me.
Gli accarezzai il viso.
Mi accorsi che il marmo però era ricoperto di polvere, nessuno ci veniva da molto, ma qualcuno c’era stato sicuramente mesi prima. Chissà… Magari avevo una nonna, una zia, un cugino… Chissà.
Nel frattempo senza dire nulla presi lo straccio e mi misi a pulire –non vorrai mettere i fiori su questa sporcizia?-
Michael senza farselo dire neanche prese anche lui uno straccio e mi aiutò. Alla fine poggiai i fiori, baciai la foto e tornammo a casa.
Invece di tornare Michael ci diresse verso il mare, in una spiaggia isolata del Rio.
-Credo che il mare sia il miglior posto per pensare, non trovi?- si rivolse a me guardandomi.
-Hai ragione- sorrisi stringendogli la mano.
Arrivati lì facemmo una bella passeggiata mano nella mano, con i bodyguard che si tenevano ad una certa distanza, mi ero quasi abituata ai loro occhi puntati su di noi, quasi…
-Mi sento un tantino osservata, sai?-
Sghignazzò sotto i baffi –mi dispiace, ma non mi lascerebbero mai da solo-
Sospirai rassegnata –lo so… Lo so-
Ci fermammo su un’altura, poi un bodyguard si avvicinò e si tirò via Michael. Io rimasi tra me e me, a pensare…
Devo lasciarmi il passato alle spalle? Non ci riesco, come puoi dimenticare un passato del genere? La mia vita è basata sui miei ricordi… però Michael mi aveva aiutata. Michael era l’unica persona in grado di aiutarmi in questa impresa, mi avrebbe insegnato ad amare, oppure dalle basi: “Cos’è l’amore?”, lui me lo stava dimostrando ed io non potevo essergliene più grata. Mi era rimasto solo lui.
Misi la mano in tasca e mi resi conto che il mio ciondolo/carillon era ancora con me, lo aprii e partì la musica. Sorrisi. Quel ricordo non lasciava altro che dolore nel mio cuore, così me ne liberai per sempre gettandolo nell’acqua, e lo vedevo scivolare nelle viscere dell’oceano.
Ma forse nemmeno quello era in grado di nascondere quei ricordi.
“Qual è il più profondo? L’oceano, o il cuore umano?”
Il cuore umano decisamente, così avrei seppellito con altre cose quei ricordi, ci sarebbe stato più spazio da donare a Michael per il nostro futuro. Davanti a me c’erano cose migliori di quelle che mi ero lasciata alle spalle.
-A che pensi?- si era catapultato dietro di me facendomi sobbalzare.
-Al futuro, a noi nel futuro-
Sorrise e poi mi strinse a se –erano pensieri positivi o negativi?-
Sospirai –direi positivi tesoro-
Si mise a massaggiarmi le spalle, mentre il suo sguardo era distrattamente rivolto verso il mare –menomale, perché sappi che io ho grandi progetti per noi, amore-
Mi voltai verso di lui e ci baciammo, di uno di quei baci lunghi e decisi, un’intesa tra due innamorati persi l’uno dell’altro…

Michael era nella piena di History, c’erano state gioie e dolori anche in quei mesi, ma stavamo vivendo alla grande io e lui. Felici. Questo eravamo.
Nel frattempo io e Siria c’eravamo risentite, poi decidemmo di vederci, così tempo prima vennero a trovarci lei, Miriam e Scarlett. Ci raccontammo tutto, e soprattutto io mi scusai per la mia assenza… mi perdonarono. E alla fine tornammo a sentirci come prima.
Era la sera del 27 settembre 1996, stavamo in una camera d’albergo ad Amsterdam, una delle tre tappe di quel luogo, avevo appena sciolto i capelli dal mollettone che li teneva a stento (ricordatevi una criniera nera, cappelli uguali) e mi sedetti vicino a Michael sul divanetto di fronte alla finestra che affacciava su tutta la città, e lui sorseggiava un po’ di vodka.
Mi appoggiai al suo braccio.
-Come sono andate le prove?- domandai ad occhi chiusi.
-Molto bene- sorrise –tesoro-
-Dimmi-
-Voglio un figlio- disse ad un tratto lui, tutto tranquillo.
Mi sollevai di scatto e lo fissai –che c’è? Sono serio-
-Curioso, avrei detto il contrario… Michael- sospirai –io ho paura-
-Paura di cosa?- domandò guardandomi.
-Di quello che c’è fuori di qui- io mi voltai verso la finestra.
-Prima non avevi timore, con Katherine-
-Ma io pensavo che non ti avrei più rivisto, questa volta sarà anche tuo figlio Michael, il figlio di Michael Jackson… di questo ho paura- abbassai il viso.
-Lo proteggeremo Elizabeth, io e te, come una famiglia. Te lo immagini? La piccola famigliola felice, la mia famiglia, ho sempre sognato di averne una tutta mia! E di poter coccolare mia moglie e i miei figli! Voglio tredici figli, chissà poi quanti nipoti avremo- rise.
Risi anch’io –vacci piano. Non sono un forno. Capirai… la fatica la faccio io, non tu- roteai gli occhi.
-Ah davvero?- mise le mani ai fianchi e mi guardò divertito.
-Davvero! Tu devi solo infilare la pagnotta in forno, che vuoi che sia! Una passeggiata…- lo sfidai.
Da parte sua bastò solo una leggera spinta e io finii dritta, dritta sul divano.
-Vuoi che te lo dimostri?- disse lui sorridente.
-Sono scettica… ma per adesso ti perdono per aver detto la cretinata di prima, facciamo questo bambino- lo abbracciai.
-Le donne sono gli esseri più meravigliosi che esistano su questa Terra, hanno la capacità di creare la vita… È come una magia-
Gli accarezzai il viso e poi il resto lo immaginate. Quella notte specialmente fu meravigliosa, e faticosa. Il giorno dopo dormimmo fino all’ora di pranzo. Michael la sera doveva fare un concerto, non scherziamo!

Dopo una decina di giorni fu il momento della verità.
Ma fu anche la notizia più brutta della mia vita. La ricordo perfettamente la voce della dottoressa.
-Mi dispiace davvero tanto… Ma lei non può avere più figli-
Il mondo mi era crollato addosso, rimasi in silenzio e mi misi in macchina per tornare da Michael.
Appena entrai in camera vidi lui tutto pensieroso e i suoi piedi si muovevano a ritmo di qualcosa, ma presto quell’irrefrenabile felicità sarebbe sparita. Avrebbe fatto “puff”, svanita.
Ma non ce la feci a dirglielo, corsi da lui ad abbracciarlo e piansi soltanto, per un po’ di tempo. Nel frattempo il bodyguard dietro con un semplice movimento della testa gli fece capire che tutto era andato storto, che tutti questi giorni si erano basati su una bugia. Dopo tutte le lacrime glielo spiegai meglio, ma lui non rispose, non disse niente.
Io andai fuori al balcone che affacciava sul mare, e lasciai che il vento mi cullasse.
Non ci parlammo per qualche giorno, come se la colpa fosse stata mia, come se non facesse male abbastanza. Poi arrivò una telefonata, era Siria.
-Lely…-
-Siria, ma che hai?- domandai preoccupata, la sua voce sembrava… depressa.
-Anisa è in ospedale, ha avuto un ictus ed è in coma adesso-
-… Cosa? Stai scherzando…-
-No. Purtroppo no…-
Il telefono cadde, e io insieme a lui. Mi ritrovai in ginocchio a piangere, ancora. Michael era uscito per fortuna, prima di attaccare dissi queste semplici parole a Siria: “Sto arrivando.”
Preparai la valigia, lasciando fuori solo il pigiama per dormire.
E dopo un paio d’ore lui tornò.
-Michael, devo dirti una cosa- mi strinsi –Anisa ha avuto un ictus e adesso è in coma, e io… Devo tornare a casa- chinai la testa.
-Capisco… Mi dispiace- disse distratto.
-Domani mattina-
-Già domani? E quando tornerai?- mi guardò.
-Non lo so- guardai la finestra.
-Elizabeth senti… È meglio che ci prendiamo una pausa-
-Cosa?- lo fissai.
-Ho deciso di avere dei figli da una donna, ma tu non puoi averli perciò sono costretto a…-
Le parole non gli morirono in gola, no… Gliele bloccai io. Strangolarlo? Quasi.
-Credi che sia colpa mia? Perché non mi hai parlato per giorni Michael?! Non hai detto niente, come se tu fossi arrabbiato con me per uno sbaglio che non ho commesso! Come se tu credessi che io sono invincibile… Io non lo sono! Vuoi capirlo? Forse sei l’unico che sa che ho un cuore, cazzo! Ma ti capisco… Sei tu a fare la fatica, giusto?- incrociai le braccia.
-Ero troppo sconvolto, e sono… Stavo prendendo una decisione difficile Elizabeth. Ho capito di non essere normale, ma una famiglia la voglio anch’io-
-Non ho detto questo Michael. Io pure volevo una famiglia, anche a me è crollato il mondo addosso quando la dottoressa ha pronunciato quelle parole, non sei l’unico a essere sconvolto-
Sospirò.
-Scusa, era solo un attimo di trambusto, tutto qui- si sedette –mi dispiace, ma sono così triste. Non andartene tesoro mio, ti prego-
Andai da lui e mi sedetti sulle sue gambe, poi  mi avvolse i fianchi con fare gentile e mi guardò.
-Non posso, lo sai. L’hai sempre detto che… Devo perdonare le persone e aiutare il prossimo, non devo abbandonarla, non ora- dissi decisa.
-Elizabeth non partire subito, ti prego. Resta ancora un po’ qui con me-
-D’accordo. Quanto vorrei che tu venissi con me, Michael- lo abbracciai –non voglio rimanere sola-
-Tu non sei sola, ti prometto che ti chiamerò ogni volta che potrò, e poi c’è Siria, vedrai che ti sosterrà pulcino- mi accarezzò i capelli.
-Non mi lasciare Michael, non di nuovo, ti prego-
-Non lo farei mai, io ti amo… Più di ogni altra cosa al mondo- strinse più forte –aspetta. Ho una cosa per te-
Scesi dalle sue gambe e lui si alzò, dopo un po’ tornò con una scatola molto grande e vellutata. L’ultimo regalo che mi aveva fatto era un carillon con la suoneria di “Man in the mirror”, con gli intarsi argentati e i cavallini erano identici a quelli della giostra a Neverland.
Vidi meglio la scritta sopra quando mi si affiancò, c’era intarsiato Tiffany. Lo aprì.
-Oh mio Dio- mi coprii la bocca e mi alzai dalla sedia.
Era un collier stupendo. Aveva quattro file di diamanti orizzontali, una più bella dell’altra e si andava ad ingrandire man mano, al centro dell’ultima fila c’era il diamante più grande, blu e a forma di cuore.
-Sono…-
-Diamanti. Era il regalo per quando saresti diventata mamma, ma ho preferito fartelo comunque- rise –ah e… Guarda qui-
Girò il cuore centrale, dietro c’era scritto: Elizabeth & Michael, forever and ever.
-È meraviglioso, ma non dovevi. Ti sarà costato un occhio, non voglio che tu spenda così tanto per me-
Mi guardò dolcemente –tu vali dieci volte di più Elizabeth, e neanche il più bel diamante potrebbe essere bello quanto te-
Ci abbracciammo, due lacrime mi rigarono il viso e poi come al solito mi addormentai tra le sue braccia. Quella mattina Michael era stranamente ancora accanto a me, gli diedi un tenero bacio sul naso e poi mi alzai. Dovevo prepararmi per partire.
Feci una doccia in fretta e furia e presi i bagagli. Non volevo svegliare Michael, perché più dormiva e meglio era, le ore di sonno per lui erano molto preziose, così pensai di scrivergli un biglietto.
Amore. So quanto il sonno sia prezioso per te e preferisco non togliertelo, perciò ti ho scritto questo biglietto delle cose che avrei voluto dirti... Questa mattina ho pensato che la tua decisione di avere figli da un’altra donna è un’ottima decisione, dopotutto la tua voglia di avere una famiglia è tanto quanto la mia e avrei fatto lo stesso se non avessi avuto te; non so quando tornerò, ma spero presto, perché… Mi manchi già. Ti amo, la tua Elizabeth.”
Lo attaccai alla porta, ma improvvisamente mi ritrovai una mano sulla spalla.
-Michael-
-Pensavi di andartene senza salutarmi?- alzò un sopracciglio, divertito.
Lo abbracciai –mi mancherai-
-Ti amo-
-Io di più-
-E io anche più del tuo più- mi baciò la fronte.
Ridemmo –troppa dolcezza, andiamo! Mi sta venendo il diabete-
-Va bene, è meglio che ti accompagni adesso-
-Vuoi liberarti di me eh? Non ci riuscirai- risi malefica.
E ancora una volta mi sorpresi quando mi girò verso di lui, che mi accarezzò il viso e poi mi guardò negli occhi. Era come se volesse esaminarmi bene la pelle, continuava a far scivolare le mani dal viso, al collo, alle spalle, accarezzandole. Poi le passò su tutto il resto del corpo, fino ad arrivare alle gambe, e con la mano sinistra alzò la gamba destra e mi baciò. Io gli allacciai le mani al collo e con uno slancio gli saltai in braccio con tutte e due le gambe. Mentre mi teneva continuavamo a baciarci delicatamente nel buio dell’ingresso.
-Michael-
Passò al collo.
-Michael-
-Cosa c’è?-
-Gli aerei non aspettano nessuno- lo fissai dolcemente.
-Ma io sono Michael Jackson, tutto può aspettare per me- continuò.
-Appunto. Tu sei Michael Jackson, io sono una banalissima persona comune e non credo valga lo stesso-
-Tu non sei affatto una persona banale, sei la futura moglie di Michael Jackson-
-Io sono che?- domandai più che sorpresa.
-Niente- mi lasciò immediatamente –vieni, andiamo- sorrise.
-Ah ecco…-
Eravamo arrivati, la macchina si fermò e l’autista ci informò dell’arrivo.
Ero tesa, avevo le mani sudate ed ero terribilmente triste, ma non volevo piangere… Non dovevo farlo. Dovevo restare forte in qualunque momento per Michael, ma quando ci guardammo lui riuscì a cogliere quell’unica, piccola crepa del mio cuore attraverso i miei occhi e cominciai a piangere.
Mi inginocchiai sui sedili, lo abbracciai e cominciai a piangere.
Dopo un po’ anche lui si commosse e pianse insieme a me per qualche minuto, poi per primo si fece forza e mi asciugò tutte le lacrime, fino all’ultima.
-Ti prometto che cercherò di essere sempre presente tesoro, e torna presto. Ricordati sempre che ti amo e che non posso vivere senza di te-
Gli presi una mano e la baciai, poi lui mi avvicinò e mi diede prima un bacio sulla fronte e poi sulle labbra.
-Ti amo tanto e nemmeno io posso stare senza te, perciò mettiamoci l’anima in pace e… Dio- mi morsi le labbra.
-Torna presto-
-Certo, lo spero tanto… Ciao amore-
Scesi dalla macchina e presi il mio bagaglio a mano, una volta preso mi misi un’altra borsa in spalla, pronta per partire.
Poi dietro di me sentii qualcuno bussare dal finestrino oscurato di una macchina. E chi poteva essere se non Michael?
Gli mandai un bacio e lo salutai, e lui ricambiò.
Stavo per perdere l’aereo (come immaginavo), ma arrivai in tempo. Quando presi il biglietto dalla borsa, però, mi accorsi che non era per la seconda classe, bensì la prima! La mia memoria era eccezionale modestamente, e non avrei mai preso un biglietto per la prima classe, anche se vivevo con Michael Jackson.
E fu allora che capii che quando eravamo sull’uscio della porta a baciarci quella mattina, Michael aveva infilato la mano nella mia borsa, poggiata sulla gamba destra che aveva sollevato poco prima.
-Che maledettissimo furbo… Dio, quanto lo amo- dissi maliziosa.
E così per la prima volta dopo mesi e mesi di travaglio, un po’ di vero relax.
Guardai il cellulare. Un messaggio non letto.
Lo aprii.
“Mi manchi, e si… lo so che sei partita cinque minuti fa, ma cosa posso farci…
Ti amo, Michael.”


*Angolo autrice*

Cari lettori belli, sono tornata con il mio seguito, ve l'avevo detto che non vi avrei abbandonati ;)
Forse c'ho messo un po' troppo tempo, ma l'attesa del piacere è essa stessa il piacere! AHAHHAH è la frase di una pubblicità, ma questi sono dettagli.. Spero che questo primo capitolo vi piaccia, e spero di non avervi delusi, magari vi aspettavate qualcos'altro non so.. Se c'è qualcosa che volete dirmi non esitate affatto, infondo noi autori siamo qui per questo..
I love you and God bless you!

SJ
  
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