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Autore: SmellyJelly    23/08/2014    2 recensioni
Io sono invincibile.
Sì, e potete dirlo forte... Sono sopravvissuta al mio passato e sto sperando nel mio presente.
(Sequel della storia "HIStory & HERstory")
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Between the time

Appena due minuti dopo l’arrivo all’aeroporto di Napoli arrivò una chiamata. Era Siria che mi avvertì del fatto che stava per venirmi a prendere per portarmi direttamente nell’ospedale dove Anisa era in coma già da qualche giorno.
Poco tempo dovetti aspettare che la sua Mercedes si presentò davanti all’entrata dell’enorme struttura. Siria scese e venne ad abbracciarmi. Nonostante tutto era molto seria, come non lo era mai stata da quando la conoscevo.
-Vieni, io e te abbiamo bisogno di parole…- gli presi il braccio e la trascinai con me sul lungomare di Napoli.

-Ricapitolando siete fidanzati da un mese, lui come si chiama?- chiesi dopo due ore di racconto del loro primo incontro. Per fortuna ero riuscita a deviare l’argomento Michael per tutto questo tempo nella speranza che tutto questo parlare del suo amoroso l’avesse completamente immersa nel sogno dell’abito bianco scordando completamente con chi ero fidanzata, beh… Non ero una che si vantava, ma…
-Francesco- rispose soddisfatta.
-Francesco promette bene- sorrisi.
-Direi… Ma adesso torniamo a te-
Roteai gli occhi.
Scoppiò a ridere –credevi che me ne fossi dimenticata?-
-Chi, io? Certo che no, cosa vai ad insinuare- nella mia mente avrei voluto schiaffarmi una mano sulla fronte per quanto ero diventata improvvisamente disperata –ma… Sta andando… Bene, tutto bene-
-Tutto qui? Tutto qui?! Andiamo, raccontami qualcosa non so…-
-Cosa vuoi che ti dica? Che ci diamo dentro dalla mattina alla sera? Come vuoi, ci diamo dentro dalla mattina alla sera!- esclamai.
Siria si allontanò e abbassò la testa mentre scoppiava silenziosamente a ridere… E poi mi accorsi che ci stavano fissando tutti, persino le persone dai balconi dei palazzi di fronte al mare. Ma la presi anch’io a ridere, e andai a riprendermi Siria per tenermela ancora buona, buona con me.
-Beh, è stata una risposta abbastanza soddisfacente?- chiesi ironica mentre avevo ancora il rossore in viso.
-Molto- mi sorrise.
Ad un certo punto, però, tutto scomparve. Il nostro sorriso sparì letteralmente in un attimo e Siria cominciò a fissare il pavimento senza neanche più provare a guardarmi, e poi poggiò la testa sulla mia spalla mentre due profonde e dolci lacrime le rigarono il suo viso coperto di lentiggini.
-Mi sei mancata tanto- strinse il mio braccio.
-Anche tu- l’abbracciai.
Ma quello non fu uno dei soliti abbracci, forse i passanti che ci guardavano potevano pensare a due tenere amiche che si scambiavano affetto, ma in realtà quella stretta spezza costole e scalda cuore significava l’amore di più di vent’anni di amicizia, l’amore di due migliori amiche cresciute insieme che si dividono per intraprendere dei futuri diversi, come una specie di addio.
E silenziose e sorridenti ci imbarcammo in auto e in pochi minuti arrivammo all’ospedale. I nostri tacchi rimbombavano nel freddo corridoio che portava alla stanza 127, la stanza dov’era rinchiusa in fine di vita la persona forse più crudele dell’intero ospedale, la mia matrigna.
-Tra poco arriverà tu sai chi- disse infine Siria guardando il suo rolex.
Ma io ero troppo occupata a fissare oltre la vetrata della stanza dove “risposava” tra i suoi demoni Anisa, con quella mascherina dell’ossigeno sul viso, mentre una sola e piccola presa la teneva in vita.
Era incredibile di come la vita poteva essere realmente attaccata ad un “filo”.
-Ho paura di non riuscire a resistere per troppo tempo…- sussurrai infilando la mani nelle tasche.

-È quanto tu sia cresciuta… E soprattutto cambiata-
Chiusi gli occhi. La voce che mi aveva cresciuta era scomparsa come un fantasma e riapparsa come fosse nulla. La ricordavo diversa, ma infondo gli anni cambiano anche le voci…
-Mi dispiace Ariel, mi dispiace di averti affidato tutto questo- dissi ancora rivolta verso il vetro.
-Oh no, bambina non è colpa tua-
-Invece sì- mi voltai con gli occhi velati di lacrime –Ariel, hai fatto molti sacrifici, forse troppi, hai cresciuto una bambina che non sapevi di avere e… dì la verità, ti ho fatta disperare e…-
-Non devi preoccuparti del passato, e poi è come se non avessi fatto nulla, eri una bambina molto intelligente Elizabeth… Hai imparato in fretta, e così man mano che imparavi, crescevi e poi…- si commosse –che vuoi che sia stato un piatto in più a tavola- sorrise.
-Non si tratta solo di questo, tu mi hai dato qualcosa che vale di più dell’oro, mi hai dato i valori e senza quelli avrei preso una brutta strada, lo sai… Avrei preso le orme di Anisa- feci spallucce.
-Beh… Basta guardare i risultati- mi fece roteare su me stessa e poi ci abbracciammo.
L’abbraccio materno mai ricevuto fino a quel giorno.
Il momento della verità.
-Sai Elizabeth… Queste quattro mura danno il tempo di ragionare- mi diede una pacca sulla spalla e poi si volatilizzò.

Passarono dei giorni, ma ogni volta che mi alzavo dal letto d’ospedale accanto al suo riscoprivo la stessa situazione del giorno prima, e non sapevo per quanto sarebbe durato. Di Michael non avevo notizie da un po’, e questo mi preoccupò, ma ogni volta che provavo a chiamarlo non rispondeva, oppure ricevevo la segreteria telefonica.
Avevamo cominciato la discesa? Ebbene sì.
Un giorno, dopo dieci mesi che ero ormai con Anisa ricevetti un messaggio da parte di una delle guardie del corpo di Michael:
“Cara signorina Nastro, il signor Jackson non ha potuto rintracciarvi in nessun modo per via degli impegni, sapete con il tour è diventato molto difficile, ma voleva che vi dicessi che ha trovato la donna che potrà dargli dei figli e la sposerà a breve per non disobbedire alle leggi della sua religione. Mi dice di dirvi anche che vi ama, e che gli mancate più di quanto immaginate.
Paul, la guardia del corpo.”
Ah, è così? Mi faceva contattare addirittura dalla guardia? Molto bene… Bastava il pensiero. Peccato che nel messaggio non c’era scritto nessun “si farà sentire a breve” o roba simile.
Era impossibile che non riuscisse a trovare nemmeno cinque minuti per sentirmi, ma vabbè…
E come mi avevano riferito, proprio il 14 novembre 1996 Michael e Doborah Jeanne Rowe, detta Debbie Rowe, si sposarono a Sidney, in una tappa di History, e forse un po’ di pancia l’aveva già.
Ero felice. Probabilmente penserete: “Come fai ad essere felice se ti sta tradendo?”. Tecnicamente non mi stava tradendo, bensì voleva solo avere dei figli, e io guarda caso non avevo potuto, ed ero più che d’accordo sul fatto che Debbie potesse fargli quel dono.
Anzi, probabilmente quei figli gli avrebbero salvato la vita più di quanto avessi potuto fare io.

Passarono ben tre anni e scoprii (sempre da parte della guardia del corpo Paul) che Michael aveva divorziato da Rowe e che aveva avuto due figli. Un maschio di nome Prince, beh non proprio… Prince Michael Joe Jackson, nato il 13 febbraio 1997, e la piccola Paris, o meglio Paris Katherine Michael Jackson, nata il 3 aprile 1998. Il tour era finito da un pezzo.
Intanto Michael non si era fatto sentire per tutto questo tempo, non si era degnato nemmeno di scrivermi il messaggio personalmente…
Tanto avevo altro a cui pensare… Non ce la facevo più. Anisa era in coma da più di due anni e io non potevo muovermi, dovevo solo aspettare.
Ero seduta sulla sedia mentre la fissavo, ad un certo punto lasciai cadere la testa sul letto, ma fui svegliata dal rumore delle onde verdi dentro il macchinario che aumentavano. Mi alzai di scatto pronta a chiamare un medico, ma fui fermata dalla voce di Anisa.
-Elizabeth…- sussurrò.
-Anisa? Devo… Devo chiamare un dottore-
-No, ascoltami un momento, ti prego-
-Cosa?-
-Devo dirti una cosa importante…-
Alzai un sopracciglio.
-Prima di tutto mi dispiace di averti trattato male per tutti questi anni, non sai quanto me ne sono pentita di aver perso una bambina come te… Queste parole mi vengono dal cuore ti assicuro- aveva la voce rotta e rauca, continuò –secondo… I tuoi genitori-
-Cosa… Che c’entrano ora i miei genitori?-
-Vedi Elizabeth, siamo stati io e mio fratello ad uccidere i tuoi genitori. Noi non volevamo far del male a nessuno… Ma i tuoi genitori hanno reagito, abbiamo dovuto farlo…-
-Tranquilla, l’ho scoperto già io molto tempo fa, ma ho riservato tutto il mio rancore solo per te, non sei contenta che ti riservi queste…. Queste attenzioni?- sorrisi sadica –avresti dovuto dirmelo molto tempo fa che eravate stati voi a sparargli, e non uno stupido incidente…- continuai –la mia vita è fatta solo e soltanto di bugie… Bugie, bugie, bugie… Per 22 anni! Ma infondo tu cosa avresti fatto per proteggere la tua famiglia? Non l’avresti forse protetta a qualsiasi costo?!- strinsi i pugni e inclinai la testa –io non ti perdonerò sappilo, e credevi davvero che abboccassi alla tenera madre premurosa sull’orlo della morte?! Neanche per sogno, non ti darò questa soddisfazione. Mi hai gettato nelle mani della camorra quando avevo solo 13 anni e sono andata a fare la prostituta! La prostituta! Come hai potuto farmi questo?! Ero solo una bambina! Solo una bambina!- gli gridai contro in preda alla rabbia, continuai –dovrai vivere con il dubbio e con la coscienza sporca anche per l’eternità, c’è un girone nell’inferno anche per te sai? Non solo per me- vidi la sua espressione a dir poco sconvolta –oh ho aspettato così tanto per vedere quell’espressione sul tuo volto…-risi e mi avvicinai alla spina, poi mi inginocchiai verso di essa –salutami tanto la tua famiglia- e staccai tutto, senza pensarci.
Vidi esalare l’ultimo suo respiro davanti a me, era proprio così che me la sarei immaginata la sua morte. Io a guardare la scena compiaciuta… Era così che per me doveva finire.
A quel punto entrò Siria insieme a un gruppo di medici che avevano sentito le mie urla.
-Oh mio Dio!- si coprì il volto con le mani e cominciò a piangere.
Io cercai di avvicinarmi –non ti avvicinare… Tu sei… Un mostro!-
-Il mostro non sono io qui- mormorai tranquillamente mentre guardavo il suo colorito diventare man mano più pallido.
Quel giorno mi arrestarono. Sì, avete capito.
Salii nella macchina della polizia davanti agli occhi di tutte le persone che mi conoscevano.
Passai sotto gli occhi di Siria, dei suoi genitori, di Miriam e Scarlett, di Ariel e del resto della famiglia, dei miei vicini di casa e la gente del quartiere, di tutti… E tra le loro espressioni potevo vedere tristezza, delusione o anche felicità per chi era invidioso di me. Ma gli unici occhi che fissai per tutto il tempo erano quelli di Ariel, che pianse anche… Ma almeno osò guardarmi coraggiosamente tutto il tempo.
Era tutto finito, finalmente.

Novembre del 2001
Ero appena uscita dal tribunale dopo aver riflettuto su tutti gli anni che avevo passato dietro le sbarre.
Avevo capito dove poteva arrivare il mio lato oscuro e ormai la fedina penale sarebbe stata segnata una volta per tutte da omicidio volontario, anzi molto volontario, ma almeno mi avevano concesso una cauzione che ovviamente era oltre le mie possibilità economiche.
Era già tanto che venivano a farmi delle visite, veniva spesso Ariel e le gemelle, mentre i genitori di Siria avevano perso la fiducia in me e spesso Siria doveva incontrarmi di nascosto.
Flashback
-Elizabeth, sono venuta qui il più presto possibile… E penso che Miriam e Scarlett ti abbiano parlato, no? Ti hanno detto quelle cose che volevano dirti tempo fa?- disse torturandosi le dita.
-Sì-
-Beh, insomma… Vorrei dirti… Che io… Che noi…-
Non ce la faceva a incrociare il mio sguardo, ma il bello era che nemmeno io ne ero capace. Stavo malissimo, mi stavo sciupando sempre di più e non riusciva a scalfirmi più niente. Niente fino a quando non scesero le prime lacrime di Siria.
A quel punto mi tornò un preciso momento della mia vita con Michael…
Flashback nel flashback
-[…]Eppure non ti accorgi delle persone che ti amano e ti vogliono bene che stanno soffrendo per te? Per quello che ti sta accadendo, per tutto! Non ci pensi?-
Abbassò lo sguardo, ma i suoi occhi non potevano nascondermi niente, mi inginocchiai e poggiai la testa sulla sua gamba.
Il mio tono s’addolcì –siamo qui per te amore, non ti lasceremo solo vedrai-
-Hai ragione…- sorrise.
Fine del flashback nel flashback
Non poteva finire così.
Quelle parole erano uscite dalla mia bocca e adesso io stavo facendo soffrire le poche persone che davvero mi volevano bene, mi stavo riducendo come Michael, solo che per me non c’era nessuno che avrebbe potuto salvarmi… O almeno per com’ero io non mi sarei fatta aiutare da nessuno.
Non potevo permetterlo.
-Siria che succede?- la guardai amorevolmente.
-Succede che ci manchi Elizabeth… E sappiamo che non è colpa tua se hai reagito in quel modo, noi ti vogliamo bene, ti prego torna con noi, e ti prego… Non buttarti giù- si coprì il volto per trattenersi le lacrime.
-Oh tesoro, ti abbraccerei se potessi. Hai ragione… Non devo buttarmi giù, e non lo farò. Baby I promise- sorrisi.
Fine Flashback
La verità era che infondo in galera si stava meglio che nella mia vecchia casa, almeno lì il cibo era gratis, non c’erano tasse e le persone che vivevano con te erano piuttosto simpatiche.
Io per esempio avevo fatto amicizia con un omone grosso e tutto tatuato (che per l’appunto era un tatuatore, anche bravo devo dire! Specializzato in disegni caratteristici giapponesi e ritratti), i soliti carcerati che si vedono nei film… Viveva dalle mie parti e l’avevano arrestato perché aveva sparato contro un uomo che voleva violentare le sue nipotine di appena 6 anni, ma ovviamente non l’avevano creduto. Per me era invece un gigante buono, io ne avevo conosciuti di peggio in verità e visto che avevo sempre sognato di avere qualche tatuaggio, lui me ne aveva promessi quanti ne volevo.
Andammo a pranzo. Di solito c’era sempre qualcuno che si azzuffava e “giganto”, come lo chiamavo io, mi faceva anche da guardia del corpo se qualcuno si azzuffava per me, mi guardava troppo o cercava di toccarmi più del dovuto… Era un amicone!
-Sai Helly- Helly era il mio soprannome tratto da “Ely” di Elizabeth –ogni volta che vengo a mangiare qua mi immagino sempre che qualcuno venga a salvarci come nella canzone di Michael Jackson “Thedy don’t care about us”, la conosci?- chiese.
Ovviamente lui non sapeva niente di quella storia, sapeva poche cose di me, solo il necessario, o magari della mia infanzia, e il motivo per cui avevo ucciso la mia matrigna. Dopotutto la mia storia d’amore con Michael era la cosa più preziosa e dolorosa che avevo.
Michael? Di lui nessuna notizia, avevo solo saputo dl nuovo album Invincible… Chissà se aveva anche provato a contattarmi, ma non avevo più nulla con me e quindi sarebbe finita lì.
Infondo però era meglio così. Forse mi aveva solo mentito, forse mi aveva solo usata, forse non voleva più avere a che fare con me e quindi mi aveva man mano lasciata andare. Le persone di spettacolo erano così.
-No, non lo conosco- risposi sprezzante.
-Come non lo conosci? Ma… C’è qualcosa che non va?- si abbassò verso di me, era un gigante nel vero senso della parola.
Gli sorrisi –sta tranquillo, sto bene-
Dopo essere tornata in stanza arrivò d’improvviso un poliziotto che pronunciò esattamente queste parole: “Signorina Nastro, hanno pagato la vostra cauzione, e perciò siete ufficialmente libera.”
Forse quell’uomo si sarebbe aspettata un’altra reazione da me, ma non feci altro che arricciare la bocca dal disgusto e scendere amaramente dal letto. Abbracciai Oreste.
-Pare che io debba andare- sorrisi fiacca.
-Fatti una vita nuova, tu non ti meriti niente di quello che hai sopportato-
-Sei una brava persona Oreste, ti voglio bene- ci staccammo.
La cosa positiva era che non mi avrebbero più infilato quelle dannate manette che odiavo a morte e che mi avevano lasciato un segno terribile sui polsi. Passando per le altre celle sorrisi perché cominciarono ad applaudirmi, ormai quasi tutti mi avevano presa in simpatia, e conoscendo il passato alle mie spalle era d’obbligo per augurarmi una buona e nuova vita.
-Un momento, chi ha pagato la cauzione?- arrivò questo dubbio improvviso.
-Anonimo-

*Angolo autrice*

Eccomi qua di nuovo! Allora per primo vorrei ringraziare quelli che hanno recensito il primo capitolo di questo sequel, sappiate che vi amo da morire! Ringrazio in special modo jacksonhug che è una ragazza dolcissima e amo il modo in cui scrive tra l'altro...
Comunque parlando di questo capitolo vorrei raccontarvi il mio titolo, significa "Tra il tempo" (ammetto che ho usato google traduttore AHAHAHAHHAHA ^^"), e ho messo questo per farvi capire cosa succede nel "frattempo", cioè una specie di grossa parentesi in mezzo alla loro storia... Ok, spero di aver reso l'idea. Ammetto anche che, giustamente, voi volete leggere la storia tra Michael e lei, quindi questo capitolo potrebbe risultarvi un po' noiosetto anche se ho cercato di farlo più interessante possibile... Beh... Adesso devo andare, spero che il capitolo vi piaccia!
I love you and God bless you!


SJ

 

  
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