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Autore: ioanna drysia laine    26/08/2014    10 recensioni
Un genio, miliardario, playboy, filantropo, Papà.
Mio padre, Anthony Stark.
I miei genitori, Tony Stark e Maya Hansen.
Mio padre mi portò con se, mia madre rimase a Berna a lavorare come botanica.
Mio padre scelse il nome di: Ioanna Dasia Stark.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Close your eyes, your dad is here

Un genio, miliardario, playboy, filantropo, Papà.
Mio padre, Anthony Stark.
I miei genitori, Tony Stark e Maya Hansen.
Mio padre mi portò con se, mia madre rimase a Berna a lavorare come botanica.
Mio padre scelse il nome di: Ioanna Dasia Stark.

Ξ

“Papà, devo parlarti.” La mia voce era preoccupata e anche lui sentendomi si preoccupò a sua volta.
“Voglio iniziare il liceo, ma non da privatista.” Continuai squadrando  il suo volto che emanava un’espressione crucciata.
Quindi?” Rispose sbuffando portandosi una mano tra i capelli accarezzandosi le ciocche castane.
Scuola pubblica papà.”  Sbuffai cercando di convincere quel pezzo di ghiaccio che era.
“Non se ne parla!” Si portò avanti prendendo il quaderno.
Sei il primo che dice di non frenare una persona, e tu cosa fai? La freni. Voglio andare alla scuola pubblica, a quattordici anni sono ridotta a star da sola circondata da gente che non mi piace, gente falsa ed ipocrita. Per una volta vorrei fare le cose a modo mio, non a modo tuo.” Ero avvilita da quella situazione.
Arriviamo a questo compromesso, io ti iscrivo, ma se sento una lamentela uscire dalla tua bocca o da quella dei professori perché vai male ti ritiro. Okay?” Cedette alla mia richiesta e così fu.
Oggi iniziavo il primo giorno al liceo di Malibù, avevo sentimenti contrastanti, da una parte ero felice dall’altra mi sentivo in colpa per aver costretto mio padre.
Mi alzai da letto e scesi di sotto, guardai l’orario e segnavano ancora quelle fatidiche ‘6:04’ dovevo fare tutto in fretta per arrivare in tempo a scuola.
La tazza del caffè era posata sul tavolo e mentre lo mescolavo guardavo il mulinello crearsi nella tazza, ero immersa nei miei pensieri, belli o brutti che erano; ma la mia striscia di pensieri fu bruscamente terminata perché Pepper scese a far colazione.
Come ti senti?” Si leggo i suoi capelli biondi in un chignon disordinato.
Nervosa, dammi delle dritte Pepper, come devo comportarmi?” Chiesi in cerca di qualche argomento.
Come sempre, sii te stessa e non dire a nessuno che sei figlia di Iron Man.” Rispose in un tono ironico.
Dopo aver bevuto il caffè, andai di sopra, il tempo a Malibù era bello, il cielo azzurro e sgombro da nuvole, il riflesso della finestra mostravano una me ancora in abiti da notte.
Pettinai i lunghi capelli corvini che mi avevano fin sotto al seno inesistente, indossai una maglietta a maniche lunghe e un paio di jeans. Alla scuola pubblica ci facevano indossare terribili divise blu notte.
Mi sentivo a disagio e mentre applicavo l’eyeliner dalla porta fece capolino mio padre guardandomi finché non si sedette sul letto.
Pepper mi ha detto che sei nervosa, potevi dirmelo.” Si guardò intorno finché i nostri sguardi si incrociarono grazie allo specchio.
Se te lo dicevo mi rimproveravi.” Finì di fare la coda e infilai le cose che sarebbero servite per affrontare la giornata.
Lo sai perché sono contrario alle scuole pubbliche? Perché ci sono bulli ovunque e ho paura per la incolumità, poi non voglio che ti mettano etichette idiote. Se hai bisogno di me io ci sono.” Scattò in piedi e fece due passi per andare vicino alla finestra e guardare il panorama.
“Tranquillo, mi vieni a prendere oppure vengo con il bus?” Presi con me lo zaino e lo portai in spalla.
“Ti accompagno e ti vengo a prendere io, devo parlare con la preside, ricordi?” Prese le chiavi della macchina e le infilò nella tasca posteriore dei suoi jeans neri come la pece.
“E’ vero!” Dimenticai letteralmente che doveva parlare con Ms. Smith.
Ci sedemmo nell’auto e deposi lo zaino sulle gambe.
Quanti soldi ti servono?” Mormorò irritato.
Dammi cinque dollari.”   Odiavo quando si comportava così. “Dovresti comportarti in maniera più matura, a volte sembra che io sia tua madre e tu mio figlio.” Sboccai guardandolo male.
Entrammo nell’edificio e lì il cuore iniziò a battere tremendamente forte, ci dirigemmo verso la porta della presidenza e una vecchia cicciottella con capelli rossi si presentò a noi con voce stridula.
Io sono la preside Smith, voi siete gli Stark?” Porse la mano a mio padre.
“Sì, io sono Tony Stark e lei Ioanna.” Le strinse la mano freddamente, e io mi sentivo a disagio.
“Sono contenta che lei abbia scelto questa scuola, questo è il tuo primo anno qui?” Si rivolse con uno sguardo freddo come il ghiaccio e in quel momento mi vennero i brividi.
Sì, il primo.” Annuì guardando le pareti spoglie e bordeaux con una foto in centro.
Spero che ti troverai bene, abbiamo il miglior team di professori del paese. Segui qualche corso extra come cheerleading o altra roba del genere?” Certo, in ogni scuola in cui avessi messo piede ognuno si è presentato con ‘abbiamo il miglior team del paese’ e poi si rivelava il contrario. Dopo trenta secondi di silenzio tombale le risposi con un freddo “No!”
 Ci recammo nell’aula, stranamente eravamo puntuali , esatto, perché la puntualità era il tallone d’Achille degli Stark.
Il viso di mio padre aveva assunto un’espressione cupa e preoccupata.
“Allora questa è la classe, dove passerai le tue otto ore scolastiche, a mezzogiorno c’è la pausa pranzo e all’una passa dal mio ufficio per l’orario di domani. Essendo una classe nuova vi do’ il tempo di farvi conoscere.” Ribadì con la sua voce stridula e poi posò la sua mano rugosa sulla porta e bussò.
Signor Armstrong lei è nuova alunna.” Tutti gli occhi erano posati su di me, entrai e mi accorsi che avevo l’orologio difettato perché quello scolastico segnava che ero in ritardo di un quarto d’ora. Per fortuna non era colpa mia.
Mi andai a sedere in un angolo e il professore mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Lei è?” Picchiettò la penna sulla cattedra con fare nervoso.
“Ioanna Stark.” Risposi senza pensare.
Stark?” Puntò la penna alla classe. “Stark come Stark Industries?” sbottò tutto d’un tratto.
“Esatto!” Ero in uno stato di irrequietezza, avevo paura per quello che sarebbe successo dopo.
 
 Ξ

Tony’s pov:
Entrai nella sua stanza e realizzai con dispiacere che lei non c’era, si sentiva in tutta casa la sua assenza. Le sue risate mi riempivano il cuore.
Ecco perché volevo restasse a casa, oppure andasse in una scuola privata. La scuola privata aveva gli orari ridotti, mentre quella pubblica no.
Per la prima volta in quattordici anni mi sentivo triste e solo.

Ξ

Arrivò ben presto la pausa pranzo, la sala immensa e io giacevo in un angolino come un cane in cerca di compagnia, e poi lei una mia compagna di classe si sedette lì, proprio di fronte a me.
“Ciao, ti disturbo?” prese in mano il suo cheeseburger e se lo portò alla bocca.
Certo che no, cercavo proprio compagnia.” Sorseggiai la mia bibita e ben presto ogni paura svanì.
“Quindi sei la figlia del miliardario Tony Stark? E’ un piacere conoscerti.” Porse la mano con unghie smaltate perfettamente in un rosa confetto.
Sì, comunque, piacere Ioanna.” La strinsi.
“Io sono Olivia Johnson, ero seduta accanto a te.”
Lo so, ti ho vista, ma non sono una tipa che si apre facilmente con gli altri.”
“Tranquilla, neanche io, mio padre è Michael Johnson, il cestita.” Dio, la figlia del più importante cestita americano era seduta qui di fronte e parlava con me, mi sentivo al settimo cielo.
“Anche tu devi andare dalla preside a prendere gli orari?” Chiese cingendo un foglio tra le mani.
“Sì, andiamo insieme?” le chiesi sperando di non essere di troppo.
“Sai, io qui non ho nessuno, mi sono appena trasferita e tu sei l’unica che mi è simpatica in quella di imbecilli.” Anche io mi sentivo così, il problema? Non avevo fatto caso alla ragazza.
“Lo stesso per me.” Ci scambiammo i numeri di telefono e ben presto scoprimmo che avevamo quasi lo stesso orario, io seguivo alcuni corsi di fotografia e lei di chimica e roba del genere.
Scoccarono le due e dieci e i miei occhi grigi scintillarono, mancava un’altra ora e potevo andarmene a casa, ma c’era un’emozione contrastante: quella che mi sarebbe mancata, ed era solo il primo giorno.
Mi sentivo a mio agio perché ero circondata da persone, per fortuna, che mi accettarono per quello che ero, e purtroppo nelle scuole private c’era la concorrenza del ‘mio padremia madre guadagna più di te, quindi io sono migliore di te.’ Ma io non avevo mai fatto queste preferenze stupide perché mio nonno fondò l’azienda nella povertà del periodo.
Io sono la professoressa Giuliana e vi insegnerò la lingua che avete scelto: l’Italiano.” Ero terrorizzata dal fatto che io di Italiano non spiccicassi parola, sapevo che si trovava in Europa ma non sapevo la lingua, la cultura la conoscevo più o meno per i libri che avevo letto. Esatto, io divoravo libri, non li leggevo.
“Allora partiamo con le basi: i saluti. Quali saluti conoscete?” Continuò ella scrivendo sulla lavagna alcune cose che per me erano insensate, poi posò sulla cattedra gli occhiali neri e spessi e con il dito cercò qualcuno da interrogare all’istante. “Chiamo, te, ragazzi in fondo, tu con i capelli biondi.” Per fortuna non ero bionda e avrei evitato una figura di merda colossale. “Cosa conosci della lingua Italiana?” Chiese giocherellando con la collana di perle che aveva al collo.
“Ciao e Pizza!” la ragazza parlò con tono misto ad insicurezza e calma profonda.
“Già è un passo avanti. Lasciamo questo a parte e iniziamo a presentarci.” Scelse il primo dell’elenco, fino ad arrivare a me.
Terrore negli occhi.
“Mi chiamo Ioanna.” L’unica cosa che sapevo, non avevo recepito il resto perché lei parla la lingua troppo velocemente per un’esperta come me.
Per fortuna mi salvò la campanella, era l’ora di tornare a casa.
Prima di varcare la soglia e lasciarmi la scuola alle spalle salutai Olivia e mi avviai verso la macchina di mio padre, già a distanza capì che non era affatto contento.
Tesoro mio, com’è andata?”Disse con tenendo il broncio.
Bene, ho conosciuto la figlia di Michael Johnson e, come noti, sono ancora viva nonostante mi hai portato sfiga per tre mesi.” Gli risposi con un tono acido.
“E poi?” Continuò tenendo le mani ben salde al volante della macchina di lusso.
“E poi, fammi pensare, ho rischiato di fare una figura di merda perché non so’ l’Italiano, bello eh?!” Replicai aggiustandomi i capelli.
Mise in moto l’auto “Ho un appuntamento con gli altri e non ho tempo di accompagnarti a casa.” Pronunciò quelle parole fatidiche, io mi sentivo a disagio tra i supereroi e un semi dio. Ma non lo capiva.
“Potevo prendere il bus!”Sbottai appoggiando il gomito al finestrino tenendo il palmo sulla guancia.
Non fare così, anche io non voglio andare? Lo sai perché noi abbiamo un legame.” Proferì con voce stupida e stridula.
“Ma va a quel paese!” Dissi tra i denti.
                                                                        SHIELD
“Benvenuto allo Shield signorina Stark.” Fury dal vivo metteva in soggezione.
Grazie!” Il tono acido non mancava mai quando facevo le cose contro voglia oppure quando mi costringevano a farle.
Potete accomodarvi nella sala.” Strascicai i miei piedi fino a quella maledetta stanza zeppa di supereroi.
-Meno male che non siamo andati a New York e loro sono venuti qua.-    pensai tra me e me.
Iniziarono la riunione e io mi addormentai da brava persona interessata a quei fatti, solo dopo il mio sonnellino mi accorsi che tutti mi guardavano e mio padre era diventato rosso dall’imbarazzo.
Che c’è? Sono stanca e non mi interessa nulla dei vostri poteri o di come gestire la rabbia per non diventare un mostro verde.” Mi addirai.
“La piccola Stark è più acida del signor Stark.” Rispose stupefatto Occhio di Falco.
Quell’uomo mi dava leggermente ai nervi e con quelle dannate frecce gli avrei cavato gli occhi.
“Dovevo lasciarti a casa.” Si imbestialì mio padre tirandomi un leggero ceffone dietro la testa “A casa facciamo i conti!” Chinò la testa per bisbigliarmi la frase nell’orecchio.

 Ξ

“Quante volte ti ho detto che devi fare la persona educata quando io lavoro?” Gridò e mi alzò le mani, per fortuna Pepper assisti alla scena e lo fece calmare.
Cosa ho fatto di male con te? Sei in punizione e non farti vedere più da me anche se abitiamo nella stessa casa evitami finché non metti quella testa a posto.” Continuò sbraitando.
Le tende cremisi davano alla stanza un’atmosfera lugubre, accesi la lampadina e mi stesi sul letto lasciandomi andare, le lacrime solcarono il mio viso come un fiume in piena.
Come potevo aver detto una cosa del genere? Come? Mi vergognai di quelle parole.
Volevo addormentarmi al più presto ma la mia attenzione fu catturata da quella foto, era il mio primo compleanno e le sue labbra erano dolcemente appoggiate sul mio viso e io sorridevo.
Adesso ci parlavamo solo per parlarci e il nostro rapporto si spezzò definitivamente quella sera, dovevo riconquistare la sua fiducia, ero convinta che lui mi odiasse. Come avevo potuto? Era l’unica figura che avevo accanto, speravo almeno di non perdere Pepper.
Le mie dita segnate da inchiostro per via degli appunti e dalle lacrime cingevano una foto assieme, e poi dalla mia bocca uscirono delle parole. “Scusa papà.”
 
 
Angolo autrice:
Allora, ho modificato la storia e spero di essere stata attenta a non far errori grammaticali,
spero di aver dato un po’ di spessore ai personaggi e non quell’aura tutta rosa e fiori come nella
vecchia fan fiction, spero di scrivere il seguito al più presto cari fans degli Avengers, e un grazie a quelli che recensiranno e a quelli che leggeranno.
SCUSATE soprattutto per la grammatica, ma io a scuola l’ho fatta pochissime volte, e per quelle pochissime volte non abbiamo mai  approfondito più di tanto.
  
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