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Autore: emily12_    27/08/2014    2 recensioni
Helen si è arresa, non è stata abbastanza coraggiosa per portare a termine la missione di cui si era incaricata.
Era stanca d lottare.
Andrea è una ragazza viziata, perfetta, e si ritroverà catapultata in un'avventura alla quale non vuole assolutamente prendere parte.
Tra ombre, misteri e un compagno di avventure che la detesta, Andrea dovrà scegliere se tornare a casa o mettersi in gioco.
Ma perché poi dovrebbe aiutare queste persone di un mondo che non è nemmeno il suo? E' forse un'eroina?
No, affatto. Lei ha ancora paura del buio...
E se poi fosse tutto nella sua testa?
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Tremò e si strinse nel cappotto uscendo sulla terrazza dell'ultimo piano.

Il vento le accoltellò il viso e lei sbatté più volte le palpebre per abituarsi alla luce soffusa del tramonto che contrastava con l'ombra che accompagnava le nuvole alle sue spalle.

Si tolse il medaglione che teneva al collo e lo rigirò tra le dita con una stretta al cuore: in quel momento sapeva di essere nient'altro che una codarda.

Ma non poteva fare altrimenti. No, aveva lottato inutilmente abbastanza ormai.

Lei non era un'eroina, non avrebbe mai dovuto prendersi sulle spalle quella missione: era ora di passare il testimone.

Prese coraggio e con gli occhi scuri umidi di lacrime lanciò lontano tra gli alberi il medaglione: ecco, ora non avrebbe più potuto tornare indietro.

Forse avrebbe dovuto dirlo a Finn, ma non voleva deluderlo: forse era davvero meglio sparire e basta.

Fece qualche passo stentato fino al cornicione del tetto: i capelli neri sfuggiti dal cappuccio che le incorniciavano il viso pallido, gli occhi impauriti, e le persone piccolissime sotto di lei.


* * *


Andrea spinse i pedali della bicicletta: se solo avesse fatto il patentino le sarebbe stato più facile spostarsi.

Seguì il sentiero tra gli alberi che si addentrava nel boschetto fischiettando.

Le aveva insegnato suo padre a fischiare quando era ancora piccola e da allora si era sempre detta che essendo troppo pigra per imparare uno strumento si sarebbe accontentata di quello.

Ad un tratto frenò: le era sembrato di vedere luccicare qualcosa tra le foglie a terra.

Lasciò cadere la bici e si avvicinò al luccichio, scostò le foglie e trovò un piccolo oggetto d'oro sporco di fango.

“E questa poi...” borbottò.

Lo prese tra le mani scrutandolo indecisa: di chi poteva essere?

Probabilmente ormai non era più di nessuno.

Se lo infilò al collo perché non aveva con sé nessuna borsa in cui metterlo e perché aveva ovviamente deciso di portarlo a casa.

Si scostò i boccoli biondi da davanti agli occhi e rimontò allegra sulla bicicletta.

Sì, purtroppo aveva dei bellissimi capelli biondi e riconosco che questo può renderla a molti insopportabile.

In effetti Andrea era insopportabile per molti versi: occhi azzurri, nasino perfetto, magra, pigra, intelligente, e saccente.

Per qualche minuto pedalò tranquilla evitando le pozzanghere, poi vide qualcosa di scuro muoversi a pochi metri da lei.

Era un'ombra: cupa, ghignate, con un cappuccio in testa.

Ok: doveva essere impazzita.

Eppure era così reale....

Fu presa dal panico e cercò di aumentare velocità: ma le ombre aumentavano e sembrava davvero che seguissero lei.

Sterzò con il cuore in gola e fece per attraversare il ponticello di legno che segnava la fine della foresta, ma un'ombra più grossa delle altre le si parò davanti come a volerla inghiottire.

Frenò all'improvviso e perse il controllo della bici che si rovesciò su un lato e catapultandola in acqua.

Dimenò a caso piedi e braccia e riuscì a riemergere annaspando.

Si aggrappò ad un sasso e fece per nuotare fino a riva, quando si accorse di essere in realtà seduta in un rigagnolo d'acqua al centro di una strada.

Com'era possibile?

Semplice: era tutto un sogno di quella stupida testa che si ritrovava.

Doveva solo aspettare di svegliarsi.

Quasi che la cosa cominciava a divertirla.

Si alzò da terra e strizzò l'orlo della gonna nera, quello della maglietta bianca e per finire i capelli che legò in una coda con l'elastico che aveva al polso.

Fu solo allora che si diede la briga di guardarsi intorno: alcune persone la stavano fissando interdette, altre camminavano spedite senza averla in nota; fatto sta che tutte erano vestite in modo strano...come se lei avesse fatto un salto indietro di duecento anni.

Ma che strano sogno stava facendo!

“Ehi!” esclamò salutando un vecchietto.

Quello storse la bocca e si allontanò immediatamente.

Ma che simpaticone...

Tanto valeva approfittarne e esplorare i dintorni prima che il sogno finisse.

Si ritrovò a camminare rasente ai muri scontrandosi contro le troppe persone che affollavano il marciapiede, e rimase scioccata dagli sguardi inorriditi che le persone lanciavano alla sua gonna evidentemente ritenuta troppo corta.

Cominciava a sentire male ai piedi e freddo per la sera che avanzava: era meglio che quel sogno si decidesse a finire.

Ormai le ombre della sera si allungavano contro le pareti delle case e gli ultimi raggi del tramonto cominciavano a fare spazio alla notte.

Snervata si diede un pizzicotto.

Dai svegliati!

Niente: quel posto era ancora più presente e reale che mai.

Non poteva essere vero...si diede un altro pizzicotto.

Adesso sentiva la paura fin dentro le ossa e l'assalì la nausea: cosa poteva fare?

Quello era di sicuro un sogno, ne era certa, ma lo avrebbe annoverato tra i peggiori incubi una volta svegliata.

La pancia le brontolò e cominciò a battere i denti.

Si accasciò all'angolo della strada e stringendosi le ginocchia al petto cominciò a piangere.

“Alzati. Vuoi forse farti ammazzare?”

Alzò lo sguardo e tra le lacrime vide un ragazzo guardarla scocciato.

“Come?” la sua voce roca risultò appena udibile.

Lui l'afferrò per un braccio: “Su forza alzati e seguimi.”

Lei lo fissò interdetta, senza riuscire a muoversi: e quello da dove spuntava?

I suoi occhi scuri la perforarono indignati: “Ma sei sorda o..” la sua voce così decisa gli morì in gola quando vide il medaglione che Andrea portava al collo.

“Tu...dove..?”

“Nel bosco. Chi sei?” rispose Andrea stupita dall'interesse del ragazzo nei suoi confronti.

“Seguimi. Ti hanno vista?”

“Chi?” chiese lei senza capire.

Lui aveva cominciato a camminare a passo spedito e la stava trascinando con sé.

“Gli incappucciati.”

“Emm...credo di no...” rispose lei con il fiatone, e chi erano poi questi tipi?

“Chi sei?” le richiese lui.

“Andrea.”

“Un'umana.?”

“Ahah ma no! Sono un lupo mannaro.” lo prese in giro lei, forse non era il momento di fare del sarcasmo.

Lui si fermò di botto e lei non preparata gli andò a sbattere contro: “Cos'è che saresti??”

“Scherzavo, scherzavo! Sono l'essere più umano che tu abbia mai incontrato giuro!”

Lui riprese a camminare senza rivolgerle più la parola.

Andrea lo seguiva arrancando e facendo rumore con i tacchetti delle ballerine: si sentiva stanca affamata e sporca.

“Vuoi smetterla di fare quel rumore?” disse lui irritato facendo un cenno alle sue scarpe.

“Credo di no.” sbottò lei. Dove diamine la stava portando?

Arrivarono ad un alto palazzo con la facciata scrostata e almeno otto piani di appartamenti.

“Entra.” le ordinò lui facendo girare la chiave nella serratura e aprendo la porta.

Salirono un'interminabile scala, fino a raggiungere la porta numero dodici: lui tirò di nuovo fuori la chiave ed entrarono.

Era una stanza non troppo grande, con libri accatastati negli angoli e gli oggetti più strani alla rinfusa sulle pareti o sul pavimento.

“Non combinare guai. Per stasera ti fermerai qui, domani ti spiegherò tutto.”

“Eh?” fece Andrea interdetta.

“Ti ripeterò il concetto: questa è casa mia, forse sei abituata a spazi più grandi, ma ti dovrai adattare. Ti sto praticamente salvando la vita e sarebbe il caso che mi ringraziassi.”

“Grazie.” disse lei con un filo di voce, forse era ancora sicura che fosse un brutto sogno.

Lui si passò una mano tra i capelli castani spettinati e sbuffò fissandola come se si trovasse davanti ad un caso clinico: “Comunque io sono Finn, piacere.”

  
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