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Autore: Reika_Stephan    28/08/2014    1 recensioni
*Storia scritta a due mani*
Reika Walter.
Ritardataria cronica.
Stephan Lordale.
Ricco studente modello, nuovo arrivato.
Amicizie indissolubili, amori travagliati, difficoltà da superare.
Ma insieme. Restando insieme.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Note autore:
Ed ecco il terzo capitolo!
Scusate il ritardo, ma sono stata al mare ed è stata un’impresa scrivere tutto in brevi ritagli di tempo!
Spero vi piaccia, che in tanti continuino a seguire la storia e che qualcuno lasci una piccola recensione :)
Buona lettura!

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3. Scintille

 
La mattina dopo, come Diana aveva profetizzato e come il brodino di mia madre aveva reso possibile, stavo benissimo e mi alzai tutta pimpante dal letto, anche vistosamente in anticipo - da quando Stephan era arrivato, stavo attenta a non fare tardi -.
‘Buon giorno, Stephan!’ dissi a lui, che stavo uscendo dal cancello.
‘Reika, buon giorno!’, disse lui sorpreso : ‘Stai meglio a quanto vedo!’
‘Sì, infatti! Sono in perfetta forma!’ esclamai felice, trotterellando per la strada mentre lui mi stava dietro.
‘Ora dovresti fare attenzione a non prendere più freddo, però!’ disse lui studiandomi divertito.
‘Sì, mamma!’ lo canzonai aumentando l’andatura baldanzosa, poi mi voltai ‘Muoviti!’
Scoppiò a ridere e mi raggiunse. Poi cambiò espressione e mi fissò per un pò: ‘Ritornando al discorso di ieri ... sei per caso, giunta ad una conclusione?’
Mi tornò in mente il bacio e lo sorpassai con finta non curanza, per nascondere il rossore sulle mie guance. ‘Ecco, speravo me lo dicessi tu.’
‘Vale a dire, che non ne hai la più pallida idea e che stai morendo di curiosità?’
Oh, non hai idea di quanto ti sbagli!
‘Più o meno!’ risposi entrando a scuola mentre lui mi rivolgeva uno sguardo perplesso.
Corsi verso la nostra aula e spalancai la porta: ‘Buon giorno a tutti!!!’ urlai.
‘'Giorno’ disse invece lui, tranquillo mentre la ragazza del primo banco lo fissava e gli rispondeva balbettando.
‘Stephan! Oh, Reika sapevo che saresti guarita!’
Luca mi sorrise poi si rivolse nuovamente a Stephan mentre si dirigevano al banco di lui. Erano davvero diventati amici come pensavo. Luca era intelligente, introverso e dolce. Chiunque con un minimo di buon senso, l’avrebbe adorato - ovviamente, nella giusta misura, se non volevi che Diana ti trucidasse -.
Corsi verso quest’ultima senza perdere altro tempo, dovevo parlargli con urgenza.
‘Buon giorno, Diana!’
‘Reika, finalmente stai b-... che succede?’
‘Devo parlarti!’ dissi, per nulla sorpresa della sua intuizione.
‘Dimmi!’ disse lei, all’improvviso eccitatissima.
Il professore di inglese entrò ed iniziò la lezione, così io mi sedetti e continuai bisbigliando: ‘Si tratta di Stephan!’
‘Questo lo avevo già capito, continua!’
‘Ieri, dopo che tu e Luca siete andati via, volevo scendere in cucina, mi sono alzata e sono svenuta...’
Diana non fece una piega, ne si dimostrò preoccupata, sapeva che non era quello il punto. ‘Quando ho ripreso i sensi... Stephan mi stava baciando.’
‘COSA?!’
Il professore si voltò verso di noi e ci lanciò uno sguardo di rimprovero: ‘Mi scusi!’ disse Diana, con poca convinzione e il professore si voltò verso la lavagna nuovamente.
‘Sei scema? Non urlare!’ dissi nervosa, sbirciando a sinistra, verso Stephan, che seguiva la lezione per fortuna.
‘Si si, lo so! Scusa!’ disse lei, che invece sbirciò verso destra, dove Luca che era seduto accanto lei, prendeva appunti come se niente fosse. ‘E tu che hai fatto?’
‘Ho richiuso gli occhi, ho finto di non essermi ancora ripresa e lui ha d-’
Diana mi diede una sberla sulla fronte con un sonoro schiocco che, per fortuna, non fu udito dal professore grazie allo starnuto di Michelle, la bionda tonta al primo banco, che aveva salutato Stephan balbettando.
‘Ahi!’ dissi trattenendo la voce ‘Che ho fatto!?’
‘Perchè hai finto? Sei tu la scema!’
‘Lui mi ha baciata, ma credeva che fossi svenuta non sveglia! E poi non sapevo come comportarmi!’
Diana sospirò: ‘E va bene, poi che è successo?’
‘Mi ha confessato di aver fatto una cosa, nel modo e nel momento sbagliato. Ma non mi ha detto cosa. Stamattina mi ha chiesto se avevo capito ma non abbiamo concluso il discorso, perchè siamo arrivati a scuola e io volevo prima parlare con te.’
‘E allora? Che aspetti a parlargli? Devi sapere perchè lo ha fatto! Anche se,’ aggiunse sorridendo compiaciuta: ‘io una mezza idea ce l’avrei!’
‘Ti pare facile!’, dissi ignorando il suo ultimo commento.
‘Ragazze quando avrete finito, fatemelo sapere!’ disse il professore, mettendo le mani sui fianchi e fissandoci.
Diana lo fissò con aria di sfida: ‘Abbiamo finito. Prego continui pure a spiegare!’
La solita sfacciata. Diana era un genio in inglese e il professore scosse il capo, rassegnato al caratteraccio della sua alunna più capace: ‘Continuiamo la lezione e voi due state attente!’
‘Ne parliamo all’intervallo, va bene?’ le sussurrai in fretta. Diana annuì, insoddisfatta.
La lezione finì in fretta comunque e Diana si fiondò su di me immediatamente.
‘Reika!’ disse, con un’espressione furba, che non prometteva niente di buono.
‘Che c’è?’ chiesi sospettosa.
‘Vieni con me!’
‘Dove?!’
Cominciò a spingermi : ‘Stephan! Reika deve parlarti, quindi credo di poterti rubare Luca per un pò’ disse lasciando lì me e prendendo per mano Luca, che si era alzato per parlare con Stephan.
‘Ah sì?’ disse Stephan guardandomi curioso.
‘E-ecco...’ balbettai, ‘ sì ma, non qui! C’è troppa gente!’
Sorrisi poi guardai Diana, che se la svignava: ‘Ah! Diana!’ mi avvicinai al suo orecchio, senza smettere di sorridere: ‘Questa me la paghi.’
‘Reika? Vieni? Un posto per parlare c’è.’ Guardai Stephan sorpresa: ero convinta di aver rimandato di un pò il discorso.
‘Dove?’
 
Mi portò sulla terrazza della scuola. Gliel’avevo mostrata il suo primo giorno e da allora ci andava sempre, quando aveva un pò di tempo durante la giornata.
‘Allora?’
Sospirai rassegnata ad un’imbarazzante conversazione, mi misi seduta a terra e parlai guardando le nuvole: ‘Beh, la cosa mi imbarazza un pò.’
Si sedette anche lui ma rivolto verso di me, e mi guardò confuso: ‘Non capisco.’
‘Il discorso di questa mattina... insomma, so di cosa parlavi.’
Lui mi guardò scettico: ‘Hai capito quello che ho fatto?’
‘N-no.’
A quel punto Stephan incrociò le braccia e aggrottò le sopracciglia: ‘Continuo a non capire, allora.’
Raccolsi le ginocchia sotto il mento e fissai il pavimento nervosamente: ‘Mi ero già ripresa, quando mi hai baciata Stephan.’
Lui sbattè le palpebre mentre sbirciavo verso di lui: ‘Eri sveglia?’
‘Sì. Non sapevo che cosa fare, così ho chiuso gli occhi e ho fatto finta di niente’ dissi scrollando le spalle.
‘Ascolta,’ disse lui, dopo un pò: ‘non avrei dovuto farlo. Non così. Mi dispiace se ti ha infastidita.’
Lo guardai e mi sembrò nervoso: non dispiaciuto, era come se temesse la mia reazione.
‘No infatti, non avresti dovuto’ dissi, sorvolando sul fatto che non mi aveva infastidita per niente. ‘Ma non importa, ormai è fatta.’
Si rilassò e sorrise. Si avvicinò per dirmi qualcosa, ma sentimmo una voce dire: ‘Non sento niente!’ e un’altra: ‘Accidenti la porta è aperta, non spingere!’ e due persone caddero, mentre la porta di spalancava sbattendo.
Io e Stephan, dopo uno sguardo di intesa, ci alzammo e andammo verso di loro.
‘Ciao, ragazzi’, dissi ironica.
‘Che ci fate lì a terra?’ aggiunse Stephan, divertito.
‘Scusate,’ disse Luca mortificato.
‘Oh, stavo morendo di curiosità! Certo, anche voi, potevate parlare un pò più forte!’, Diana non era pentita per niente e si alzò con dignità, nonostante la situazione.
‘Non credo saprai mai quello che ci siamo detti, visto quello che combini!’ dissi soddisfatta.
Luca, ormai in piedi, stava cercando di informarci che Diana lo aveva praticamente trascinato via, senza spiegazioni e io non faticavo affatto a crederlo.
‘E dai, Reika!’ esclamò Diana, senza negare la versione dei fatti di Luca: ‘Non puoi lasciarmi così sulle spine!’
Sì, che posso!’ dissi io, con ritrovato buon’umore e scendendo le scale canticchiando.
Non godetti di quel momento di gloria  a pieno però, dato che quando rientrammo in classe il professore di chimica, era già arrivato ed era furibondo per non averci trovato lì. Ci mise in punizione: dovevamo restare a scuola fino a tardi, per fare le pulizie. E dovamo cominciare subito.
Ci procurammo secchi, scope, spugne e altra roba dallo sgabuzzino dei bidelli e decidemmo di iniziare dalla Sala Professori, momentaneamente vuota.
‘Per colpa vostra sono qui a pulire, invece di starmene in classe a poltrire! E’ ingiusto!’ disse Diana imbronciata, strofinando il tavolo.
‘Se tu e Luca non foste venuti ad origliare, ora non stareste qui!’ puntualizzai io.
‘Ero curiosa! Non potevo evitarlo, è contro la mia natura! E, ovviamente, ho portato Luca con me’ disse lei, come se niente fosse.
‘Dovresti dosare la tua curiosità, forse avresti saputo qualcosa se non fossi stata così impaziente!’ dissi ridendo e lanciandole la spugna addosso.
‘Oh, questa me la paghi!’ disse lei lanciandomi la sua.
In pochi minuti ci ritrovammo  - tutti e quattro, Stephan e Luca non erano stati risparmiati e si erano uniti a noi quasi subito – bagnati fradici. C’erano spugne e stracci su gli armadi e sul pavimento, la sala era quasi allagata dai secchi rovesciati, sapone ovunque.
‘Dobbiamo assolutamente asciugare tutto!’ esclamò Luca, il primo che aveva riacquistato un pò di buonsenso.
‘Hai ragione! E abbiamo solo mezz’ora, prima che la lezione finisca e che i professori vengano qui!’ aggiunsi allarmata.
‘Missione impossibile!’ concluse Diana, con una mano tra i capelli bagnati.
‘Difficile, non impossibile’ disse Stephan convinto, avviandosi verso lo sguabuzzino delle scope.
Sorrisi e lo seguii, con Diana e Luca al seguito.
Rimediammo altri stracci asciutti e prendemmo in prestito, quattro delle divise dei bidelli, conservate nello stesso posto. Mentre Diana correva sulla terrazza, a mettere le nostre divise scolastiche ad asciugare, noi tre iniziammo a sgobbare, senza mai guardare l’orologio.
Alla fine, con ben cinque minuti di anticipo, la sala professori era pulita come uno specchio. Tutto era andato per il meglio - a parte il fatto che scivolai come un’idiota e investii una volta Diana e l’altra Stephan -.
‘Finalmente!’, urlò Diana. ‘Missione compiuta!’
‘Anche se ne dubito, può darsi che i vestiti si siano asciugati, col sole che c’è fuori. Andiamo a controllare?’ chiese Luca
Diana annuì, ‘torniamo subito!’
Stephan si appoggiò al tavolo e buttò lo straccio nel secchio accanto a lui. Lo guardai: ‘E’ fatta!’
Lui sorrise: ‘Menomale!’
‘Su, mettiamo le sedie a posto!’ corsi verso lui e, imprecando mentalmente per la mia maldestria, scivolai  - per la terza volta - e lo investii nuovamente.
Lui scoppiò a ridere e mi prese i fianchi, io mi appoggiai al suo petto con le mani, scostandomi un pò da lui.
‘M-mi dispiace...’  balbettai imbarazzata.
Lui scosse la testa sorridendo, ma non mi lasciò andare. Lo guardai confusa e mi persi nei suoi occhi scuri.
I miei battiti accellerarono quando lo vidi chinarsi su di me. Mi alzai sulle punte, ci baciammo.
‘Sono ancora umidi, dovremo aspettare ancora un pò!’ urlò Diana dal corridoio, al che noi ci separammo in fretta.
Mettemmo a posto le sedie e quando i professori arrivarono, tutto era in ordine. Il professore di Chimica ci chiamò in disparte: ‘Avete fatto un buon lavoro, qui’ disse studiando il nostro abbigliamento, senza però commentare: ‘potete tornare a casa, adesso. Ma che non si ripeta che andiate a bighellonare per la scuola durante le lezioni!’
Lo ringraziammo e uscimmo di fretta dall’aula. Aspettammo sulla terrazza, che le divise si asciugassero, poi ci cambiammo nello sgabuzzino a turno.
Entusiasta di poter tornare a casa subito, presi a correre verso l’uscita.
‘Attenta a non cadere, di nuovo!’ mi canzonò Diana, divertita.
Arrossii, pensando all’ultima caduta ma non mi voltai, ne rallentai: ‘Il pavimento è asciutto, qui!’
 
Arrivò il momento, ovviamente, di dividersi, per raggiungere le rispettive abitazioni e io e Stephan proseguimmo da soli.
Continuai a correre e saltellare per il tragitto, con l’intezione di arrivare a casa il più in fretta possibile. E comunque, non riuscivo a tenere a bada l’entusiasmo al pensiero di quello che era successo, anche se mi chiedevo cosa significasse.
‘Come mai così di fretta, oggi? Sbaglio o sei di buon’umore?’ osservò lui, sorridendo.
Scrollai le spalle ridendo. Oggi sì, che era un giorno da ricordare! Mi bloccai all’improvviso, a quel pensiero.
‘Oggi torna mio padre!’
‘Oh, adesso capisco! Beh che aspetti, corri avanti no? Ormai siamo arrivati!’
‘Ci vediamo domani!’ gli urlai sorridendo, mentre correvo a casa.
Papà lavorava spesso lontano e questa volta era stato via quasi sei mesi. Dire che avevo voglia di rivederlo era riduttivo. Avevo cerchiato la data sul calendario nella mia stanza, avevo contato i giorni e mi vergognai per essermi lasciata distrarre in questi ultimi giorni. Ma l’importante era che ora fosse a casa.
Spalancai la porta: ‘Sono a casa!!!’
‘Reika!’
‘Papà, finalmente!’
Corsi ad abbracciarlo e lui indietreggiò quando lo investii.
‘Allora, come va?’ rise.
‘Benissimo! Soprattutto ora che sei tornato!’
Ci sedemmo in salotto e parlammo per oltre due ore, finchè qualcuno suonò al campanello interrompendo quel momento.
‘Vado io!’ dissi alzandomi.
Aprii la porta e mi trovai davanti Stephan. ‘Stephan! Che succede?’
Mi studiò per bene: avevo ancora la divisa scolastica, avevo urlato come una scema, ancora euforica dall’arrivo di mio padre e non riuscivo a smettere di sorridere.
Mi sorrise: ‘Ti trovo davvero contenta, tuo padre è già arrivato vero?’
‘Sì, è qui!’ annuii io entusiasta.
‘Allora non ti ruberò molto tempo, vedi oggi ho dimenticato a scuola gli appunti per il test di domani.’
‘Chi è, Reika?’ chiese mio padre uscendo dal salotto e squadrando Stephan dalla testa ai piedi.
‘Lui è Stephan, un mio compagno di classe. Domani abbiamo un test, sai’ dissi scuotendo la mano: ‘cose di scuola!’
‘Ah’ disse, continuando a squadrare Stephan, scettico: ‘Ma non bastava una telefonata?’
Sbattei le palpebre e gli lanciai un’occhiataccia per la sua scortesia: ‘Beh, Stephan oltre che un compagno di classe, è anche il nostro vicino di casa. Per discutere del test, gli sarà sembrato meglio fare un salto qui direttamente.’
Stephan annuì: ‘Non volevo disturbare.’
‘Oh, non preoccuparti! Comunque, molto piacere Stephan. Sono Michael, il padre di Reika.’
Si strinsero la mano: ‘Piacere mio.’
‘Seguimi, Stephan. Prendo i miei appunti.’
Mi recai in salotto, con lui al seguito e recuperai la borsa che avevo buttato sul pavimento.
Discutemmo per un pò, mentre lui si appuntava due o tre cose. Per lo più, fu lui a chiarire a me dei concetti che non avevo afferrato. Alla fine, si alzò e mi ringraziò e io lo accompagnai alla porta.
‘Allora a domani. Salutami tua madre!’ annuii arrossendo al suo sorriso, e lui si rivolse a mio padre che stava scendendo le scale: ‘Arrivederci, signor Walter!’
‘Arrivederci, Stephan!’
Chiusi la porta. ‘Chi è, il tuo fidanzato?’
‘C-che?! No! Papà!’
‘Era solo una domanda, è stato molto gentile con te e ho pensat-’
‘Hai pensato male!’ esclamai, ormai rossa dalla testa ai piedi.
‘E va bene, non ti arrabbiare!’ disse lui ridendo.
‘Vado in camera mia!’ dissi salendo le scale, sbattendo i piedi.
Non arrivai nemmeno alla porta della mia stanza, che mia madre mi urlò di raggiungerla in cucina. Alzai gli occhi al cielo e tornai indietro.
Mi bloccai prima di entrare in cucina, i miei chiacchieravano. Fin qui tutto bene, finchè non sentii mio padre dire: ‘Allora chi è, il suo ragazzo?’
Rimasi interdetta. Oh, quanto è testardo!
‘Non lo so, non credo!’ continuò mia madre, e sospirai sollevata facendo un passo avanti. ‘Ma di certo le piace!’
Mi bloccai di nuovo. MA CHE DIAVOLO STA DICENDO!?
Non che non fosse vero, ma era una cosa privata!
‘Oh, perchè non mi avete avvertito che era qui? E’ un così caro ragazzo, mi è così simpatico!’
‘In effetti è molto educato, ma non mi piace questa storia che ha adocchiato mia figlia!’
Mia madre rise: ‘ Tua figlia, non è più una bambina! E poi è un bravo ragazzo, lo hai detto anche tu no?’
A quel punto entrai in cucina e li interruppi: ‘Mamma, mi hai chiamata?’ dissi guardandoli sdegnosa.
‘Oh, non preoccuparti! Ora c’è tuo padre ad aiutarmi, vai pure!’
Sbuffai e me ne andai, ancora irritata. Che discorsi, mi tocca sentire!
Entrai in camera e mi buttai sul letto, decisa a riposarmi un pò. Ma non avevo chiuso gli occhi da neanche cinque minuti che un improvviso bussare mi fece sobbalzare. Sentii mia madre sbraitare qualcosa del tipo ‘Muoviti! Non c’è tempo!’ e qualche tonfo qua e là.
Uscii dalla mia stanza, ancora intontita e mi affacciai in quella dei miei: mia madre stava praticamente svuotando l’armadio, buttando abiti qua e là, in cerca di qualcosa.
‘Ma che sta succedendo?’ chiesi confusa.
Mia madre si voltò verso di me, con aria isterica: ‘Tesoro!’ corse verso di me.
Cominciai a credere che fosse impazzita.
‘Vai a prepararti, muoviti! Fatti bella, metti un abito carino! Sbrigati! Siamo stati invitati a casa dei Lordale!’
‘Che? A casa si Stephan?’
‘Sì! Ermione mi ha chiamata, ha saputo da Stephan che tuo padre è arrivato e ci ha invitati tutti a cena a casa loro! Oh, muoviti cerca qualcosa di decente! Sai quanto sono ricchi vero? Cammina!’
‘Va bene, va bene! Calma!’
Mia madre prese a spingermi, ‘devi sbrigarti, non c’è tempo da perdere!’ mi infilò nella mia stanza e richiuse la porta dientro di me. E, come se non l’avesse già ripetuto una decina di volte, mi urlò di fare in fretta.
Aprii l’armadio, alla ricerca di qualcosa di adatto. Di certo non era il caso di presentarsi in jeans e maglietta. Ma nemmeno era una serata di gala, quindi optai per qualcosa di semplice ma che mi parve appropriato: un vestito blu scuro, appena sopra al ginocchio, scarpe alte nere.
‘Stai benissimo!’ mi disse mio padre quando uscii.
‘Grazie, anche tu non sei niente male tutto in tiro!’ sorrisi io.
Aveva una camicia bianca, giacca nera sbottonata e pantaloni neri. Aveva ordinato i capelli e nel complesso era semplica ma elegante.
Mia madre ci guardava, lì impalata sulla porta nel suo bel vestito: la adoravo in quel vestito ecru, con una giacca un pò più scura a coprirle le spalle.
‘Andiamo?’ chiesi perplessa.
‘Come siete crudeli!’ disse lei indignata, ‘per me neanche un complimento?’
Io e mio padre alzammo gli occhi al cielo in sincrono e commentammo ‘Sei splendida!’ io, e ‘Stai d’incanto’ lui.
Arrivammo al cancello di casa Lordale e suonammo il campanello. Venne ad aprirci un tizio basso, con capelli e baffi brizzolati, dall’aria simpatica.
‘Prego, signori.’
Lo dicevo io, che avevano anche il maggiordomo! E che altro?
Entrammo e la villa era davvero bella ed ospitale. Stephan ci venne incontro: ‘Salve, sono felice che siate venuti.’
Il tizio ci condusse in salotto e Stephan mi affiancò: ‘Stai davvero bene, stasera!’
‘Grazie’,  gli sorrisi.
Ermione saltò sù e venne verso di noi: ‘Buona sera! Sara, come stai? Accomodatevi pure!’
‘Grazie, Ermione!’
Come avevo già constatato in precedenza, mia madre ed Ermione erano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.
‘Finalmente conosciamo il signor Walter. Molto piacere, sono Alexander Lordale!’
‘Michael Walter, piacere mio!’ disse mio padre stringendogli la mano.
Chiacchierarono per un pò, mentre io e Stephan sorseggiavamo un drink, senza commentare. Poi ci informarono che la cena era pronta e ci mettemmo a tavola.
Avevano anche la cameriera.
Nel bel mezzo della cena, dopo diverse chiacchiere poco importanti, Ermione mi guardò e sorrise: ‘Allora Reika, come va a scuola?’
‘Bene, grazie’ dissi sorridendole a mia volta.
‘E con Stephan? Mi sembrate molto in sintonia, no?’, non mi lasciò neanche il tempo per rispondere che risprese:  ‘Prima è passato un suo amico, Luca: è rimasto qui un’oretta, ma Stephan non gli ha chiesto gli appunti per il test di domani, ha preferito venire da te.’
Stavo per strozzarmi. Lasciai la forchetta nel piatto e bevvi un pò d’acqua, per non darlo a vedere.
‘A dire il vero,’ disse Stephan, ostentando indifferenza ‘Luca ha fatto un salto e ci siamo persi in chiacchiere. Mi sono accorto solo dopo, di aver dimenticato gli appunti e non ho potuto chiederglieli.’
‘Certo, o non hai voluto chiederglieli?’
Non rispose, si limitò a lanciarle un occhiata significativa. Così, per mio grandissimo disagio, mia madre prese parte alla conversazione.
‘Oh, non lo imbarazzi! Comunque sia andata, Reika è sempre molto felice di vederlo!’
Arrossii e diedi un calcio a mia madre sotto il tavolo. Papà non aveva aperto bocca, Alexander ci studiava in altrettanto silenzio. Quanto avrei voluto che mia madre se ne stesse zitta!
‘ Ragazzi, non fate i timidi! Non c’è niente di male, anzi’ disse Ermione scuotendo il capo: ‘Noi siamo felici di vedervi così...’ esitò un momento, per trovare la parola giusta.
‘Uniti’ concluse la mia amabile madre.
Guardai mia madre in cagnesco, intimandole con lo sguardo di non aprire più bocca.  Mio padre tossì e bevve. Mi tranquillizzai quando il suo colorito tornò alla normalità. Il padre di Stephan, guardava suo figlio, curioso di vedere la sua reazione, così feci lo stesso e lo vidi rimproverare tacitamente sua madre, come avevo fatto e io e poi, rompendo quell’imbarazzante silenzio, commentò: ‘Beh, direi che è ora del dessert.’
La cameriera corse in cucina: probabilmente, fu una liberazione per lei, dato che stava letteralmente morendo dalle risate. Dal suo cantuccio, aveva assisto perfettamente al calcio ben assestato che avevo rifilato a mia madre.

Finalmente, giungemmo all’agognata fine della serata.
Gustavo, il maggiordomo, si offrì di accompagnarci alla porta ma Stephan gli disse che ci avrebbe pensato lui e alzò gli occhi al cielo, quando sua madre e la mia si scambiarono uno sguardo malizioso dicendo: ‘Se proprio vuoi!’
Adesso parlano anche in sincrono?
Comunque sia, la questione non finì lì: mia madre trascinò praticamente mio padre fuori dalla porta dicendo: ‘Noi andiamo avanti!’ per lasciare da soli, me e Stephan. A nulla servirono i borbottii di mio padre.
‘Ci hanno messo un bel pò a disagio stasera eh?’ disse Stephan fermo sulla porta, quando ormai i miei dovevano aver già varcato il cancello di casa.
‘Già, mi dispiace che mia madre sia stata cos-’
‘Lascia stare,’ mi interruppe lui sorridendo rassegnato ‘mia madre non è stata da meno!’
Ridemmo: ‘Credo che adranno molto daccordo!’ commentai.
‘Oh, sì! L’ho notato anch’io!’ concordò lui, con lo stesso tono divertito.
‘Beh, dovrei andare ora’ dissi dondolandomi sui talloni.
‘Sì, dovresti’ disse lui, e si avvicinò cingendomi il viso con le mani: ‘ A domani’ disse, mentre io mi alzavo sulle punte, nonostante i tacchi. Sfiorai le sue labbra ma al suono della voce di Ermione ci separammo.
‘A domani’ dissi anch’io e mi avviai verso casa, sperando che ci sarebbe stata occasione di recuperare quel bacio mancato.
Quando entrai in casa, tirai un sospiro di sollievo nel constatare che i miei genitori, o meglio, mia madre non si fosse messa a spiare.
Ma afferai al volo, data la sua aria imbronciata, che mio padre l’aveva costretta a rientrare.
Le passai di fianco senza prestarle la più minima attenzione e presi a salire le scale dicendo: ‘Buona notte, papà.’
Una volta in camera, mi tolsi le scarpe lasciandole sul pavimento e mi sfilai l’abitino che sistemai a caso nell’armadio. Sfinita, mi infilai il mio adorato pigiama e mi addormentai in un attimo.

 
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AVVISO:

i capitoli pronti, che sono una quindicina, non sono sul mio attuale computer e non posso postarli subito come vorrei, ma la storia è lunga e piena di risvolti e riprenderò a postare il prima possibile! Spero che l'attesa non vi scocci troppo, io ce la metto tutta e cercherò di scriverli al più presto!
Baci,
Reika_Stephan.

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