Washington
A
Washington pioveva.
Ancora
non riusciva a capacitarsi di quello che sua madre gli aveva detto.
Che
potesse aspettarsi un tradimento da William poteva immaginarselo, ma sua
madre…No, non lei. Non dopo tutto quello che avevano passato.
Fermò
l’auto in una stradina isolata, fuori città. La luce all’interno era accesa.
Doveva trovarsi
a casa.
Gideon
stava preparando un’omlette quando sentì il
campanello suonare.
Si asciugò in fretta le mani e andò ad aprire,
mentre sentiva provenire forti colpi alla porta “sto arrivando, sto arrivando,
la buona educazione dice che…”.
Poi guardò
nello spioncino e aprì immediatamente.
Ad
attenderlo, completamente fradicio, con i capelli appiccicati alla fronte e una
cartella che gli penzolava tristemente sul fianco c’era il più giovane membro
della loro squadra.
“Reid!!”
esclamò slanciandosi verso di lui.
Gideon lo
fece entrare e corse a prendere degli asciugamani.
“Guarda,
sei tutto bagnato, così finirai per prendere una polmonite”.
Lo fece
sedere sul divano.
Reid si
avvolse gli asciugamani intorno.
Aveva
freddo, ma non a causa della pioggia.
Gideon si
sistemò vicino a lui, mettendogli tra le mani una caraffa di thè fumante.
Ma lui
non aveva alcuna intenzione di dire alcunché, era come se le parole si
rifiutassero di uscire dalla sua bocca.
Non
avrebbe nemmeno saputo come cominciare.
Sapeva
però che Gideon non gli avrebbe chiesto niente, se non fosse stato lui a
desiderarlo.
C’era
anche questo che gli piaceva del carattere del suo supervisore: che sapeva
sempre quando era il momento giusto.
E quello
non era il momento per chiedere.
Dopo qualche
istante trascorso a rimirare i nugoli di fumo provenienti dalla tazza che aveva
tra le mani sussurrò un “lo sapeva”.
Tutto lì.
“Chi lo
sapeva Reid?” domandò cautamente Gideon.
Posò la
tazzina sul tavolino, ma senza guardare direttamente il suo supervisore.
“Lei,
lei…mia madre, lei ha-ha detto che sapeva tutto… di mio padre, capisci Gideon?”
continuò ancora a bassissima voce “…lei ha sempre saputo tutto, da un sacco di
tempo e non mi ha mai detto niente…io…io pensavo di potermi fidare di lei…non…”
“Aspetta aspetta, cosa ti ha nascosto? Di tuo padre? …”
Reid
scosse la testa.
“Cosa..?”ma
non fece in tempo a finire che qualcuno
bussò alla porta.
Erano un
po’ troppe visite inaspettate per quella serata.
“Aspettami
qui va bene? Vado a vedere chi è e torno subito” gli disse con voce
rassicurante.
Gideon
scrutò il nuovo venuto attraverso lo spioncino della porta. Non l’aveva mai
visto.
L’uomo si
presentò da fuori e lui aprì la porta.
Era
magro, e alto, ma non come il figlio. Indossavo un completo blu che doveva aver
visto tempi migliori.
“ Sono
William Reid il…”
“So chi è
lei” rispose Gideon tagliente.
“Sono venuto perché…lui è qui vero?”.
“Di chi
sta parlando? “ domandò Gideon fingendo di cadere dalle nuvole.
“Sa
benissimo di chi sto parlando…”
Gideon lo
guardò perplesso.
“Oh
andiamo, devo parlare con lui, con Spencer…”continuò William Reid.
Gideon
ancora lo guardava senza dar segno di capire.
“Con mio
figlio” sottolineò l’uomo con una certa enfasi.
Solo a
quel punto Gideon diede segno di aver inteso.
“Suo figlio
eh…”mormorò.
“Per
l’appunto e lei non…”
“Suo
figlio” ripetè Gideon con la stessa cadenza, facendo
un passo in avanti.
“Sì e
desidero parlare con lui” fece William Reid arretrando istintivamente.
“Suo
figlio” ripetè nuovamente Gideon.
“Vuole
smetterla?” fece William Reid irritato “mi faccia entrare, ho tutto il diritto
di…”.
“Lei ha…”
cominciò Gideon, poi scosse la testa, fece un passo indietro e fece per
chiudere la porta.
“Che
diavolo fa?”
“E’
inutile…” esclamò Gideon per tutta risposta.
“Cosa,ma…?!
Senta mi faccia parlare con Spencer!Devo dirgl…”
“Cosa?
Che ha bisogno di lui? Che gli è mancato? O vuole parlargli perché si è
cacciato in qualche guaio? Sentiamo…”
“Non sono
affari suoi” fece William Reid sulla difensiva.
“Ah bene,
sì dà il caso però che suo figlio, come lo chiama lei, sia venuto da me, quindi
ora sono anche affari miei”
“Lei non
sa niente” si schernì William.
“Può darsi”
aggiunse Gideon meditabondo “ma ne so abbastanza per decidere di non farle
mettere nemmeno un piede in quella stanza”.
“E con
che diritto sentiamo? Spencer ehi Spencer devo parlarti” gridò l’uomo da fuori.
“E a lei
chi dà il diritto di saltar fuori dopo tutto questo tempo, come se niente
fosse?” disse Gideon mentre allungava un braccio in orizzontale lungo lo
stipite della porta, bloccando qualsiasi passaggio.
“Sono suo
padre” ribattè pronto William.
Gideon
scosse la testa “buffo come le persone rimangano aggrappate a certe…”ma si
interruppe, con un gesto della mano, quasi ad allontanare quello che stava per
dire, perché inutile.
“E cosa
ne sa? Io…sì vero ho commesso degli errori e chi non ne fa? Ma adesso…adesso
sono cambiato e …lui ...lui è Spencer e io ho bisogno di parlare con lui,
quindi si sposti”.
Gideon
rimase esattamente dov’era.
“Insomma”
gridò William Reid alzando la voce “che diavolo vuole da me?”
“Non lo
so, me lo dica lei” rispose compito Gideon”ma non crede di avergli già fatto
abbastanza male?”
“Vuole
dirmi chi diavolo le dà il diritto di…ah maledizione” sbuffò William Reid “…non
gli farei mail del male, è mio figlio, non…”
“No
signor Reid, si sbaglia” commentò Gideon pacato “lei gliene ha già fatto”.
Detto
questo chiuse la porta lentamente.
“E’
andato via”.
Gideon
sobbalzò.
“Hai…”
”Ho sentito abbastanza” fece Reid togliendosi di dosso la coperta “Grazie”.
“Senti
Reid…”cominciò Gideon.
“No, non
ti preoccupare, dovevo intuire che non era cambiato, che voleva qualcosa, ma…ma
non pensavo che…” fu percorso da un brivido.
“Avanti
vieni, ti preparo la camera degli ospiti”.
Reid
annuì.
Si
svegliò nel cuore della notte, consapevole di
aver fatto un incubo.
Avvertiva
un vago senso d’angoscia, anche se non avrebbe saputo spiegarne l’origine.
“Ehi”
fece Gideon comparendo sulla soglia della stanza “va tutto bene?”.
Reid
annuì poco convinto.
“Andrai
da lui vero?” domandò Gideon dopo qualche istante. Conosceva già la risposta.
“Sì, io…”
il giovane si interruppe stava per dire devo.
“Tu non
gli devi niente Reid lo sai questo vero?”.
Reid
annuì di nuovo “ so che è sbagliato e che non se lo merita, ma voglio dargli
una possibilità…se io …se io gli voltassi le spalle ora agirei come lui e non
voglio essere come lui”.
“Tu non
sei così” affermò Gideon con decisione.
“Già…”
rispose piano il giovane “forse ora è meglio che torni a dormire”.
Gideon
fece per spegnere le luci e avviarsi lungo il corridoio che portava in salotto,
poi si bloccò e si voltò vero Reid “sai che qualunque cosa dovesse accadere…”
Ma non
terminò la frase che Reid sussurrò un “grazie” perfettamente udibile nel
silenzio della stanza.