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Autore: Red Wind    30/08/2014    8 recensioni
Settembre 1881, Vienna
Dankmar Schuster, scrittore verista, trova una macabra sorpresa di ritorno dal suo viaggio di lavoro. Un delitto in musica. Un trucco per incastrarlo. Un nuovo amore.
Storia partecipante al contest a turni "Giallo a scelta multipla-Contest Originale" di Faejer
Genere: Mistero, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lunedì 26 Settembre 1881, ore 1:40
Vienna



Non ci posso ancora credere, mi pare semplicemente assurdo. Solo adesso ho un po' di pace per riposare o riflettere, ma la prima attività mi risulta così impraticabile, attualmente, che non mi resta che tentare di calmarmi scrivendo su questo diario.
Cercherò di andare con ordine.

Questa sera, arrivato a Vienna, tornai a casa consapevole del colloquio con mio padre che mi attendeva.
Attraversata la città a passo svelto per raggiungere casa mia dalla stazione, salii le scale perennemente in penombra, mentre udivo provenire dalla sala da pranzo la 9° Sinfonia di Beethoven. Il gracchiante suono del nuovo gingillo di mio padre che imitava un'intera orchestra mi ricordava ancora una volta di quali progressi fosse capace la tecnologia al giorno d'oggi.
Allo stesso tempo pensai a quanto potesse essere adatta una simile colonna sonora alla situazione che stava per presentarmisi: quella musica già mi preannunciava quale sarebbe stata la reazione di Alexander Shuster alla mia decisione.
Entrai nel soggiorno, salutando formalmente l'uomo seduto comodamente in poltrona, poi chiesi il permesso di ritirarmi un attimo nei miei appartamenti per ristorarmi dal viaggio. Mio padre acconsentì freddamente, intimandomi di non fare troppo tardi per la cena in quanto, come potevo dedurre dai piatti sul tavolo, lui aveva già desinato.
Tornai in sala da pranzo pochi minuti dopo, fremendo sempre di più, desideroso di liberarmi della greve incombenza che parlare con mio padre era per me. Trovai Alexander seduto al tavolo, intento a giocherellare con la forchetta e a fissare la fiamma della candela danzare. Presi posto al capo opposto della tavola, dove il mio piatto attendeva di essere riempito da Leonie. Mio padre alzò lo sguardo diffidente su di me, mentre la domestica entrava a servirmi il primo. La Sinfonia cominciò a rallentare, diventando terribilmente inquietante, segno che il grammofono doveva essere ricaricato. Mio padre si alzò flemmatico a girare la manovella per poi sedersi nuovamente.
“Com'è andato il viaggio, Dankmar?” chiese dopo avermi scrutato a lungo, mentre io mangiavo, nonostante non avessi per niente fame.
“Splendidamente, direi”
“Me ne compiaccio. Vorrà dire che per un po' non saranno necessari viaggi di piacere”
In quel momento capii perché quella sera fosse più freddo del solito: non sopportava l'idea che io avessi dedicato un intero mese al mio “passatempo”.
Stavo per ribattere quando mi precedette dicendo:”Ora sarà meglio che tu ti voti a qualcosa di più concreto, come la ricerca di un buono studio ove lavorare”
Leonie sospese la conversazione portandomi la seconda portata e mettendo al centro del tavolo il dessert.
“Il dolce portato dal Signorino” disse la domestica congedandosi, alludendo al mio acquisto nella pasticceria sulla via di casa.
Avevo ingenuamente pensato di addolcire quel pezzo di ghiaccio di mio padre con un po' di zucchero. Alexander allungò placidamente un braccio, scegliendo con calma quale pasta gustare, mentre io deglutivo a fatica un boccone di carne, per poi decidermi ad abbandonare l'ingrata impresa di finire quella pietanza.
“Sarà il caso che tu metta la testa a posto, Dankmar” disse ingoiando il pasticcino in un sol boccone “Dovresti prendere esempio da Diethild qualche volta...- si interruppe a causa di un violento colpo di tosse.
Si alzò in piedi, paonazzo, portandosi le mani alla gola, sotto i miei occhi increduli, ed infine stramazzo al suolo. Solo in quel momento staccai lo sguardo da quella scena, alzandomi di scatto dalla sedia e chiamando a gran voce Leonie. Nel frattempo mi avvicinai ad Alexander per cercare di capire cosa fosse successo, ma egli non diede alcun segno di vita.
“Santi numi!” esclamò la domestica, bloccandosi sulla porta e sorreggendosi allo stipite.
“Vai a chiamare un medico!” ordinai, mentre tentavo invano di sentire il battito cardiaco di mio padre.
Era morto. Inequivocabilmente morto davanti ai miei occhi. Mi allontanai, senza staccare gli occhi dal corpo dell'uomo che mi aveva dato la vita, ma anche innumerevoli problemi e, a quanto pare, me ne avrebbe dati altrettanti da morto.
Non so cosa provai, proprio come non so cosa provo ora. A parte il trauma, che sento ancora rimbombarmi nel capo, mi sentii improvvisamente più libero, ma insieme ebbi l'impressione di essere stato sconfitto: non sono riuscito, mai nella mia vita, a ribellarmi alla sua autorità e probabilmente, a dispetto dei miei buoni propositi, non ci sarei riuscito, comunque fossero andate le cose. Da qualche parte, nella parte più infantile del mio cuore, qualcosa mi causò come un prurito, ricordandomi che ad essere morto era mio padre, un mio genitore. Nel complesso non riesco a fare una somma di tutto ciò, non riesco a trovare una conclusione, combattuto tra tutto ciò e schiacciato dal mio nuovo problema, che ancora devo raccontare.
Accadde che, in breve, giunse il Dottor Pichler. Questi non poté che constatarne la morte, ma la cosa che diede inizio a tutti i miei problemi fu la causa del suddetto decesso: avvelenamento da cianuro.
Il medico ordinò subitamente alla sconvolta Leonie di chiamare il commissario, cosa che avrei fatto senz'altro io se non fossi stato troppo impegnato a riflettere su chi diavolo potesse aver avvelenato Alexander, mentre nella mia mente si ripeteva all'infinito l'immagine di mio padre che mangiava il dolce che avevo portato, proprio prima di morire.
Il Dottor Pichler ontinuò ad analizzare il corpo e nel giro di qualche minuto arrivò la polizia: il commissario Baumgartner e il suo vice. Il commissario conosceva da tempi immemori mio padre e rimase sconvolto almeno quanto me nel vederlo riverso a terra, privo di vita. Il medico si occupò immediatamente di riferire la causa della morte, lasciando ancora più stupefatto il commissario, che mi chiese come erano andate le cose. Raccontai tutto, per filo e per segno, quando i poliziotti, il medico, Leonie ed io ci fummo spostati nel salottino. Dissi loro le stesse cose che ho scritto in questo diario, cioè tutto quello che ricordavo. Quando ebbi finito il commissario, pensieroso, chiese a Leonie cosa avesse fatto quel pomeriggio il padrone.
“Mi dispiace signore, ma non so molto a riguardo. Dopo pranzo il Signor Shuster si è chiuso come al solito nel suo studio. Più tardi io sono uscita per delle commissioni e sono tornata poco prima del signorino. In quel momento stava fumando in sala da pranzo, mentre ascoltava la musica con quell'aggeggio diabolico. Subito dopo gli ho servito la cena, aveva appena finito quando è arrivato il Signor Dankmar” rispose la governante, per poi scoppiare in lacrime alla fine del racconto.
Il Dottor Pichler l'accompagnò a casa e si occupò della sistemazione della salma. Anche il commissario si congedò, ma non prima di avermi palesato i suoi sospetti.
“Il cianuro ha un effetto immediato: causa la morte pochi secondi dopo l'assunzione dello stesso. L'unica cosa con cui può averlo ingerito è il dolce che ha portato lei. Faremo degli accertamenti. Lei ne ha mangiato?”
Scossi la testa.
“Non ne ho avuto il tempo, ma l'avrei senz'altro fatto io non avevo idea... Non può venire da lì in veleno...”
Baumgartner mi interruppe:“Faremo le verifiche del caso. Nel frattempo lei si tenga a disposizione” intimò, prima di lasciarmi solo.
Io non seppi cosa ribattere poiché il commissario aveva perfettamente ragione: se non avessi saputo di non aver avvelenato quel dolce, avrei sospettato di me stesso anche io.

   
 
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