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Autore: Root    31/08/2014    6 recensioni
Cinquecentosessantadue giorni, pensava Percy mentre correva. Più di un anno e mezzo, durante il quale non aveva sentito una parola da lui, neanche un messaggio Iride, neanche una misera cartolina dagli Inferi o un piccione viaggiatore, assolutamente nulla, solo le parole di Hazel che gli dicevano che non doveva preoccuparsi, che Nico era ancora vivo e che, di tanto in tanto, si teneva in contatto con lei. Percy si fidava di Hazel, si fidava davvero tanto di lei, abbastanza da affidargli la sua stessa vita ma, arrivati a quel punto, aveva bisogno di qualcosa di più delle sue parole, aveva bisogno di una conferma visiva, di appurare con i suoi occhi che, sì, Nico esisteva ancora, non era stato solo una sorta di allucinazione collettiva.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Pinky Promise
Personaggi/Coppia: Nico Di Angelo, Percy Jackson, Percy/Nico
Avvertimenti: Slash, e c'è un piccolo spoiler per chi non ha letto La casa di Ade
Desclaimer: Tutto ciò cui mi sono ispirata appartiene solo ed unicamente a Rick Riordan
Note: Credo di aver deciso che scrivere di Percy e Nico che finalmente si mettono insieme e sono felici l'uno con l'altro, sia la mia cosa preferita. E questo spiega perché, anche se volevao scrivere una one shot, ho continuato a scrivere finché la fic non è diventata maledettamente lunga (è la cosa più lunga che io abbia mai scritto), quindi ho deciso di dividerla in capitoli. Quindi ecco qui il primo, spero vi piaccia :)
Come sempre, grazie a chi leggerà e a chi commenterà :D


 

Quando a Percy giunse la notizia che Nico Di Angelo aveva fatto ritorno al Campo Mezzosangue, in un primo momento, pensò di aver capito male, che dovesse trattarsi di qualcun altro e non del figlio di Ade; poi quando sembrava che, invece, fosse proprio lui, pensò che doveva trattarsi di uno scherzo -uno scherzo di pessimo gusto, per la precisione.
Alla fine fu Annabeth a convincerlo.
-Percy, Nico è tornato.
E poiché lo diceva Annabeth, che conosceva Percy meglio di chiunque altro, meglio di quanto non si conoscesse lui stesso- e che quindi non gli avrebbe mai detto una cosa simile se fosse stato solo uno scherzo-, allora il figlio di Poseidone pensò che doveva essere proprio vero: Nico era realmente tornato al Campo Mezzosangue. Ciononostante si rifiutò di crederci per davvero finché non avesse visto il semidio direttamente con i suoi occhi, e prese la via più breve per giungere alla casa numero tredici.
Cinquecentosessantadue giorni, pensava Percy mentre correva. Più di un anno e mezzo, durante il quale non aveva sentito una parola da lui, neanche un messaggio Iride, neanche una misera cartolina dagli Inferi o un piccione viaggiatore, assolutamente nulla, solo le parole di Hazel che gli dicevano che non doveva preoccuparsi, che Nico era ancora vivo e che, di tanto in tanto, si teneva in contatto con lei. Percy si fidava di Hazel, si fidava davvero tanto di lei, abbastanza da affidargli la sua stessa vita ma, arrivati a quel punto, aveva bisogno di qualcosa di più delle sue parole, aveva bisogno di una conferma visiva, di appurare con i suoi occhi che, sì, Nico esisteva ancora, non era stato solo una sorta di allucinazione collettiva.
Senza contare che una delle cose che Percy più voleva ormai da un po' di tempo, era tirare un pugno a Nico, uno abbastanza forte da farlo sprofondare di nuovo nel regno di suo padre, abbastanza da fargli rendere conto di che razza di egoista fosse stato per aver abbandonato in quel modo i suoi amici. Abbastanza forte perché Nico si rendesse conto che Percy esigeva delle scuse da parte sua, per essere completamente sparito per tutto quel tempo.
Cinquecentosessantadue giorni, per la miseria.
La porta della casa di Ade era nera, come tutto il resto, ma Percy non si fermò neanche un istante ad osservarla, limitandosi a bussare nel modo più civile di cui fosse capace in quel momento.
Nell'istante in cui la porta si aprì e Nico gli fu davanti, Percy si dimenticò tutto ciò che aveva pensato gli avrebbe detto -tutti i “dove diavolo sei stato”, “potevi almeno farti sentire”, “pensavo fossi morto”, “ora ti ammazzo, razza di idiota”- tutto quello che avrebbe voluto dirgli, gli morì in gola. E Percy si sentì un po' male per quello, perché Nico se lo meritava, se lo meritava proprio.
-Percy.
Per qualche motivo, Nico sembrava sorpreso di vederlo lì, sull'uscio della porta, con il fiato corto e con un'espressione forse non troppo amichevole dipinta in viso.
Percy avrebbe dovuto tenere fede al suo piano e mandarlo al tappeto, avrebbe dovuto e avrebbe anche voluto, ma tutto quel che gli riuscì di fare, trovandoselo davanti, in carne ed ossa, tutto intero, fu di fare un passo in avanti e stringerlo tra le braccia. Strinse più che poté, facendogli male forse, cercando di trasmettere in quel modo ciò che avrebbe voluto trasmettergli con un pugno.
-Che tu sia maledetto, Nico. Dovrei davvero prenderti a pugni lo sai?
Nico rimase spiazzato per una manciata di secondi poi, goffamente, cercò di ricambiare l'abbraccio, anche se sembrava piuttosto che volesse fuggire il più lontano possibile dalla portata delle braccia dell'altro.
Alla fine Percy si staccò da lui, e sembrava decisamente più tranquillo, ma non ancora disposto a perdonare Nico per quel dannato anno e mezzo in cui era sparito dalla circolazione. Cinquecentosessantadue giorni non si dimenticano così facilmente.
-Bentornato, Nico.
-G-grazie.
Nico sembrava confondersi con il buio della sera, le ombre della stanza parevano aderire al suo corpo. É cresciuto, notò Percy.
-Su, andiamo- disse Percy all'improvviso, afferrandolo per una mano.
-Dove?- Chiese Nico perplesso, mentre veniva inesorabilmente trascinato via. Tuttavia, non oppose resistenza, il ché era già un buon segno.
-Che razza di domanda, a cena, mi sembra ovvio.
Arrivati al padiglione, Nico si diresse verso il suo tavolo. A Percy servirono esattamente tre secondi per decidere di seguirlo. Uno per guardarlo allontanarsi, un secondo per volgere lo sguardo verso il proprio tavolo, e un altro per pensare che poteva infrangere le regole perché, insomma, quand'è che non lo faceva.
-Non dovresti essere seduto qui.
-Sono l'eroe del campo, le regole non valgono per me.
-La tua modestia è sorprendente, Percy.
Chirone gli lanciò uno sguardo decisamente eloquente e Percy cercò di ricambiare con l'espressione più angelica di cui fosse capace; non dovette avere molto successo, ma, comunque, Chirone si voltò, senza dire nulla, quindi Percy la considerò una vittoria.
Bruciarono il cibo in sacrificio agli dei e, tornati al tavolo, stettero in silenzio per un po'. Gli altri semidei, all'inizio, lo fissarono, alcuni confusi, altri curiosi, altri innervositi (forse perché infrangeva sempre le regole senza mai venir punito, chissà), ma dopo un po' si stancarono, rivolgendo l'attenzione a qualcosa di più importante di Percy Jackson.
Percy approfittò del momento per squadrare Nico. Era più alto, era vero, ma sembrava sul punto di scomparire, tanto era magro, per non parlare del colorito pallido e delle occhiaie. In breve, sembrava uno spettro affondato in una giacca da aviatore.
Non che fosse una sorpresa, ma Nico non sembrava intenzionato a rompere il silenzio.
-Dove sei stato?- Percy cercò di non suonare particolarmente acido nel porre la domanda ma, dato lo sguardo di Nico, non dovette esserci riuscito.
-Hm. In giro- Nico scrollò le spalle e il suo fare noncurante, unito a quelle due sole parole che aveva offerto come spiegazione, fecero sorgere in Percy il rinnovato desiderio di fargli male o semplicemente di urlargli contro. Non sarebbe stata una buona idea, considerando la folla che li circondava, ma gli sarebbe piaciuto lo stesso.
-Per cinquecentosessantadue giorni?
Nico alzò un sopracciglio.
-Hai contato i giorni in cui non ci sono stato?
La sua voce aveva un'intonazione strana, come se fosse sorpreso e commosso dalle parole che aveva sentito, ma non ci credesse sul serio.
Percy si rese conto del fatto che, forse, era un po' strano il fatto che avesse tenuto il conto dei giorni in cui Nico era stato via. Non si era chiesto il perché lo stesse facendo, semplicemente ricordava il giorno in cui se ne era andato e, quando erano passati mesi dall'ultima volta che lo aveva visto, Percy aveva deciso che era il caso di fare un rapido conto. Annabeth gli aveva domandato perché fosse così preoccupato, dopotutto avevano sentito Hazel e lei aveva detto che Nico era ancora tutto intero; non era il caso di dare di matto, lo sapevano praticamente da quando lo avevano conosciuto che Nico non si sarebbe stabilito al campo; lui era un solitario, un viaggiatore solitario. Percy non aveva potuto darle torto, ma ciò non gli impedì di continuare a contare, man mano che i giorni da cento passavano a duecento e aumentavano sempre di più. Nico era suo amico, aveva tutto il diritto di potersi preoccupare per lui se non aveva sue notizie per troppo tempo; la vita di un semidio non è mai facile, avrebbe potuto incontrare pericoli in qualunque momento. Era logico che Percy volesse assicurarsi che non si fosse stabilito permanentemente nel regno dei morti. E poi alla preoccupazione iniziale si aggiunse una buona dose di risentimento nei confronti del giovane semidio. Percy conosceva Nico, forse non benissimo, ma lo conosceva abbastanza per sapere che non era un tipo a cui piaceva stare tra la gente. Perciò non si era fatto illusioni, si era aspettato che non si sarebbe stabilito definitivamente al Campo; ma, sopo la guerra, aveva pensato che, come minimo, si sarebbe mantenuto in contatto con loro, con lui.
-Hanno sentito tutti la tua mancanza qui.
Nico sbuffò. -Sì certo, come no.
Non gli credeva, Percy lo capiva, e non aveva tutti i torti. Non era una bugia, ma non era neanche la verità: c'erano persone che avevano sentito la mancanza di Nico, lì al campo, ma la maggior parte non se ne era curata particolarmente.
-Anche a te... sono mancato?- disse Nico dopo un po', con un filo di voce e senza guardarlo negli occhi.
-Certo che mi sei mancato, Nico. Siamo amici, no?
Dopo la cena, Percy riuscì a costringere Nico ad andare al falò, guadagnandosi in cambio solo un paio di maledizioni e qualche promessa di vendetta. Era ovvio che a Nico non piacesse: il falò significava persone, tante persone e un'atmosfera allegra, il che implica, generalmente, una certa dose di socializzazione.
Percy non fu sorpreso quando notò che, mentre tutti cantavano e avevano l'attenzione concentrata sulle fiamme, Nico si alzò cercando di farsi notare il meno possibile e iniziò ad allontanarsi.
-Te ne vai di già?
-Sono stanco, ho bisogno di dormire.
Percy si morse un labbro, indeciso se lasciarlo andare o meno.
-Non sparirai di nuovo,vero?
Con sua grande sorpresa, Nico gli sorrise.
-No, non sparirò. Ora posso andare?
-Allora a domani- anche Percy sorrise,- Buonanotte, Nico.
-'Notte.
Nico si allontanò e Percy lo fisso per un istante prima di voltarsi e tornare al falò.

 

-Ti va di allenarti con me?- chiese a Nico il giorno dopo.
Percy aveva davvero voglio di battersi con qualcuno che potesse seriamente metterlo in difficoltà, qualcuno con cui potesse impegnarsi sul serio, cosa che non faceva dall'ultima volta che Jason era stato al campo. Gli piaceva insegnare l'arte della spada ai nuovi semidei, ma non era stimolante.
-D'accordo.
Quando attaccò, Percy si rese conto che la sua rabbia nei confronti di Nico, non era sparita, e non era neanche diminuita. La sentì rimontare dentro di sé, convergere nelle mani che stringevano la spada, dare potenza ai suoi colpi. Non aveva intenzione di fare del male a Nico, voleva solo fargli capire che lui era arrabbiato, che non poteva pretendere di tornare dopo cinquecentosessantadue maledetti giorni come se nulla fosse. Soprattutto, voleva fargli capire che se si fosse mai permesso di farlo un'altra volta, Percy sarebbe andato a riprenderlo per i capelli in qualunque parte degli Inferi fosse andato a nascondersi.
Si fermarono, come per un muto accordo, dopo circa una decina di minuti, continuando a fissarsi.
-Sei arrabbiato con me.
Non era una domanda, ovvio, non c'era certo bisogno di essere un genio, per rendersi conto dell'umore nero di Percy.
-Certo che sono arrabbiato, Nico- e, a quel punto, Percy non riuscì più a trattenersi, perché Nico aveva l'espressione di qualcuno che non ha capito cosa ha fatto di male, e Percy non poteva sopportarlo,-Sei sparito, Nico! Sei sparito per più di un anno e mezzo; da un giorno all'altro, senza dire niente a nessuno, te ne sei semplicemente andato! Cosa ti costava farti vedere qualche volta qui al campo, o mandarci dei messaggi Iride, sarebbe stato tanto difficile?
Percy stringeva le spalle di Nico e, nonostante tutto, gli rimase sufficiente autocontrollo per non mettersi ad urlare.
-Jason sapeva che me ne sarei andato, e mi sono mantenuto in contatto con Hazel. Non capisco perché te la prendi tanto- Anche lui si stava arrabbiando e Percy ne fu felice; per un ragazzo iperattivo che soffre di disturbo dell'attenzione, il modo migliore per affrontare le situazioni di quel tipo, è quello di lasciarsi completamente andare alle proprie emozioni, cacciare fuori tutto ciò che ci si tiene dentro. Con Nico, poi, quello era l'unico modo per convincerlo a parlare.
-Non hai alcun diritto di dirmi cosa devo fare, e io non ho il dovere di tenerti informato di ciò che faccio- ringhiò Nico.
-Non è ciò che sto dicendo, ma pensavo fossimo amici, potresti almeno degnarti id farmi sapere se sei vivo o morto!
Prima che Nico potesse rispondere con qualcosa che Percy immaginava sarebbe stata del tipo “io non ho amici”, Percy riprese:
-Odi questo posto...odi me, così tanto da voler completamente tagliare i ponti per tutto questo tempo?
Percy aveva sempre considerato Nico un amico, anche subito dopo la morte di Bianca, anche quando lo aveva praticamente venduto a suo padre, anche quando gli aveva mentito, al Campo Giove. Ma durante l'anno e mezzo in cui non lo aveva visto Percy aveva pensato più volte che forse la verità era che Nico lo odiava, odiava lui e tutto il Campo Mezzosangue. Non aveva voluto crederci ma, adesso, gli sembrava probabile.
-Io non ti odio- mormorò lui di rimando, e Percy lasciò la presa e annuì. Nico non gli avrebbe chiesto scusa in modo diretto, ma per Percy era abbastanza.
-D'accordo- disse in modo risoluto, poi allungò una mano verso di lui, mostrando il mignolo.
-Promettimi che non te ne andrai di nuovo, non senza avvertirmi.
Nico guardava alternativamente la sua mano e il suo viso, la confusione evidente nei suoi occhi.
-Non voglio farti giurare sullo Stige, perché sarebbe come metterti in trappola, e non sarebbe giusto. Quindi, dammi il mignolo.
-Sono cose da bambini- disse Nico, ma l'ombra di un sorriso sembrava minacciare di voler farsi strada sulle sue labbra.
-Vorrà dire che sono un bambino. Su, andiamo.
-Va bene. Prometto.
Senza un'altra parola, Nico strinse il mignolo di Percy con il proprio, siglando la promessa.
Percy si sentiva sollevato, decisamente sollevato dopo quel piccolo sfogo. Nico, tra le sue conoscenze non divine, era davvero l'unico in grado di fargli perdere le staffe con tanta facilità.
Avrebbe voluto delle spiegazioni, anche perché aveva il vago sospetto che Nico stesse nascondendo qualcosa, forse riguardo ciò che aveva fatto mentre era stato “in giro”. Ma Percy si rese anche conto che non era quello il momento per chiedere, a meno che non volesse che Nico se ne andasse o cercasse di tagliargli la testa di netto con il suo ferro nero dello Stige. Avrebbe parlato quando avrebbe voluto, Percy poteva anche aspettare un po'.
-Allora, ti va un altro match?
Percy non aveva mai combattuto prima d'allora contro di lui; lo aveva visto combattere diverse volte, ma non si erano mai scontrati.
Incrociare la spada con Nico era bello, era eccitante. Percy si sarebbe aspettato uno stile di combattimento aggressivo, un affondo dopo l'altro. E invece no. Sembrava che Nico esaminasse ogni tuo movimento prima di attaccare, cercava i tuoi punti deboli mentre si difendeva e riusciva a rompere il tuo ritmo. Il suo stile era unico, un insieme di diversi altri stili; il figlio di Poseidone si chiese da chi avesse imparato. Percy si stava divertendo, non gli capitava di sentirsi così eccitato durante un duello di allenamento, da quando si allenava con Luke, i primi tempi in cui era stato al campo.
Quando si fermarono, nessun perdente o vincitore, si lasciarono cadere sul terreno, entrambi col respiro affannoso.
-Dovremmo farlo ancora- disse Nico, tra un rantolo e un altro.
-Sì, ma non oggi- da dove gli venne il fiato per ridere, Percy non avrebbe saputo dirlo.

  
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