Anime & Manga > Ranma
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Autore: xingchan    01/09/2014    6 recensioni
“Uno dei più grandi astrofisici del mondo, Jeremy Garrad, un uomo dai capelli oramai brizzolati e con enormi occhiali da vista dalla montatura scura sul naso, dopo l’accaduto, attraverso un semplice telescopio, rivelò un corpo celeste di proporzioni mastodontiche della stessa traiettoria dei piccoli meteoriti, che nel frattempo si avvicinavano a gran velocità.
§§§
“Avanti pigrone, alzati!”
Dall’altra parte del mondo, precisamente nel distretto di Nerima, Tokyo, Ranma Saotome stava tentando disperatamente di coprire le sue orecchie servendosi del cuscino del suo futon, in modo da attutire le urla di Akane Tendo, che troneggiava su di lui con un’arcigna espressione di disgusto e collera disegnata sul visino, le gambe divaricate (a guisa di lottatore di sumo, come non mancava di evidenziare il ragazzo con il codino) e le mani sui fianchi.”
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il silenzio della base venne soppiantato dai continui rumori metallici che permeavano dentro e fuori lo shuttle, e dagli schianti forti e secchi di meteoriti che ora erano sempre più grandi. Alcuni andarono a incrinare rovinosamente i solidi vetri dell’Indipendence, altri lo sfioravano creando delle gravi ammaccature. Stewart Hunter provò una manovra verso sinistra, in modo che la giovane al suo fianco non rischiasse di essere spazzata via con mezza fiancata.
Ma se riuscì a schivarne uno grande, non poté sottrarre tutti dalla pioggia di quelli più piccoli, che cominciarono ad infittirsi. Hunter sapeva che prima o poi qualcuno sarebbe andato a finire male, risucchiato dall’assenza di gravità esterna.
Si rese conto che poteva scegliere chi doveva restare in vita, e chi invece aveva avuto abbastanza per lasciarsi morire. Certo, avrebbe lasciato una moglie ed una figlia di tredici anni, ma la giovane accanto a lui molto probabilmente non aveva neanche deciso cosa fare da grande. Spettava a lei la priorità di continuare a vivere, almeno di avere una chance. Pensò tutto in una frazione di secondo.
“Signorina Tendo, prenda i comandi generali, e cerchi di atterrare!” urlò l’uomo, cercando di legare Nabiki al sedile.
“Che significa cerchi? Qual è la situazione?”
“Lo shuttle sta per schiantarsi sulla superficie. I vetri stanno cedendo. Cerchi di restare ancorata al sedile e si assicuri che atterriate nella zona più liscia possibile. Cerchi anche di non sprecare la sua vita e quella degli altri.”
In pochi istanti, il vetro davanti Stewart Hunter si frantumò sotto gli impietosi colpi dei meteoriti, tirando verso l’esterno il pilota come se ci fossero dei tentacoli invisibili che stavano pericolosamente afferrando la vittima per portarla via. L’uomo urlò per l’eccessiva velocità ma durò per pochissimo tempo, finché il suo corpo non si disperse dietro di loro.
Nabiki non si sentì mai così terrorizzata in vita sua. La scena a cui aveva appena assistito era stata orribile, ma non poteva lasciarsi prendere dal panico ora che aveva tutto il resto dell’equipaggio sulle proprie spalle. Con  gli occhi ancora sgranati e pallida, spinse le leve di atterraggio in avanti, con cautela, sperando di trovare una piattaforma che non infrangesse ancora di più lo shuttle già fortemente danneggiato.
Le urla degli altri non la fecero ragionare lucidamente abbastanza, ma comunque si diede da fare per schiantarsi con meno violenza possibile sull’asteroide.
Le punte aguzze delle irregolarità stridevano contro il metallo, facendo vibrare il mezzo. Nakibi abbassò ancora di più i comandi, facendo cozzare lo shuttle contro il freddo metallo del corpo celeste. Cominciò a svilupparsi un incendio che coinvolse gran parte della parte posteriore, a causa dei troppi e scoraggianti guasti al sistema elettrico.
Era la fine. Erano soli, e l’altro shuttle non avrebbe potuto raggiungerli per salvarli neanche volendo. La corsa dello shuttle mezzo distrutto cominciò attraverso il ghiaccio ed il ferro, frenandosi soltanto quando sbatté contro uno sperone di roccia più grande, schiacciando tutta la parte anteriore.
Le grida di sua sorella erano già finite da un bel pezzo. Nella sua testa continuava a rimbombare imperterrita una voce che le diceva che Akane era morta.
“No! No!!”
Si liberò dai lacci ostinati che Hunter le aveva rafforzato, balzando esausta, sudata e dolorante verso il sedile della sorella minore, non curandosi né di Shan Pu, né di Mousse.
“Akane! Akane!” chiamava. Il sedile era stato letteralmente sradicato dal punto in cui lo avevano montato, e di Akane neanche l’ombra. Scavalcò le macerie, trovando il corpo esanime di Akane che giaceva da un lato. La prese fra le braccia, scrollandola ed invocandola per nome.
Le palpebre della piccola Tendo tremarono, per poi alzarsi lentamente. Dopo l’offuscamento iniziale, riconobbe il viso della sorella.
“Nabiki...”
Sul viso della mezzana comparve un sorriso sollevato: se la sua sorellina fosse morta, chissà cos’era in grado di combinare.
Akane si toccò la testa, protetta dal casco della tenuta spaziale. Doveva aver battuto la testa, anche se Nabiki non vide nessuna traccia di sangue o di altri traumi.
“Sei sveglia, finalmente!” sospirò la ragazza. “Altrimenti, chi li sentiva papà e Ranma?”
Akane sorrise, pensando alla repentina velocità con cui la regina di ghiaccio avesse cambiato registro per non apparire preoccupata. “Dove sono gli altri?” chiese poi.
“Stewart Hunter ha cercato di salvarci per quel che ha potuto.” proferì Nabiki, senza lasciar trapelare nessuna emozione.
Akane si mise in piedi, rendendosi conto che Mousse e Shan Pu erano come scomparsi. Fortunatamente li trovò a pochi centimetri l’uno dall’altra, con Mousse che teneva teneramente la mano della cinesina. A quella vista, lo sguardo di Akane si appannò di lacrime, ripensando a tutte le delusioni che il giovane cinese aveva avuto proprio a causa della ragazza che amava.
Videro che pian piano Mousse si stava riprendendo, e che allarmato stava chiamando la cinesina ancora priva di sensi.
Se l’avesse avuta anche stavolta, una delusione da lei?
“Levami quelle manacce di dosso!” esclamò Shan Pu, secondo le previsioni di Akane.
Vide che l’innamorato però non reagiva come suo solito. Si ricompose, proponendo di cercare l’altro equipaggio. E Shan Pu non fu per nulla disturbata dalla sua indifferenza mascherata. Borbottò un assenso, mentre le due sorelle già cominciarono ad uscire dallo shuttle disfatto e completamente fuori uso.
 
***
 
“Che diavolo significa che non c’è più segnale? Qualcuno me lo spieghi, dannazione!”
L’Indipendence non risponde, e neanche la base! Cos’è che non è chiaro, ragazzo?”
Eartha urlò così forte da zittire tutti i membri dell’equipaggio. Quei ragazzini non avevano il minimo senso della misura. Si stavano facendo troppe beffe del suo ruolo di colonnello, e quel ragazzo con il codino e Nibiki Tendo erano quelli che più mal sopportava.
“Che cosa è successo all’Indipendence?”
Ranma però non si fece impaurire dal tono autoritario dell’uomo. Cercò di protendersi il più possibile per dar maggior enfasi alla sua domanda, affinché venisse preso in considerazione, e non come un ragazzino impulsivo che arrecava solo disordine per capriccio.
Il colonnello riuscì a fissarlo pochissimo tempo, prima di essere sopraffatto dallo sguardo del giovane. Perché ci vide del fuoco, al di là del mare.
“Non risponde,” rispose comprensivo Ralston “stiamo cercando di ripristinare le comunicazioni.”
Ranma tacque, ma in compenso l’ansia continuava a crescere. Si rese conto di essere in pensiero per tutti, non solo per Akane. Ma il suo punto fermo restava sempre e solo lei. Akane.
“Saotome, ascolta.”
Per la prima volta da quando si erano imbarcati sul Freedom, Tatewaki gli rivolse la parola.
“Nella mia immensa saggezza non ti ho mai chiesto nulla, ma devi promettermi una cosa: se dovessi morire, dì alla Ragazza con il Codino che l’ho amata, e che anche se mi ha sempre denigrato sapevo che non era altro che un modo per entrare nelle mie grazie.”
“Dannazione, Kuno, non ti ci mettere pure tu!”
“Niente da fare!” Theobold continuava a schiacciare un pulsante spazientito “Non risponde nessuno, e non abbiamo più informazioni dall’Indipendence!”
“Dobbiamo atterrare comunque, Ralston!” sentenziò Eartha.
Il pilota digrignò i denti, incerto se seguire le direttive del colonnello o continuare a tentare di riprendere il contatto con Houston e l’altro shuttle. All’Indipendence qualcosa era successo, e se avesse atteso ancora qualche minuto avrebbero oltrepassato la piattaforma prefissa per atterrare.
“Freedom, ci siete?”
Improvvisamente, la voce di Garrad fece capolino nel Freedom, facendo sorridere di felicità Ralston. “ Sì, Houston! Vorremo sapere se siete riusciti a contattare l’Indipendence!”
“L’Indipendence è stato seriamente danneggiato dalle meteoriti che lo hanno bombardato. Da quel che ne sappiamo potrebbe anche esser stato disintegrato...”
“Disintegrato?” esclamò Ryoga in preda al terrore, prendendo a guardare Ranma per un secondo, altrettanto sconvolto. “Che significa? Dove sono gli altri?”
“Molto probabilmente sono morti, signor Hibiki... Mi dispiace.”
Tatewaki ed Ukyo si scambiarono un’occhiata sconcertata.
Il respiro di Ryoga si fermò per un tempo indefinito. Un vuoto si aprì sotto i suoi piedi, e avvertì un giramento di testa che non aveva mai avuto. Un rivolo di sudore gli colò dalle tempie, andando a scorrere fino ad incontrarne altri. Deglutì, mentre la sua mente aveva cominciato a far slittare una serie di ricordi, tutti legati ad Akane, e al suo duplice affetto che covava per lui, che fosse in forma umana, oppure di porcellino.
“Akane...”
Il sussurrò di Ranma lo udì appena. Aveva già delle lacrime agli occhi che ancora non ebbero la forza dirompente necessaria per scendere giù, ed un violento tremore alle mani. Osservava il vuoto davanti a sé, continuando a ripetere, sempre più flebilmente, il nome della sua fidanzata.
Poi, sembrò ridestarsi. “State dicendo stronzate!”
“Non ne siamo certi, Ranma!” pronunciò Ralston mentre si accingeva ad atterrare. “Ora, da bravo, mi prometti che farai quel che devi?”
Non rispose. Respirò come se avesse affanno, annaspando, pensando a quanta determinazione avesse Akane nell’intraprendere quella difficile impresa. Forse avrebbe dovuto farla desistere con tutti i mezzi a sua disposizione, cosicché ritornasse a Nerima, al sicuro.
Sentì di odiarla, per tutta quella grinta che metteva a disposizione degli altri. Ma anche di amarla, perché non aveva incontrato mai nessuno di così altruista. Alla domanda non sapeva che replicare, ma non aveva dubbi su ciò che Akane avrebbe fatto al posto suo.
“Sì.”
 
***
 
Erano finalmente atterrati. Con alcune strumentazioni che i membri più giovani del Freedom non furono in grado di riconoscere, Si cominciò a cercare il punto più fragile in un’area di dieci metri quadrati. Se avessero cercato entro un perimetro ancora più largo, avrebbero solo finito con il perdere tempo prezioso.
Ed iniziarono a frantumare la ferrite sotto di loro, con i colpi già utilizzati nella base. Faceva caldo e freddo al tempo stesso, e questa insopportabile differenza climatica favorì in parte la consapevolezza di essere su un asteroide per salvare il pianeta, e di conseguenza la concentrazione e velocità giuste per finire il lavoro entro i limiti prefissati.
Per Ranma fu un ottimo diversivo per abbattere tutto il suo dolore e la sua frustrazione.
Non sarebbe più riuscito a ritrovarla.
Non l’avrebbe più portata a casa sana e salva.
Non avrebbe più avuto l’occasione che si presentò quell’ultimo giorno.
Non avrebbe più potuto toccarla, annusarla, mai più baciarla.
Mai più sposarla.
Niente.
Quello che lo aspettava era un dojo da gestire, ma come poteva farlo senza di lei? Che diavolo poteva continuare a vivere come se niente fosse, proprio ora che si erano trovati con il cuore, dopo due anni di ricerca?
La disperazione stava per opprimerlo; solo l’incitamento di Ralston dallo shuttle e di Ryoga accanto a lui lo spronarono a proseguire l’operazione.
Tuttavia, ciò che riuscirono a fare in mezz’ora fu un misero buchetto profondo poco più di un metro.
“Dovete arrivare a un chilometro di profondità, altrimenti non sarà servito a niente!” gridò Eartha.
I ragazzi erano sfiniti. Per quanto impiegassero i loro sforzi, riuscivano a scalfire solo una misera parte di quella che realmente serviva allo scopo.
 
***
 
“Akane, tutto a posto?”
“Credo di sì... Riesco a camminare, spero...”
Mousse offrì la mano ad una spossata Akane, mentre Shan Pu osservò torva la scena.
Quella sbruffoncella stava attirando l’attenzione del papero appositamente per farla ingelosire e farle allentare la presa su Ranma. Lo spettacolino sarebbe finito solo quando l’amazzone fosse esplosa di invidia davanti a tutti, e questo lei non poteva permetterselo. Aveva un onore da rispettare, ed una promessa da mantenere.
Per quanto riguardava Mousse, era solo questione di possesso, nulla di più nulla di meno. Il suo ruolo avrebbe conosciuto l’epilogo quando lei si sarebbe sposata con Ranma e le altre amazzoni lo avrebbero giudicato e condannato a morte. Non c’era sorte più adatta per un debole come lui.
Shan Pu era superiore a tutti. Solo Ranma era al di sopra di lei, ovviamente ottenebrato dalla sua bellezza e dalla sua sensualità.
Non si rese conto però che Akane aveva una ferita all’altezza della gamba sinistra. La tuta presentava un piccolo e profondo squarcio, quasi invisibile, ma che all’interno aveva provocato una fuoriuscita di sangue più o meno indifferente. La ragazza riusciva a camminare, ma aveva la necessità di fermarsi di tanto in tanto. Per fortuna, la poca gravità sull’asteroide rendeva la cosa molto più facile di quello che sarebbe stato sulla Terra.
Nabiki guidava il gruppo.
Era riuscita a ricavare un piccolo rilevatore ad infrarossi, spuntato fra le apparecchiature di Hunter, in modo che riuscisse a captare la presenza di esseri viventi a sangue caldo, ergo i membri del Freedom.
L’aggeggio prese a suonare più intensamente, e fu a quel segnale che la mezzana Tendo incitò ad accelerare il passo. Si arrampicò per quella che sembrava una piccola collinetta nera, scrutando l’orizzonte una volta in cima.
Non si sentì mai così orgogliosa in vita sua.
“Ehi, ragazzi! Abbiamo trovato l’equipaggio dell’Indipendence!” urlò affinché si sentisse di sotto.
I ragazzi a quelle parole ammutolirono, scoppiando in manifestazioni di gioia. Mousse per la contentezza cinse le spalle della piccola Tendo in un mezzo abbraccio, ignorando completamente che la cinesina stava fumando di rabbia.
Arrancarono quei lunghi metri che li separavano dai loro amici, urlando a squarciagola il loro ritorno.
Ranma!”
“Ecco, ora ho anche le allucinazioni!” borbottò Ranma, continuando a preparare un ennesimo colpo da infliggere al ferro. “Non ci penseranno due volte a rinchiudermi in un manicomio una volta a Terra, me lo sento...”
“Credo che non ci andrai in manicomio, Ranma!” esultò Ukyo entusiasta. Stava osservando un punto preciso su una sorta di pendio particolarmente articolato, guadagnandosi uno sguardo confuso del giovane con il codino.
Ranma seguì la direzione indicatagli dalla cuoca, così come tutti gli altri.
E la vide. Un po’ malconcia, a giudicare come zoppicava, ma viva.
Akane.
Per l’eccitazione, le pupille di Ranma Saotome si dilatarono. Sentì delle scariche elettriche pervadergli il corpo, ed il sangue che arrivava lesto al cervello.
Lasciò che la sfera di energia scoppiasse via innocua fra le sue mani, desiderando di correre verso di lei ed abbracciarla. Ma le gambe non ressero; la stanchezza cominciò a farsi sentire davvero.
Piegò le ginocchia perché si riposassero, scattando poi in piedi non appena riacquistò vigore. E partì, correndo per accorciare la distanza fra di loro il prima possibile, rendendosi conto come si sentì bene, e rinato. Le proteste di Eartha erano troppo vacue e lontane, ormai.
Arrivò, e l’accolse fra le sue braccia, nonostante fossero impediti dalle tute spaziali. Gli altri intorno a loro rimasero inteneriti dalla scena, molti di loro turbati.
“Sono così felice di rivederti, Ranma. Ho temuto di morire, e...”
“No! Non dire niente. Va tutto bene, adesso.”
Le osservò le labbra teneramente. Se avesse potuto togliersi di dosso quel maledetto casco l’avrebbe fatto.
“Allora, Casanova.” Lo riprese Nabiki, sorridendo divertita. “Credevi che sarei stata inutile?”
“Non l’ho mai pensato succhiasoldi!” si difese Ranma. “Ma che è successo al vostro shuttle?”
“È andato, e il pilota Hunter si è sacrificato per salvarci.”
Calò un silenzio inquietante, durante il quale persino respirare era diventato sacrilego. La possibilità della morte era inevitabile, era diventato persino inimmaginabile non parlarne. Si chiesero chi fosse stato il prossimo, ben sperando che non accadesse a nessuno.
Il colonnello li aveva nel frattempo raggiunti, ascoltando la sorte del pilota.
“Non abbiamo il tempo di piangerlo, dobbiamo fare questo buco prima che il limite per l’esplosione della testata nucleare venga oltrepassato!”
 



 
NDA
Questo capitolo è stato scritto di tutta furia. Spero vada bene! :)

 
   
 
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