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Autore: Charlie_The_Parrot    02/09/2014    4 recensioni
Il cuore di Lisbon batteva all'impazzata mentre quella mano le sfiorava leggermente il volto per portarlo in avanti.
Gli occhi azzurri di Jane brillavano, davanti a lei, nella fioca luce artificiale della cella, nell'aeroporto di Islamorada.
Abbiamo lasciato la nostra coppia preferita sul più bello, ma cosa succederà dopo? Scopritelo!
Continuazione della 6x22.
Genere: Fluff, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ecco il secondo capitolo, spero vi piaccia!

 

Abbott fece cenno ai due di sedersi su un divano foderato color pesca in una graziosa saletta nell'ala ovest dell'albergo. Dalle vetrate si scorgeva il mare che accarezzava la sabbia dorata con il suo incedere lento ed altalenante. Il sole stava ormai tramontando. Qualche gabbiano, le voci lontane dei bagnanti, il ronzio delle api intorno ai fiori sul porticato erano gli unici suoni che si udivano.

E ovunque l'azzurro: cielo, mare, intonaco delle pareti. Quale migliore atmosfera per parlare di omicidio!

“Qui non dovremmo essere disturbati” fece Abbott mentre Cho li raggiungeva nella stanza. Jane e Lisbon si sedettero davanti a lui, sulle due parti opposte del divano.

“L'agente Fisher mi ha contattato in vostra assenza”. Jane si alzò di qualche centimetro per avvicinarsi di più a Lisbon. E poi si spostò di nuovo fino a mettersi praticamente appiccicato a lei, spalla a spalla. Le mani sui ginocchi, in trepidazione. Lei intanto gli lanciò un'occhiata accigliata, come in un goffo tentativo di disapprovazione.

“Che c'è!? Sono entusiasta, un nuovo caso insieme! Agente Lisbon compreso!” disse Patrick sorridendo prima a lei poi ad Abott, con la sua solita aria da fanciullo, di chi affronta questioni importanti con disarmante spensieratezza. Teresa accennò un nervoso sorriso e le gote le si arrossarono. Non si era ancora abituata ad averlo così vicino, certo non davanti al capo, e poi tutto era successo così in fretta dopo tanti anni di attesa.

Abbott si schiarì la voce: “Stavo dicendo, che mi è appena stato comunicato un fatto molto grave. Due agenti dell'FBI sotto copertura sono rimasti uccisi in servizio in questi ultimi due giorni. Erano entrati a far parte di due bande rivali coinvolte nel traffico di droga”.

“Mmh... interessante, ci siamo già passati noi al CBI” disse Patrick, poi cominciò a stuzzicarsi la caviglia ancora sofferente. Gli altri lo guardarono in tono interrogativo ma lui non accennava a dare spiegazioni.

“Il capo del bureau vuole il massimo dispiegamento di forze su questo caso” proseguì Abbott, “pertanto dobbiamo prendere un volo domani per Sacramento”. “Si signore!” annuì Lisbon.

“Bene, vi consegno i fascicoli con alcune delucidazioni sul caso, inviatemi dall'agente Fisher. Detto questo possiamo goderci il tempo rimanente su quest'isola”. Ci fù un po' di silenzio.

“Ho fame!” proruppe Cho, che aveva mantenuto la sua aria imperscrutabile per tutto il tempo.

“Ti seguo, ormai dovrebbero aver servito la cena” disse Abbott.

“Volete venire con noi?”. Abbott guardò storto Cho, poi gli mise una mano sulla spalla per trascinarlo via. “Lasciali soli, mah, ne avevamo parlato prima...”. Mentre si allontanavano, Jane e Lisbon li sentivano discutere, come una coppia sposata che litiga per il telecomando, se fosse o nò il caso di mangiare nuovamente in albergo o optare per un take away sulla spiaggia.

“Ultimo giorno di vacanza eh Lisbon! disse lui dirigendosi fuori sul porticato. Il sole era rosso fuoco e i raggi riflessi sul mare lo rendevano argentato.

“Devo ringraziarti per aver scelto questo posto...qui è bellissimo!” fece Teresa. Ma gli occhi di Jane erano fissi su di lei. “Ti fa male la caviglia?”

“Mai stato meglio!”

“Bene”. Cambiò discorso. “Quasi non ci credo che Abbott sia stato così clemente. L'inconveniente del tuo arresto e il mio trasferimento da annullare!”

“Solidarietà tra uomini Lisbon” disse alzando la spalle.

“Ho scoperto un lato del capo che non avevo ancora visto...” fece una pausa... “l'avevano capito proprio tutti eh”.

“Non è da te Teresa non rimanere concentrata sul caso! In genere cominci subito con le direttive e gli ordini, cosa ti hanno fatto!” disse in tono canzonatorio.

“Ah te Jane finirai per farmi perdere la testa!” Poi, dopo qualche istante gli diede un pugno sulla spalla.

“Ahi! e questo per cos'era!?”

“Tutti l'avevano capito e te ci hai messo una vita.”

“ Io l'ho sempre saputo dal primo giorno che ti ho vista Lisbon, sei sempre stata importantissima per me, e il fatto di non potertelo dire, di non riuscire a farlo e del sapere la sofferenza che ti arrecavo è stato un tormento. Ed ero accecato. Ma ora il mio cuore si è liberato di quel peso, e ci sarò sempre per te. Mi devo far perdonare”. Staccò una margherita da un vaso poggiato sulla balaustra e gliela porse.

Lei la annusò. Poi disse “Bene. Perchè ho bisogno di te... ti amo Patrick”.

“Vedi è bello dirlo ad alta voce” rispose lui. Si sorrisero. Jane le si fece vicino, la sua mano scivolava lentamente sul legno della balaustra fino a toccare la sua. Poi una volta dietro di lei la avvolse in un abbraccio. Gli diede un bacio sui capelli. Lei si voltò, con il cuore che batteva forte. Lui udiva il suo respiro. Si guardarono negli occhi. E...... una fastidiosa suoneria irruppe incurante del momento, sul più bello, come una pubblicità che taglia la scena fondamentale di un film, o una pagina mancante in un punto cardine nella trama di un libro, o ancora come un amico distratto che interrompe a metà il tuo racconto di una storia. Era il cellulare di Lisbon.

“Lo sanno tutti eh, dicevi...oh oh!?”

“Oh mio dio, è Marcus! Io..io non gli ho ancora detto niente! Sono stata così distratta dagli ultimi avvenimenti”.

“ Bhè. Non ti posso biasimare. Anche lui capirà”.

“Scusami, davvero mi dispiace, devo rispondere, vado su in camera”.

“Ah non ti preoccupare per me io..”

“Pronto, Marcus, no... si, lo so devi essere preoccupato”. Lisbon rispose alla chiamata con voce tremolante e si allontanò.

“Io... io volevo assaggiare i gamberi in un posticino qua vicino, mi hanno detto che sono ottimi e.. ma non ti preoccupare, andrò da solo”. Finì la frase parlando con se stesso, poi schiocco le dita e scosse la testa facendo una smorfia mentre si incamminava verso la spiaggia.

 

Patrick si infilò la maglietta azzurra e i pantaloncini del pigiama, poi si sedette nella comoda poltrona della sua camera, nell'albergo lussuoso che aveva prenotato solo per passare del tempo con Teresa. Lei però non era lì con lui. Questo pensiero gli attraversò la mente. Prese in mano il fascicolo con le specifiche del nuovo caso e cominciò a sfogliarlo. Lesse qua e là fra le righe e poi lo lanciò non curante sul comodino. Aveva tutta l'aria di chi ha intuito il problema, ma non ha alcuna voglia di concentrarsi ed adoperarsi a risolverlo. Non poteva non pensare a lei. Da quando si erano lasciati sulla veranda, a causa dell'improvvisa telefonata di Pike, non l'aveva più vista. Doveva essere nella sua stanza, lì a pochi metri da lui. Solo un muro li divideva. Questa volta l'ostacolo era fisico e non mentale, così sperava. Chissà cosa le aveva detto Pike. Cominciò a sfregarsi leggermente le dita delle mani l'un l'altra, come faceva di solito quando un enigma destava la sua attenzione. Poi guardò fuori. Erano ormai calate le tenebre della notte. “Starà dormendo, voglio chiamarla” pensò fra se e sé. Quando il telefono fissò sul comodino accanto al letto squillò. Lui si precipitò a rispondere.

“Sì?!”.

“Ehm, Patrick sei... sei sveglio, ti disturbo?”. Era la voce di lei.

“Ah Teresa, no, è bello sentirti. Pensavo a te”.

“Anche io!” fece lei. “Cioè stavo leggendo il fascicolo che ci ha dato Abbott e mi è venuto in mente quello che avevi detto. Cosa intendevi con: ci siamo già passati al CBI?!”.

“Oh...” la voce di Patrick nascondeva a fatica una nota di delusione. Poi sorrise divertito. “Ecco la mia Lisbon!... Allora stiamo parlando di due dei principali cartelli coinvolti nel traffico di eroina a Sacramento, giusto?! Il primo agente infiltrato nei Bloody kings portoricani, è rimasto ucciso in uno scontro a fuoco innescato dall'organizzazione rivale di Costello”.

“Si esatto, e poi questi si sono vendicati il giorno seguente andando ad uccidere alcuni uomini fidati di Costello fra cui l'altro agente dell'FBI, a quanto dice il rapporto” proseguì Lisbon.

“Bhè, non lo trovi strano? Che siano rimasti uccisi proprio entrambi?”.

“Vuoi dire che entrambe le gang erano a conoscenza delle loro vere identità?!”.

“Voglio dire che, le coincidenze non esistono mia piccola Lisbon. C'è una talpa nell'FBI! E stà facendo il doppio gioco”. Ci fù una pausa dall'altro lato della cornetta. “Lisbon?! Wowoh...sei ancora lì?”. “Ma come fai a dirlo così Jane. E poi di quale delle due gang sarebbe? Vuoi dire che una delle due morti è stata davvero casuale?”.

“Mmh, io dico che questo individuo abbia contatti con entrambe”.

“ Dunque hanno mascherato l'assinio dei due agenti con un regolamento di conti fra bande. Ma perché avrebbero dovuto cooperare due fazioni rivali che si odiano a morte!”.

“Bhè, capita che ci si allei contro un nemico comune e tutto passa in secondo piano. Certo non farà parte di una delle due organizzazioni”.

“Deve essere un poliziotto corrotto” concluse Lisbon.

“È bello conversare a telefono con te Lisbon”.

“Già soprattutto degli argomenti di cui parlano le coppie normali!” fece lei. Patrick rise leggermente. Teresa si sdraiò sul letto, con la cornetta del telefono sempre in mano e rilassandosi fece un respiro profondo, come un piccolo sbadiglio.

“Una coppia eh... che ne pensa Pike?”.

“È stato davvero imbarazzante. Mi sentivo in colpa. Ma ha capito. Gli ho detto che non avrei mai potuto essere sincera con lui. Il mio cuore è sempre appartenuto ad un altro”. Lisbon chiuse gli occhi. “E a chi? Non sarà mica Cho il fortunato!? O l'agente Smith della narcotici. O magari il goffo cervellone Wylie!”.

“Smettila Jane!”.

“Ma così mi fai ingelosire!”.

“ Te lo meriti”.

“Buona notte Teresa” fece lui dolcemente. “Notte Patrick”.

 

Jane non riusciva a chiudere occhio e Lisbon nell'altra stanza continuava a rigirarsi nel letto senza prendere sonno. Voleva sentire ancora quella voce che poco prima l'aveva fatta rilassare. Non riusciva a resiste. Si alzò dal letto e scalza si diresse lentamente verso la porta, la aprì delicatamente per uscire nel corridoio e quando si voltò verso la camera adiacente, c'era lui, appena uscito dalla sua stanza. “Ah Patrick, non riuscivo a dormire”. Lui la vide, con indosso la camicia da notte di flanella, i capelli scompigliati. Era graziosa. “Che coincidenza, neanche io”.

“Avevi detto che le coincidenze non esistono”.

“No, infatti”. I due si guardarono a lungo, come ammaliati. Lisbon si mordicchiava le dita della mano destra imbarazzata e ogni tanto abbassava lo sguardo mentre dondolava il piede sinistro. Patrick la osservava sorridendo. Non resistettero un secondo di più. Si precipitarono l'una verso l'altro. Lui la abbracciò stretta spingendola verso il muro. Pieni di desiderio, finalmente insieme, entrambi non riuscivano a pensare ad altro. Tutti e due avevano sognato segretamente quel momento da tanto tempo. I respiri affannati. Ben due stanze libere.

Fece per baciarla quando.... dalla camera di fronte ai due si sentì un urlo, poi la porta si aprì e ci fù un tonfo. Lisbon sobbalzò e il respiro gli si smorzò in gola. Il corpo di un uomo era caduto lì davanti a loro e si trovava riverso pancia in giù con un coltello piantato nella schiena. “Oohaah!” fece Patrick alzando le mani in aria e facendo un passo indietro. “Sembra che non siamo gli unici a non riuscire a dormire qui. Anche se lui è proprio stanco morto!” disse ironico, con un'aria accigliata e incuriosita. Lisbon spostò Jane, corse in camera sua, prese la pistola e piombò nella stanza del delitto urlando: “FBI, c'è qualcuno!? Si faccia vedere con le mani alzate!”. La stanza era vuota.

“Le finestre sono tutte chiuse e non c'è nessuno!” disse lei. Patrick, che l'aveva seguita, non potè fare a meno di stamparsi un sorriso raggiante sul volto.

“Andiamo in cucina a mettere su il tè Lisbon! Ci sarà da stare svegli tutta la notte!” disse zampettando allegro nel corridoio e scomparve dietro l'angolo per raggiungere le scale. Poi tornò indietro e fece capolino con la testa. “Avanti, vieni! A me tocca svegliare quel dormiglione di Abbott. Te pensa a Cho!”. Lisbon sospirò e lo seguì.

 

   
 
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