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Autore: KiRo_chan    23/09/2008    9 recensioni
Quando si vive una vita normalissima, ogni minima cosa può stravolgere il proprio universo.
Quando si desidera una vita tranquilla, quando uno sconosciuto si infila nella tua vita... Cosa si può fare per tornare alla normalità?
Prima fic del duo Kikka&Roro.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Kikka1
Il prezzo dell'amore






Salve, miei sempre amati lettori.

Io e la cara Kikka-chan (Inufan4ever) abbiamo deciso di scrivere una fan fic insieme, e siamo qui per presentarvi la nostra prima creazione in società.
Girovagando per il web, abbiamo trovato una storia di un capitolo molto, molto carina, di nome "Kiss De Mezame Sasete"... Ed ecco la nascita di questa fan fic. Speriamo vivamente che risulti di vostro gradimento, e ci piacerebbe molto ricevere qualche commentino ^^. Un bacione a tutti!

“Allora a domani?”.

“Si, certo! Dobbiamo organizzare l’incontro!”.

“Si, per me va bene. Ma siate puntuali”.

“Certo, capo”.

Fece ondeggiare i lunghi capelli corvini, mentre si allontanava a grandi passi dalle sue amiche. Dovevano uscire insieme, erano settimane che ne parlavano.

Vacanze estive! Il periodo più bello dell'anno...

Si sarebbe volentieri stesa sul divano, con il telecomando tra le dita e una bibita accanto. Il paradiso, per lei – era pigra fino all’esasperazione, ma non ci faceva poi così caso. Amava la sensazione che si prova quando si è rilassati. Quando non si ha nulla da fare.

Sospirò, socchiudendo le palpebre, e avvolse le dita della destra intorno al suo zainetto giallo. La manca carezzava la gonna verde dell'uniforme, raramente posandosi sulla camicetta bianca inamidata.

“Kagome Higurashi?”.

Lo sguardo si alzò di scatto, incontrando due iridi di un caldo topazio.

Arrossì di botto, arrestando il suo cammino, il piede ancora sollevato, con l'intenzione di terminare il passo.

“Sì?”.

Alle iridi topazio susseguirono lunghi capelli d'argento, lucenti sotto la luce del sole, e un volto serio. Sembrava infastidito – molto, molto infastidito. Un brivido le corse lungo la schiena, mentre qualcosa, dentro di lei, la implorava di correre il più lontano possibile – disperata, fece scorrere lo sguardo nuovamente nel cortile della scuola scoprendo, con disappunto, che era vuoto.

In ogni caso, nessuno l’avrebbe aiutata.

Soppresse un singhiozzo. Perché era sempre così negativa?

Poteva essere un dipendente del padre che era venuto a prenderla, non sarebbe stata la prima volta – suo padre era il capo di un’azienda molto famosa nel suo settore. Nonostante l’industria fosse quasi sul punto del fallimento, ed i creditori aumentassero di giorno in giorno, la giovane era comunque conscia dell'importanza del suo genitore nel settore commerciale. E ne era lieta.

Per di più, suo padre aveva chiesto un prestito ad Inu-Yasha no Taisho, giovane industriale molto ricco. Ed il prestito era arrivato proprio quella mattina.

Ritornò a guardare l’interlocutore: poteva avere una ventina d’anni, non di più.

Aveva le braccia incrociate, e le sopracciglia inarcate, infastidito. Kagome storse il naso – sembrava infastidito da lei. Ridicolo.

Suo padre l’avrebbe saputo, era certo.

Fece appena in tempo ad aprire la bocca, pronta a domandargli chi era, quando il suo polso fu serrato tra le dita forti del giovane – osservandolo meglio, Kagome notò delle orecchie canine spuntargli tra la matassa di capelli. Doveva essere un’hanyou.

“Lasciami”, sibilò, muovendosi, nel tentativo di farsi rilasciare da quella presa ferrea.

La stava trascinando verso una macchina nera, ma non accennava a mollarla.

Kagome fu tentata dal sferrargli un calcio di sorpresa, per poi correre via. Ma lui lavrebbe di certo ripresa, data la sua natura demoniaca. Sarebbe stato solo uno spreco di energie, e questi  irritato dal suo gesto  avrebbe anche potuto ucciderla.

Chi le diceva che non era un serial killer?

Un urlo le si formò in gola, subito bloccato dalla manca di lui, che le si posò dolcemente sulle labbra, mentre la faceva sedere nell'abitacolo, prendendo poi posto al suo fianco.

Perché si era seduto sul sedile posteriore?

C’era un socio?

Strinse gli occhi.

C’era un autista, effettivamente: un signore di mezz’età, con i capelli verdi e gli occhi neri – un demone, sicuramente.

“C-Chi sei?”, mormorò a mezza voce, appena lui la lasciò libera “E perché mi hai rapito?”.

“Bah...”, l'hanyou si passò una mano tra i capelli, poggiandosi sul sedile “Ti basti sapere che non ti ho rapito”.

Kagome strinse i pugni – odiava quel genere di risposte. L’aveva rapita, punto. “Chi. Sei.?”, scandì a denti stretti, mentre l’autovettura accelerava per sorpassare un motorino piuttosto lento.

“Non mi risulta che tu sia nella posizione di esigere una qualche risposta”.

Kagome si sfilò lo zaino, frugando un po’, sotto lo sguardo divertito del giovane al suo fianco. Ne trasse un piccolo telefonino. “Dimmelo o chiamo la polizia. Non scherzo”, aggiunse poi, dato che l’hanyou aveva ridacchiato, quasi la sua affermazione fosse stata solo una battuta esilarante.

“Mocciosa, io sono Inu-Yasha no Taisho”, disse quindi sbrigativo, riprendendo la posizione precedente, come se nulla fosse successo.

“Inu... Inu-Yasha no Taisho?”. Kagome non concepiva una tale scoperta: cosa voleva da lei quel tipo? Era in affari con suo padre, lei non c’entrava nulla. Doveva lasciarla andare. Non poteva rapirla così!

“Se ti stai chiedendo perchè ti ho rapito”, sbuffò lui, precedendola “Ti stai sbagliando di grosso. È stato il tuo vecchio a cederti a me”.

Un suono smorzato uscì da Kagome, scatenando nuovamente l’ilarità dell’hanyou.

“Mocciosa, non fare così. Tuo padre ha problemi finanziari...”, incatenò le iridi nocciola della ragazza nelle sue “... almeno questo lo sai?”.

Kagome mosse il capo, tentando di spezzare quell’incantesimo che la costringeva a fissarlo, e fece cenno di sì.

“Bene. Allora non sei totalmente all'oscuro di tutto...”, sospirò, sollevandole il mento con le dita.

A quel contatto entrambi avvertirono una strana scossa, che spinse Kagome a distaccarsi di scatto, ansante.

“In ogni caso, piccola, c’è una cosa che devo spiegarti. E che non gradirai di certo”.

“Cosa?”.

Inu-Yasha sbuffò. “Cos'è che si da ad una persona quando non si può subito saldare un debito contratto?”.

Kagome aprì la bocca, indecisa. Cos’era?

“Beh... Si da un oggetto di valore. Un oggetto importante per chi ha il debito, che sta ad indicare che il creditore pagherà”.

Inu-Yasha le sorrise sornione – c’era un ché di strano nel suo sguardo, e Kagome sentì un brivido scuoterla. Una nuova consapevolezza la colse di sorpresa – ma non poteva essere vero.

Era incredibile.

“Non dirmi che...”, iniziò. La voce si bloccò, mentre il topazio degli occhi dell’hanyou la avvisava che la risposta era corretta.

“Sei il mio pagamento, Kagome”.

  
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