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Autore: FairyCleo    02/09/2014    3 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte XVI
 
Meraviglioso. Il materiale raccolto dai suoi fratelli era a dir poco meraviglioso. Sapeva che Neo-Namecc grondava di quel particolare minerale, ma non pensava che fosse di qualità così pregevole. Quando gliel’avevano consegnato, Alpha aveva continuato a rigirarlo tra le dita per diversi minuti, prolungando l’attesa che avrebbe anticipato la fase successiva, quella che avrebbe dato un senso concreto alla faticosa ricerca effettuata con tanto zelo dai suoi amati fratelli.
 Aveva chiesto a Nappa, Radish e a Kaharot di lasciarlo da solo per un po’ nel laboratorio e, anche se con un briciolo di riluttanza manifestata soprattutto dall’ultimo arrivato, era stato immediatamente accontentato. Amava la sua famiglia, ma la sua famiglia sapeva che preferiva lavorare indisturbato. Era un’abitudine che non sarebbe mai mutata, l’unica che avrebbe mantenuto fino alla fine, soprattutto in quell’occasione così particolare, anche se questo avrebbe voluto dire creare per un po’ una barriera tra lui e loro.  
Era felice, Alpha, così felice che per un attimo aveva dimenticato di dover sistemare una lunga serie di cose lasciate in sospeso, cose che purtroppo non potevano più attendere per quanto avrebbe preferito delegare ad altri quel compito così ingrato.

“Allora siamo d’accordo” – aveva detto Nappa dopo aver ascoltato quello che Alpha aveva da dire. Non che per lui e Radish fosse una novità, ma sapevano che per correttezza nei confronti di Kaharot avrebbe esposto nuovamente il proprio pensiero. Era un uomo di parola, lui, una persona che non tornava mai indietro sui propri passi, fermamente convinto che una persona valesse in base alla sua capacità di mantenere quanto promesso, e lui non voleva essere una persona di poco valore. Aveva parlato con voce pacata, cercando di essere chiaro e di permettere a chi aveva davanti di capire davvero quali fossero le motivazioni che lo avevano portato a decidere di rinunciare a tanto, di rinunciare a molto più di quanto avrebbe mai potuto sperare di avere.
“Non ho bisogno di sfruttare il loro potere” – aveva dichiarato senza esitazioni – “E non ne ho bisogno perché ho già tutto quello che mi serve. Ho la mia intelligenza, la mia casa, e soprattutto, voi, la mia famiglia… Credo che possa bastare, non trovate?”.
Nappa e Radish avevano accennato un sorriso, pienamente consapevoli di quanto era stato loro detto. Non avevano nutrito il minimo dubbio sul fatto che il loro adorato fratello avesse potuto anche solo pensare di cambiare idea e, dal canto loro, non c’era niente che le sfere del drago create dal capo dei saggi namecciano potessero dargli. Le due creature avevano un unico desiderio da esprimere, ma ormai avevano quasi del tutto accettato la spiacevole situazione in cui si erano loro malgrado ritrovati. Non c’era niente di peggio della rassegnazione, ma non potevano vivere inseguendo fino alla fine una chimera. Avevano la loro famiglia a cui aggrapparsi, di cui occuparsi e con cui condividere piaceri e dolori. Polunga non aveva potuto dare loro la completezza, ma aveva potuto restituirla a Kaharot, e questo bastava. Che Alpha restituisse pure le sfere ai legittimi proprietari e riportasse gli stessi a casa. A loro non importava. Avevano già ottenuto tutto quello che potevano ottenere sfruttando l’energia di quell’essere divino.
“Restituiamo a questo pianeta quello che dobbiamo” – aveva detto Radish, sedendosi comodamente sull’ampia poltrona girevole – “Non mi sembra il caso di rimanere in debito”.
“Sono d’accordo” – gli aveva fatto eco Nappa – “Questo non è il nostro posto, e non c’è più niente qui che possa interessarci. Ho bisogno di salpare e di scoprire nuovi mondi. Sono impaziente”.
“La tua sete di conoscenza è inarrestabile” – lo aveva canzonato bonariamente Alpha, sorridendo divertito – “Ma non posso non essere d’accordo. L’espediente che abbiamo utilizzato non durerà in eterno… Dobbiamo riportare le cose esattamente com’erano prima del nostro arrivo. Non voglio che si accorgano di quanto è accaduto, e non voglio essere causa di qualsiasi tipo di problema o inconveniente. Per questo ho preferito chiedere nuovamente la vostra opinione, soprattutto quella di Kaharot, che non ho ancora avuto il piacere di ascoltare”.
E Kaharot non aveva atteso ancora per molto prima di proferire parola, ma non senza aver prima chiuso per un lungo istante gli occhi, prendendo un lungo e lento respiro.
“Qualcosa ti turba, per caso?”.
“Turbarmi, dici?” – aveva chiesto ad Alpha, poggiandosi con i glutei sul passamano della ringhiera di metallo del terrazzino che dava sul piano inferiore, incrociando poi le braccia al petto, e Alpha non aveva potuto non sentirsi a disagio nel vederlo in quella posizione. Per un attimo, gli era parso di aver visto in lui qualcosa di Vegeta – “Non sono turbato” – era stata la sua candida ammissione, seguita da una pigra scrollata di spalle – “Sono solo sorpreso… Ci restano altri due desideri, credevo che volessi utilizzarli entrambi”.
Alpha non aveva risposto immediatamente, osservandolo per un lungo istante prima di proferire parola. Nappa e Radish erano piuttosto incuriositi dalla scena che si presentava davanti ai loro occhi. Non erano soliti porre domande ad Alpha o mettere in discussione i suoi propositi, e sembrava che Kaharot, l’ultimo arrivato, stesse facendo proprio quello. Era una situazione così nuova da sembrare paradossale ed irreale.
“Tu vorresti utilizzarli?” – gli aveva domandato, pacato, senza staccare neanche per un istante gli occhi dai suoi – “C’è qualcosa che desideri, fratello?”.
“Sai che non è così… Tutti voi sapete che non è così”.
Aveva preferito comunicare con loro telepaticamente, quasi come se stesse ricordando loro che non era difficile scoprire se la verità fosse tale o meno.
“Alpha non aveva intenzione di offenderti, fratello” – Nappa non aveva potuto evitare di intervenire. Kaharot era particolare, non c’era che dire. Orgoglioso e desideroso di esprimere la propria opinione su quanto aveva intorno, principalmente su ciò che lo toccava più da vicino.
“Ne sono consapevole” – aveva detto – “Pensavo solo che dopo gli sforzi fatti fino ad ora aveste deciso di sfruttare fino a fondo quanto ottenuto. Niente di più, niente di meno”.
‘Niente di più, niente di meno’, quelle erano state le sue ultime parole. Di seguito, nessuno di loro era più tornato sull’argomento, ma se c’era qualcuno capace di cogliere anche la più sottile sfumatura, il più infimo dettaglio, quello era Radish, e a Radish non era sfuggito lo sguardo apparso per un istante sul viso di suo fratello Kaharot.

 
*
 
Avevano restituito i namecciani a quel pianeta. Non era il loro pianeta natale, lo sapevano bene, ma rimaneva comunque la loro casa, e il tempo di restituire quel luogo ai padroni di casa era giunto da diverso tempo. Non era stato particolarmente complicato metterlo in atto: a Nappa era bastato chiudere gli occhi e concentrarsi per un breve attimo per far cadere in un sonno profondo i pochi abitanti di Neo-Namecc. Non si erano neppure accorti di quello che stava accadendo, cadendo tra le braccia del dio del sonno mentre erano occupati a svolgere i propri compiti.
Condurli in un unico luogo era stato ancora più semplice, e di questo si era occupato Radish, facendoli levitare in massa in una grande caverna situata presso l’immenso lago dalle acque di smeraldo. Ad Alpha era toccato il compito di rendere nulle le loro aure, creando una calotta di energia impercettibile attorno al luogo destinato al loro momentaneo riposo. Era stato divertente vedere Goku e Vegeta passare lì vicino senza accorgersi di niente. La loro preoccupazione nei confronti dell’ipotetico infausto destino dei namecciani era stata commovente. Persino lo stoico principe dei saiyan si era lasciato turbare, anche se il suo cuore non era stato in tumulto solo per quella ragione. Alpha non aveva fatto tutto ciò che aveva fatto con il cuore leggero. Non era una creatura a cui piaceva mettere in atto sotterfugi per ottenere quello che desiderava, ma allo stesso tempo era stato messo con le spalle al muro pur di veder esaudito il suo più grande desiderio. Era stato creato per unirsi a Vegeta, era stato messo al mondo per riunirsi a lui, ergo non c’era niente di sbagliato nel voler portare a termine qualcosa che era stata predestinata. Eppure, qualcosa in lui gli aveva suggerito più volte che provocare sofferenza in qualcuno che si sentiva così vicino fosse sbagliato. Ma, allo stesso tempo, sapeva di non avere alternative. Sapeva di non averne e basta. Era stato lui a provocare in Vegeta quel genere di sogni, le visioni che lo avevano fatto diventare l’essere in gran parte sottomesso che era stato prima di unirsi a lui. L’eroico gesto di Kaharot era stato davvero provvidenziale: se non fosse stato per via di quell’episodio, Vegeta non avrebbe mai avuto il crollo che lo aveva portato sull’orlo del baratro. E se non fosse stato per il bambino dagli occhi azzurri, per quel bambino nato dal ventre della donna terrestre, probabilmente non sarebbe mai arrivato in tempo, probabilmente non avrebbe avuto modo di potersi ricongiungere a lui.
Aveva dato a Vegeta un assaggio del suo potere: non aveva del tutto provocato deliberatamente quelle immagini terrifiche, ma aveva mostrato all’essere da cui era stato creato quale sarebbe potuto essere il destino di chi aveva così tremendamente a cuore. Così, qualche tempo dopo la scomparsa prematura di Kaharot, Vegeta aveva cominciato a trascorrere notti agitate, sognando in maniera sempre più chiara tutte le fasi di quello che sarebbe stato lo scontro definitivo, la battaglia che avrebbe visto la disfatta totale del suo mondo. Aveva fatto in modo che tutto cominciasse con un semplice sentore di pericolo: niente più che una sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco, una fitta alla nuca, una sensazione di vertigine. Non era stato in grado di spiegare a se stesso quello che gli stava capitando. Erano troppe le sensazioni che lo stavano sconvolgendo da qualche tempo, e l’aver perso il più grande stimolo dei suoi ultimi anni era stato un colpo molto duro anche per uno della sua tempra. E poi c’era la donna terrestre che continuava a tenergli il fiato sul collo, aumentando i suoi tormenti e continuando a distrarlo dagli stimoli che stava cercando di infondergli a pillole.
E, di lì a poco, la prima visione si era affacciata nel suo inconscio. Le immagini in un primo momento sfocate erano diventate man mano più nitide, prendendo piede nella dimensione onirica fino a scorrere come le scene di un film dell’orrore in cui lui era il mostro che uccideva l’eroe, ponendo fine anche alla breve vita della creatura che un giorno lo avrebbe chiamato padre. Lui, un essere mostruoso dagli occhi rossi come il fuoco, aveva ucciso il frutto del suo seme, seminando l’orrore in quella che aveva iniziato a diventare la sua casa.

Inizialmente, aveva preso quegli incubi notturni come una manifestazione del proprio istinto saiyan, una sorta di monito che voleva ricordargli chi fosse in verità. Per un breve periodo aveva continuato ad allenarsi, cercando di sfogare la rabbia per aver perso l’occasione di battere sul campo il saiyan di terza classe che aveva osato avere pietà di lui. Non gli importava più nemmeno di essersi reso conto che un mezzosangue lo avesse superato in potenza, ormai. L’unico suo pensiero era Kaharot, il suo chiodo fisso era Kaharot, ma lui non c’era più. E Vegeta era presto sprofondato nella più totale negazione di stesso, perdendosi in quella dimensione che non sapeva più se fosse reale o meno.
Non sapeva più chi fosse. Non era più il cinico guerriero al servizio di Freezer, questo lo sapeva bene da tempo, ma non era diventato neanche un terrestre dall’animo buono e gentile. Potendo scegliere, avrebbe di gran lunga preferito tornare ad essere quello di prima, ma perché, se era davvero così, la figura che vedeva nei propri sogni lo terrorizzava fino a quel punto? Aveva sempre desiderato essere temuto, rispettato, anche odiato per essere finalmente diventato la creatura più potente della galassia. Allora, perché nel vedersi mentre privava della vita quel bambino che si era sempre rifiutato anche solo di prendere in braccio aveva avuto un tuffo al cuore? Perché aveva provato un tale disgusto di se stesso da non riuscire neppure a guardarsi nello specchio troppo a lungo? Alpha conosceva bene la risposta a tutti i quesiti che avevano preso forma nella mente del principe dei saiyan, ma non avrebbe mai permesso che anche lui ne diventasse consapevole. Vegeta gli serviva così perché l’unione dei loro corpi venisse garantita: Vegeta doveva essere debole e più vulnerabile che mai. Sorprendentemente, quanto ordito aveva causato un effetto particolare sul saiyan: l’avvicinamento a quella creatura che dilaniava ogni notte in sogno, una creatura che aveva deciso inaspettatamente di proteggere prendendo la difficile decisione di smettere di combattere. Non era stato per nulla semplice per lui: aveva dovuto reprimere a lungo il proprio istinto, la voglia di libertà e il desiderio di sfogarsi, ma aveva resistito. Il dolore e il disgusto che provava ogni volta nel vedersi mentre polverizzava quel corpicino indifeso era troppo grande da sopportare anche per uno come lui.
Ma Vegeta non aveva preso una simile decisione fidandosi ciecamente di un sogno, no. Alpha sapeva che ingannarlo non sarebbe stato così facile. Per questa ragione, aveva cominciato a fare in modo che lui avesse delle visioni, autentiche allucinazioni avute in pieno giorno, specialmente in presenza del bambino, quando la voglia di combattere contro di lui per testarne la forza e i miglioramenti aumentava a dismisura. Così, sempre più spesso, Vegeta vedeva suo figlio sanguinare, vedeva i suoi occhi grondare lucenti gocce scarlatte e il suo corpo coprirsi di una moltitudine di lividi e cicatrici, vedeva suo figlio accasciarsi al suolo privo della linfa vitale che lui stesso aveva contribuito a donargli.

Aveva avuto un attacco di violenta febbre la prima volta che ciò era successo. Mai in vita sua si era sentito male per colpa di un’emozione troppo forte, e questo lo aveva colto ancora di più di sorpresa, convincendolo di aver improvvisamente sviluppato il dono che alcuni saiyan tenevano nascosto, convincendolo di aver sviluppato il dono della premonizione.
Alpha si era sentito un autentico verme nel fare una cosa del genere, ma che speranze poteva avere? Voleva ricongiungersi a Vegeta a tutti i costi, e voleva, DOVEVA, trovare il modo di creare la famiglia perfetta, annettendovi anche il giovane Kaharot, perché lui sapeva che un giorno o l’altro sarebbe tornato, lo sentiva nell’animo. Così come lo sapeva Vegeta, del resto. E per questo aveva dovuto aspettare, pazientare fino al giorno del torneo. Quale occasione poteva essere più propensa di quella? Kaharot era tornato solo per poche ore, ma poteva tornare davvero, e Vegeta avrebbe potuto porre un ulteriore freno, avrebbe potuto impedire a quelle visioni così infami di diventare realtà. Nelle scene che si presentavano sempre più frequentemente davanti ai suoi occhi, Kaharot apparteneva ancora al Regno dell’Aldilà, ed era per sua mano che la sua presenza spariva definitivamente da qualsiasi mondo, conosciuto e non. Era lui, con le sue mani, a recidergli la testa dal collo e a giocare con i resti del suo cadavere ancora caldo. E, stranamente, la cosa, invece che provocargli l’immenso piacere che aveva creduto, lo aveva fatto sentire più sporco che mai. Sarebbe bastato modificare un particolare, anche uno piccolissimo affinché le cose cambiassero e quel destino così crudele non si avverasse, e Vegeta aveva tutte le intenzioni di fare ciò, anche se aveva dovuto avere a che fare con quella vocina dentro di sé che continuava a sussurrargli di non dare ascolto a simili sciocchezze.

Alpha aveva sofferto insieme a lui, maledicendosi per non aver potuto fare a meno di evitargli tutto quel dolore. Ma, alla fine, era riuscito ad ottenere esattamente quello che voleva: alla fine, era riuscito a fare in modo che Vegeta decidesse di riportare in vita Goku utilizzando i nuovi straordinari poteri di Polunga. Avevano organizzato tutto con cura, anticipando ogni loro mossa e posizionando in maniera più che strategica le sfere del drago che lui, Nappa e Radish avevano trovato poco prima.
L’ansia di Vegeta era stata oltremodo giustificabile, ma Alpha non voleva più pensare a quello che era stato, preferendo concentrarsi sul futuro grandioso che sperava per lui e per i suoi fratelli.
Vegeta non rappresentava più un ‘problema’, se così si poteva definire. Vegeta non era più un futuro irraggiungibile, ma era una certezza, il presente, e lui voleva viverlo appieno.
Per questa ragione, lui, Nappa, Radish e Kaharot, avevano provveduto a ristabilire l’ordine, riportando i namecciani nelle proprie abitazioni e lasciando le sfere del drago all’utilizzo da parte di chi ne avrebbe avuto maggiore bisogno.

“Ecco… Finalmente tutto è tornato come prima” – aveva detto Nappa, adagiando con delicatezza un bambino namecciano sul proprio letto.
“Sì…” – Alpha era raggiante, proiettato completamente verso il domani – “Ora, non ci resta che partire. Sapete, credo che visitare i pianeti prossimi a questo non sarebbe affatto una cattiva idea…”.
“E’ vero…” – aveva detto Radish – “Potremmo studiare la popolazione autoctona e…”.
“Interagire con essa” – aveva completato la sua frase Nappa.
Brevi cenni di approvazione erano stati scambiati tra loro. Tra tutti, tranne uno.
“Perché limitarci ai pianeti che circondano questo?” – era intervenuto Kaharot, rompendo nuovamente gli schemi – “Perché accontentarci…”.
“Accontentarci?” – Nappa era confuso, e non era il solo.
“Sì…” – aveva incalzato con la sua voce suadente – “Accontentarci. Ci sono posti molto più interessanti dei sassi che abbiamo qui attorno… Uno in particolare, e sono certo che Alpha possa capirmi…”.
Sentendosi chiamato in causa, il maggiore dei presenti aveva chinato il capo, aggrottando le sopracciglia con aria interrogativa.
“Sì… Alpha può capirmi… E’ per questo che dovremmo partire alla volta della Terra”.

 
Fine parte XVI
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Eccomi… Scusate per l’assenza, ma ho preferito far trascorrere il mese di agosto prima di tornare ad aggiornare.  Come avete trascorso le vacanze? Io abbastanza bene! Ma devo tornare a studiare, e la cosa mi deprime non poco… Ma pazienza…
Tornando a parlare della fic, spero che adesso le cose siano sempre più chiare rispetto al bizzarro comportamento di Vegeta! E’ un capitolo strano, questo. Non prevedevo di utilizzare un linguaggio così ricercato in alcuni passaggi, ma devo ammettere che si è scritto in completa autonomia. Ormai le mie storie hanno vita propria! Orbene, che ne pensate di Kaharot? Aspetto un vostro parere a riguardo…
Ragazzuoli, cerco un buon film, mi rilasso, e vado a nanna!
A presto!
Bacini
Cleo

 
   
 
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