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Autore: Jade_Echelon    04/09/2014    2 recensioni
Tratto dal 3° capitolo:
“Non pensavo suonassi.” Una splendida voce mi trascinò fuori dai miei pensieri, riportandomi brutalmente alla realtà.
Riaprì gli occhi, che si erano riempiti di lacrime, quando mi accorsi che Jared era appoggiato al muro, mi guardava incredulo.
Me li asciugai velocemente, e rimisi subito la chitarra al suo posto.
“S-scusa. Mi dispiace, veramente.” La mia voce uscì quasi come un soffio. “È che era da così tanto tempo che non suonavo. Non sono riuscita a resistere.” Confessai con un mezzo sorriso.
Lui intanto mi si era avvicinato e quel profumo tanto dolce mi annebbiò i sensi. “Stai bene?” mi chiese. Sembrava veramente preoccupato. Gli sorrisi. “Si, certo.”
“Sei brava.” Osservò.
[...]
Si fermò, e mi guardò, anche lui con gli occhi lucidi.
“Gli eventi improvvisi ci coglieranno sempre impreparati. Possono causarci dolore, ma ci insegnano anche a sopravvivergli.”
Pronunciò quelle parole guardandomi negli occhi come mai aveva fatto.
Quella volta ci lessi dentro disperazione, dolore, ma anche forza e sicurezza.
Quella volta, il suo sguardo mi lasciò senza parole.
Si alzò, rimise la chitarra al suo posto e senza dire un parola in più si allontanò dalla stanza.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Ero seduta al tavolo, con il computer davanti a me, mentre aspettavo che la voce suadente, ma annoiata, agli altoparlanti annunciasse che l’aereo fosse pronto per decollare.
Ero diretta a Los Angeles, la città degli angeli. Non ero mai riuscita a capire perché la chiamassero così.
Si trattava di un viaggio di lavoro, fortunatamente pagato dal mio capo redattore. Ancora non sapevo quale fosse lo scopo di questo viaggio affrettato a Los Angeles, ma ne ero comunque entusiasta.
Ripensando alla telefonata avuta con il mio capo si trattava di qualcosa di grosso, un’opportunità che non potevo farmi scappare.
Era mattina presto, ed ero esausta, ma avevo poco tempo, quindi inizia a studiare alcuni appunti inviatomi dall’amministrazione bevendo un po’ di caffe. Mi avrebbe aiutato a rimanere concentrata.
Poi improvvisamente, qualcuno mi investì – letteralmente – facendomi rovesciare tutto il caffe sul computer.
Ma che razza di modi sono?! Mi alzai di scatto, irritata. Un uomo con una felpa scura, e il cappuccio tirato su, si incamminava affrettato verso il centro informazioni, sbraitando qualcosa al telefono.
“ Scusami, ma fai seriamente?” Chiesi scioccata.
Non mi degnò nemmeno di una risposta. Lo raggiunsi e lo afferrai dalla felpa.
“ Ehi. Sto parlando con te, razza di cafone maleducato!”
Lui si girò.  Aveva gli occhiali da sole che mi impedivano di vederne gli occhi, ma si capiva benissimo dall’espressione del viso che era incredulo.
“Come scusa?” Mi chiede inarcando un sopracciglio e abbassando il telefono.
“Mi sei venuto addosso, facendomi rovesciare tutto il caffè sopra al computer! Quel computer mi serve per lavorare.” Gridai esasperata. Era impossibile che non se ne fosse accorto!
Le sue labbra si tesero in un mezzo sorriso. Mi stava forse prendendo in giro?!
“ Ehi, non c’è bisogno di fare tutto questo casino. E poi sarei io il cafone!” Si trattenne a stento dal ridermi in faccia.
“ Spero tu stia scherzando. Non hai avuto nemmeno la decenza di chiedermi scusa! Non sei solo un cafone, sei anche un incivile!” Okay, forse ora stavo esagerando, ma quell’uomo mi irritava più di quanto pensassi possibile.
Questa volta non riuscì a evitare di ridere. “ Io sarei l’incivile? Fino a prova contraria sei tu che stai facendo una scenata assurda solo per un po’ di caffè!”
Si tolse gli occhiali da sole, e mi guardò negli occhi. Per un secondo persi il filo del discorso. Erano due occhi incredibili, azzurri come il cielo d’estate. Solo in quel momento mi resi conto della bellezza del suo viso. Delle ciocche castane cadevano leggere, incorniciandolo perfettamente. Aveva la carnagione chiara e le labbra perfette.
Poco dopo mi accorsi che ero rimasta imbambolata come una cretina. Arrossii sensibilmente e cercai di schiarirmi le idee.
“Strano che non ti abbia notato.. Di solito le belle ragazze le noto sempre.”
Disse sfacciato.
Ma con quale cazzo di coraggio?!
“ Sei pure arrogante e presuntuoso. Ottimo, ma sempre a me le teste di cazzo devono capitare?!” Mi chiesi retoricamente e sbuffai incazzata. “Sai cosa? Tieniti pure le tue scuse. Non mi interessa parlare con gente ad un livello di intelligenza tanto basso.”
Detto questo mi voltai e me ne andai a passo di carica, lasciandolo a bocca aperta. Probabilmente pensò che fossi pazza.
Stupido irritante uomo dagli occhi incantatori.
Qualche minuto dopo, la rabbia era sbollita e mi sentii un po’ in colpa mentre salivo sul mio volo. L’avevo aggredito, e avevo esagerato, ma quell’uomo era davvero arrogante.
Oltre ad essere di una bellezza spaventosa. Sbuffai. Perché diamine ci stavo ancora pensando?
Erano anni ormai che non pensavo più a nessuna persona di sesso maschile, e il fatto che quello stupido e irritante ragazzo m’avesse incantato con un solo sguardo mi faceva innervosire.
Decisi di concentrarmi sul panorama fuori dal finestrino.
Non era la prima volta che volavo. Mi piaceva farlo. Guardare il mondo dall’alto. Vedere tutte le luci, le nuvole calme.. Non so, mi rilassava.
Decisi che dato che il viaggio sarebbe stato parecchio lungo, potevo concedermi anche un po’ di riposo.
Socchiusi gli occhi e mi lasciai andare sul sedile.
Mi svegliai solo quando l’aereo fu atterrato. Scesi frettolosa e raggiunsi l’uscita dell’aeroporto.
Non ci potevo credere. Ero a Los Angeles!
Fuori dall’aeroporto c’era la macchina dell’amministrazione. Secondo il mio capo era necessario avere un buon mezzo di trasporto.
Il viaggio verso l’albergo in cui alloggiavo durò circa venti minuti. Mi persi un paio di volte, e fui costretta a chiedere indicazioni. Con l’Inglese me la cavavo abbastanza bene, mi affascinava come lingua, ma l’accento italiano era difficile da cancellare.
Arrivata in albergo rimasi per un attimo senza fiato.
Era incredibile. Non avevo mai visto niente di più grande e maestoso.
Com’è che l’agenzia aveva speso così tanto?!
Entrai un po’ intimorita. Non ero abituata a tanto lusso.
Alla reception mi consegnarono subito la chiave della mia stanza, che più di una stanza sembrava un “piccolo” appartamento.
Il fuso orario iniziò a farsi sentire. Avevo assolutamente bisogno di riposarmi.
Guardai l’ora, le 22.30. Decisi che potevo anche farmi una doccia e poi andare direttamente a letto. Domani sarebbe stata una giornata impegnativa.
Dei rumori fuori dalla mia stanza mi svegliarono. Mi girai un paio di volte confusa, prima di rendermi conto che provenivano da appena pochi metri dalla mia porta.
Cercai di stare il più in silenzio possibile, e cercare di capire di cosa potesse trattarsi.
Riuscii a distinguere due voci. Una più rauca e profonda e un’altra molto più melodiosa, anche se segnata da una sfumatura di frustrazione.
Capii quasi immediatamente che stavano discutendo.
Cercai di ignorarli, e tornare a dormire. Ma stavano facendo davvero troppo casino.
Mi alzai frustrata, e mi diressi alla porta.
L’aprii con uno scossone e me la richiusi violentemente alle spalle.
Quando se ne accorsero, si zittirono e si voltarono.
Non ci potevo credere. Non era possibile. Era lui!
Non aveva più la felpa pesante della mattina, al contrario, indossava una canotta nera e aperta fino ai fianchi. I pantaloni erano stretti e strappati alle ginocchia.
All’aeroporto non avevo potuto notarlo, ma ora senza la felpa che li copriva, i muscoli delle braccia spiccavano tesi. Un brivido mi percorse la spina dorsale.
Quasi non lo riconobbi, i capelli erano lunghi e spettinati, ma gli occhi erano inconfondibili.
“ Ma guarda un po’! Shan, ti ricordi che ti avevo parlato di quella bella ragazza all’aeroporto?” disse l’uomo al tipo di fianco. Quest’ultimo, ‘Shan’, era più basso, ma ugualmente bello. L’abbigliamento era molto simile, stessa maglia e stessi pantaloni, solo di colori diversi. Le braccia erano enormi. I muscoli pompati, sembravano quasi scoppiare..  Mi sentii a disagio. Lui annui, anche se sembrava confuso.
“Vedo che l’educazione tu proprio non sai cosa sia. Ma ti rendi conto di che ore sono?!” Sbottai frustrata, cercando di evitare il contatto visivo, per paura di perdere nuovamente il filo del discorso. “ Io domani devo lavorare. Non so se hai presente cosa voglia dire, ma ho bisogno di riposo.” Dissi acida.
Lui fece nuovamente quel mezzo sorriso, quasi come si stesse prendendo gioco di me, e quando ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, vidi accendersi una scintilla di malizia. “ Io, invece, mi sto chiedendo se ti sei resa conto di cosa stai indossando. Non è giusto torturare così un povero uomo.”
Sgranai gli occhi incredula. E poi mi ricordai che mi ero infilata la mia camicia da notte di raso blu dopo la doccia.
Avvampai di calore e mi copri istintivamente il seno con le braccia. Non era trasparente, ma mi sentii comunque completamente in imbarazzo.
Lui fece qualche passo nella mia direzione, e sorrise malizioso. “Beh, a questo punto potevi anche lasciarci guardare non pensi? Ora dovrò restare sveglio tutta la notte a pensarti..” Si era avvicinato ancora di più, ora distavamo solo pochi centimetri.
Aveva un profumo buonissimo.
“Dai Jared, lasciala stare!” Rise l’uomo accanto a lui.
Jared, allora era quello il suo nome.
Lui si morse il labbro inferiore.
Io feci un passo in dietro, andando a sbattere con la schiena contro la porta.
“S-stupido, arrogante e inopportuno!” Balbettai poco convinta. “Ogni volta che ti incontro sei sempre peggio! E fidati, non pensavo fosse possibile.”
Lui fece per controbattere, ma non gliene diedi il tempo. “Ora me ne torno a dormire. Te l’ho già detto, non perdo tempo con persone insulse come te. Buona notte.” Dissi in un fiato, aprii la porta ed entrai in stanza il più velocemente possibile.
Quello era tutto matto.
Mi appoggiai al muro, quasi esausta. Perché il mio cuore batteva così veloce?!

   
 
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