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Autore: Root    05/09/2014    7 recensioni
Cinquecentosessantadue giorni, pensava Percy mentre correva. Più di un anno e mezzo, durante il quale non aveva sentito una parola da lui, neanche un messaggio Iride, neanche una misera cartolina dagli Inferi o un piccione viaggiatore, assolutamente nulla, solo le parole di Hazel che gli dicevano che non doveva preoccuparsi, che Nico era ancora vivo e che, di tanto in tanto, si teneva in contatto con lei. Percy si fidava di Hazel, si fidava davvero tanto di lei, abbastanza da affidargli la sua stessa vita ma, arrivati a quel punto, aveva bisogno di qualcosa di più delle sue parole, aveva bisogno di una conferma visiva, di appurare con i suoi occhi che, sì, Nico esisteva ancora, non era stato solo una sorta di allucinazione collettiva.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Volevo postare ad un orario decente, ma non è stato possibile e non so se sarà possibile domani, quindi meglio se lo faccio ora. Non credo di essere soddisfatta di questo capitolo (anche perché qui ci sono sia Jason che Annabeth e non ho idea se siano IC o meno), ma lo posto lo stesso perché ormai credo che lo avrò riletto troppe volte perché io riesca davvero a modificarlo in modo sostanziale. Nonostante tutto mi è piaciuto scriverlo, quindi spero che a voi piacerà leggerlo :)




Percy e Nico avevano una sorta di routine, ormai. Dopo colazione andavano all'arena, e Nico lo aiutava ad addestrare i giovani semidei, poi si allenavano, guadagnandosi talvolta, anche un certo pubblico. Combattevano l'uno contro l'altro finché non cadevano al tappeto, sfiniti, il respiro affannoso come la prima prima volta che lo avevano fatto. La terza volta che avevano incrociato le spade, Nico era riuscito a disarmarlo.
-Non accadrà di nuovo- gli promise Percy.
-Vedremo- gli rispose lui con un ghigno sulle labbra.
E, in effetti, Nico non ci era riuscito nuovamente, ma Percy aveva avuto la sua vendetta quando era stato in grado di far volare via il suo ferro dello Stige. Il più delle volte, però, non c'erano né vincitori e né vinti. Restavano stesi per diverso tempo nella polvere dell'arena, cercando di riprendere a respirare normalmente e, anche sudato e con i polmoni praticamente fuori uso, Percy si sentiva incredibilmente bene.
Il comportamento degli altri semidei nei confronti di Nico era vario: alcuni lo ignoravano, altri, invece, soprattutto i più giovani, lo vedevano come un eroe di guerra grande e valoroso, ma temibile. Percy sorrideva quando li sentiva parlare di lui, e pensava che avevano ragione, perché era grazie a Nico, che aveva riportato indietro l'Athena Parthenos con Reyna e il coach Hedge, se il Campo Mezzosangue e il Campo Giove avevano evitato la guerra civile ed erano salvi. Nico meritava di essere chiamato eroe, tanto quanto i Sette della profezia.
Ma c'erano anche alcuni semidei che guardavano Nico come se fosse sul punto di aprire una voragine nella terra e farne uscire centinaia e centinaia di spiriti maligni, come se avesse sempre Cerbero alle calcagna. Percy sapeva che i figli di Ade non erano mai stati visti di buon occhio e poteva anche capirne la ragione, ma gli saliva comunque il sangue alla testa ogni qualvolta notava che qualcuno tentava di tenersi il più lontano possibile da Nico.
Percy aveva cercato di sedersi di nuovo al tavolo di Ade, ma una singola occhiata di Chirone gli aveva fatto cambiare idea. Eroe del campo o meno, le regole sono regole, sembrava dirgli il vecchio centauro. Trascinare Nico al falò, non era diventato più facile, ma Percy continuava a provare, e non sempre falliva.
Percy stava camminando per il campo, pensando di andare a cercare Nico, ovunque egli fosse, ma prima che potesse farlo, vide arrivare Jason.
-Ehi, Percy!
-Ciao, Jason, hai per caso visto Nico?
Jason lo guardò in silenzio per qualche istante.
-Ho notato che tu e Nico passate molto tempo insieme, ultimamente- gli rispose, ignorando la domanda.
C'era un nota strana nella voce di Jason. Irritazione, forse? No, Percy pensò che sembrava più impaziente che irritato, come se si aspettasse qualcosa da lui.
-Hmm... sì?
Non era certo di cosa esattamente Jason volesse comunicargli con quella domanda. Percy lo guardò, confuso, incontrando gli occhi del figlio di Giove e la sua espressione esasperata.
-No, voglio dire che passi ogni istante della tua giornata con lui.
Percy aprì la bocca per dirgli che non era affatto vero ma finì per richiuderla senza dire nulla. A ben pensarci, era vero, da quando era tornato, trascorreva praticamente tutto il suo tempo con Nico.
-Beh, ora non sto con lui- disse comunque.
Jason alzò gli occhi al cielo, lanciandogli un'occhiata più che eloquente.
-Quindi? Io e Nico siamo amici, non vedo cosa ci sia di male- disse, mettendosi sulla difensiva. Non riusciva a capire perché Jason gli stesse facendo quel discorso.
Il figlio di Giove si dovette trattenere per non mettersi le mani nei capelli.
-Siete amici, certo...solo amici, Percy? Sei sicuro?
Percy si chiese se Jason stesse delirando.
-Certo che siamo amici, Jason. Ti sembra tanto strano?
A quel punto, Jason se le mise davvero le mani nei capelli. Ogni secondo che passava, quella conversazione era sempre più strana.
-E io che pensavo che fosse lui quello cieco. In nome degli dei, Percy, apri gli occhi.
-Cosa? D'accordo Jason, scusa, devo andare.
Mentre percorreva le vie del Campo senza un meta precisa, Percy ripensava alla a dir poco bizzarra conversazione che aveva appena avuto con Jason e, per quanto ci ripensasse, continuava a non capire. Quel discorso lo aveva lasciato con la stessa sensazione che gli davano i suoi sogni, come se gli mancasse un importantissimo tassello del puzzle e non riusciva a trovarlo in alcun modo.
Percy aveva bisogno di una consulenza esterna, il ché significava che aveva bisogno di Annabeth.
La trovò seduta vicino al laghetto, immersa nella lettura di un libro molto grande che Percy sapeva essere di architettura e quindi, senza alcun dubbio, incredibilmente noioso per chiunque non fosse Annabeth Chase.
-Ciao Annabeth!-la salutò, sedendosi immediatamente accanto a lei.
-Ciao Percy- gli rispose lei. Alzò solo per un attimo lo sguardo dalla pagina, quindi una manciata di minuti dopo -Percy immaginò stesse finendo di leggere il capitolo- tornò a dedicargli la sua attenzione.
Aveva un sopracciglio alzato e un'espressione leggermente preoccupata.
-Cosa c'è che non va?
Il figlio di Poseidone non perse tempo a chiedersi come lei avesse fatto a capire immediatamente che aveva un problema; lui e Annabeth si conoscevano da una vita, ormai, erano stati amici, erano stati fidanzati, e ora erano di nuovo solo amici. Annabeth lo conosceva meglio di chiunque altro.
Percy le raccontò cosa era successo con Jason. Lei lo ascoltò in silenzio ma, ad ogni parola che lui diceva, le sue labbra sembravano incurvarsi un po' in più verso l'alto, così che quando Percy finì di parlare, stava apertamente sorridendo con l'espressione di chi ha compreso tutto; un'espressione che Percy aveva visto sul suo volto innumerevoli volte da quando si erano conosciuti..
-Credi che Jason sia innamorato di Nico? E che sia geloso di me?
-Io credo che tu sia uno stupido, Testa d'alghe.
Percy si sentiva piuttosto stupido, in effetti.
Annabeth fissò i suoi occhi grigi nei suoi verdi, e per un attimo, a Percy tornò alla mente il tempo in cui erano stati insieme. Si chiese quando aveva smesso di amarla in quel modo, quando erano tornati ad essere solo amici, ma non riuscì a darsi una risposta.
-Percy- disse lei sospirando, il sorriso ancora sulle sue sue labbra,-te lo chiederò direttamente, perché ti conosco e so che non c'è altro modo per fartelo capire. Cosa provi per Nico?
Percy ci mise qualche secondo per recepire la domanda, comprenderne il significato e analizzarla a fondo.
-Cosa...? Voglio bene a Nico, gli voglio davvero bene. Hm... mi piace parlare con lui, allenarmi con lui, anche solo stare con lui è piacevole, mi fa stare bene. Ogni tanto lo guardo, e mi sembra che sia così triste, come se si sentisse completamente solo e, per gli dei, vorrei che si rendesse conto che non è vero, che io ci sarò sempre per lui. Voglio poter fare qualcosa per lui, perché lui ha sempre fatto tanto per me, ma ho paura che possa andarsene di nuovo e credo che non potrei mai sopportare altri cinquecentosessantadue giorni senza vederlo e...- si interruppe, il pensiero di Nico che occupava completamente la sua mente. Ripensò a quando lo aveva abbracciato, e pensò a quanto gli sarebbe piaciuto poterlo stringere ancora, sentirlo vicino a sé e non lasciarlo andare mai più.
-Oh- disse semplicemente Percy, -Sono innamorato di lui.
Percy si sentì più stupido che mai. Era così ovvio, così incredibilmente ovvio, che fosse innamorato di Nico; Percy non capiva come avesse fatto a non accorgersene. Sentì il sorriso più grande che avesse mai fatto illuminargli il viso e, di certo, doveva avere l'espressione più stupidamente contenta dell'intero universo.
-Mi fa piacere che tu te ne sia finalmente accorto, Testa d'alghe.
-Sì, ma ancora non ho capito cosa volesse Jason.
-Probabilmente ha capito cosa provi per Nico, e pensa che Nico potrebbe provare la stessa cosa, ma non voleva dirtelo apertamente, anche se non saprei dire perché.
L'idea che Nico potesse effettivamente ricambiare i suoi sentimenti fece agitare qualcosa dentro di lui, la speranza di poter davvero stare con lui, di potergli sussurrare all'orecchio quanto lo amava, dirgli che non sarebbe mai potuto essere solo, perché Percy sarebbe stato sempre al suo fianco.
-Sappi però che se è vero, dovrai essere tu a fare la prima mossa, questa volta. Dubito che Nico sarà disposto a farlo.
Percy annuì, sollevato di aver finalmente dato un nome a ciò che provava per Nico e, contemporaneamente, incerto per quel che avrebbe dovuto fare a quel punto. Forse sarebbe dovuto essere strano parlare con Annabeth, che era stata la sua ragazza, del ragazzo di cui era innamorato ora; lui che le chiedeva aiuto lei che gli dava consigli. Ma, d'altra parte, Percy si era aveva pensato che sarebbe stato strano anche vederla dopo che lei lo aveva lasciato. Invece non era stato così. Non che lui non ci fosse rimasto male, certo, ma in realtà sapeva che era la cosa giusta: la loro storia era finita in modo naturale, e loro avevano continuato ad essere amici in modo altrettanto naturale.
-Ehi, Annabeth, dimmi una cosa, perché mi hai lasciato?- non glielo aveva mai chiesto prima, ma adesso aveva l'impressione di intuire la risposta.
Annabeth gli sorrise, i suoi occhi grigi avevano una bella sfumatura alla luce del sole.
-La nostra storia era finita anche prima che io ti lasciassi, Percy, anche se non volevamo ammetterlo. Ma diciamo che mi sono accorta che era giunto il momento quando hai iniziato a passare più tempo a contare da quanti giorni non vedevi Nico, piuttosto che con me.
Percy stava per dirle che gli dispiaceva, che si sentiva in colpa, ma si fermò. Era vero, sapevano che loro storia era finita, che erano solo amici, eppure entrambi avevano cercato di ignorarlo. Il fatto che Annabeth se ne fosse resa conto perché aveva capito cosa lui provasse per Nico, lo fece quasi scoppiare a ridere. Percy si chinò su di lei, dandole un leggero bacio sulla guancia.
-Grazie, Annabeth. Sei sempre la migliore.
-Lo so, lo so, Testa d'alghe.


~


Nico era certo, da quando aveva saputo che Jason era tornato al Campo Mezzosangue, che lui sarebbe andato a cercarlo. Ciò che non si era aspettato era che Jason non cercasse neanche di far finta di girare intorno all'argomento.
-Sai, lui e Annabeth si sono lasciati- gli disse quasi immediatamente dopo averlo visto.
Nico avrebbe potuto scommettere che Jason si stava trattenendo per non sorridere apertamente come un idiota davanti a lui.
-Sì, ho saputo- si limitò a rispondere, affrettandosi a sopprimere quella fiammella di speranza che minacciava di accendersi dentro di lui ogni volta che si toccava l'argomento,-Ma non so il perché.
-Neanch'io lo so, è la loro vita privata, dopotutto. Ma sono rimasti amici.
Nico non rispose. Sapeva che erano rimasti amici, li aveva visti. Era rimasto sorpreso, per non dire sconvolto, quando lo era venuto a sapere. Era accaduto prima che lui facesse ritorno, ma una notizia del genere faceva scalpore al campo e -sopratutto grazie ai figli di Afrodite- alla fine aveva raggiunto anche le sue orecchie.
-Dovresti dirglielo, Nico.
Prima che Jason potesse lanciarsi in uno dei suoi discorsi per convincerlo a dichiararsi, Nico gli rivolse uno sguardo che di amichevole aveva ben poco. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era Jason che gli dava false speranze.
-Solo perché si sono lasciati non significa che lui vorrà stare con me. Siamo amici, solo amici.
Pronunciò la parola “amici”come se gli bruciasse sulla lingua, come se non vedesse l'ora di liberarsene, di dimenticarne il sapore agrodolce. Sentì lo sguardo simpatetico di Jason puntato dritto su di lui e, anche se non lo stava guardando, poteva facilmente immaginare la sua espressione, gli occhi pregni di quella pietà di cui Nico non aveva per niente bisogno: pietà per qualcuno destinato ad essere innamorato per sempre di una persona che mai lo avrebbe ricambiato.
-Nico... credo davvero che dovresti dirglielo.
Jason accompagnò le sue parole con un sospiro esasperato, poi colse il momento per fare una spettacolare uscita di scena e, dopo avergli messo una mano sulla spalla, si girò e andò via prima che Nico potesse aggiungere una sola parola, lasciandolo solo e nervoso. Decisamente nervoso. Perché se c'era una cosa che Jason conosceva di lui, erano i suoi sentimenti per Percy e, per quanto Nico avesse cercato di dimenticarli, di ignorarli, di passare avanti, entrambi sapevano che era cosa praticamente impossibile. Jason non poteva pretendere che lui semplicemente si dichiarasse. Nico poteva vedere la scena che si sarebbe verificata, una scena che aveva immaginato più e più volte nella sua testa, e che terminava sempre nello stesso modo.
Nico continuava a ripetersi che lasciarsi alle spalle quei sentimenti era impossibile, che non poteva farlo; ma, la realtà, era che lui non voleva farlo; era stato innamorato di Percy da quando aveva dieci anni, non poteva neanche pensare di provare quei sentimenti per qualcun altro, anche se ciò significava restare da solo, a guardare da lontano.
Ripensò alla sera trascorsa sulla spiaggia insieme a Percy, a come era stato bello sentire le sue braccia attorno a sé, aggrapparsi a lui; com'era stato bello, maledettamente bello e dannatamente sbagliato, pretendere che potessero essere qualcosa in più di semplici amici.
É il momento di andarsene di nuovo, pensò.


~

Percy aveva pensato che sarebbe stato facile. Aveva pensato che, essendo ora consapevole dei suoi sentimenti per Nico, sarebbe stato facile andargli vicino e confessarglieli. Aveva avuto questa convinzione mentre girava per il campo, guardandosi attorno e chiedendosi dove fosse il figlio di Ade, la mente rivolta ai discorsi che aveva avuto con Jason e con Annabeth. Questa sua leggerezza era sopravvissuta finché non aveva trovato Nico. Vederlo gli provocò sentimenti strani, confusi e contrastanti. La prima cosa che fece fu sorridere, cosa che negli ultimi tempi gli capitava fin troppo spesso quando si trattava del più piccolo; si limitò ad osservarlo da lontano per un po', e si chiese come avesse potuto essere tanto cieco difronte all'ovvietà, un'ovvietà tale che anche Jason se ne era accorto. Si domandò come avesse potuto ignorare il fatto che, ogni volta che era con lui, non riusciva a distogliere gli occhi dall'esile figura di Nico e che avrebbe potuto continuare a guardarlo per il resto della sua vita se gliene fosse stata data l'opportunità, affogando nelle sensazioni che ciò gli provocava; si chiese come avesse potuto non capire cosa significasse che, in quelle situazioni, tutto ciò che voleva era farsi più vicino a lui, allungare una mano e toccarlo, avvicinarlo a sé.
Un'ondata di consapevolezza, simile ad una doccia gelata, si abbatté su di lui all'improvviso, risvegliandolo dal suo sogno ad occhi aperti e riconducendolo alla realtà. Il sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento, abbandonò il suo viso.
Non posso farlo. Non posso semplicemente andare e dirglielo, non posso.
Percy ebbe la stessa sensazione di quando si era trovato vicino a Crono: come se il tempo fosse rallentato tanto da apparire immobile, come se non avesse la forza di muoversi, come se il suo corpo non gli appartenesse più. Forse si trattò di un'esagerazione ma, di certo, Percy finì per ritrovarsi completamente destabilizzato nel giro di pochi istanti.
Non poteva dire a Nico che era innamorato di lui. La conversazione che aveva avuto con Jason gli ronzava ancora nelle orecchie, così come le parole di Annabeth, che gli dicevano che forse, i suoi sentimenti non erano a senso unico. Ma se così non fosse stato? Se Nico lo considerava solo un amico allora si sarebbe allontanato da lui, e Percy non poteva permettere che accadesse una cosa simile, non ora che finalmente Nico aveva smesso di evitarlo e di scappare via ogni volta che lui gli si avvicinava.
Ma se c'era una cosa che davvero lo spaventava in quella situazione, era che, in un modo o in un altro, Percy avrebbe potuto far soffrire Nico e quella era l'ultima cosa che voleva. Percy sapeva che non lo avrebbe mai fatto intenzionalmente, ma non si fidava abbastanza di se stesso per giurare che non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male senza rendersene conto. Lo aveva fatto tante volte, prima con Annabeth, poi con Rachel e con Calipso e se fosse capitato ancora, con Nico, Percy non se lo sarebbe perdonato.
Pensò a cosa gli avrebbe detto Afrodite se si fosse trovata lì con lui, si chiese se gli avrebbe suggerito di dichiararsi. Sicuramente sì, perché Afrodite, come tutti gli altri dei, si preoccupava ben poco delle conseguenze che le proprie azioni avevano sugli altri. Aveva detto che avrebbe reso la sua vita sentimentale interessante, tanti anni prima.
Angoscia, indecisione, sembrava che la dea gli stesse sussurrando all'orecchio.
Nico era importante per lui, lo amava, lo aveva capito, ma se rivelargli i suoi sentimenti avrebbe potuto significare farlo soffrire, o farlo allontanare da lui, allora Percy preferiva restare a guardare da lontano, continuando come avevano sempre fatto; perché -era banale e scontato, ma vero- preferiva averlo come amico, che non averlo affatto.

  
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