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Autore: _Leviathan    05/09/2014    1 recensioni
Frank Iero e Daisy Snowdon sono migliori amici. Frequentano il liceo a Westwood, nel Minnesota, e hanno un compito da portare a termine: Scattare delle fotografie che facciano vincere loro il concorso di fotografia della scuola.
Daisy è sicura di aver trovato la location perfetta: L'ex Ospedale Psichiatrico di Westwood.
Solo nel momento in cui Daisy e Frank si recheranno lì, si renderanno conto che quel luogo nasconde un terribile segreto.
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bandit Lee Way, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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***Salve a tutti! Come l'altra volta, vi consiglio di rileggervi il capitolo precedente perchè ha subìto qualche piccola modifica. 
Buona lettura!***




 
Capitolo 7


 



C’era voluta un’ora e mezza per arrivare. Il luogo in cui ci trovavamo era nel bel mezzo del nulla, e non potevo credere che quella fosse la destinazione.
Guardavo scettica la catapecchia abbandonata in mezzo al prato rinsecchito. Tutta l’erba che vi cresceva era ingiallita, i pochi alberi erano secchi e storti.
Gerard scese dall’auto e sorrise. – Casa dolce casa! –
Sollevai un sopracciglio. – Sei serio? –
Sorrise di nuovo, ma in modo… strano. Si avviò verso la catapecchia. Guardai Frank, che non riuscì a trattenere un sorrisino, e lo seguimmo.
 
Si chiamava Gerard Way e aveva ventisette anni. Aveva una figlia piccola, Bandit,
mentre sua moglie era stata presa cinque giorni prima dalla banda di Machete.
Nonostante fosse incazzato nero, cercava di non darlo a vedere. E ci riusciva.
La ragazza, invece, si chiamava Amanda Hendrick. Venticinque anni, si trovava a Westwood per frequentare il college. Si era ritrovata con Gerard e gli altri solo perché era stata abbastanza scaltra da riuscire a sopravvivere.
Non ci avevano ancora detto dove fosse finita tutta la gente. O meglio, come fosse morta. A questo punto era l’opzione più probabile.
I due svitati del pulmino invece erano Oliver Sykes e Jared Leto, fratellastri. Stessa madre, padri differenti. Il padre di Jared era morto quando lui era molto piccolo, così sua madre si era risposata e aveva avuto Oliver.
Non si assomigliavano per niente.
 
Eravamo arrivati.
Prima di aprire la porta, Gerard si voltò a guardare me e Frank. – Preparatevi. –
Non seppi che cosa rispondere, così sorrisi. Ero piuttosto imbarazzata. Che cosa poteva nascondersi di tanto grandioso in un casotto pericolante di cinque metri quadrati?
Mi convincevo sempre di più che quei quattro fossero completamente svitati.
Erano sopravvissuti solo i pazzi?
Misi un piede all’interno convinta che l’intera struttura mi sarebbe caduta rovinosamente addosso. E invece resse. E fu in quell’istante che capii che non erano dei folli, ma dei geni.
Quella specie di favela non era il rifugio, bensì la copertura.
C’era una scala che portava di sotto. Gerard accese la luce. La percorremmo, e una volta arrivati in fondo ci si aprì un mondo intero. Era enorme. Un corridoio che doveva essere lungo almeno venti metri correva longitudinalmente fino ad un punto non rischiarato dalla luce artificiale, e dozzine di porte si aprivano alla sua destra e sinistra. Mi sembrava di essere finita in un libro di Harry Potter.
Guardai di sfuggita Gerard. Sembrava piuttosto orgoglioso, si guardava intorno e annuiva. – Allora, che ve ne pare? –
– E’ una figata. – Sentenziò Frank.
Si, era una figata.
– Venite, vi accompagno alla vostra stanza. –
Lo seguimmo lungo il corridoio mentre gli altri andavano in quello che - avevo visto solo di sfuggita - doveva essere una specie di soggiorno.
–  Bene, eccoci qua. –
Nella stanza c’erano un paio di comodini, una scrivania e… un letto matrimoniale. Guardai Frank. Gerard si grattò la nuca. – Beh, se… ecco, se avete bisogno dei preservativi ditemelo, abbiamo ancora qualche scatola. –
Oddio. L’aveva detto davvero?
Pensavo di non aver mai provato un imbarazzo tale in tutta la mia vita.
Non osai guardare in faccia Frank. – Ehm… noi non stiamo… insieme. – Balbettai. Dieci a uno che ero rossa come un pomodoro.
Gerard sollevò un sopracciglio. – Non ci credo. Ma ehi, a me potete dirlo! –
– Davvero Gerard. Non stiamo insieme. –
“Dio, se ci sei, fa che questa tortura finisca presto.”
– Uh. Okay. – Fece spallucce. – Ma non ci sono altre stanze libere. Cioè… non abbiamo altri letti. –
– Questo non è un problema, non ti preoccupare. –
Gerard annuì. – Okay. Beh, allora… sistemate le vostre cose e… ci vediamo tra un’ora nella terza stanza a destra dall’inizio del corridoio. – Silenzio imbarazzato. – A… a dopo. –
– A dopo. – Mormorammo in coro io e Frank.
Gerard uscì chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
Non so per quanto tempo io e Frank ci guardammo, fatto sta che dopo qualche secondo lui cominciò a ridacchiare, e più il tempo passava più la sua risata aumentava d’intensità. Mi buttai su di lui tappandogli la bocca con il palmo della mano.
– Taci scemo, così ti sentirà! – Troppo tardi, stavo ridendo anch’io.
Mi sollevò di peso e mi buttò sul letto, poi si sdraiò al mio fianco. Guardavamo il soffitto grigio ammuffito, ridevamo, entrambi con le mani sullo stomaco.
– Oddio Daisy, sono un branco di svitati. – Disse ridacchiando.
– Assolutamente. Ma abbiamo avuto fortuna a trovarli. – Tornai seria. – Senza di loro, probabilmente saremmo morti. –
Frank sospirò pesantemente. – Già. – Se ne stette in silenzio per un po’. – Comunque, credo che mi piacciano. –
– Anche a me. –
– Daisy? –
­– Si? –
– Sembriamo davvero una coppia? –
Gli occhi puntati sul soffitto, mi fermai a pensare a tutte le cose che io e Frank avevamo fatto insieme. Il punto era che io e Frank facevamo tutto insieme.
– Penso di si. –
 
Esattamente un’ora più tardi, ci trovavamo tutti e sei nella terza stanza a destra dall’inizio del corridoio.
Delle poltroncine erano state disposte circolarmente attorno ad un tavolino di legno ingombro di carte e piante geografiche. Su alcune di esse erano tracciate delle “x” in determinati punti.
Gerard e Amanda confabulavano qualcosa sottovoce, Oliver e Jared fumavano sigarette e ridacchiavano.
Sigarette. Da quanto tempo non ne fumavo una?
Mi morsi il labbro inferiore. Dovevo-assolutamente- rimediare-una-sigaretta.
Daisy Snow e le complicazioni da dipendenza, da Settembre in tutti i cinema.
In realtà, non feci neanche in tempo ad aprire la bocca per chiederne una ad Oliver, perché la porta si spalancò e una cosina minuscola ed urlante irruppe correndo verso Gerard con le braccine spalancate.
Doveva essere Bandit.
– Papi! – Esclamò.
Si, era Bandit.
Il volto di Gerard si illuminò all’istante. – Ehi, Bee! – La sollevò da terra e la fece sedere sulle sue gambe.
Nella stanza era entrata anche un’altra persona. Era un ragazzo, alto e biondo. Somigliava molto a Gerard, anche se i suoi lineamenti erano più affilati.
Sembrava piuttosto serio.
– Ehy babysitter, ci sei mancato! – Lo salutò Oliver, facendo per dargli il cinque. Ma lui non lo considerò minimamente, la sua attenzione era tutta per me e Frank.
Sollevò un sopracciglio. – E voi chi siete? –
Rispose Gerard. – Loro sono Frank e Daisy. Scappavano dalla banda di Machete. –
Mi voltai immediatamente verso di lui. Anche loro lo chiamavano Machete? Da non credere.
– Frank, Daisy… lui è Mikey, mio fratello. –
Ecco spiegata la forte somiglianza.
Mormorai un “piacere”. Frank sorrise impacciato. Mikey sporse il labbro inferiore e annuì. – Beh, benvenuti allora. – E si sedette sull’ultima poltroncina rimasta.
– Allora Bee… – Disse Gerard rivolto a sua figlia, che nel frattempo sembrava essersi interessata particolarmente ad una ciocca dei suoi capelli. – Ti sei divertita con lo zio Mikey? –
La bimba annuì energicamente e sorrise. – Si! Abbiamo giocato ad “ammazza lo zombie”! –
Gerard spalancò gli occhi e lanciò un’occhiataccia a Mikey, che alzò le mani per discolparsi. – Ehi, è stata lei ad insistere! –
Gerard sospirò e alzò gli occhi al soffitto, tornò poi alla figlia.
– Bandit, non devi giocare a quelle cose. –
– Perché no? – Piagnucolò la bimba.
– Perché no. –
Bandit mise il broncio e incrociò le braccine. Gerard sorrise dolcemente. Spostò i capelli che erano caduti sul viso della figlia e le stampò un bacio sulla fronte. – Su, fai la brava. –
Bandit tirò su col naso. – Quando torna la mamma? –
Sul volto di Gerard, per un istante, si dipinse un’espressione di pura apprensione, che mascherò subito dopo con un lieve sorriso. – La mamma torna presto. –
Si alzò in piedi e, la figlia in braccio, si avviò verso la porta. – Forza Bee, andiamo a fare la nanna. –
Gli occhioni castani di Bandit, che spuntavano da sopra la spalla di suo padre, fecero più volte avanti e indietro da me a Frank. Poi, Gerard abbandonò la stanza.
Tornò circa dieci minuti dopo, tempo in cui nessuno, all’interno della terza stanza a destra dall’inizio del corridoio, aveva aperto bocca.
Gerard tornò a sedersi sulla poltrona. – Bene! – Fece, schioccando la lingua sul palato. – Ecco il piano. – Prese quella che riconobbi come la pianta geografica di Westwood e dintorni, e puntò l’indice su una delle due “x” tracciate. – Qui è dove siamo noi… – Spostò l’indice sull’altra “x” – Mentre qui, è dove pensiamo si trovi l’acquartieramento della banda di Machete. –
Tutti annuirono. Io cercavo solo di capire dove volesse arrivare.
– Ora. Il piano è semplice a dirsi ma piuttosto complicato a farsi, quindi ascoltatemi bene. Domani partiremo per un’altra spedizione per assicurarci dell’esatta ubicazione dell’acquartieramento. Voi due – Fece, rivolto a me e Frank. – Starete qui. Partiremo molto presto e voi avete bisogno di riposare. –
Annuii, controvoglia. Frank fece lo stesso.
– Una volta certi della posizione della base, organizzeremo una seconda spedizione e ci apposteremo nei pressi del luogo. Probabilmente a questo punto avremo bisogno anche di voi. – Annuimmo di nuovo. – Poi, io cercherò di infiltrarmi così da poter tracciare una mappa dettagliata della base, e… –
– E’ troppo pericoloso. – Sentenziò Mikey. – Ti riconosceranno. –
– No, se non mi farò vedere. –
– E come farai a non farti vedere? E’ un suicidio, Gee. –
– Troverò un modo. C’è mia moglie la dentro, Mikey. Devo andare. –
Mikey scosse la testa ma non aggiunse altro. Effettivamente, anche io mi sarei comportata come Gerard se mi fossi trovata nella sua situazione.
– Quando avremo la mappa – Continuò. – Potremo organizzare un attacco e liberare Lindsey e, se siamo fortunati, anche qualche altro prigioniero, e scoprire perché quei bastardi hanno rapito tutte quelle persone. –
Mi si accese una lampadina. Guardai Frank per scoprire che mi stava fissando allo stesso modo. – Rachel… – Sussurrò. Annuii e mi passai velocemente la lingua sulle labbra.
Mia madre poteva trovarsi nello stesso posto in cui era rinchiusa Lindsey Way.
– E’ tutto. Qualche domanda? – Chiese Gerard.
Oliver fece una smorfia. – Beh… non è molto dettagliato, come piano. –
– Hai ragione. Lo sarà quando avremo una mappa. Per quanto riguarda la spedizione di domani, dovremo solo attendere di avvistarli in una delle loro ronde giornaliere, e poi seguirli. –
Oliver annuì. – Bella, fratello. – E si prese una gomitata da parte di Jared, che cominciò a sghignazzare.
– Altre domande? –
Ci fu un mormorio generale di “no”, Gerard annuì.
– Bene. A domattina, allora. –
Feci per alzarmi, ma Gerard mi fermò. – Voi due restate qui, ho bisogno di parlarvi. –
– Okay. –
Quando tutti furono usciti, cambiò poltrona e si sedette di fronte a noi.
– Quanto sapete di questa storia? –
– Non molto. Anzi, quasi nulla. – Disse Frank. – O perlomeno, io non ci sto capendo più niente, rischio di impazzire. –
– Che cosa vi è successo? –
– Beh, è cominciato tutto… – Mi guardò spaesato. – Quando è successo? – Scossi la testa. Non ne avevo idea, avevo completamente perso la cognizione del tempo.
Frank strinse le labbra. – E’ cominciato tutto all’ex ospedale psichiatrico di Westwood. Io e Daisy eravamo là per scattare delle fotografie e… abbiamo trovato un… non sappiamo che cos’era, era… –
Gerard sembrava preoccupato. – Sapresti descriverlo? –
Frank si fermò a pensare. – Alto. Magro, la pelle non era altro che un sottile strato che ricopriva le ossa. Gli arti superiori erano lunghi… troppo lunghi. Non so dirti altro, era molto buio. –
Gerard sbiancò.
– Che cosa sta succedendo? – Chiesi con un filo di voce.
Il rosso si passò una mano sul volto. – In realtà non ne sappiamo molto neanche noi. Quella… cosa che avete visto, è stata la causa principale dell’incendio di Westwood. Non sappiamo con certezza da dove vengono né come abbiano proliferato, ma pensiamo sia opera della banda di Machete. –
Persi un battito. – In che… modo? – Ma sapevo già la risposta.
– Esperimenti sugli esseri umani. O perlomeno, questo è il mio sospetto. Dobbiamo scoprire se è vero e, in tal caso, perché lo hanno fatto. –
Rabbrividii.
– Perché non chiedete aiuto alle altre città? – Chiese Frank.
– Perché siamo completamente isolati. Gli apparecchi elettronici non funzionano. E per quanto ne sappiamo, tutto il Minnesota si trova nella nostra situazione. –
Era come se un masso mi avesse appena schiacciato il costato.
Ero scioccata. La situazione era decisamente peggiore di quando io e Frank credevamo.
Mi si formò un groppo in gola e mi costrinsi a deglutire.
– E non avete incontrato nessuno? – Chiesi.
Gerard scosse la testa – Voi due siete i primi. – Annuì pensieroso. – Come avrete capito, neppure noi ne sappiamo molto. –
– Si, ma… - Ribattei. – Non possono essere tutti prigionieri di Machete. E se fossero morti, avremmo trovato i corpi. La città era completamente deserta. –
Annuì. – Infatti. Anche questo è un mistero. Spero solo che la spedizione di domani porti a qualcosa. –
Mi morsi l’interno delle guance.
Per qualche minuto restammo tutti e tre in silenzio.
– Avete… qualche domanda? –
Scossi la testa, Frank fece lo stesso.
– Okay. – Sussurrò Gerard.
Si alzò. – Allora buona notte. –
– Buona notte. – 
   
 
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