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Autore: hinata 92    07/09/2014    2 recensioni
Un ragazzo si presenta dal famoso Professor Elric per trovare risposta a una domanda che lo tormenta.
"Gli incubi possono diventare reali?"
Selim Bradley non ha idea di quanto la risposta possa essere affermativa... e dolorosa...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nosce te ipsum

 

Selim si aggiustò la fascia rossa sulla fronte, prima di suonare il campanello. Questa volta ad aprirgli fu direttamente il professore.

«Buongiorno, Selim

«Buongiorno, professore.»

Il volto dell’uomo si distese in un sorriso molto paterno: «Tutto bene, dall’ultima volta che ci siamo visti?»

Il ragazzo rispose mentre entrava in casa: «Sì, tutto a posto. Non ho più fatto incubi e la mia ombra è rimasta al suo posto, incollata al terreno.»

«Ne sono felice. Vieni, accomodati nel salotto. Oggi ci limiteremo a fare una piccola chiacchierata, così che mentre ci esercitiamo io possa fare qualche ricerca sull’origine di questo fenomeno, d’accordo?»

«Va bene, professore!»

Alphonse si accomodò, cercando di non dare segni di nervosismo. In realtà il vero motivo per cui stava per sottoporre il ragazzo a quell’interrogatorio era per capire cosa potesse dire o fare e cosa no in sua presenza.

«Allora, Selim… parlami un po’ di te e della tua famiglia.»

«Dunque… mi chiamo Selim, ho sedici anni e vorrei fare il soldato. Mia mamma è casalinga, mentre mio papà è stato il Comandante Supremo di Amestris, ma è morto pochi giorni prima della mia nascita e non l’ho mai conosciuto. Tutto quello che so di lui me l’hanno raccontato la mamma e il signor Roy. So che è morto da eroe per proteggere mia madre e me, e che era molto amato, visto che molti soldati che gli erano affezionati vengono spesso a farci visita.»

Al sospirò. Così era questa la versione che gli era stata raccontata. Era ovvio che con un racconto del genere al ragazzo era venuta voglia d’intraprendere la carriera militare! Di certo, però, non potevano dirgli che in realtà suo padre, come lui, era un homunculus e che era stato ucciso con gli altri suoi simili il giorno in cui era stato attivato il cerchio alchemico comprendente tutto il regno di Amestris. Come lui, del resto. Era grazie a queste scuse, evidentemente, che Selim era stato tenuto d’occhio per tutta la sua vita.

«E ti piacciono le fasce per i capelli, a quanto vedo.»

«Eh?»

Il professore lo guardò divertito: «Scusa, non ho potuto fare a meno di notare che indossi sempre quella fascia rossa…»

Selim arrossì leggermente: «Ah, questa? Vede, in realtà la uso per coprire una voglia… è proprio in mezzo alla fronte e, sa com’è, tutti me la guardano sempre facendomi sentire in imbarazzo…»

«Posso vederla?»

Il ragazzo annuì e si tolse la fascia. Al centro della fronte c’era un curioso segno rosso a spirale. Doveva essere da lì che Ed aveva tolto a Pride la Pietra Filosofale.

Il ragazzo lo guardò preoccupato: «Secondo lei è collegata all’ombra?»

«È troppo presto per dirlo. Ok, ho raccolto informazioni a sufficienza, per oggi. Passiamo a un po’ di pratica?»

Selim chiese con un filo di voce: «Ha intenzione di spiaccicarmi di nuovo contro la parete?»

Alphonse rise di cuore: «No, stai tranquillo. Volevo solo chiederti di ripensare a quell’episodio. Descrivimi cosa hai provato.»

Il ragazzo iniziò a guardarsi intorno, a disagio: «Paura… direi…»

L’uomo lo incalzò: «… e? Non fermarti alla superficie, vai a fondo. Cerca di rivivere la scena.»

Selim chiuse gli occhi. Cercò di risentire la pressione del braccio del professore sul suo collo, l’aria che lo abbandonava, la paura che lo prendeva… e quel piccolo scatto di rabbia, di… orgoglio, forse, che lo aveva portato a tirare quel pugno alla parete…

«Apri gli occhi e guarda.»

Selim obbedì e trasalì. La sua ombra aveva cambiato forma.

«Sono… io… che…»

Al fece un mezzo sorriso: «Che cosa stavi pensando?»

«A quando ero al muro, come ha detto lei.»

«Di preciso, Selim. A quale sensazione stavi ripensando? Paura, forse?»

Il ragazzo impiegò qualche secondo a rispondere: «… impotenza.»

Il professore lo guardò, come se cercasse di leggergli l’anima: «Non è una gran bella sensazione, eh?»

«Per niente.»

«Dunque, ti sei sentito impotente di fronte alla minaccia. Non riuscivi a opporti con le tue solite forze…»

Selim si guardò l’ombra, che stava lentamente tornando alla normalità: «… e ne ho tirata fuori una nuova che non sapevo di avere. Chissà se posso anche fare altre cose…»

Alphonse sospirò: «Nosce te ipsum, dicevano gli antichi. Conosci te stesso, per capire il mondo. Credo che sia l’unica cosa da fare, Selim, se vuoi davvero capire che cosa ti succede. Sei pronto?»

Il ragazzo rispose con entusiasmo: «Certo, professore!»

«Anche se la risposta potrebbe non piacerti?»

«Eh?»

Il professore prese un libro: «Sai quanto sono complessi gli esseri umani? Tantissimo. Al punto che l’alchimia non può in alcun modo modificarli... o crearli.»

Selim lo guardò perplesso: «Mi scusi, io non ci capisco nulla di alchimia… ma non basta disegnare cerchi e…»

Al sorrise all’ingenuità del ragazzo: «L’alchimia è una scienza complessa, che richiede anni e anni di studi. No, non basta tracciare un cerchio per terra. Si basa sul principio dello scambio equivalente. Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma.»

«Come la mia ombra?»

«Più o meno. Se ora mi procurassi tutti gli elementi chimici necessari e poi usassi l’alchimia potrei creare, con il giusto cerchio alchemico, una casa.»

A Selim brillarono gli occhi: «Bello!»

«O, con i giusti ingredienti, far esplodere la città.»

Al ragazzo si congelò il sorriso: «Ah… meno bello…»

«Eppure userei lo stesso principio di partenza, l’alchimia. Ogni cosa nasconde in sé un lato positivo e uno negativo… anche gli esseri umani. Soprattutto, gli esseri umani.»

Selim continuò ad ascoltare in silenzio. Non riusciva a capire dove il professore volesse andare a parare.

«Il corpo umano è composto da 35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calcio, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità… ma anche se prendessi tutti questi ingredienti e cercassi di trasmutare una persona, non ci riuscirei, nemmeno con una Pietra Filosofale. Gli mancherebbe sempre l’anima.»

«L’anima?»

«Già. Di cosa è fatta l’anima? Da quali ingredienti potrei partire, per trasmutarne una?»

Selim era sempre più imbarazzato: «Non… non saprei…»

Il professore sospirò: «Nemmeno io, e sono anni che studio la questione. L’anima umana è molto, troppo complessa. È composta da lati positivi, di cui andare fieri, e di lati negativi, di cui ci vergogniamo, che nascondiamo spesso perfino a noi stessi. Capisci, ora, quanto sia difficile fare quanto ti ho chiesto?»

Il ragazzo cercò di tirare le fila del discorso: «Conoscere me stesso… nei miei lati positivi e negativi… nel bene e nel male…»

«Solo così, qualunque cosa tu scelga di diventare, non perderai la tua identità. Tu, ora, cosa faresti con quella tua ombra prensile?»

Selim si guardò le scarpe: «Niente di particolare… la terrei tranquilla, più che altro.»

«La useresti come arma in guerra?»

«Eh? Assolutamente no! Io voglio essere un soldato come gli altri e combattere ad armi pari! Non voglio superpoteri o facilitazioni!»

Alphonse sorrise: «Questo si chiama orgoglio militare. Non scordarlo mai, fa parte di te. Io cercherò solo di guidarti a conoscere anche i lati di te più… oscuri. Quelli celati nell’ombra. Letteralmente, nel tuo caso.»

Il ragazzo ridacchiò, mentre il professore lo congedava: «Per oggi basta, Selim, è stato un incontro piuttosto impegnativo. La prossima volta, te lo prometto, più pratica e meno parole.»

«Grazie, professore. È stato difficile, ma interessante.»

«Ci vediamo fra un paio di giorni, va bene?»

«Perfetto! Arrivederci, professore!»

Alphonse chiuse la porta tirando un profondo sospiro di sollievo, molto, molto profondo. Se era Pride, lo nascondeva davvero molto bene. E tuttavia in Selim poteva ancora scorgere un piccolo, fondamentale richiamo all’homunculus.

Orgoglio.

 

«Oh! Professore, professore! Si muove!»

Alphonse lo guardò, serio: «Lo vedo, Selim. Riesci a controllarla?»

Il ragazzo scosse la testa: «No, fa come vuole. Non riesco a…»

«È perché tu ne hai ancora paura, vero?»

Il ragazzo si morse il labbro. Era maledettamente vero. Quell’ombra lo terrorizzava.

«Quella è la tua ombra. La tua. Prima lo accetti, prima potrai tenerla a bada.»

Selim annuì poco convinto. Più semplice a dirsi che a farsi.

«Professore, lei si è mai trovato in una situazione simile?»

Alphonse sospirò: «Molto, molto tempo fa.»

«E l’ha risolta?»

Il professore rivolse il suo sguardo alla finestra: «Per risolvere il mio… problema, io e io fratello partimmo in giro per il mondo alla ricerca della Pietra Filosofale, convinti che avrebbe potuto risolvere tutto. Poi, per fortuna, trovammo altre soluzioni. E la troveremo anche noi.»

Selim fece un mezzo sorriso. Non ne era per nulla sicuro, e la sua convinzione andò scemando con il passare delle settimane. Non riusciva a notare miglioramenti nel controllo della sua ombra.

 

Quasi un mese dopo, Selim si allontanò dalla casa del professor Elric con aria decisamente abbattuta. Anche per quel giorno nulla era cambiato, nonostante le rassicurazioni del professore. Inoltre, anche se lo nascondeva, i suoi incubi sembravano essere peggiorati. Ora l’ombra lo aggrediva gridandogli di non farsi incantare dal professore, perché nulla avrebbe potuto salvarlo dal suo destino. E il suo destino era scomparire nel buio, nell’ombra, per fare spazio a lui. Lui, chiunque fosse, lo assicurava notte dopo notte che la sua esistenza era solo un’illusione, e Selim iniziava ad essere stanco. Stanco di tutto. Forse era vero, nonostante tutta la sua buona volontà, il professore non poteva proprio aiutarlo.

A meno che…

«Ahi!»

Il ragazzo trasalì. Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si era accorto di essere andato a sbattere contro un bambino biondo che correva nella direzione contraria alla sua.

«Scusami, non volevo…»

Il bambino, dagli stessi straordinari occhi d’oro del professore che tanto avevano incantato Selim al loro primo incontro, sorrise: «Non fa nulla.»

Selim inclinò la testa e lo guardò perplesso: «Scusa… ma tu non avevi un automail al braccio?»

«Eh?»

Il ragazzo scosse la testa: «Scusa, devo essere stanco, non so come mi sia venuta un’idea del genere. Scusami ancora.»

Selim si allontanò, confuso. Il bambino, dopo aver guardato il suo interlocutore allontanarsi, alzò le spalle e continuò a correre verso la sua meta.

«Zio Al! Zia Mei! Sono arrivato!»

 

 

E rieccomi! Dunque, qualcosa nell’animo di Selim si sta muovendo... come finirà? Lo scoprirete presto, il prossimo è infatti l’ultimo capitolo di questa storia.

Approfitto ancora per ringraziare Smery_Tigrotta per aver messo la storia fra le preferite, thera per averla inserita nei seguiti e il fedelissimo darkroxas92 per aver fatto tutto questo e lasciato anche un commento!

Che altro dire? Vi aspetto all’ultimo capitolo, sperando che vi possa piacere!

Alla prossima!

 

Hinata 92

  
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