Nosce te ipsum
Selim si
aggiustò la fascia rossa sulla fronte, prima di suonare il campanello. Questa
volta ad aprirgli fu direttamente il professore.
«Buongiorno,
Selim!»
«Buongiorno,
professore.»
Il volto
dell’uomo si distese in un sorriso molto paterno: «Tutto bene, dall’ultima
volta che ci siamo visti?»
Il
ragazzo rispose mentre entrava in casa: «Sì, tutto a posto. Non ho più fatto
incubi e la mia ombra è rimasta al suo posto, incollata al terreno.»
«Ne sono
felice. Vieni, accomodati nel salotto. Oggi ci limiteremo a fare una piccola
chiacchierata, così che mentre ci esercitiamo io possa fare qualche ricerca
sull’origine di questo fenomeno, d’accordo?»
«Va bene,
professore!»
Alphonse si
accomodò, cercando di non dare segni di nervosismo. In realtà il vero motivo
per cui stava per sottoporre il ragazzo a quell’interrogatorio era per capire cosa potesse dire o fare e cosa no in sua presenza.
«Allora, Selim… parlami un po’ di te e della tua famiglia.»
«Dunque… mi chiamo Selim, ho
sedici anni e vorrei fare il soldato. Mia mamma è casalinga, mentre mio papà è
stato il Comandante Supremo di Amestris, ma è morto
pochi giorni prima della mia nascita e non l’ho mai conosciuto. Tutto quello
che so di lui me l’hanno raccontato la mamma e il signor Roy. So che è morto da
eroe per proteggere mia madre e me, e che era molto amato, visto che molti
soldati che gli erano affezionati vengono spesso a farci visita.»
Al
sospirò. Così era questa la versione che gli era stata raccontata. Era ovvio
che con un racconto del genere al ragazzo era venuta voglia d’intraprendere la
carriera militare! Di certo, però, non potevano dirgli che in realtà suo padre,
come lui, era un homunculus e che era stato ucciso con gli altri suoi simili il
giorno in cui era stato attivato il cerchio alchemico comprendente tutto il
regno di Amestris. Come lui, del resto. Era grazie a
queste scuse, evidentemente, che Selim era stato
tenuto d’occhio per tutta la sua vita.
«E ti
piacciono le fasce per i capelli, a quanto vedo.»
«Eh?»
Il
professore lo guardò divertito: «Scusa, non ho potuto fare a meno di notare che
indossi sempre quella fascia rossa…»
Selim arrossì
leggermente: «Ah, questa? Vede, in realtà la uso per coprire una voglia… è proprio in mezzo alla fronte e, sa com’è, tutti
me la guardano sempre facendomi sentire in imbarazzo…»
«Posso
vederla?»
Il
ragazzo annuì e si tolse la fascia. Al centro della fronte c’era un curioso
segno rosso a spirale. Doveva essere da lì che Ed aveva tolto a Pride la Pietra Filosofale.
Il
ragazzo lo guardò preoccupato: «Secondo lei è collegata all’ombra?»
«È troppo
presto per dirlo. Ok, ho raccolto informazioni a sufficienza, per oggi.
Passiamo a un po’ di pratica?»
Selim chiese
con un filo di voce: «Ha intenzione di spiaccicarmi di nuovo contro la parete?»
Alphonse rise di
cuore: «No, stai tranquillo. Volevo solo chiederti di ripensare a
quell’episodio. Descrivimi cosa hai provato.»
Il
ragazzo iniziò a guardarsi intorno, a disagio: «Paura…
direi…»
L’uomo lo
incalzò: «… e? Non fermarti alla superficie, vai a fondo. Cerca di rivivere la
scena.»
Selim chiuse
gli occhi. Cercò di risentire la pressione del braccio del professore sul suo
collo, l’aria che lo abbandonava, la paura che lo prendeva…
e quel piccolo scatto di rabbia, di… orgoglio, forse, che lo aveva portato a
tirare quel pugno alla parete…
«Apri gli
occhi e guarda.»
Selim obbedì e
trasalì. La sua ombra aveva cambiato forma.
«Sono… io… che…»
Al fece
un mezzo sorriso: «Che cosa stavi pensando?»
«A quando
ero al muro, come ha detto lei.»
«Di
preciso, Selim. A quale sensazione stavi ripensando?
Paura, forse?»
Il
ragazzo impiegò qualche secondo a rispondere: «… impotenza.»
Il
professore lo guardò, come se cercasse di leggergli l’anima: «Non è una gran
bella sensazione, eh?»
«Per
niente.»
«Dunque,
ti sei sentito impotente di fronte alla minaccia. Non riuscivi a opporti con le
tue solite forze…»
Selim si
guardò l’ombra, che stava lentamente tornando alla normalità: «… e ne ho tirata
fuori una nuova che non sapevo di avere. Chissà se posso anche fare altre cose…»
Alphonse sospirò:
«Nosce te ipsum, dicevano
gli antichi. Conosci te stesso, per
capire il mondo. Credo che sia
l’unica cosa da fare, Selim, se vuoi davvero capire
che cosa ti succede. Sei pronto?»
Il
ragazzo rispose con entusiasmo: «Certo, professore!»
«Anche se
la risposta potrebbe non piacerti?»
«Eh?»
Il
professore prese un libro: «Sai quanto sono complessi gli esseri umani?
Tantissimo. Al punto che l’alchimia non può in alcun modo modificarli... o
crearli.»
Selim lo
guardò perplesso: «Mi scusi, io non ci capisco nulla di alchimia…
ma non basta disegnare cerchi e…»
Al
sorrise all’ingenuità del ragazzo: «L’alchimia è una scienza complessa, che
richiede anni e anni di studi. No, non basta tracciare un cerchio per terra. Si
basa sul principio dello scambio
equivalente. Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma.»
«Come la
mia ombra?»
«Più o
meno. Se ora mi procurassi tutti gli elementi chimici necessari e poi usassi l’alchimia
potrei creare, con il giusto cerchio alchemico, una casa.»
A Selim brillarono gli occhi: «Bello!»
«O, con i
giusti ingredienti, far esplodere la città.»
Al
ragazzo si congelò il sorriso: «Ah… meno bello…»
«Eppure
userei lo stesso principio di partenza, l’alchimia. Ogni cosa nasconde in sé un
lato positivo e uno negativo… anche gli esseri umani.
Soprattutto, gli esseri umani.»
Selim continuò
ad ascoltare in silenzio. Non riusciva a capire dove il professore volesse
andare a parare.
«Il corpo
umano è composto da 35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di
ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calcio, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di
sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5
grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità… ma anche se prendessi tutti questi ingredienti e
cercassi di trasmutare una persona, non ci riuscirei, nemmeno con una Pietra
Filosofale. Gli mancherebbe sempre l’anima.»
«L’anima?»
«Già. Di
cosa è fatta l’anima? Da quali ingredienti potrei partire, per trasmutarne
una?»
Selim era
sempre più imbarazzato: «Non… non saprei…»
Il
professore sospirò: «Nemmeno io, e sono anni che studio la questione. L’anima
umana è molto, troppo complessa. È composta da lati positivi, di cui andare
fieri, e di lati negativi, di cui ci vergogniamo, che nascondiamo spesso
perfino a noi stessi. Capisci, ora, quanto sia difficile fare quanto ti ho
chiesto?»
Il
ragazzo cercò di tirare le fila del discorso: «Conoscere me stesso…
nei miei lati positivi e negativi… nel bene e nel male…»
«Solo
così, qualunque cosa tu scelga di diventare, non perderai la tua identità. Tu,
ora, cosa faresti con quella tua ombra prensile?»
Selim si
guardò le scarpe: «Niente di particolare… la terrei
tranquilla, più che altro.»
«La
useresti come arma in guerra?»
«Eh?
Assolutamente no! Io voglio essere un soldato come gli altri e combattere ad
armi pari! Non voglio superpoteri o facilitazioni!»
Alphonse sorrise:
«Questo si chiama orgoglio militare. Non scordarlo mai, fa parte di te. Io cercherò
solo di guidarti a conoscere anche i lati di te più… oscuri. Quelli celati nell’ombra.
Letteralmente, nel tuo caso.»
Il
ragazzo ridacchiò, mentre il professore lo congedava: «Per oggi basta, Selim, è stato un incontro piuttosto impegnativo. La
prossima volta, te lo prometto, più pratica e meno parole.»
«Grazie,
professore. È stato difficile, ma interessante.»
«Ci
vediamo fra un paio di giorni, va bene?»
«Perfetto!
Arrivederci, professore!»
Alphonse chiuse
la porta tirando un profondo sospiro di sollievo, molto, molto profondo. Se era
Pride, lo nascondeva davvero molto bene. E tuttavia
in Selim poteva ancora scorgere un piccolo,
fondamentale richiamo all’homunculus.
Orgoglio.
«Oh!
Professore, professore! Si muove!»
Alphonse lo
guardò, serio: «Lo vedo, Selim. Riesci a controllarla?»
Il
ragazzo scosse la testa: «No, fa come vuole. Non riesco a…»
«È perché
tu ne hai ancora paura, vero?»
Il
ragazzo si morse il labbro. Era maledettamente vero. Quell’ombra lo
terrorizzava.
«Quella è
la tua ombra. La tua. Prima lo accetti, prima potrai tenerla a bada.»
Selim annuì
poco convinto. Più semplice a dirsi che a farsi.
«Professore,
lei si è mai trovato in una situazione simile?»
Alphonse sospirò:
«Molto, molto tempo fa.»
«E l’ha
risolta?»
Il
professore rivolse il suo sguardo alla finestra: «Per risolvere il mio… problema, io
e io fratello partimmo in giro per il mondo alla ricerca della Pietra
Filosofale, convinti che avrebbe potuto risolvere tutto. Poi, per fortuna,
trovammo altre soluzioni. E la troveremo anche noi.»
Selim fece un
mezzo sorriso. Non ne era per nulla sicuro, e la sua convinzione andò scemando
con il passare delle settimane. Non riusciva a notare miglioramenti nel
controllo della sua ombra.
Quasi un
mese dopo, Selim si allontanò dalla casa del
professor Elric con aria decisamente abbattuta. Anche
per quel giorno nulla era cambiato, nonostante le rassicurazioni del
professore. Inoltre, anche se lo nascondeva, i suoi incubi sembravano essere
peggiorati. Ora l’ombra lo aggrediva gridandogli di non farsi incantare dal
professore, perché nulla avrebbe potuto salvarlo dal suo destino. E il suo
destino era scomparire nel buio, nell’ombra, per fare spazio a lui. Lui, chiunque fosse, lo
assicurava notte dopo notte che la sua esistenza era solo un’illusione, e Selim iniziava ad essere stanco. Stanco di tutto. Forse era
vero, nonostante tutta la sua buona volontà, il professore non poteva proprio
aiutarlo.
A meno che…
«Ahi!»
Il
ragazzo trasalì. Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si era accorto
di essere andato a sbattere contro un bambino biondo che correva nella
direzione contraria alla sua.
«Scusami,
non volevo…»
Il
bambino, dagli stessi straordinari occhi d’oro del professore che tanto avevano
incantato Selim al loro primo incontro, sorrise: «Non
fa nulla.»
Selim inclinò
la testa e lo guardò perplesso: «Scusa… ma tu non avevi un automail
al braccio?»
«Eh?»
Il
ragazzo scosse la testa: «Scusa, devo essere stanco, non so come mi sia venuta
un’idea del genere. Scusami ancora.»
Selim si
allontanò, confuso. Il bambino, dopo aver guardato il suo interlocutore
allontanarsi, alzò le spalle e continuò a correre verso la sua meta.
«Zio Al!
Zia Mei! Sono arrivato!»
E rieccomi! Dunque, qualcosa nell’animo
di Selim si sta muovendo... come finirà? Lo scoprirete
presto, il prossimo è infatti l’ultimo capitolo di questa storia.
Approfitto ancora per ringraziare Smery_Tigrotta
per aver messo la storia fra le preferite, thera per
averla inserita nei seguiti e il fedelissimo darkroxas92 per aver fatto tutto
questo e lasciato anche un commento!
Che altro dire? Vi aspetto all’ultimo capitolo, sperando che vi
possa piacere!
Alla prossima!
Hinata 92