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Autore: Non ti scordar di me    07/09/2014    5 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sette.
I’m a mistake.
 
Un gran mal di testa mi accompagnò per tutta la notte. Non avevo chiuso occhio, ad accezione di un’oretta di sonno dalle cinque alle sei del mattino.
Il mio Iphone segnava le 9.57. Damon mi teneva a stretta a sé. Io avevo la testa poggiata sul suo petto, le sue mani erano sui miei fianchi e le nostre gambe erano intrecciate.
Sorrisi leggermente. Damon era così sereno mentre dormiva.
Ero coperta dal lenzuolo ed ero solo in intimo. I ricordi della scorsa notte era sfocati, ma ben definiti.
Ricordavo di essermi completamente ubriaca, di aver provocato Damon e poi… di esser saltata su di lui!?
Dovevo schiarirmi le idee, chiedere cosa fosse successo a Damon e cercare di godermi l’ultimo giorno di libertà con mio fratello, per poi ritornare al “carcere” ovvero a casa a Mystic Falls.

«Elena…» Mugugnò Damon stringendomi ancora più a sé. Sorrisi leggermente e gli scostai un ciuffo di capelli nero dal volto. Sbatté diverse volte gli occhi e mi toccò il volto con sguardo vacuo, perso e smarrito. Cosa gli stava succedendo?

«Damon…cos’hai?» Sussurrai dolcemente, massaggiandomi le tempie con le mani. Lui mi guardò confuso per poi scuotere la testa.

«Niente…Pensavo a ieri sera…Ti ricordi qualcosa?» Chiese. Aveva il respiro pesante e la voce incrinata. Ora ne ero certa: ieri era successo qualcosa. Dovevo solamente capire cosa…I ricordi di ieri sera lottavano nella mia testa e mi facevano un male cane. Chiusi gli occhi e cercai di trattenere le lacrime per quel maledetto mal di testa.

«Diciamo…So solo che ho un mal di testa infernale.» Grugnii infastidita. Mi tolsi di dosso il lenzuolo e scesi con fretta dal letto. Fui presa alla sprovvista da diversi cerchi alla testa, la stanza stava girando sempre più velocemente, oltre all’emicrania si aggiungeva anche un fastidioso dolore alla pancia.

«Piccola, guardami…» Mi disse Damon. Mi teneva per le spalle e mi fissava con aria comprensiva. Questi erano i postumi della sbornia colossale del giorno precedente.

«Questa è colpa tua, eh!» Commentò ironico, spostando i miei capelli dal volto. Mio Dio, doveva essere così puntiglioso persino quando ero in pessime condizioni?
Alle sue parole, un flash della sera precedente si fece spazio nelle mia mente.

«Ah, bene…La colpa ora è mia,eh?» Non capivo perché mi urlava contro. «Tu sei ubriaca e la colpa è la mia, giusto?»
Perché ieri sera stavamo inveendo uno contro l’altra per capire di chi era la colpa? Feci qualche passo e mi avviai a passo veloce in bagno. Legai i miei capelli in una coda malfatta, mi chinai sul wc e vomitai tutte quelle schifezze alcoliche che avevo ingerito il giorno precedente.
Da dietro sentii due mani poggiarsi sulle mie spalle e massaggiare lentamente. Chi era? Perché Damon mi stava massaggiando le spalle, mentre vomitavo anche l’anima?

«Cosa stai facendo?» Sibilai, cercando della carta igienica per pulirmi il volto. Prima che potessi replicare, vomitai ancora. Cosa avevo bevuto ieri di così pesante per farmi stare come uno zombie il giorno dopo?

«Ti sto aiutando. Non hai sempre sognato di condividere una sbornia con tuo fratello?» Mi chiese, porgendomi della carta igienica. Mi sciolse i capelli e li legò in una coda alta di cavallo.
Arricciai il naso alla sua domanda. Come faceva a sapere che avevo sempre sognato di condividere con lui una sbornia o magari i postumi? Possibile che volesse veramente essere mio fratello?
Un altro flash prese posto nella mia mente.

«Perché mi andava! Perché volevo ubriacarmi con mio fratello! E mi sono ridotta a ubriacarmi col primo sconosciuto!» Gridai più forte. Stavo completamente uscendo di testa.

Ieri sera gli avevo urlato questo? Perché cazzo avevo fatto una stupidaggine del genere? Aggrottai le sopraciglia. Gatta ci cova. Damon non me la stava raccontando giusta, ma lui non sapeva che io stavo ricordando.
Mi sorse allora un dubbio: perché non mi diceva fin da subito quante stronzate avevo fatto la sera precedente? Cosa mi stava nascondendo?
Meglio per lui che era una stupidaggine, altrimenti sarebbe finito in guai seri con me. Già il nostro rapporto era più che conflittuale se lui ometteva anche dettagli importanti non saremo andati lontani.

«Stai meglio?» Mi chiese, porgendomi una mano. Mi avvicinai al lavandino e mi sciacquai la bocca. Il sapore di vodka e tequila non era il massimo. Mi lavai i denti e mi lavai anche il volto.
Mi specchiai. Avevo due enormi occhiaie che mi solcavano il volto, i capelli sparati all’aria ed ero in intimo. Un momento…chi mi aveva tolto il vestito verde acqua?
Chiusi gli occhi e ricordai una scena alquanto raccapricciante della sera precedente.

«Si gioca a modo mio.» Grugnì accarezzandomi il volto. Che errore. Eravamo un errore madornale. Insieme stavamo segnando la fine del nostro inizio.
Damon abbassò la cerniera del vestito che sfilai immediatamente.

Un momento…Cosa significava che si giocava a modo suo? Indurii i lineamenti e mi sentii a disagio. Damon mi aveva tolto il vestito?
«Damon…noi, cioè io e te…Noi abbiamo fatto quello che penso?» Chiesi, specchiandomi nei suoi occhi color mare. La cosa che mi faceva più paura era un’altra: non ero disgustata all’idea di aver compiuto quell’enorme cazzata. Forse…perché volevo? O mio Dio, che razza di mente perversa avevo? Con mio fratello?
Mille brividi percorsero il mio corpo immaginando quella situazione.

«Oh, no…» Disse tra una risata e l’altra. Ci rimasi leggermente male a quella reazione spropositata. Era solo una domanda a cui doveva rispondere o sì o no. Capivo di non essere il massimo della bellezza a cui aspirava Damon, ma non pensavo di essere così ripugnante.

«Oh, bene. Forse per te va meglio quella biondina insopportabile?» Sputai veleno, uscendo dal bagno e dirigendomi verso il borsone. Presi il mio vestito verde da terra e lo riposi con stizza nella borsa.
Afferrai l’intimo e l’ultimo cambio rimanente. Non capivo perché quel commento mi avesse dato tanto fastidio. Insomma…a me cosa importava se a Damon piacevo o no?

«Elena…non intendevo…Non intendevo in quel senso!» Replicò guardandomi dalla testa ai piedi. In quel momento non sapevo se volessi dargli uno schiaffo o  fargli rimangiare le sue parole.

«Quindi non intendevi che tu non potresti mai essere attratto da me? Sono sicura che preferisci le bionde formose.» Sbuffai infastidita. Un lamo di malizia attraversò i suoi occhi e un sorrisino divertito comparse sul suo volte.

«Dovrei interpretare questa scena, come una scenetta di gelosia?» Mi chiese avvicinandosi. Aguzzai lo sguardo e sospirai pesantemente.
«Elena non abbiamo fatto quello che pensi, perché eri ubriaca e io non mi approfitto delle ragazze.» Disse seriamente. Con quelle parole capii che Damon non avrebbe mai approfittato di nessuna ragazza, anche se probabilmente di ragazze nel suo letto ne aveva avute parecchie.

«Ma se non fossi stata ubriaca, forse potrei pensarci…» Ammiccò leggermente. Assottigliai maggiormente lo sguardo e gli diedi un leggero schiaffo sul braccio.

«Vado a prepararmi…» Lo liquidai velocemente con un sorrisetto divertito in volto. Chiusi la porta del bagno e mi tolsi l’intimo.
M’infilai velocemente sotto la doccia. Mi sarei data solo una sciacquata, ma non avrei lavato i capelli. Presi il bagnoschiuma della locanda e lo insaponai su tutto il corpo.
Damon non me la stava raccontando giusta. Il mal di testa stava lentamente passando e i ricordi si facevano sempre più chiari e nitidi.

«Sei tu con le tue maledette labbra, i tuoi occhioni da cerbiatta…Sei così…Mi stai tentando! E non posso permetterlo!» Grugnì. Non era arrabbiato più con me, ora era arrabbiato con sé stesso e con la sua moralità.
«Non puoi permetterti cosa, Damon?» Mi leccai sensualmente il labbro inferiore. Ora ero nel pieno della mia sbronza e probabilmente il giorno dopo non mi sarei ricordata niente di tutto ciò.
«Non posso permettermi di cedere.»

Non poteva permettersi di cedere? La scorsa notte lo stavo istigando a lasciarsi andare con me? L’alcool mi aveva dato alla testa…Anche se la parte più remota del mio cuore batteva all’impazzata.
Mi sciacquai nuovamente e continuai a pensare a ieri sera. Damon mi aveva detto che non avrebbe mai approfittato di me, eppure sentivo di aver un altro profumo addosso. Il mio profumo abituale che usavo era sparito.
Posai una mano sulla bocca e leccai il labbro inferiore. Le mie labbra sapeva tanto di fumo, cuoio e vaniglia.

Scossi la testa incerta e uscii dal box doccia. Mi asciugai velocemente e indossai l’intimo bianco senza troppi fronzoli.
Damon aveva scelto un jeans con i risvolti strappato sulle ginocchia, una canotta rosa e da sopra un bel maglioncino bianco abbastanza pesante e ai piedi ovviamente i miei anfibi.
Pettinai i miei capelli sciogliendo i nodi che si erano formati quella notte e li legai in un’alta coda. Oggi non erano il massimo i miei capelli, avrei dovuto lavarli al più presto.
Tolsi con un po’ d’acqua il trucco in eccesso della sera precedente, lasciando solo la matita nera e del mascara che non ero riuscita a togliere del tutto senza il mio struccante.
Uscii dal bagno e vidi Damon stravaccato sul letto.

«Pronta per una giornata indimenticabile?» Chiese con un ghigno in volto.
Prontissima.
 


La mattinata era passata nel migliore dei modi. I ricordi della sera precedente erano ancora spezzettati, anche se a volte mi ritornavano in mente per merito di Damon e di alcuni suoi modi di fare.
Il corvino oggi era più strano del solito. Aveva innalzato un muro d’indifferenza che mi dava fastidio. Era sempre il solito Damon con le sue battutine, i suoi modi di fare però c’era qualcosa in lui che era cambiato.

Qualcosa che non riuscivo ad identificare per via di questa sua indifferenza insopportabile. Eravamo seduti ad un bar. Il mio Iphone segnava le 16.23. Per ora non m’interessava di ritornare a casa, stavo bene lì a New Orleans.

«Che ne pensi di una camomilla? Di solito funziona per far passare il mal di testa.» Ammiccò Damon, sfottendomi. Quell’odioso mal di testa non mi aveva abbandonato per tutto il giorno, ma cercavo di sopportarlo.
Ero seduta in un bar all’aperto, molto carino e grazioso. Da lontano un ragazzo mi guardava con un’enorme sorriso in volto. Cercai di capire dove avevo già visto quel ragazzo. Aveva le spalle larghe, occhi scuri così come i capelli, sopraciglia folte ma non troppo e uno sguardo magnetico.

Mi era familiare. Un momento…Come si chiamava quel ragazzo che avevo accalappiato in discoteca?
«Piacere, sono Kol.» Si presentò, baciandomi il dorso della mano. Un gentiluomo sembrava dai modi di fare. Era diverso da Damon. Oh, ma andiamo! Perché facevo questi paragoni?
Lo salutai. Lui in risposta si alzò dal suo tavolino e venne verso di me sempre col sorriso in volto.

«Elena, ci rincontriamo.» Mi salutò. Il suo sguardo si soffermò pochi istanti sul mio volto e poi squadrò velocemente il mio corpo. Lo fece con discrezione, cercando di non farsi notare. Niente a che fare con Damon. Damon quando mi squadrava lo faceva con calma e senza paura che me ne potessi accorgere.

«Kol, giusto?» Chiesi con un sorrisetto incerto. Lui annuì divertito, mentre io diedi un’occhiata dentro. Damon era in coda ed era piuttosto spazientito di aspettare, aveva davanti a sé quattro persone, nel giro di dieci minuti sarebbe ritornato qui.
Un minuto…Perché mi preoccupavo di questo? Damon non aveva incontrato Kol? O forse sì?
Massaggiai con due dita le tempie e rivolsi un altro sorriso a Kol.

«Fammi indovinare…Stai smaltendo la sbornia?» Chiese ironico. Scoppiai a ridere annuendo. La mia risata fu presto contagiosa, anche Kol si unì a me scuotendo la testa divertito.

«Diciamo…Ho la testa pieni di spezzoni di ieri sera.» Confermai. Gli feci cenno di sedersi qui. Dopotutto che male c’era a scambiare due chiacchiere con un amico?

«Posso?» Mi chiese. Annuii ancora, mostrandogli un altro sorriso. Kol si accomodò e si guardò attorno alla ricerca di qualcuno…Chi stava cercando?
«Sembrerò invadente…ma aspetti qualcuno? Vedo che ti guardi attorno.» Chiesi, posando il mio Iphone nella borsa.
«Non aspetto nessuno…Mi sembra solo strano che tuo fratello non mi abbia ancora aggredito. Sei da sola?» Strabuzzai gli occhi. Perché dovrebbe aggredirlo? Nella mia mente si fece spazio un altro brutto ricordo.

«Ti piace far ubriacare le ragazze? Che intenzioni avevi? Lei è mia!» Grugnì Damon. Un momento…Mia? Lei era mia? L’aveva veramente detto o la mia sbronza mi stava provocando allucinazioni serie?
Dopo poco sentii due braccia trascinarmi via di lì.

«Oh mio Dio, Kol scusalo per ieri!» Partii in quarta ricordandomi della grande scenata di Damon. Mi sorpresi vedendo Kol così calmo e per niente spaventato.
Le parole di Damon vorticavano però ancora in mente. Quel ‘Lei è mia’ era stato detto con tanta rabbia che faceva paura. Non era una frase da fratello protettivo, no…Era la frase di un ragazzo geloso.

«Tranquilla, non mi sono fatto niente. Anche se sono sorpreso che ti lasci qui sola soletta.» Commentò divertito. Dalla faccia sembrava stesse pensando che mio fratello se ne fosse completamente uscito di testa – in effetti lo stavo pensando anch’io. –

«Vedi Damon è…Come posso spiegartelo? E’ complicato. Ha queste reazioni spropositate. E’…» Non feci in tempo a continuare che Kol m’interruppe con un sorriso enorme in volto.
«Damon è solamente innamorato di te?» Mi provocò. Quasi non mi strozzai con la saliva. Damon innamorato di me? Oh, andiamo! Mi aveva mollato per anni, a malapena sapeva il giorno del mio compleanno e lui pensava che fosse innamorato di me?

«Posso assicurarti che fino a due giorni fa ci odiavamo.» Risposi divertita. Continuammo a scherzare per pochi minuti. Improvvisamente vidi Kol irrigidirsi e accennare un ghigno.
Mi girai e vidi che Damon era dietro di me con una camomilla e probabilmente un liquore in mano. Un momento…Perché beveva del liquore nel pomeriggio?

«Sarei rimasto lì se avessi saputo che eri in dolce compagnia, Elena.» La sua voce era dura, fredda, senza alcun sentimento. Dal suo volto credo sia leggermente arrabbiato. Si sedette all’altra sedia libera e mi porse la camomilla.

«Oh, stavamo solo scambiando due chiacchiere. Sei un po’ protettivo nei confronti di tua sorella, eh?» Chiese con una punta di ironia. Damon si sedette meglio sulla sedia e iniziò a squadrarlo lentamente con un ghigno disgustato sul volto.
Bevve un sorso di quello credevo fosse Bourbon e rivolse uno sguardo di sfida a Kol.

«Sono iper protettivo nei suoi confronti. Soprattutto con quelli conosciuti in discoteche poco raccomandabili.» Rispose tranquillamente. Io bevvi in silenzio la camomilla guardandoli di soppiatto. Entrambi non perdevano occasione per punzecchiare l’altro…Peggio delle litigate tra Stef e Damon!

«Volevo solamente salutarla.» Kol si alzò da sedere, si avvicinò a me e mi lasciò un semplice bacio sulla guancia sotto lo sguardo vigile di Damon che osservava tutto attentamente.
Si allontanò sorridente e io presi un sospiro. Continuai a bere la mia camomilla in silenzio, mentre Damon beveva il Bourbon con un’espressione indecifrabile in volto.

«Cos’hai?» Chiesi ad un certo punto, stufa di quel silenzio. Damon alzò gli occhi al cielo e posò il bicchierino sul tavolino, con lo sguardo assottigliato.

«Devo per forza avere qualcosa?» Sbuffò. Ora ne ero certa: aveva qualcosa. Lo capivo…Evitava in tutti i modi il mio sguardo, era ansioso, nella sua voce non trapelava nient’altro se non ironia tagliente e i suoi lineamenti era induriti.

«Fino a pochi minuti fa era più sciolto.» Gli feci notare, finendo di bere la camomilla. Iniziò a giocherellare con i suoi occhiali Reyban, senza degnarmi di una risposta. Aspettai un paio di minuti, in attesa di qualche segno di vita da parte sua nei miei confronti.

Nessun segno. Spostavo il suo sguardo ovunque, beveva a sorsi il suo Bourbon e giocherellava con i suoi occhiali.
«Damon non ho tempo per i tuoi giochetti idioti. Ti ha dato fastidio la presenza di Kol?» Chiesi, sapendo che era quello il motivo. Al suo nome, il volto di Damon cambiò totalmente…Rilassò per pochi secondi le spalle per poi irrigidirle, le sue mani erano chiuse a pugno e il suo ghigno era scomparso.

«Semplicemente non mi fido. Lo conosci da poco…Non hai idea di quello che poteva farti ieri, eri completamente ubriaca.» Grugnì tra i denti. «Poteva approfittare di te.» Continuò. Lo guardai truce. Era vero: non conoscevo Kol, ma mi ricordavo quello che mi diceva ieri sera. Non aveva dato segno di volersi approfittare di me.

«Fidati non avrebbe fatto niente. Mi ricordo quello che è successo in discoteca più o meno. Sei tu che sei partito con una sparata di gelosia contro Kol!» Sbottai con una punta di ironia nella voce. Peccato che Damon non avesse colto l’ironia nella mia voce, anzi forse si era innervosito ancora di più.

«So cosa pensano gli uomini quando vedono una ragazza mezza ubriaca in una discoteca di New Orleans. Vuoi saperne più di me?» Chiese alzando la voce. Chiusi gli occhi. Se doveva fare una scenata o dovevamo fare una delle nostre litigate non volevo sorbirla in un bar!

«Ah sì? Se sai cosa pensano gli uomini di una ragazza mezza ubriaca in discoteca, perché mi hai lasciato da sola?» Sul suo volto c’era lo sgomento. Non riuscivo a capire perché avesse preferito lasciarmi lì con Kol per un ballo se poi era così geloso.

«Ti ho lasciato due minuti ballare con quel tipo. Ti ho perso di vista due minuti, dannazione! E ti ritrovo ubriaca!» Sbraitò, alzandosi da sedere. Due minuti? I suoi due minuti non corrispondevano ai miei due minuti!

«Forse avrai perso la cognizione del tempo con quell’adorabile biondina.» Sorrisi amabilmente, prendendo la mia tracolla. Gli diedi le spalle e a testa alta mi allontanai da quel bar.
Damon mi fu subito accanto e si piazzò davanti a me con espressione dura. Era un fratello troppo protettivo e a volte – nella maggior parte dei casi – insopportabile.

«Anche tu non hai perso tempo, eh?» Disse incrociando le braccia al petto. Sospirai pesantemente.
«Damon non me ne importa niente di Kol. A malapena so come si chiama, a me importa di te! Sei mio fratello, ma sembra che tu te ne sia dimenticato in tutti questi anni.» Sputai con rabbia. Era quello il problema. Non riuscivo a mandare giù il problema principale: la sua totale assenza in quegli anni.

«Non mi sono dimenticato di te.» Tuonò puntandomi un dito contro. A quelle parole la mia bocca si aprì sconvolta. Lui non si era dimenticato di me? Era serio? Volevo replicare ma m’interruppe.

«Anche se non ti ho mai contattato, non significa che mi sia dimenticato di te!» Sospirai alle sue parole e non capivo dove stesse andando a parare. Dove voleva arrivare?

«E con questo?» Chiesi infastidita. Lui scosse la testa divertito e si avvicinò a me. Iniziò a giocherellare con i miei capelli.
«Con questo voglio dire che non mi sono dimenticato di te neanche per un secondo in quegli anni in cui ero segregato a Londra.» Grugnì prendendomi per i polsi e inchiodando il suo sguardo serio negli occhi. Segregato?
Per un momento ebbi quasi la sensazione che a Londra fosse successo qualcosa, qualcosa che l’aveva cambiato…E io non sapevo cosa. Non sapevo niente di lui e di quegli anni che ricordava con tanto odio.

«Cosa ti è successo?» Questa volta la mia voce non era più determinata, era quasi un sussurro. I suoi occhi lampeggiavano di rabbia e la sua presa s’indurì. Quello non era il mio Damon, il Damon dolce e talvolta stronzo che mi stava facendo cambiare radicalmente idea su di lui.

«Hai paura? Ti-ti ho spaventata?» Sibilò a un palmo dal mio volto. La ragazza orgogliosa e sicura di sé stessa avrebbe risposto per le rime, ma ora quella ragazza si era dissolta lasciando spazio a una me diversa…più fragile, più intimidita.

«Non ho paura di te. Ho paura di questo lato di te.» Chiarii. Damon mi guardava assorto, spostò il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.

«Ora…devi fermarmi…Elena.» Sussurrò avvicinandosi sempre di più a me. Il mio cuore batteva all’impazzata e l’odore di Damon m’inondò le narici. Era un odore familiare.
Un flash di ieri sera prese posto nella mia mente.
Un’essenza gustosa. Tutta da assaggiare.
La sua lingua cercò la mia e la trovò immediatamente. Ci baciavamo con passione ardente, con una passione che ti bruciava. Dimenticai tutto quanto: dimenticai che lui era mio fratello, che non dovevo cedergli e che non era giusto.
Dimenticai tutto.

Persi quasi il respiro a quel ricordo di ieri sera. Ero così ubriaca che non aveva ancora riordinato i miei ricordi.
Chiusi un momento gli occhi, cercando di mantenere la calma e di mantenermi dal piangere.
Mi ero ubriacata con Kol, Damon aveva minacciato Kol e poi ritornati in quella squallida locanda l’avevo baciato? Mio Dio, avevo baciato mio fratello!
Il senso di colpa m’investì completamente, sapendo di aver commesso un errore madornale. Aveva baciato mio fratello e la cosa peggiore era che l’avrei baciato ancora e ancora.
Perché io volevo baciarlo. L’altra sera era solo il pretesto per baciarlo, sperando di dimenticare tutto il giorno dopo.

«Elena, cos’hai?» Mi chiese Damon, prendendomi il viso tra le mani. Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi color mare. Lui non mi aveva detto niente, non aveva intenzione di dirmi niente perché lui lo considerava un errore.
Lui considerava me un errore da cancellare.

«Cos’ho? Mi stai chiedendo cos’ho? Sono stanca, veramente stanca. Quanto tempo volevi aspettare prima di dirmi che ieri ci siamo baciati? Pensavi che non me lo sarei ricordato?» Gli urlai. La cosa che mi faceva più rabbia era il suo modo di interagire con questa situazione. Se non mi fossi ricordata tutto nei minimi dettagli – perché ora sapevo perfettamente cos’era successo la scorsa notte – lui non mi avrebbe detto niente e avrebbe continuato la sua squallida vita!
Damon allargò leggermente gli occhi e scosse la testa inumidendosi le labbra.

«Speravo che non me ne facessi una colpa.»Strabuzzai gli occhi. Perché dovrei fargliene una colpa? Entrambi avevamo ceduto, non solo lui.

«Non te ne farei una colpa. Speravo solamente che tu avessi la decenza di dirmi almeno che quando ero ubriaca ci siamo baciati!» Gli rinfacciai. Mi dava alla testa il suo comportamento…Perché era ceduto solamente quando io ero ubriaca? Perché non mi aveva mai baciato da sobria?

«Non te l’ho detto e non te l’avrei mai detto, sai perché?» Questa volta alzò anche lui la voce attirando su di noi diversi sguardi. Scossi la testa e strinsi i pugni. Le nocche delle mie mani erano quasi bianche e a breve sarei scoppiata e avrei detto tutto quello che mi passava per la mente su Damon.

«Perché so come sei fatta. So che hai pensato che hai fatto un errore ed è la verità. Sei solamente uno stramaledetto errore! Se non mi avessi provocato con la tua finta innocenza e i tuoi occhioni da cerbiatta, ora non avremo questo problema.» Tuonò. Le sue parole mi avevano lasciato con la bocca asciutta. Non avevo niente da dire e niente con cui ribattere. Mi aveva considerato un errore. Lui lo pensava veramente. E quello fu la cosa peggiore: avere la certezza che Damon mi considerasse solo un errore.

«Io sarei un errore? Fammi capire, nella tua testa bacata io ti avrei provocato e l’errore sono io! No, Damon! L’errore siamo noi!» Avevo detto quella frase di getto e mi pentii immediatamente di aver detto una stronzata del genere.
Quel ‘l’errore siamo noi’ l’aveva ferito, lo potevo chiaramente vedere dai suoi occhi. Lasciò la presa su di me e irrigidì i lineamenti. Perché non voleva far notare che stava soffrendo? Perché fingeva che tutto andasse bene?

«Non c’è un noi, non c’è mai stato. E non m’importa. Non m’importa quanto mi sia sentito bene quando le tue labbra erano sulle mie. Non m’importa quanto mi sia sentito appagato con te fra le mie braccia. Non m’importa di te e basta!» Sputò le parole con veleno, ma sapevo che non le stava pensando.
Sentivo gli occhi pungermi. Quel weekend che doveva essere solamente un modo per migliorare il nostro rapporto, l’aveva solamente peggiorato.

«Sai cosa? Non voglio migliorare il mio rapporto con te, perché più siamo insieme e più ci facciamo male. Non l’hai notato? Non hai notato come m’influenzi negativamente?» Chiesi abbassando il tono di voce.

«E tu hai notato come m’influenzi positivamente? Siamo due calamite, c’influenziamo reciprocamente. E’ un problema questo?» Sussurrò avvicinandosi al mio orecchio.
Chiusi gli occhi, non riuscivo a trattenere più le lacrime. Tutto quello era un problema, un’enorme problema! Noi eravamo il problema, perché noi creavamo i nostri problemi.

«Damon siamo fratelli. Questa cosa che non ha ancora un nome, è destinata a finire sul nascere.» Gli spiegai. Quelle parole facevano più male dicendole che sentendole. Stavo mettendo una fine a questo ‘noi’.
«Non puoi, perché ritornerai da me. So che ritornerai da me per qualche motivo.» Cercò di convincermi. Manteneva sempre la sua aria da duro e dal suo tono fermo non traspariva nessuna emozione in particolare.

«Damon, proverò a dirtelo un’ultima volta. Insieme siamo una bomba ad orologeria, prima o poi esploderemo danneggiando noi e chi ci sta intorno. Insieme siamo l’inizio e la fine.*» Dissi, asciugando una lacrima che mi solcò la guancia. Presi un sospiro e a passo lento me ne andai di là.
«Dove vai?» Mi urlò Damon preoccupata. Mi morsi un labbro.

«Prendo un autobus e ritorno a Mystic Falls.» Risposi a gran voce, per poi correre verso la fermata degli autobus a testa bassa. Cosa avevo fatto? Avevo chiuso con Damon, prima ancora di iniziare con lui.

Aveva ragione, io ero un errore.
 
 
 
 






*NB. Frase presa dalla canzone ‘Fragili’ dei Club Dogo feat. Arisa. Secondo me, ci stava benissimo, non so cosa ne pensate voi? ^^
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Sono tornata dopo cinque giorni. Dai…qualcuno aspettava un altro mio aggiornamento fuori dal programma? *silenzio*
Comunque prima di parlarvi del capitolo, ringrazio le 8 (Wow, aumentate sempre più) anime che hanno recensito, ovvero MiaTersicore23, Smolderina78, NikkiSomerhalder, NadyDelenaLove, PrincessOfDarkeness90, Darla19, Delena 233 e Vally94. Ringrazio le 22 anime che l’hanno tra le preferite, le 34 che l’hanno inserita nelle seguite e l’uno che l’ha inserita tra le ricordate. Un grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ora passo al capitolo. Molte di voi secondo me volevano uccidermi per lo scorso così ho pensato di farle ricordare tutto a poco a poco. La gelosia di Damon ritorna anche all’attacco contro il povero Kol XDXD (lo amo troppo ù.ù).
Personalmente, a questi due li sto amando troppo. Chi lo sa che non diventi anch’io una fan delena sfegatata! *saltella contenta*
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Piccola domanda: qualcuna di voi voleva uccidere Elena per il suo discorso sugli sbagli? Io sì ^^
Credo che avete il permesso di presentarvi con forche e mazze sotto casa mia per obbligarmi ad aggiustare le cose tra quei due XD.
A prestissimo!
Bacioni.
Cucciolapuffosa

 
  
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