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Autore: Ita rb    07/09/2014    3 recensioni
Nei bassifondi della città, si vocifera che la malavita abbia approdato in un campo molto ostico: gli scontri clandestini. Un giro di scommesse sta dilagando da un lato all’altro del Paese, attirando quanti più stranieri possibile in quella che sembra una speranza avida, ma la Pantera non ha intenzione di chinare il capo e, arrancando nel sangue, si aggrappa al titolo di campione della fantomatica Cage per sbaragliare i suoi avversari e guadagnarsi da vivere; eppure, la routine sembra spezzarsi con l’arrivo di una Tigre dalle unghie affilate e la parlantina schietta.
[AoKaga | AkaKuro | ImaHana]
[Partecipa all’iniziativa : “Fan fiction interattiva” – maggiori info nelle note del prologo]
Rating, pairing e personaggi presenti possono cambiare nel corso della storia.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Makoto Hanamiya, Seijuro Akashi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note: Salve a tutti! Credo di aver commesso un piccolo sbaglio nel modificare l’intro con l’aggiornamento dello scorso capitolo, lo ammetto, ma non ho saputo resistere (?) Forse ci sarebbe bisogno di qualche precisazione, però: per esempio, il fatto che abbia inserito AoMomo come pairing, è prettamente implicito e non effettivo. Ciò che smuove Daiki, in realtà, è l’amicizia e l’affetto, non l’amore inteso come sentimento di due anime gemelle, ma chissà per quale astruso motivo ho inserito l’avviso triangolo – forse per un altro fraintendimento di trama, o per lo meno così mi dico se solo ci ripenso su òwò
In sunto, come ho spiegato in una risposta a Nahash, ciò che è certo al momento è l’AoKaga. Ci tengo a scrivere una storia su quei due, perciò non voglio cambiare rotta; eppure, la presenza di Kuroko è fondamentale per la storia: creerà scompiglio e fraintendimenti, probabilmente, ma solo quello, visto che ho intenzione di piazzarlo in pianta stabile da Seijuro ♥
So ~ che dire *mumble* diciamo che alcuni pairing che inserirò sono più che altro basati sul fraintendimento (?) e sulla visione di chi legge (?) ù.ù perciò torno a modificare l'intro per evitare che ci siano troppe aspettative al riguardo dei pairing velati!
Al momento, come sempre, ringrazio chi mi da dei fantastici spunti con i propri commenti (Yoko no Koori, mi riferisco a te!) e chi rinserra alcune mie convinzioni (Nahash, la nuova semi-veggente), nonché tutti coloro che seguono la mia storia in silenzio e l’aggiungono nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate *commossa* grazie a tutti, indistintamente, anche a chi mi vorrebbe prendere a pesci in faccia – c’è uno sgombro sulla sinistra, se volete (??) X°

Maggiori info sul progetto della fan fiction interattiva sono nel prologo!


Un qualche paradosso psicologico sembrava proprio impedirgli di gettare la spugna e, sebbene fosse conscio del pericolo, non desiderava altro che restare ancorato al ring con entrambi i piedi per mettere al tappeto l’insolenza della Pantera con quella classica regolarità di attacco e difesa che aveva imparato in America; nonostante ciò, il suo naso sembrava essersi finalmente ridotto al tipico relitto che avevano in faccia i lottatori occidentali e, sanguinante, non riusciva proprio a renderlo totalmente lucido come avrebbe desiderato – senza contare il dolore lancinante che il colpo basso di Aomine gli aveva procurato, quello che, percorrendolo da capo a piedi, lo aveva fatto sentire inerme per qualche istante.
In balia della sicurezza dell’altro, lo straniero serrò le dita attorno alla rete metallica, aggrappandosi alla stessa per sorreggersi appena a un magro tentativo di tornare a reggersi sulle sue gambe che, purtroppo, sembravano piuttosto ribelli in quel momento – o almeno una di queste, come aveva suggerito Satsuki al suo risveglio.
Digrignò i denti, socchiudendo gli occhi per osservare il suo avversario che, dal canto suo, lo fissava con fare annoiato e stranamente placido. Non sembrava proprio che il pugno in faccia lo avesse destabilizzato come aveva creduto in un primo momento e, sebbene il suo labbro non fosse della stessa opinione, quello sguardo angusto e carico lo penetrava da parte a parte neanche fosse una lama acuminata.
Voleva ucciderlo, forse, o comunque era certo che aspettasse il momento giusto per liberarsi di lui – non che Kagami stesse cercando di fare diversamente, ovvio, ma il modo in cui lo scrutavano quelle pupille larghe ed eccitate sembrava metterlo in soggezione.
Deglutì a vuoto, ingoiando un po’ di sangue che, attraverso i turbinali deviati, gli era sceso fino in gola, dopodiché si decise a scattare in qualche modo, ponendo tutto il suo peso sulla gamba illesa e aggrappandosi letteralmente all’addome dell’altro, il quale, sbilanciato, quasi cadde all’indietro con una risatina schietta e sarcastica.
«No, non ci siamo capiti…» sibilò acidamente, afferrandolo per la chioma rossa e scostandolo brutalmente da sé «… non è questo il tuo posto, non devi aggrapparti a una speranza inesistente, senza nome.» Arricciò il naso, ghignando appena e tendendo lo spacco che, sul labbro, continuava a sanguinare indegnamente; allorché, fissandolo negli occhi, provò un moto di disgusto e quasi lottò contro l’incredibile voglia di sputargli in faccia per ingiuriarlo in qualche modo – oh, ma non era lì per offenderlo, meno che mai per paragonare le sue ragioni a quelle di qualcuno che neppure desiderava conoscere, perciò non fece altro che tirare ancora verso l’esterno.
«Combatti o no?» Gemette sarcastico Taiga, fissandolo con una certa soddisfazione. «Pensavo che sul ring non vigessero regole da donnicciole: tirare i capelli di qualcuno non è dignitoso per un uomo, dico bene?» Lo provocò sfacciatamente, beccandosi in tutta risposta una ginocchiata allo sterno che, già contratto dalla sera precedente, lo fece gemere forte.
Allentò la presa, dunque, mentre Aomine schioccava la lingua con fare distratto e lo lasciava andare per vederlo scivolare giù, in terra, come un vero e proprio animale ferito.
«Combatto con chi è degno, con chi si regge in piedi e con chi ha un motivo valido per ambire ai soldi delle scommesse», sentenziò, arricciando il naso e vedendolo annaspare dal basso. «Non sono interessato ai pesci piccoli e se sei ancora qui, il motivo è molto semplice, Tigre…» soffiò, colpendolo sotto al mento con un calcio ben assestato che lo fece vacillare all’indietro fin quando, con un tonfo sordo, non batté il capo sul suolo sporco «… si chiama spettacolo e lo spettacolo deve andare avanti o il capo si lamenterà con il sottoscritto», ammise in seguito, avvicinandosi a lui per tirarlo nuovamente dai capelli.
L’osservò bene in viso, ghignando, e tenendo un ginocchio posato in terra, cercò di lasciargli intendere quale fosse il suo misero destino; eppure, Taiga digrignò i denti con rabbia per celare lievemente una risposta sarcastica.
«Il campione ha paura di qualcosa, allora…»
«Il campione non ha paura di nulla», replicò spicciolo, indignandosi per tanto ardire; allorché si alzò in piedi, fissandolo dall’alto e lanciando un’occhiata eloquente all’arbitro che, prendendo a contare lentamente, fece risuonare le proteste di coloro che avevano scommesso sullo straniero.
«Uno. Due. Tre.»
«‘Fanculo il conteggio, Pantera!» Ringhiò la Tigre, posando un palmo sul pavimento sporco di sangue e sputandone un po’ per poi farsi leva in uno sciocco e masochistico tentativo di rimettersi in piedi.
«Hai perso.» Lo fulminò con lo sguardo, puntando il tallone sul dorso di quella stessa mano che, ancora orgogliosa, cercava di tenersi in gara; allorché, quella libera della Tigre gli si aggrappò a un polpaccio dell’altro, tentando si usarlo come appiglio e azzittendo di rimando l’arbitro.
«Non ho perso», replicò schietto, digrignando i denti e lasciando che la cerchia di sostenitori gli urlasse dietro in un tentativo d’incoraggiamento. «Non voglio perdere.»
«Volere, purtroppo, non è potere», disse Daiki, vacillando sulle sue stesse scarpe quando l’avversario provò a tirarlo verso il basso. «Il potere spetta a pochi eletti e tu non sei certamente tra questi», continuò serio, sollevando appena la pianta del piede per fingere di cedere a quella presa che, di conseguenza, fece mancare un battito allo straniero.
In quel momento, il tempo parve proprio fermarsi e gli occhi di Kagami, stancamente, si allargarono solo quando il colpo repentino della Pantera partì di soppiatto, cogliendolo alla sprovvista per metterlo definitivamente al tappeto.
«Uno. Due. Tre…»
Il naso prese a dolergli ancora di più, imprecando quasi quanto il suo proprietario, il quale, mentalmente, si trovava al limite del possibile – non avrebbe mai creduto che l’altro fosse in rado d’infierire a tal punto e solo per vincere!
I suoni si attutirono, mentre il conteggio perse d’intensità nelle orecchie della Tigre che, stremata, si accasciò s’un fianco e finì con il perdere nuovamente i sensi a causa del suo avversario, di una mossa forse troppo subdola e di quella che, irrimediabilmente, era la sua sconfitta vera e propria.
«Quattro. Cinque. Sei.»
«Alzati, cazzo!» Sbottò un tale, aggrappandosi alla rete metallica con entrambe le mani. «Muovi il culo, Tigre, avanti! Dove sono i tuoi artigli? Dove sono?»
Il ghigno che comparve sul volto della Pantera era troppo distante per essere raggiunto dal suo avversario, ma non troppo da passare inosservato agli occhi di Tetsuya che, serrando i pugni sui jeans, rimase seduto dov’era senza muovere un muscolo, con la schiena ritta e i nervi tesi – era come se, per la prima volta, si aspettasse davvero di veder capitolare le supposizioni di Akashi.
«Sette. Otto. Nove…»
«Il conteggio sta finendo, alzati!» Gridò un tizio, muovendosi verso il ring solo per trovarsi accanto all’altro disperato con gli occhi sgranati e fissi sul vincitore.
«Dieci», soffiò Tetsuya, mentre l’arbitro gridava l’ultimo numero possibile e decretava di conseguenza la vittoria del campione.
Alcuni presero a festeggiare contenti, altri a imprecare a gran voce, mentre lui, dal canto suo, si sollevò in piedi per lanciare un’occhiata veloce alle sue spalle dove, con in mano un boccale di birra, si trovava uno dei prossimi combattenti dall’aria trasognata.
«Pensavi che sarebbe andata diversamente?» Domandò questo, mantenendo un tono di voce basso per farsi sentire solo da lui e da quello che, poco distante, aveva ripreso a riempire pinte e boccali.
«No, affatto», mentì l’informatore, lanciando un’occhiata nella direzione del ring dove, candidamente, la Pantera si stava godendo il suo attimo di gloria. «Perfino il capo sapeva come sarebbe andata», ammise, posando una mano sul bancone.
«Hai l’aria assorta, però…» soffiò la Tarantola, sollevando un angolo delle labbra con evidente scherno «… avevi forse scommesso sulla Tigre
«Io non scommetto mai.» Scosse la testa, sospirando, e solo allora si allontanò con passo deciso verso il retro della sala dove, ne era certo, sarebbe stato portato il perdente di lì a poco.
«Eppure, devo ammettere che sembrava davvero giù di morale», soffiò il combattente, lasciandosi andare a una piccola risatina per poi posare il boccale mezzo vuoto vicino al barman. «Tu che ne dici, Shoichi?»
«Dico che adesso sono impegnato», rispose candidamente, spostando lo sguardo su di lui per qualche istante. «C’è tanta gente in attesa di avere della birra, perciò tieni a bada il tuo stomaco per un po’, visto che tra poco dovrai anche salire sul ring, Makoto.»
«Che ansia...» si lamentò in uno sbuffo, riportando il boccale alle labbra un po’ arricciate «… ti dimentichi degli amici solo perché si tratta di soldi, eh?»
«Se mi pagassi quanto bevi, forse potrei ricominciare a darti corda», soffiò ironicamente l’altro, facendogli fare spallucce di rimando.
«Agli amici non si fa pagare, si offre!»
 
Aprendo la porta metallica, Daiki si ritrovò di fronte il volto agitato di Satsuki che, dal canto suo, aveva passato tutto il tempo a muoversi come una mina vagante nella stanzetta antistante alla Cage; allora, guardandola, si lasciò scappare un sorriso sincero che tradiva una certa euforia.
«Ho vinto», soffiò nella sua direzione, vedendole serrare le dita attorno agli avambracci con un po’ di ritrosia. «Perché non dici nulla?» Domandò allora, vedendola incerta mentre si mordicchiava il labbro inferiore.
«Perché sei un incosciente!» Lo rimproverò senza pensarci due volte, sputando fuori il suo disappunto in un moto di ribellione. «Non avresti dovuto sfidarlo ancora, non avresti dovuto salire sul ring per una stupida vittoria…» soffiò con un tono più stridulo «… ciò che stai facendo non ha senso, Aomine-kun.»
«Ne abbiamo già parlato», fece lui, indignato, mentre aggrottava le sopracciglia con fare incredulo. «Non mi aspettavo che avresti continuato a rompere con questa storia, Satsuki», sbuffò stranito, avvicinandosi alla sedia di metallo su cui si lasciò cadere mollemente. «Sai bene a cosa servono quei soldi, no?»
«Lo so, lo so bene, è per questo che continuo a dire che non ha senso!» Sbottò inorridita e preoccupata al contempo, sentendosi irrimediabilmente responsabile. «Io non ho bisogno che tu finisca con il farti ammazzare in un combattimento clandestino, Aomine-kun, ho solo bisogno di saperti in salute.»
«Differentemente da te…» concluse al posto dell’altra, afferrando un asciugamano vicino che, sul retro dello schienale, aveva preso a frizionargli la schiena; allora, mettendoselo in testa, lo mosse appena per asciugare il sudore dai capelli umidi e la fissò di sguincio. «Non ho bisogno del tuo permesso per raccoglierli tutti, Satsuki: lo farò e basta.»
«Non voglio quel denaro», scattò lei con fare scontroso, prendendo posizione dinanzi a lui per guardarlo malamente. «Non voglio che sali su quel ring per raccogliere dei soldi che non ti ho chiesto!»
«Di cui hai bisogno», continuò l’interpellato, grugnendo appena quando le setole dell’asciugamano si posarono sul taglio fresco.
«Guarda come sei ridotto…» soffiò dispiaciuta, rabbuiandosi e lasciandosi andare a un sospiro per chinarsi di fronte a lui.
«Sto bene, diamine, non sarà un pugno a mettermi fuori gioco», disse, crucciandosi un po’, mentre l’altra, allungando una mano verso il basso, recuperava la borraccia con l’acqua.
«Hai sete?»
«Ti preoccupo troppo», disse allora, cogliendola alla sprovvista. «Non sei costretta a venire qui tutte le sere, sai?»
«Mi stai cacciando, forse?» Replicò indignata, porgendogli l’acqua con fare irritato. «Perché?»
«Non è un posto adatto a te», fece semplicemente Daiki, afferrando la borraccia per poi portarsela alle labbra con un grugnito lieve.
«Non ti lascerò da solo», scattò la ragazza, tornando in piedi e con entrambi i pugni sui fianchi per sembrare minacciosa agli occhi del campione che, socchiusi, la scrutavano seriamente.
«Non vuoi farmi combattere, non vuoi fare il tifo per me…» mormorò, giocherellando con i denti sul beccuccio della borraccia «… eppure sei sempre qui ad aspettarmi.» Lei lo guardò crucciata, lasciandolo bere qualche sorso d’acqua. «Se non accetti tutto questo, forse è meglio che tu non rimanga nel retro della Cage, Satsuki.»
«Idiota», sentenziò lei a denti stretti, dandogli le spalle per uscire dalla porta vicina, quella che usava per uscire assieme alla Pantera senza dare nell’occhio all’interno del locale.
«Sei tu quella testarda, Satsuki», sbuffò contrariato tra sé e sé, faticando a rimettersi in piedi per andarle dietro e fermarla nella sua piccola fuga insensata – dopotutto, lasciarla andare via da sola non era la cosa migliore che potesse fare, visto il postaccio in cui si trovavano. «Ehi, Satsuki!» La chiamò a gran voce, affacciandosi all’esterno e sentendo il fresco del vento serale sul collo ancora bagnato di sudore. «Torna qui!»
«No», obbiettò lei, stringendosi nelle spalle e facendo per intraprendere la solita strada del ritorno.
«Satsuki!» La chiamò ancora, sbuffando. «Ti ho detto di aspettare: non puoi andare in giro da sola, non a quest’ora e non qui», ringhiò irritato, bloccando la porta con un mattone vicino per poi seguirla lungo la via; allora, quasi per miracolo, prima che passasse davanti all’ingresso della Cage, riuscì a bloccarla per un polso e la tirò verso di sé, proibendole di andare oltre. «Aspetta ancora un po’, magari è la volta buona che ho sbancato…» soffiò vicino al suo orecchio «… così potremmo risolvere il tuo problema e poi pensare a tutto il resto.»
«Non dire assurdità», sibilò irritata. «Pensi davvero di aver fatto tutti quei soldi con un solo combattimento?»
«Perché no?» Chiese lui, sentendola abbassare le difese di rimando. «Dobbiamo solo aspettare il capo per mettere le cose in chiaro e una volta avuti i soldi necessari…»
«È impossibile.» Scosse la testa, frenando le fantasticherie di Daiki che, dal canto suo, serrò i denti con fare dispiaciuto – in fondo, la consapevolezza che Momoi avesse ragione lo paralizzava.
«Posso fare qualcosa per accelerare i tempi», disse appena, muovendo qualche passo verso la porta socchiusa che si era lasciato alle spalle, stringendo quelle della ragazza per impedirle di fuggire. «Ho un’idea, Satsuki, perciò ti prego…» soffiò «… ti prego, credi in me ancora una volta.»
 
Come volevasi dimostrare, Momoi Satsuki ci aveva visto giusto ancora una volta e, dinanzi ai soldi stropicciati che la Pantera teneva in mano, la sua espressione pressoché amareggiata pareva rispecchiare quella dell’altro. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma il silenzio che regnava sovrano in quella stanza aveva dell’inquietante – quasi quanto lo sguardo del campione che, assorto e sgranato, si puntava sugli yen guadagnati tra sudore e sangue fino a reputarli non abbastanza.
«Sei scontento?» Domandò appena la voce del capo che, imperiosa, sembrò rimbombare fra le mura della stanzetta di periferia, la quale, al di sopra della Cage, era fin troppo tetra. «Hai guadagnato molto rispetto al solito: due entrate in un solo combattimento…»
«Ho bisogno di soldi», disse tutto d’un tratto la Pantera, gelando il sangue nelle vene della ragazza che, al suo fianco, si portò le mani alla bocca in un muto terrore. «Ne ho bisogno», soffiò in fine, mettendo da parte l’orgoglio per la sua giusta causa.
«Li stai guadagnando», fece il capo, posando entrambi i gomiti sulla scrivania vuota per poi sorreggere il mento sui pugni chiusi e spingere lo sguardo verso il combattente. «Sono belle entrate, no?» Incalzò al suo indirizzo, vedendo le sue nocche impallidire nella stretta mortale che, lungo i fianchi, lo rendevano terribilmente in difetto e con i denti digrignati per riflesso incondizionato.
«Ho bisogno di altri soldi, Akashi.»
«Per quale motivo?» Chiese, conscio del problema – oh, dopotutto lo sapeva dal principio: non avrebbe mai messo in gioco qualcuno senza accertarsi della sua continuità.
«A cosa serve dirlo adesso?» Sibilò l’interpellato, mentre lo sguardo serio del capo non gli lasciava vie di fuga; allorché sospirò, cercando di allentare la tensione nervosa e di non badare alla pistola che, candidamente, spuntava dalla cintura dei pantaloni altrui per quella che molti avrebbero definito autodifesa o precauzione. «Devo pagare delle cure, perciò ho bisogno di molto denaro e alla svelta…»
«Se ti riferisci al problema di Momoi, forse potrei esserti d’aiuto», fece tranquillamente, lasciando che la Pantera strabuzzasse gli occhi con fare incredulo. «Non chiederti come faccio a saperlo, lo so e basta…» aggiunse in un soffio, aprendo poi un cassetto della scrivania per tirare fuori dallo stesso un piccolo blocchetto d’appunti. «Immaginavo che, prima o poi, saresti venuto a chiedermi un favore, sai?»
«Già», sibilò a denti stretti Daiki, mentre lo fissava furioso e con addosso la consapevolezza che l’euforia di Satsuki non avesse nulla a che vedere con la bontà d’animo di un uomo come Seijuro Akashi – oh, non si parlava affatto di questo, perché in ogni sua azione era prevista una conseguenza.
«Conosco un aggancio in America, un imprenditore legato a delle industrie farmaceutiche che, consecutivamente, hanno dei contatti con grandiosi chirurghi…» soffiò «… perciò se si tratta di questo, Pantera, possiamo parlarne tranquillamente.» Trovando il foglio giusto nel suo blocchetto d’appunti, Seijuro lo staccò con un gesto secco e lo porse all’altro in attesa di un suo cenno d’assenso che, a malincuore, arrivò.
«Grazie.»
«Di niente», disse con il sorriso sulle labbra, lasciando che le dita dell’altro si serrassero sulla carta. Abbandonò la sua presa e rimise a lui i propri doveri che, implicitamente, stavano a significare solo una cosa: un colloquio privato.
«Satsuki, ti dispiacerebbe aspettarmi fuori?» Domandò appena, rivolgendosi alla ragazza vicina che, dopo aver battuto le palpebre un paio di volte, annuì. «Il tempo di una telefonata e sono fuori, tranquilla…»
«Ti farà compagnia Tetsuya, non c’è nulla di cui preoccuparsi», concluse Akashi, facendo un cenno al ragazzo, il quale, accanto a lui, annuì di rimando per affiancare Momoi e condurla fuori dalla stanza in questione.
«Dov’è l’inganno?» Sputò subito Aomine, fissando con sguardo gelido il suo arcano datore di lavoro. «Non hai mai detto nulla in proposito, hai aspettato che fossi io a farmi avanti: perché?»
«Inganno non è una parola corretta, Pantera…» Scrollò le spalle, guardandolo dritto negli occhi, dopodiché si tirò in piedi e lo fronteggiò con entrambe le mani posate sul piano della scrivania. «I favori vanno solo contraccambiati.»
«Quanto mi costerà un tuo favore
«Non molto, essenzialmente», fece spicciolo, girando attorno alla scrivania per guardarlo da vicino. «Vorrei solo cambiare qualcosa in merito alla tua condizione di campione della Cage
«Devo perdere, forse?» Fece Daiki, aggrottando le sopracciglia e non comprendendo dove l’altro volesse arrivare. «Se è solo questo, posso farlo», sibilò indignato, conscio che il suo orgoglio ci avrebbe rimesso; ma per Satsuki l’avrebbe fatto, in fondo.
«No, tutt’altro: devi vincere.» Gli portò una mano all’altezza del braccio, sentendolo irrigidirsi al contatto, mentre il suo ghigno si allargava appena, non più oscurato dalla maschera di bontà che aveva indossato dinanzi alla ragazza. «Esiste un giro di scontri clandestini che potrebbe rendere molto di più della Cage e, considerando la tua innata dote, nonché il tuo bisogno di soldi, sarebbe la via più breve per ricambiarmi il favore…»
«Che posto sarebbe?» Domandò subito, senza voler tergiversare.
«Non ti sto proponendo un trasferimento, bensì un avanzamento di carriera, una promozione», sottolineò Akashi, incrociando le braccia e scrutandolo bene per carpirne le intenzioni; allorché, Aomine si umettò le labbra e tentennò nel rispondere, lasciando all’altro ampio campo d’azione: «In questa sede, la Pantera sarebbe la mia punta di diamante, il mio miglior combattente…»
«Ti ascolto», annuì serio.
«È un posto diverso, con regole diverse e combattenti terribilmente bravi», ci tenne a precisare. «Ognuno di loro, come te, ha probabilmente chiesto un favore troppo grande – non che io li conosca tutti, ovviamente – ed è finito sul ring del business.»
«Non capisco», ammise a malincuore, mettendosi sulla difensiva e continuando ad ascoltare quella spiegazione contorta.
«La Cage è solo un modo come un altro per incrementare le entrate di un mondo diverso da quello che conosco nella vita di tutti i giorni, ma anche lì ci sono prede e predatori. Alcuni li definiscono squali, altri, semplicemente, imprenditori…» disse «… questi uomini annoiati hanno degli agganci con la malavita e spesso si conoscono proprio lì, nei bordelli clandestini o, come in questo caso, nelle sedi in cui si svolgono combattimenti illegali.» Si umettò le labbra, pregustando il momento in cui avrebbe visto l’altro cedere del tutto. «Tu sarai la mia pedina in un ring leggermente diverso, più corposo, che mi permetterà di guadagnare azioni sulla pelle di altri combattenti; perciò, tutto quello che dovrai fare adesso, è fingere di aver fatto quella chiamata per poi mettere Momoi s’un volo diretto negli Stati Uniti – e sarò io a organizzarlo, non dovrai sborsare nulla.» Lo sguardo della Pantera si animò di puro furore e, se solo avesse potuto, probabilmente avrebbe strozzato quella sanguisuga con le sue stesse mani. «Una volta lì, lei sarà al sicuro e potrà operarsi agli occhi per salvare la vista che ti è tanto a cuore, perciò non avrai di che preoccuparti…»
«E il resto?»
«Dovrai soltanto vincere…» replicò sommessamente «… ma sei abituato a farlo, dico bene?»
«Sì.»
«Affare fatto, allora», stabilì Seijuro, muovendo passi svelti verso la scrivania dove, presa posizione, si preoccupò di tirare fuori il suo cellulare per contattare direttamente il suo aggancio statunitense. «A Momoi potrai tranquillamente dire di essere uscito dal giro…» aggiunse, componendo distrattamente il numero sulla tastiera «… perciò rimettiti in sesto, fai del tuo meglio per essere in ottima forma, e attendi una mia telefonata.» Fece un lieve cenno con la mano per congedarlo, attendendo che venisse accettata la comunicazione dall’altro capo del telefono.

 
つづ

Finalmente, il segreto di Daiki è venuto del tutto a galla: la vista di Momoi è il motivo che lo portava a cercare tanto denaro e in breve tempo. Riuscirà a salvarla grazie all’aiuto non propriamente disinteressato di Akashi?
Come sarà questo nuovo ring? E Kagami, sconfitto dalla Pantera, cosa farà?
Ci sarebbero altre millemila domande, probabilmente, ma vi lascio con queste e un po’ di suspense – fufufuf ♥
xoxo
   
 
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