Salve
gentili lettori :)
Sono stata contenta di sapere che lo scorso
capitolo, così diverso dal resto della storia, vi sia piaciuto
comunque. Grazie infinitamente alle persone che lo hanno commentato,
siete la mia forza per andare avanti. Spero che questa storia
continui a piacere! Ringrazio anche le persone che seguono
silenziosamente.
Questo capitolo, preparatevi, è molto molto
diverso dal precedente. Siete pronti? Ehm, date la colpa al mio
umore! =p
Buona lettura!
Una sera – triste - della settimana.
«
Sono un isolato. »
« Ti
sbagli. »
«
Penso brutte cose. »
« No. »
« E' meglio se non esistessi.
»
« Cazzo stai dicendo. »
« E' peggio che se non esistessi
in carne ed ossa. »
« Smettila con le cazzate, adesso, Sasuke.
»
« Buonanotte, a
domani.
»
Scaraventai
il cellulare sul letto, lo osservai rimbalzare sul copriletto per
piombare sul cuscino, sicuro di non farsi del male per il suo essere
un modello sfigato.
Magari
fosse stata la volta buona per liberarmi contemporaneamente di certe
conversazioni che non avevo il coraggio di eliminare e di quel
cellulare che si bloccava in continuazione. Dannazione! - Lanciai un
pugno sulla scrivania.
« Cazzo! Cazzo! Cazzo! »
Mi presi la
testa tra le mani, mentre sentivo le prime lacrime bruciarmi negli
occhi e in gola.
Ehi,
Naruto che cosa stai facendo?
Ero
frustato. Ancora una volta non ero riuscito a dire niente di sensato
né di utile a Sasuke che chiedeva silenzioso aiuto tramite quei
messaggi ossessivi delle undici di sera.
Non c'entrava un cazzo il
cellulare in sé, con la mia rabbia triste. Era un semplice veicolo
al mio nervoso, un pretesto per scaricare quella rabbia.
Presi il
pupazzo a forma di leone che ci eravamo regalati io e lui in una
delle nostre ultime uscite i sabati pomeriggi, quattro anni prima,
durante il liceo, vincendolo ad una lotteria stupida. Andò a
sbattere contro l'armadio a muro dove tenevo quel caos che erano i
miei vestiti assieme e rimbalzò fino ai miei piedi.
Mi
sorrideva.
Diedi un calcio a quel dolce muso sorridente,
scaraventandolo a pancia all'aria lontano da me.
Pupazzo
del cazzo. Sasuke del cazzo.
Sasuke del cazzo.
Sasuke del
cazzo.
Mi
voltai bruscamente e mi diressi dal cellulare, ancora super acceso
sulla conversazione e tranquillo sulla coperta. Lo afferrai e digitai
alla velocità della luce la risposta che mi era appena salita alle
labbra, per paura di dimenticarla.
Di solito non rispondevo più,
o almeno: la tentazione era forte. Tanto dopo un po' il mio sforzo di
non partire a fargli ramanzine/monologhi su quante cavolate stesse
dicendo, sull'esistenza sua, mia e degli altri, andava puntualmente a
farsi fottere e cominciavo con le ramanzine e i monologhi
esistenzialisti.
«
Checca. »
Premetti
il tasto invio e scoppiai in una risata solitaria che risuonò per
tutta la mia camera e sicuro il nonno, nella sua, sentì; tanto che
per un po' mi aspettai entrasse a chiedermi se ero impazzito. Ma il
nonno non entrò e non potè constatare le lacrime che cadevano giù
dagli occhi dopo lo scroscio iniziale della risata.
Piansi a lungo
prima di andare a dormire, verso l'una, decidendo di spegnere
portatile e pc e di costringermi ad andare sotto alle coperte
fresche.
Quelle
per me erano sere passate a messaggiare con Sasuke mentre
cazzeggiavo su internet e mi intristivo. Non erano serate che mi
facevano bene, usciva il Naruto riflessivo, quello sbiadito.
Triste.
Il Naruto checca, che dalle nove all'una di notte si
estraniava dal mondo fino ad arrivare alla conclusione di non
esistere. Alle stesse conclusioni di Sasuke.
Non esistevo più
nella realtà esterna alla mia, nessuno mi conosceva fuori. Sakura,
il nonno, Hinata, i compagni di squadra...mi conoscevano? No, non mi
conoscevano. Non esistevo per loro.
Esistevo per Sasuke?
Sì,
per lui sì.
Eppure in quelle sere mi sentivo chissà perchè un
pesce fuor d'acqua, ma fuor d'acqua perchè è arrivato a galla
morente.
Non so spiegarvi cosa scattasse in me, non ho letto
abbastanza manualetti di psicologia e i terapisti da cui sono stato
non mi hanno mica proposto teorie o similia. Mi hanno semplicemente
aiutato a guarire da una dipendenza, scavando nel mio passato e
recuperando l'autostima perduta.
Cose che non c'entrano con
l'argomento.
Erano venerdì sera tristi, e per lunghi mesi si
ripetevano tutti uguali, se mi ritrovavo da solo chiuso in camera mia
alla scrivania.
Forse Kiba, il mio migliore giocatore, non mi
avrebbe riconosciuto in quegli istanti in cui stavo piangendo
accasciato sul letto, il cellulare tra le mani.
«
Quanto hai bevuto, idiota? »
« Nulla, Kiba, nulla! »
Pensai
a Kiba, chissà perchè, poco prima di addormentarmi per il crollo
della stanchezza.
Era un po' il me semplice e solare, un po' più
burbero. Buono ma facilmente infiammabile, non avrebbe mai apprezzato
le paranoie di Sasuke, e le mie se solo le avesse sapute almeno in
parte.
E se avessi fatto conoscere Kiba a Sasuke?
Quella
domanda mi passò nella testa per poco, prima di finire nel mondo
sognato dei sogni.
No, quei due non si sarebbero di certo
sopportati.
E non sarebbe servito a un cazzo far conoscere
qualcuno come lui ad una persona che si sentiva così sola da non
percepirsi esistente.
Non servivo io così vicino a Sasuke che
arrivavo a simili pensieri, figuriamoci qualcun altro.
Sconosciuto.
Qualcuno
che Sasuke potrebbe conoscere...
L'indomani
mattina mi svegliai col messaggio di Sasuke nel cellulare che avevo
portato a dormire con me, vuota ingiusta deprimente sostituzione al
corpo tiepido di Sasuke sotto alle coperte.
« Parla la checca,
buongiorno. »
E col nome di Sakura tra le labbra.